martedì 15 settembre 2015

2015 09 15 - Il migrante è portante



 

Le Clofrenì
(Les Claufrenìes)

il migrante




è portante

 

Premessa
In poco più di 1550 parole, e in 350 versi, si intende offrire un “percorso, o cammino, verbale” che rappresenti una visione complessiva sul tema dei migranti.
Già nel 2014, in  2014 05 19 - I migranti sono una risorsa. abbiamo dato una visione generale alternativa a quello che viene troppo diffusamente presentato come problema e che può essere tale nell’immediato breve periodo, mentre a lungo termine la visione è del tutto opposta.
Il punto cruciale è intendere la migrazione come diretta conseguenza delle nostre responsabilità di mondo “ricco” e al tempo stesso come opportunità per un nuovo sviluppo sociale, economico e culturale.
Il testo nasce come testo di sinergia e connessione, già in quanto tale utile riferimento ed esempio per future o altre prassi.
Crediamo che la tecnica adottata meriti una menzione a parte.
Essa è di seguito descritta in sintesi.
1.      Si è partiti con l’elaborazione di uno schema in cui le parole sono state osservate e organizzate fino a diventare versi, privilegiando una metrica di ritmo, seppur flessibile, a scapito di un approccio da feticcio della rima.
2.      Successivamente si è proceduto a sostituire due parole di ogni verso con i rispettivi link  al vocabolario Treccani.
In questo modo il poemetto diventa un “centro di smistamento” per i motori di ricerca internet, i quali funzionano con dei programmi detti “crawler”, che mappano proprio i percorsi e collegamenti degli hyperlink.
Sintetizzando, se ogni parola del poemetto si riferisce a un link Treccani che contiene almeno altre 10 parole, le 1.500 parole iniziali (ripetizioni incluse) ne “valgono” teoricamente 15.000.
3.      Ma questa non è la parte più interessante.
Seguire gli hyperlink è prassi delle versioni del web precedenti a quelle definite come parte del “web semantico”, vale a dire del web che riconosce i significati delle cose. Che è intelligente, e in quanto tale educabile.
La nostra composizione si pone quindi anche come “significato” potenzialmente riconoscibile dalla rete e da molti.
Inoltre, essendo legata con i link al vocabolario Treccani, se ne guadagna una associazione implicita anche con l’enciclopedia Treccani, la quale fa riferimento al suo stesso vocabolario per i significati delle parole usati nelle voci enciclopediche.
4.      Si ritiene che questa modalità di “ancoraggio” costituisca un “rotore semantico”, vale a dire uno schema di pensiero (di significato) che si nidifichi nei percorsi neurali della rete semantica e che infine possa emergere e fare da riferimento cognitivo condiviso ricorrente e, in quanto ciò, “rotante”.
5.      In tal modo si starebbe facendo “girare” (da cui il termine di rotore, anche se forse è più proprio dire che siamo noi e i nostri pensieri che giriamo attorno al centro di gravità per la mente di cui più avanti) un “modo di vedere le cose”, con tutte le conseguenze auspicabilmente benefiche, immediatamente visibili o no, che ciò comporti.
La ritmica dei versi, serve dunque anche a innestarsi nelle teste dei lettori, in senso lato, in maniera più efficace di una semplice prosa.
Riferendoci al mondo della musica,  potremmo chiamare questa modalità “effetto tecno”.
6.      Il fatto poi di avere incanalato in guide ritmiche il flusso delle parole, dovrebbe servire proprio a fornire un percorso semantico (una determinata successione di parole la quale ha un suo significato preciso e che, come un’idea, sia rappresentabile da una determinata mappa di connessioni tra neuroni) di facile memorizzazione e pronta ripetizione.
Caratteristiche, queste, tipiche di quelli che chiamiamo memi, i quali sono meglio riconoscibili in alcune loro configurazioni specifiche : i tormentoni.
