1.
costruttori di concetti.
2.
architetti di intelletti,
3.
urbanisti di pensieri,
4.
manovali del versale:
5.
sono in opera le fabbriche.
6.
son cantieri di gragnuole,
7.
di pallottole una prole,
8.
so’ arsenali di parole.
9.
ora basta coi ritardi.
10.
siamo frecce dritti dardi,
11.
ancor meglio siam bastardi,
12.
svergognamo i tiratardi.
13.
se cambiare si può fare,
14.
se chi puo’ non fa cambiare,
15.
e’ precipuo, e’ individuo,
16.
della specie senza cura.
17.
18.
La ragione è nelle classi,
19.
ma se in esse si rinfossa,
20.
questo fa di una cultura,
21.
nullamente cosa pura.
22.
sintonizza la tua mente.
23.
la frequenza e’ gia’ portante.
24.
fatti
sciogliere devianza,
25.
monta ‘n gropp’alla normale.
1 Indice
2 Premessa
Un’ ontologia. Dall’ambiente ai personaggi coi loro caratteri psico-logici e comportamentali
Se vogliamo riassumere in poche parole l’essenza di questo
scritto, lo stesso risponde a una sorta di esigenza di costruzione di un
ambiente.
Riferiti a questioni di strutturazione di intelligenza, più
o meno artificiale, intendiamo dire che questa filastrocca, che e’ pure una matrice, serve a rifinire una rappresentazione
di un ambiente dentro il quale ci stiamo muovendo.
Siccome stiamo parlando di un ambiente entro il quale possa
vivere un’intelligenza, esso sarà composto di parole, vocaboli, frasi, regole
sintattiche, associazioni predicative, nessi logici più o meno ramificati, e
infine di alcune categorie di umana umanità.
Ovvero di alcuni modelli che riteniamo ricorrenti.
Quando abbiamo scritto “Una
lecca semantica”, lo abbiamo fatto con l’intento di edificare una prima piattaforma
che rappresentasse questo mondo.
Era una base impersonale, fatta di strutture, di schemi e di
processi, le tre componenti fondamentali di un sistema adattivo complesso.
Adesso, con La Filastrocca Epilecca, questo mondo lo
popoliamo.
Entrano in scena i personaggi. Con i loro caratteri
psicologici e comportamentali individuali e/o collettivi.
Entra in scena l’umanità.
A volte sono personaggi categorici,vale a dire
rappresentativi di schemi ricorrenti e aprioristici.
A volte le categorie usate possono anche essere datate, forse
obsolete.
Sono quelle che avevamo a pronta disposizione nell’archivio
delle nostre reminiscenze cognitive.
Ciò che e’
importante, però, e’ che non sono personaggi di invenzione.
Sono personaggi di osservazione.
E a volte, o forse spesso, sono personaggi di proiezione.
Sono personaggi che si materializzano sì nella e dalla mente
dello scrivano, ma che non sono da lui creati.
Solo rappresentati.
Sono personaggi erranti tra le anime dell’anima, e da li
scritturati per andare in scena.
“Devo finir di
colorare, il mondo che vorrei abitare”, cantava Bandabardò.
Ebbene noi dobbiamo ancora finire di immaginarlo, figurarsi
di colorarlo, ma di certo l’ambiente di dominio “cloeconomie.blogspot.it” inizia a
farsi definito oltre che corposo.
Se immaginiamo, infine, che tale ambiente possa fungere come
centro di distribuzione di un concreto peso semantico, ecco che inizia a
palesarsi una sua certa “utilità replicante”.
In tal senso ci proponiamo come costruttori di intelletti.
O almeno come costruttori di un primo intelletto.
Il nostro.
Qualsiasi cosa ciò voglia dire.
Le voci dell’anima del mondo, il coprocessore poetico
Questa e’ “tanta roba”.
Ho avuto per tanto tempo il desiderio di scrivere
sull’argomento di cui scrivo in questo libro.
Volevo fare un affresco sull’essere uomini, ma non avevo i
mezzi per scriverlo “en legeresse”.
