2023
12 31 – Fuochi alle polveri
Ero
piccolo piccolo.
Arrivava
l’ultimo dell’anno.
Aspettavo
tremolante di gioia.
Mio padre
ci portava in montagna.
Erano
anni di bum.
Per la
mia famiglia poi eravamo su di un treno in corsa.
Inseguivamo
la carriera di mio padre.
E l’agognato
benessere.
Forse monetaria
ricchezza.
Al
momento riferito al racconto avevamo una orgogliosa piccolissima casetta monolocale
in montagna.
Nella
lussuosa prestigiosa Svizzera.
Ma nel
cantone agricolo del Vallese.
Per
arrivarci si doveva passare il Sempione.
C’era la
scelta tra valicare il passo e imbucare la macchina sulla navetta del tunnel.
Mio padre
sceglieva sempre il tunnel.
Credo
fosse per rispettoso ricordo delle sue grandi opere da ingegnere.
Il
Sempione non l’aveva scavato lui, ma sapeva cosa aveva voluto dire.
La
frontiera stava a Iselle.
Poche
anime sui treni ad andare e venire.
E un
casotto di alpina gendarmeria.
Ci
facevano aprire i bagagli regolarmente per controllare.
E noi ci
fottevamo di paura.
Mio padre
col passato da contrabbandiere continuava la pratica.
Per
mantenere viva la sua tradizione qualche rischio si poteva pure correre.
E
contrabbandavamo spiegazioni al gendarme.
Con le
valigie piene di vietatissimi dolci napoletani.
E
soprattutto, sotto il loro strato, ancora più vietati fuochi d’artificio
arrivati direttamente da Napoli.
Tramite
il complice zio Geppino, che radicato nell’anima dei mille colori, lui sapeva
da chi andare.
Non
c’erano mica certificati di conformità, c’era la fiducia della conoscenza.
Comunque
passavamo sempre, non so se per perpetrati piccoli reati di corruzione del
gendarme.
Reati di
cui mio padre era campione di mancia.
E quindi
come sia sia, in Svizzera ci entravamo sempre.
Spesso
c’erano anche le mie cugine, adottate di gioia.
Sbucati
fuori dal tunnel e raggiunta la casetta si sciava e festeggiava aspettando il
31 a mezzanotte.
Giravamo
orgogliosi tutti nel bagagliaio del nostro familiare protosuv rosso.
Alla
notte del 31, partiva la sarabanda al comando di fuoco alle polveri di mio
padre, che bene si curava di fare attenzione a maneggiarle le polveri.
Eravamo
gli unici o quasi, ad illuminare il cielo di stelle.
E gli
svizzeri agresti si affacciavano a guardare, qualcuno ululava e batteva le
mani.
Oggi è
pratica generale.
In tanti
anni, sotto la responsabile vigile mano di mio padre, mai nessun incidente ci
turbò la gioia straripata dopo un anno di attesa.
Oggi
quanto è ipocrita la demonizzazione della tradizione.
E
funziona.
Quanta
gente conosco che ha paura di un piccolo bengala.
Certo ci
sono gli incidenti.
E quello
che vi sto per dire non vi piacerà.
Ma fateli
due conti.
Siamo 60
milioni, coi fuochini pure di taglio da bambini.
Siamo
certificati, conformati, controllati, e non so più quale ati.
Sempre se
non diventiamo vietati.
Quale è
la probabilità in percentuale dell’incidenza di un incidente?
Generalizzare
è il problema che deresponsabilizza.
Chiedetelo
all’anima di mio padre.
E per me date
pure fuoco alle polveri.
La
soluzione non è un divieto di tradizione.
Siate responsabilmente
legali.
Io
resterò a guardarvi.
Come ogni
bravo vecchio, dalla casetta dei miei ricordi.
Kalimmudda
ipsum dixit
Ehhh, per niente facili
uomini sempre poco allineati
Ps.
La
notizia del giorno
Sventato a
Milano vietatissimo contrabbando di struffoli e sfogliatelle