A questo punto si deve ricordare che ogni parola o pensiero (oltre ad azioni, letture, significati e altro) determina una piccola onda gravitazionale, che già fu definita ne “ 2015 06 30 - Una "lecca" semantica - La tetralogia di Clò - Mini guida alla Civiltà dell' intelletto  ” come “incisione in gravitone”, la quale proprio in quanto alterazione del tessuto (campo) gravitazionale in cui avviene, determina un “peso”.
Ad ogni ripetizione di pensiero, parola e altro, dovrebbe corrispondere una sovrapposizione a quella di mappatura del “rotore” originario e in questo modo si passa dal metaforico concetto di parole di peso, pensieri pesanti e così via, ad una spiegazione su base fisica di questi modi di dire comuni.
L’utilità di “accumulare peso semantico” può essere riconducibile anche a fenomeni macroscopici e osservabili come uno spostamento organizzato su Milano (nel nostro caso) di un più grande centro di gravità per la mente collettiva, ad esempio misurabile in correlati fenomeni atmosferici (o per meglio dire della neurosfera)  e orbitali riconoscibili anche a occhio nudo.
Il peso semantico servirebbe infine anche a dettare una rotta, la quale sia fatta da un solco nel vinile (la terra gira, i satelliti girano, per questo c’è il riferimento al giradischi) del campo gravitazionale di cui prima, il quale solco determini per sua stessa natura un punto di attrazione, probabilmente sempre gravitazionale, a beneficio di possibili pensieri più o meno erranti nei quali possa dibattersi il pensiero comune.
Con il passare delle “solcate”, e contrariamente a un disco di vinile, il solco diventerà più marcato ciò che determinerà sia una maggior forza di attrazione gravitazionale, sia una maggior risonanza delle vibrazioni emesse durante il passaggio nel solco stesso. Vale a dire che si sentirà più forte.
Sempre più voci “canteranno” la stessa canzone, magari iniziando da singole strofe le quali li guidino poi nei sentieri di retrieving del resto della storia, saltando di archetipo in archetipo (direbbe Jung) in una successione che noi avevamo già apposta consequenzializzato nel “rotore iniziale”.
Se tutto funziona, il rotore semantico diventa quindi una sequenza memetica di archetipi.
Una catena di basi archetipiche replicabili che possiamo anche chiamare una sequenza di DNA pensativo.
Se invece non fosse così, che dirvi : bella lo stesso la storia.
Buono il tentativo.
Hi, hi.
7.      Infine, una notazione su chi scrive, il quale sarebbe una sorta di tramite.
Forse una sorta di medium, termine che letteralmente vuol dire sia “che sta in mezzo” (nel nostro caso tra tutti, con le loro coscienze individuali, e la coscienza collettiva) e sia “strumento”, proprio di retriving di quello che la mente collettiva pensa o ha pensato o forse penserà (anche i pensieri passati e forse futuri restano incisi, o sono già incisi, nel campo gravitazionale).
Una sorta di imbuto dentro cui si riversino i messaggi generati dalle vibrazioni gravitazionali di cui in precedenza.
In tal senso non ha merito alcuno, se non quello di stare a ricevere ciò che arriva e metterlo in ordine.
Questo è il motivo per cui non gli piace apparire ne prendersi particolari meriti per quello che fa.
Non è quindi un vezzo, quanto un modo per educare.
In tal senso il medium è egli stesso pedagogo.
Un personaggio importante, di cui non ricordiamo il nome, disse una volta che il problema della televisione e dei suoi programmi era che determinava il fatto che il medium (la televisione) diventava esso stesso il messaggio.
Ecco.
Ricordatevi che il medium non è il messaggio.
In questo caso specifico ricordatevi delle idee (o forme, schemi, memi, percorsi neurali, archetipi et cetera : il concetto è sempre lo stesso) e non di chi le ha scritte.
Il culto della persona, così diffuso oggi nel nostro mondo con il preciso intento manipolatorio di testimoniare una possibilità di successo o emersione a portata di tutti, anche se di fatto solo in apparenza, non ha futuro nella civiltà dell’intelletto.