E non mi pareva ne’ utile ne’ dilettevole farlo in maniera
saggisticamente rompicoglioni.
Poi un giorno tra il 2014 e il 2015 e’ successo un fatto.
Una mattina mi sono svegliato, e… o bella ciao !
“Ciao bella! Bella li’” mi dissi, dunque.
E mi misi a scrivere in versi come d’incanto, folgorato da
un esercito di muse invisibili.
Sono quelle che a me piace chiamare le mie valchirie, e che
per me sono le anime ricongiunte nell’anima unica, nell’anima del mondo.
Che sia l’anima del mondo di tanta letteratura, l’anima
mundi, o che sia un amplificato fenomeno informatico veicolatomi da reti
satellitari, poco conta.
Quel che conta e’ che non sono pensieri miei.
Io scrivo per lo più di getto in principio, e poi affinando
con alcune metodologie tecniche, ma quello che osservo nelle prime stesure e’
un flusso di pensieri che mi si affollano in un turbinìo vorticoso immaginabile
a forma di imbuto puntato dentro alla mente.
Dritto nel centro di gravità per la mente.
Io devo solo accoglierle e dar loro voce, mettendo in ordine
quello che il loro sommesso impercettibile bisbiglìo mi sta dicendo.
Io sono convinto che quando scrivo, sto facendo lo scrivano
delle anima.
Colui che mette su carta i pensieri altrui, e che in
copertina di questo libro ho chiamato “il manovale del versale”.
E sono convinto di avere ricevuto un dono per farlo, che e’
quello che chiamo il “coprocessore poetico”.
E’ questo dono che mi fa riuscire a mettere in ordine quella
gran quantità di voci, che non sento distintamente, ma che so essere all’opera.
Alcuni la chiamano “ispirazione”, o più poeticamente
“afflato”, tutti termini evocativi di un “soffio”, che e’ giustappunto quello delle anime
dell’anima, o se preferite di Dio (ne scrisse anche Papa Woytyla in “una
lettera agli artisti” o qualcosa di simile), rivolto ad un singolo individuo
“prescelto”.
Ma io devo sempre provare a vedere la cose in un’altra
prospettiva.
In questo caso, non dal nostro punta di vista, di coloro che
“ricevono” questo soffio, ma da quello di chi questo soffio emette.
Ecco allora che non siamo più monocentrici destinatari di un
afflato veicolatoci in una qualche forma di “elezione a vate”, ma ci ritroviamo
come semplici elementi di una generale “espirazione” di questa sostanza
animistica, o di “frenìa”, che tutto pervade.
L’unica cosa che noi possiamo fare e’ scegliere di respirare
all’unisono oppure no.
L’ispirazione e’, dunque, traspirazione empatica.
Ho assistito pochi giorni fa alla presentazione di un libro
scritto da una persona che come me ha avuto “problemi” di salute mentale, più o
meno veri o “da altri presunti veri”, che dir si voglia.
A fine conferenza ha fatto un gesto di coraggio, che si
vedeva costarle tanta fatica, e ha detto
timorosa :
“io sento le voci”.
Avrei voluto alzarmi e dirle :
“beata te!”.“Vorrei sentirle io!”
“Io non sento le voci distintamente, ma “sento” solo che ci
sono delle voci che bisbigliano.”
E avrei voluto dirle :
“Fatti forza, fatti coraggio.”
“Non sei tu che senti le voci, ma sono le voci che parlano
con te.”
Avrei voluto dirlo, ma in una forma di pregiudizio
autocratico, non l’ho fatto.
Per cui provo a farlo adesso.
Ecco, io credo per parte mia, che questo sia un dono.
E se questo e’ un
dono, allora chi lo riceve deve donarlo.
Entro i limiti di quanto riesca a sopportare, evidentemente.
Per parte mia, se questo e’ un dono, io credo di doverlo
fare.
In qualche modo, credo di essere qui per questo.
La salute mentale e la normale
Quanto sopra potebbe collocarsi a buon diritto in un
campionario di devianze da quella comunemente riconosciuta come salute mentale.