Il MIGRANTE E’ PORTANTE


1.                  E’ sempre tempo  di migranti.
2.                  non possiamo restare zitti.
3.                  Troppe voci ignoranti,
4.                  danno fiato ai loro istinti.
5.                   
6.                  Vi vogliamo dimostrare,
7.                  che non sono spazzatura,
8.                  non fenomeno oscuro,
9.                  m’han natura di portanza.
10.               
11.              Fatta d’ aria eppure solida,
12.              che spostando la deriva,
13.              con un gioco di qualche forma,
14.              pur davvero ci fa volare.
15.               
16.              Se volar vi fa paura,
17.              o vi pare troppo etereo,
18.              la portanza ha un altro senso,
19.              quello usato da ingegnere.
20.               
21.              E’ questione di struttura,
22.              di progetto per restare,
23.              la portanza duratura,
24.              regge il carico per natura.
25.               
26.              Se partiamo da ciò che è umano,
27.              non v’è proprio discussione.
28.              I migranti che fummo noi,
29.              come karma tornano a noi
30.               
31.              Chi fa finta di obliare,
32.              non dovrebbe più parlare.
33.              Non soltanto per memoria,
34.              ma rispetto della storia.
35.               
36.              È questione ben più antica.
37.              Non è solo d’oggigiorno.
38.              I migranti son l’effetto,
39.              ma la colpa sta da noi.
40.               
41.              Se non fosse pel dolore,
42.              direi anche meno male.
43.              Finalmente ritorsione
44.              ci colpisce proprio al cuore.
45.               
46.              Dritto dritto a casa nostra,
47.              dentro al nostro bel tepore,
48.              disturbando quel benessere,
49.              menzognera definizione.
50.               
51.              Del terrore abbiam paura,
52.              ma pur se forse pilotato,
53.              lo diremmo testimone,
54.              di ritorno a punizione.
55.               
56.              Forse che sia  meritato,
57.              tutti i giorni e tutti quanti,
58.              per un modo di pensare,
59.              ormai morto e sepolto ?
60.               
61.              Il problema è tutto qua.
62.              Quello che davvero frena,
63.              non è soldi e  non è spazio,
64.              ma geocentrica frenia.
65.               
66.              Mondo piccolo ristretto.
67.              D’ideali troppo corto.
68.              Tanta roba da comprare,
69.              ci fa oche da ingrassare.
70.               
71.              Ma soltanto a casa nostra,
72.              ove siamo chiusi in gabbia.
73.              In prigione che sembra d’oro,
74.              ma è di quello degli allocchi.
75.               
76.              Anni persi a centinaia,
77.              a perpetrar lo sfruttamento,
78.              senza manco alcun rispetto,
79.              per il tempo in divenire.
80.               
81.              Credevate fosse gratis ?
82.              Predazione  illimitata ?
83.              Beh, guardatevi le spalle,
84.              perché il tempo non fa sconti.
85.               
86.              E così ‘mo tocca a noi.
87.              E siam anche fortunati,
88.              se al posto d’un milione,
89.              non ne arrivano centinaia.
90.               
91.              Dunque, chi ha paura di invasione,
92.              non fa i conti di dimensione.
93.              Ma ciò che ora è marginale,
94.              verrà in massa a reclamare.
95.               
96.              Questo è il modo di pensare,
97.              che vogliamo v’inculcare.
98.              Senza altro tralasciare,
99.              è la nemesi a parlare.
100.           
101.          Ma c’è sempre alternativa.
102.          E’ questione di prospettiva.
103.          Se il futuro vogliamo vedere,
104.          ci dovremmo adattare
105.           
106.          I migranti son  pensioni.
107.          E vabbe' può esser vero.
108.          Ma non basta certamente,
109.          a volere lo straniero
110.           
111.          I migranti lavorano duro.
112.          Tutto vero, niente oscuro.
113.          Ma se amiamo tanto lusso,
114.          che ci frega del pomodoro?
115.           
116.          Migrazione è mescolanza.
117.          Di genetica abbondanza.
118.          Neo genìa per Italietta,
119.          già presente in 6 milioni.
120.           
121.          Ricordate, son più forti.
122.          Ricordate, hanno fame.
123.          Porteran linfa vitale,
124.          fino a Roma decadente.
125.           
126.          Non finisce mica qui.
127.          Queste son le idee comuni.
128.          Manca un passo demografico,
129.          e il progresso è magnifico.
130.           
131.          Quanti siamo è la questione.
132.          Economica visione.
133.          Risucchiar popolazione,
134.          ci proietta di dimensione.
135.           
136.          Sono due le scale in gioco:
137.          nazionale ed europea.
138.          Se vogliamo avere un peso,
139.          di milioni ne servono tanti.
140.           
141.          Un miliardo laggiù in India,
142.          ed un altro proprio in Cina,
143.          continente tutta America,
144.          all’ Europa  manca troppo.
145.           
146.          Non son bocche da sfamare,
147.          ma energia a lavorare,
148.          di lavori e d’intelletto,
149.          di pensieri infin pesanti.
150.           
151.          Serve dunque l’accoglienza,
152.          ma pur anche un’espansione,
153.          dalla Russia con amore,
154.          al bacino mediterraneo.
155.           
156.          Si, partire dall’Eurasia,
157.          tante terre ed energia,
158.          popolazione non pervasa,
159.          cultura diffusa  e condivisa.
160.           
161.          Arrivare poi al bacino,
162.          conosciuto già in latino,
163.          con il nome  in medio terre,
164.          che ritorni un ombelico.
165.           
166.          Li ci vuole un piano Marshall.
167.          Sempre quello, sempre lui,
168.          pare proprio che sia vero,
169.          non s’inventa niente nuovo.
170.           