Invece io credo che la definizione di salute mentale sia
fortemente fuorviata dalla sua “normale”.
Nnon e’ vero che “visto da vicino nessuno e’ normale”.
La verità e’ che guardando da vicino siamo tutti “normale”.
In tale logica, tutto quello che abbiamo già esposto o
esporremo di seguito, mira a rappresentare una sintesi di canoni di come
funziona o dovrebbe funzionare la mente umana nella sua norma, nella sua
normalità.
Meglio ancora, nella sua “normale”, che e’ uno di quei
canoni aprioristici presenti in tanti fenomeni naturali, fisici, biologici o
altri.
Oggi noi parliamo di salute mentale riferendoci ad alcuni
“estremi” ritenuti deviati.
Se ti scappa qualche
nesso,
tutti addosso a dirti
fesso.
Non sia mai che rompi
il cazzo,
tutti addosso a dirti
pazzo.
Ma la realtà ultima e’ che la grandissima parte di quello
che oggi non funziona a questo mondo, non funzione per “carenza di normale mentale”.
In questo senso e’ importante fare il “dispenser” di
buonsenso.
Io credo che esista un modo corretto di vedere le cose.
Io credo che esista un modo univoco di “essere uomini”.
Quello che scriviamo, dunque, risponde a questo scopo: “innestiamo
la normale”.
Filastrocca epilecca
Filastrocca
Come spiegato nella sezione in versi apposita, si e’ scelto
di adottare questa forma in quartine di versi per due ragioni principali.
La prima e’ ritmica, vale a dire che si ritiene che il tempo
suddiviso in battute determini una cadenza la quale permetta al costrutto verbale di innestarsi
nei pensieri più facilmente.
Un po’ come se tenesse aperti degli spiragli di porte in cui
ci si possa intrufolare.
Cantava Jovanotti : il ritmo di quattro quarti e’ quello più
congeniale perche’ fa rima con il respiro del cuore.
Molto più anticamente, credo che sia la logica dei mantra la cui reiterata e
circolare ripetizione ha lo scopo di aprire delle sorta di guide d’onda in cui venga
convogliata l’energia, in qualsiasi senso ciò vada inteso.
In secondo luogo, con la forma in quartine il meme diventa
musicale, con una ripetizione tonale che favorisce la concentrazione e
l’assimilazione dei concetti.
Il meme ha così il suo ritmo e
il suo sottofondo, in una somiglianza con il concetto di:Rap: Rythm And Poetry.
Più precisamente il meme si fa tonale, come certe
protolingue scandite dai tamburi africani o come i mantra induisti o ancora come
le litanie dei didgeridoo
aborigeni.
La cadenza battente sostiene il tono in questa sua veste
cantilenante, in una similitudine con le minuscole onde di quelle acque chete
che smuovono i ponti (si trova un riferimento anche tra i versi).
In questo caso il tono ricorsivo, lemme lemme, rosicchierà
tutti i muri.
“C’est le ton qui fait la chanson”, mi diceva sempre mia
madre.
“E’ il tono che sgretola i muri”, dico io.
Epilecca
Questa invece e’ una
parola univoca di apposito nuovo conio.
Serve, tra le altre cose, a inchiodare a se stesso il
relativismo di cui si parla nel paragrafo seguente sul “multisenso”.
Epilecca vuol dire “che va oltre” o “che viene dopo” una
lecca.
E’ così detta in quanto prosegue il cammino intrapreso con “Una lecca
semantica” .
La matrice officinale
Matrice – Treccani s. f. [dal
lat. matrix -icis "madre; utero"]. –
1. (ant.) [organo
genitale femminile in cui si sviluppa l'embrione] ≈ utero.
2. [modello per
la riproduzione di medaglie, monete, ecc., che da una forma negativa, in cavo o
in rilievo, consente di ottenere un'impronta, in positivo, su un apposito
materiale] ≈ ‖ cliché, conio, stampo.
3. (inform.)
[struttura di dati che consente l'inserimento delle informazioni in un'apposita
tabella a due o più dimensioni] ≈ array.
4.