171.          Che sia un piano costruttivo,  
172.          che con fine d’ogni guerra,
173.          si presenti ad investire,
174.          senza creder che sia troppo.
175.           
176.          15000 è il Pil  d’Europa.
177.           7 decimi è consumo.
178.          Con un mese di consumi,
179.          aggiustiamo il Mare Nostrum.
180.           
181.          Questa è l’Economia
182.          efficiente allocazione,
183.          in un modo universale,
184.          di risorse e di energie.
185.           
186.          Una volta messo a posto,
187.          e iniettato di moneta,
188.          senza più di fame e guerra,
189.          diverrà un nuovo mercato.
190.           
191.          Compreranno forse poco,
192.          per lo per lo meno in principio,
193.          ma per chi vuol crescer di 1 (%),
194.          non è mica da buttare.
195.           
196.          Per far ciò serve progetto.
197.          Non soltanto in accoglienza,
198.          ma per farne economia,
199.          ingrandendo Italia mia.
200.           
201.          Ricordatevi le stime.
202.          Non c’è niente di traumatico,
203.          perlomeno fino a quando,
204.          si organizza dal comando.
205.           
206.          Si potrebbe farli agricoli,
207.          coltivare delle terre,
208.          per produrre da mangiare,
209.          per stessi e poi per l’export.
210.           
211.          O ancora indirizzarli,
212.          a settori artigianali,
213.          non più tanto appetibili,
214.          ma pur sempre esportabili.
215.           
216.          Chi più pensa più ne metta.
217.          Solo questa è la ricetta.
218.          con creativa invenzione,
219.          immaginare soluzione.
220.           
221.          Si può far micro sistema,
222.          in tutte parti definito,
223.          con dei flussi e esportazioni,
224.          che ci portino moneta.
225.           
226.          Una valuta dedicata,
227.          si potrebbe poi stampare,
228.          esperimento d’inclusione,
229.          anche per banca centrale.
230.           
231.          Senza manco la stampare,
232.          si potrebbe far virtuale.
233.          Convertibile in euro,
234.          a incassata esportazione.
235.           
236.          Per l’alloggio vi son ruderi,
237.          di privati o di pubblici,
238.          sempre in grande quantità,
239.          da auto costruire in libertà.
240.           
241.          Se vi sembra una follia,
242.          ragioniamo di come sia,
243.          già successo nel passato,
244.          troppo spesso dimenticato.
245.           
246.          Si, dal Sud si andò a Torino
247.          a Milano e in altre aree,
248.          fu rivoluzione industriale,
249.          eppur anche ben sociale.
250.           
251.          In Germania furon li turchi,
252.          a fornir forza lavoro,
253.          ben gestiti e organizzati,
254.          oggi appieno integrati.
255.           
256.          Ma l’esempio che più ci aggrada,
257.          non si raggiunge con una strada.
258.          Sta al di la del grande mare,
259.          che per tanti fu l’America.
260.           
261.          Non fu mica solo industria
262.          mica solo ferrovia.
263.          In principio fu la terra,
264.          grande sogno per marea.
265.           
266.          Certo, ai nativi fu scippata,
267.          E dai coloni coltivata.
268.          Se crearono un nuovo mondo,
269.          non è che tutto va copiato.
270.           
271.          Ma l’umana intelligenza,
272.          può inventarsi qualche cosa.
273.          Applicarsi con costanza,
274.          per portare ad un progetto.
275.           
276.          Osserviamo i nostri opposti,
277.          per capir cosa si muove.
278.          I tedeschi sono tosti,
279.          se partiti non li fermi.
280.           
281.          Si contesta lor chiusura,
282.          poca voglia di imperare,
283.          ma quando arriva il momento,
284.          se ne accolgono mezzi milioni.
285.           
286.          Pure se si prendono pausa,
287.          e socchiudono i confini,
288.          lo dichiarano apertamente:
289.          ci dobbiamo organizzare.
290.           
291.          C’è ancor qualche coglione,
292.          che contesta selezione.
293.          Come se quelli siriani,
294.          non siano loro anche umani.
295.           
296.          Da qualcuno cominciare.
297.          Non restar a farneticare.
298.          Questa è la differenza,
299.          tra colonia e gran nazione.
300.           
301.          All’opposto Buda e Pest
302.          Credo c’entri anche il ricordo,
303.          di quei rossi carri armati,
304.          d’un autunno insanguinato.
305.           
306.          Ma stavolta è diverso,
307.          questi qua non han fucili,
308.          solamente tanta fame,
309.          contro cui nulla può un muro.
310.           
311.          E’ un muro a rasoiata,
312.          sulla faccia dell’ Europa,
313.          uno sfregio umanitario,
314.          che si deve rimediare.
315.           
316.          Soprattutto si ricordi,
317.          che non puoi frenar milioni.
318.          Messo innanzi al sud del mondo,
319.          quale muro non cadrà ?
320.           
321.          Ritorniamo un poco indietro,
322.          qua si deve progettare;
323.          sia da noi che a casa loro,
324.          condividere il decoro.
325.           
326.          Tra germani e magiari,
327.          ci siam noi, i traghettari.
328.          Con i greci a spalleggiare,
329.          la marea di quei barconi.
330.           
331.          Noi non siamo soluzione,
332.          facciamo solo da tampone.
333.          Per non essere travolti,
334.          serve proprio una visione.
335.           
336.          Questa dunque è la visione.
337.          E’ davvero tutto qui.
338.          Una idea davvero semplice,
339.          che ciascuno può comprendere.
340.           
341.          Accoglienza e investimenti.
342.          Questo serve a quei tormenti.
343.          Perché Europa e mar di mezzo,
344.          ci rinascano campioni.
345.           
346.          In difetto, continuate,
347.          fino a quando quelle ondate,
348.          ci travolgano dovunque,
349.          come tocca ad ogni impero.



2014 05 19 - I migranti sono una risorsa.  Si dovrebbe cercare di pensare a come farli entrare e non a come tenerli fuori.

Testo originale completo di immagini a :

Io sono un privilegiato.
Alcuni migranti li ho potuti conoscere di persona. E non soltanto di sfuggita in qualche centro di accoglienza come Lampedusa. Ma vivendoci insieme.
Ne arrivarono una ventina presso le varie sedi dell’Associazione Comunità il Gabbiano Onlus quando ero ospite anche io. Da Burkina Faso, Bangladesh, Nigeria e non ricordo più da dove altro.
Tutti erano partiti dalla Libia, dove c’era la guerra, dopo giorni ad aspettare sulla spiaggia senza cibo ne acqua. Molti su quella spiaggia ci erano arrivati dopo settimane di viaggi indescrivibili attraverso varie porzioni d’Africa.
Tutti avevano storie simili di povertà e di terrore.
E tutti avevano lo stesso miraggio della terra promessa, ma senza alcuna illusoria speranza. Erano tutti rassegnatamente, eppur dignitosamente, consapevoli della loro disperazione.
Dei circa 20 che furono allocati al Gabbiano, 5 gravitarono sulla struttura dove risiedevo anche io, e ci trovammo a vivere nello stesso appartamento per 3 o 4 mesi.
E’ stato bello. E molto istruttivo. Come per tutte le cose, un conto è la teoria e un altro conto è la pratica. Viverci insieme è stato un bagno di umiltà e una fonte di ispirazione.
La prima cosa che mi colpì fu che nonostante fossero rimasti alcune settimane a Lampedusa, nessuno si era degnato di insegnare loro una parola di italiano. Non sapevano dire nemmeno cose banali, come ho fame, ho sete e simili.
Nessuno aveva pensato a dedicare un soldato, un infermiere, un volontario qualsiasi ad insegnare loro i rudimenti linguistici della terra promessa.
Voleva dire che già in partenza tutti, tutto il sistema, davano per scontato che fossero intrusi e che in un modo o nell’altro dovevano sparire.
Mi inventai dunque un corso improvvisato di italiano. Tutti erano avidi di quelle poche parole che iniziai a spiegare loro. Ricordo che fogli e penne sembravano un enorme dono. Ci intendevamo a gesti o in francese con alcuni di loro. Le grottesche “lezioni” si tenevano sui prati della comunità.
Io ero anche scostante. Li guardavo e mi chiedevo cosa sperassero di trovare in Italia. Non c’è speranza per tanti italiani figuriamoci per loro. In ogni caso per mia natura ero un insegnante “cattivo” : mi incazzavo con chi non stava attento o con chi non imparava in fretta. Il che tutto sommato mi sembra un atteggiamento “paritario” senza false ed ipocrite indulgenze, di per se razziste.
Comunque dopo qualche tempo, essendosi un po’ meglio adattati ed ambientati, si decise che potevano partecipare ai lavori della comunità. Tutti lavori manuali: da pratiche agricole a manutenzioni degli immobili.
E a quel punto io, e molti altri ospiti, ricevemmo il giusto contrappasso da nemesi razziale.
Mi ricordo che un giorno stavo zappando l’orto e Nufu, dal Burkina Faso, mi guardava.
Mi accorsi che sorrideva.
Dopo un po’ mi si avvicinò e a gesti, perché avendo circa 40 anni era uno degli allievi più recalcitranti del corso di italiano, mi spiegò che voleva fare lui. Che voleva zappare lui.
Io gli diedi la zappa e mi misi a guardare.
Gambe parecchio divaricate, ginocchia piegate e baricentro basso, prese la zappa e iniziò a “mitragliare” zappettate ad una velocità incredibile. In 10 minuti finì quello che io avrei fatto in un’ora. Certo: io non sono un contadino, ma garantisco che anche rispetto ai contadini italiani che ho conosciuto in vita mia, Nufu era un “fuori categoria”.
E così tutti gli altri.
Tempo dopo, quando iniziammo a capirci meglio, mi spiegò che fare il contadino era il suo mestiere.
E ne era ben fiero. Come dimostra il fatto che mi volle far vedere come si faceva.
Un sano e commovente “orgoglio zappatore”.
Mi raccontò che a casa, sua per potere coltivare, doveva scavare a mano un pozzo profondo parecchi metri ogni settimana. Lo aiutavano i suoi bambini. Non gli pareva vero di potere innaffiare con la pompa. Il che è una bella dimostrazione di relativismo: quello che per noi è scontato per lui era un sogno.
E mentre lui, nel suo “paradiso irriguo”, innaffiava, innaffiava, innaffiava, io iniziai a capire due cose.
La prima era che il mio atteggiamento iniziale improntato a “cosa sperano di trovare in Italia” era intrinsecamente etnocentrico: ragionavo con le mie “categorie” che per loro erano assolutamente incomprensibili e inadeguate. Per loro il paradiso era l’acqua corrente, tanto per capirci.
La seconda era che tanta “perizia”, oltre alla forza, resistenza e adattabilità, erano un dono del cielo. Che bisognava almeno provare a capire come metterla a frutto perché per noi italiani oramai era “storia dimenticata”.
Il “nostro” occidente tende sempre più a “smaterializzarsi”, ma la civiltà materiale è pur sempre la base su cui poggia tutto il resto.
Da queste riflessioni nascono gli spunti seguenti. Credo innanzitutto che sia utile circostanziare la questione, perché troppi proclami vengono “sparati” senza che siano supportati dai fatti.  Anche se presumo che i dati siano noti ai nostri governanti, a noi gente comune non vengono quasi mai comunicati nel loro quadro di insieme.
Le fonti sono tutte ufficiali : Istat per lo più. I grafici e tabelle sono  tutte a fine scritto.
Infine una precisazione: migranti e stranieri non sono lo stesso concetto. I dati disponibili riguardano la seconda categoria.
Molte cose sono note se non banali, ma ciònonostante vederle tutte insieme può forse contribuire a fornire un quadro diverso.
Si tralascia qui ogni aspetto etico, seppur fondamentale.
Si tralascia anche ogni considerazione su una pur benefica “mescolanza genetico-razziale” che i flussi in entrata portano alla nostra cultura ed “etnia”.
Ci si concentra su questioni di fatto comunemente ritenute pregiudizievoli. E si ipotizza una possibile soluzione.

  1. Gli stranieri compensano il calo demografico nazionale
Dal 2002 al 2014, la popolazione straniera residente in Italia è passata da 1,3 a 4,4 milioni di persone.
Nello stesso periodo la popolazione italiana totale è risalita da 57 milioni a quasi 60.
Il trend di immigrazione ha quindi bilanciato il calo demografico “nazionale”.

  1. Gli stranieri sono relativamente integrati
Dalla tabella CONFRONTO ITALIANI-STRANIERI  - FONTE ISTAT, riportata integralmente in coda emergono alcuni dati significativi evidenziati in rosso.
La tabella è per altro riportata per intero a fine di possibile comparazione “sociologica” da parte di chiunque.
Il quadro che emerge è, a giudizio di chi scrive, di relativa integrazione e relativa comparabilità di larga parte di questi indicatori.
Ciò testimonia la “capacità di accoglienza” Italia che in dieci anni ha assorbito 3 milioni di stranieri.

  1. Gli stranieri generano reddito e imposte
Spesso si dice quanto al paragrafo seguente : “ci pagheranno le pensioni”. Di reddito e tasse non si parla mai. Con riferimento ai dati in rosso della tabella a fine scritto emerge che i 4 milioni di stranieri sono aggregati in circa 1,6 milioni di famiglie (stante la famiglia media di 2,44 persone).
Con un reddito familiare di 12.400 euro circa (anche se il dato è del 2008), gli “stranieri” producono reddito per circa 20 miliardi di euro.
Assumendo un livello di imposizione medio del 20%, che tra imposte dirette e indirette appare prudenziale, ciò vuol dire che gli “stranieri” hanno prodotto entrate fiscali allo Stato per oltre 4 miliardi di euro.
In un contesto in cui si fanno manovre per importi anche molto inferiori è un dato che si dovrebbe tenere più presente.

  1. Gli stranieri sono giovani
L’età media degli stranieri è di 32 anni contro 45 degli italiani e la percentuale di over 65 è di appena il 2% contro il 22% italiano.
Questo dato “alimenta” il luogo comune che gli stranieri ci pagheranno le pensioni. Come tutti i luoghi comuni è fondato su dati reali.

  1. Gli stranieri non sono delinquenti
Con 78.000 condanne rispetto alle 150.000 italiane gli stranieri sono evidentemente a maggior tasso di criminalità, ma :
  • marginale rispetto al totale (78.000 / 4.000.000 = 2%)
  • probabilmente se si considerassero solo le fasce più disagiate di italiani la situazione italiani/stranieri apparirebbe più simile.

  1. Una possibilità di accoglienza agricola ?
Prendendo spunto dal racconto iniziale e riferendosi alla situazione agricola nazionale si osserva che dal 1982 al 2010 in Italia si sono persi 5,3 milioni di ettari di Superficie Agricola Totale (SAT) e quasi 3 milioni di Superficie Agricola Utilizzata (SAU). (Istat – Censimento Agricolo).

Territorio - SAU - HA
SAU 1982
SAU 1990
SAU 2000
SAU 2010
D 2010 - 1982
 Italia TOTALE
 15.832.613
 15.025.954
 13.181.859
 12.856.048
-2.976.565






Territorio SAT - HA
SAT 1982
SAT 1990
SAT 2000
SAT 2010
D 2010 - 1982
 Italia TOTALE
 22.397.832
 21.627.667
 18.766.583
 17.078.307
-5.319.525






SAU/SAT
SAU/SAT 1982
SAU/SAT 1990
SAU/SAT 2000
SAU/SAT 2010


70,7%
69,5%
70,2%
75,3%


Dei 17,078 milioni di ettari di SAT del 2010, 647.789 sono classificati come Superficie Agricola non Utilizzata.
Se si ipotizzasse di suddividerli in appezzamenti da 10 ettari ciascuno, si avrebbero quasi 65.000 potenziali nuove aziende agricole.
10 ettari potrebbe essere una dimensione plausibile di sussistenza. In coda si riportano anche i dati di distribuzione delle aziende italiane per classe di dimensione.
Si consideri che il reddito medio familiare degli stranieri, come evidenziato in tabella Istat, è di 12.000 euro. Replicarlo nel contesto agricolo delle aziende da 10 ettari vorrebbe dire ricavare 1.200 euro ad ettaro. Possibile.
I terreni potrebbero anche essere condotti in affitto da proprietari privati, considerando che gli affitti dei terreni agricoli non sono particolarmente onerosi, e spesso sono risibili.
Se tali aziende fossero condotte da famiglie di 3 persone si avrebbero quasi 200.000 possibili “posti” di accoglienza.
Se poi si ampliassero le superfici disponibili, anche utilizzando terreni demaniali o terreni non già classificati come “non utilizzati” il potenziale si amplierebbe ulteriormente.
La tabella seguente ipotizza alle ultime 3 righe di impiegare 4 milioni di ettari.  Le persone “accoglibili” diventerebbero 1,3 milioni.
Azzardo anche un paradosso volutamente iperbolico: per un’Italia multirazziale da 70 milioni di persone si potrebbe anche disboscare un po’ di demanio. Un po’ di disboscamento in più forse Madre Natura Rediviva riuscirebbe a sopportarlo e compensarlo.

     647.789
 SAT Non utilizzata
       64.779
 Nr. aziende da 10 ha
     194.337
 3 persone per azienda


  4.222.259
 Differenza SAT-SAU
     422.226
 Nr. aziende da 10 ha
  1.266.678
 3 persone per azienda







Si tenga presente che i benefici possibili sarebbero in termini di :
  • qualificazione e utilizzo del territorio
  • generazione di reddito e imposte
  • produzione agricola nazionale e minor importazioni dall’estero

  1. La questione abitativa
Il deflusso dalle campagne, oltre ai terreni inutilizzati, lascia anche abbandonato un patrimonio immobiliare spesso di valore storico.
Una possibilità da considerare sarebbe quella di dare in uso ai neo-coloni strutture abbandonate, che vengano ristrutturati da essi stessi “in economia”. Come già detto queste persone sono spesso brave in tutto quello che è manuale
Anche in questo caso i vantaggi sarebbero innanzitutto di riqualificazione del territorio che attualmente appare spesso “desertificato”.
Come per i terreni anche gli immobili potrebbero essere condotti in affitto da proprietari privati, considerando che gli affitti agricoli non sono particolarmente onerosi, se non risibili. Con l’ulteriore vantaggio  di trovarsi le proprietà “rivitalizzate”.

  1. Far west e pionieri italiani
Come sarà evidente, quanto sopra non è un’idea nuova. Il più lampante esempio pregresso è la corsa al west del Nordamerica.
Ovviamente il contesto italiano è molto più piccolo e iniziative di “ripopolamento” delle campagne sono già giustamente patrocinate a favore dei cittadini italiani. A titolo esemplificativo si riporta qui di seguito un articolo del 2013.
Ciò rende necessaria una valutazione di “capacità ricettiva” per tutti da parte delle nostre campagne.
E’ pur vero che non molti italiani riescono poi di fatto a percorrere il cammino del “controesodo”, come testimonia il fatto che la maggior parte dei lavori di manovalanza agricola è già oggi realizzata da personale straniero.
E’ quindi auspicabile pensare ad una convivenza pacifica.

  1.  Un business plan
Sembra che la Cassa Depositi e Prestiti stia prendendo il posto che la Protezione Civile ricopriva (e forse ricopre ancora) qualche anno fa, cioè quello di ente soprannaturale, al quale affidare ogni tentativo di “strategia di sviluppo e ripresa” nazionale. Come andò a finire per la Protezione civile è ormai chiaro a tutti: abusi, truffe e grandi regali agli amici di amici. Quante sono le possibilità che la Cdp viaggi su binari diversi ?

Dal Manifesto del 31 maggio 2013, articolo di Marco Bersani:
Secondo l’Agenzia del Demanio, che utilizza i dati del Censimento per l’ Agricoltura 2010, l’estensione dei terreni agricoli demaniali in Italia ammonta ad oltre 338.000 ettari, per un valore che oscilla fra i 5 e i 6 miliardi di euro.
Un patrimonio importante che, grazie alla sua equa distribuzione geografica, consentirebbe la messa a punto di un progetto nazionale per una diversa agricoltura, per una conseguente salvaguardia e manutenzione idrogeologica del territorio e per il rilancio di nuova occupazione, in particolare giovanile, durevole e di qualità.
Riflessioni che non sfiorano l’attuale Ministra dell’Agricoltura De Girolamo, che ha recentemente incontrato i vertici dell’Associazione bancaria italiana (Abi) e il presidente della Cassa Depositi e Prestiti, Franco Bassanini, per mettere a punto un programma di “valorizzazione” e (s)vendita dell’immenso patrimonio agricolo demaniale.
Replicando quanto sta già proponendo agli enti locali in merito alla svendita del patrimonio immobiliare, Cassa Depositi e Prestiti avrebbe la funzione di assegnare un prezzo ai terreni demaniali, di acquisirli consentendo allo Stato di fare cassa e di metterli successivamente sul mercato.
Incredibile l’obiettivo dichiarato dalla Ministra De Girolamo : «(..) un’occasione per sbloccare la situazione e mettere nuovi terreni a disposizione soprattutto dei giovani, perché senza terra da lavorare non è possibile pensare ad un vero rilancio del comparto».
Altrettanto incredibile è che per questo ulteriore processo di colossale espropriazione di patrimonio pubblico si utilizzino le risorse del risparmio postale affidato dai cittadini alla Cassa Depositi e Prestiti.
Davvero si pensa che i giovani disoccupati (oltre il 35%) siano provvisti di capitale e non attendano altro, per trasformarsi in futuri agricoltori, che divenire proprietari dei terreni da coltivare?
Davvero si pensa che privare la collettività del bene terra, di inestimabile valore pubblico e sociale, corrisponda a «servizio di interesse economico generale», qualifica cui dovrebbe attenersi ogni investimento di Cassa Depositi e Prestiti (art. 10, D. M. Economia 6/10/1994)?
Possibile che non si pensi ad un piano per un’agricoltura di qualità e per una nuova occupazione giovanile attraverso il mantenimento della proprietà collettiva del demanio agricolo, l’affidamento dei terreni ai giovani con affitti calmierati e l’intervento di Cassa Depositi e Prestiti per il sostegno dell’avvio di attività (start up di impresa) e dei primi investimenti in mezzi, tecnologie, impianti e sementi per consentire alle diverse nuove aziende un funzionamento a regime?
Ancora una volta l’obiettivo è quello di consegnare patrimonio pubblico alle banche e beni comuni alla speculazione finanziaria, con il paradosso di renderlo possibile attraverso l’utilizzo dei risparmi dei cittadini.
La socializzazione di Cassa Depositi e Prestiti e la sua gestione territoriale, democratica e partecipativa diventa un obiettivo sempre più urgente, che da oggi dovrà vedere coinvolte in prima fila tutte le esperienze e reti dell’altra economia, dei gruppi di acquisto solidale, dell’agricoltura autogestita e di qualità, del commercio equo e solidale.
*Attac Italia
Su Agro Notizie compare un’alternativa alla s-vendita del demanio agricolo, così come presentata dalla De Girolamo:
” (…) Posta come unica strada possibile, quella della vendita dei terreni agricoli demaniali avrebbe diverse alternative. Tra queste, la possibilità di affidare, come da più parti proposto, i terreni a quanti, magari giovani sprovvisti di capitale iniziale ma ricchi di capacità, preparazione universitaria specifica e idee spesso all’avanguardia, in grado di restituire ai terreni una funzionalità non solo agricola ma anche sociale e paesaggistica. In tal modo, grazie ad affitti calmierati, allo sviluppo di nuova occupazione e alla nascita di nuove attività imprenditoriali che andrebbero a contribuire al rilancio economico del paese, lo Stato otterrebbe un beneficio economico duraturo ma, soprattutto, non si priverebbe del bene terra, di inestimabile valore pubblico e sociale, strappandolo alle fauci della cementificazione da cui, con la sua vendita, prima o poi potrebbe essere azzannato. “