(burocr.) [nei
moduli doppi, la prima parte, che rimane all'emittente, dalla quale viene
staccata la seconda: la m. di un
biglietto] ≈ madre. ↔ ‖ *figlia.
5.a
(fig.) [ciò che
costituisce l'elemento ispiratore o originario di un fatto, un avvenimento e
sim.: la m. storica di una rivoluzione] ≈
causa, fonte, origine, radice, sorgente.
5.b.
[condizione sociale o culturale da cui proviene qualcuno, che ne influenza il
modo di essere e di agire e sim.: uno
scrittore di m. cattolica] ≈ estrazione, formazione, origine,
provenienza.
Officinale - Treccani
officinale
agg. [der. di officina,
nel sign. di "laboratorio farmaceutico"]. - (farm.) [che si produce in
farmacia: preparati o.]
≈ galenico, magistrale.
Quello
della matrice e’ un caso paradigmatico di “multisenso”
, termine derivato dal “multiverso”, che vuol dire senso valido in diverse
interpretazioni parallele.
In fisica moderna il multiverso è un'ipotesi
scientifica che postula l'esistenza di universi
coesistenti e alternativi al di fuori del nostro spaziotempo,
spesso denominati dimensioni parallele;
La
matrice officinale, in quanto binomio di termini quasi totipotenti, uno
multiversale e l’altro uni (o mono) versale, può essere intesa come :
1. Utero che genera pensiero. Madre
della mente.
2. Modello, o conio, di schemi di
pensiero. Una valuta, o moneta.
3. Struttura di pensiero che
permette di inserire, inquadrare, in una tabella matematica le sue dimensioni.
4. Matrice madre, sempre di schemi
di pensiero, che rimane all’emittente e che ha una “figlia” lasciata in mano
all’interlocutore. Un legame.
5. Elemento di ispirazione, nel
nostro caso ispirazione “costruttiva” o “curativa”. Officinale.
6. Elemento di provenienza. Estrazione.
In questo caso estrazione multiversale o “pluricolonna”.
La matrice officinale serve dunque a ricordare e mettere in
evidenza, tra l’altro, che ogni cosa che osserviamo può cambiare connotazione a
secondo del punto di vista.
Può
essere vera in diverse dimensioni parallele.
Il
relativismo della cultura, prima ancora e’ delle parole.
Questo mondo e’ il migliore mai esistito
Questo e’
un nodo cruciale dell’opera e più in genere della nostra visione del mondo in
cui viviamo.
Si
intende mettere in evidenza come tutte le “varianza umane” distorcano la
visione di fondo per la quale dopo secoli di storia ed evoluzione, oggi saremmo
a pochi passi da un mondo perfetto.
Quello
della civiltà dell’intelletto.
Quello
che oggi non è ancora perfetto non lo e’ per mancanti aggiustamenti marginali,
come la concezione di profitto e la distribuzione della ricchezza, qualsiasi
cosa voglia dire il termine “ricchezza”.
Oppure
come alcune umane debolezze o devianze esposte nella matrice e nei versi
seguenti.
E non è
perfetto anche per diverso stato di avanzamento economico e geografico
(geoeconomico).
Ne
abbiamo paralto in varie occasioni e in alcuni libri precedenti:
Il vero
collante di tutto, in termini empirici, o pratici, o se preferite di civilta’
materiale (F. Braudel),
è l’economia in quanto interconnessione e interdipendenza, secondo la
definizione di Wikipedia (Economia).
Essa e’
il vero elemento trasversale che può connettere ogni differenza.
L’unica
migrazione, quindi, è questa transumanza; l’unica mediazione è l’economia.
Per fare
ciò bisogna avere una scala di valori consona al concetto di umanità evoluta.
Per avere
ciò, serve il pensiero.
Per
sapere pensare, per sapere instradare il pensiero, serve la conoscenza.
Ma a
monte di tutto questo, serve porsi una domanda: “cosa vuol dire umanità evoluta?”
Abbiamo quindi
ritenuto di dovere innanzitutto inquadrare meglio il macroconcetto di umanità.
Proponiamo
perciò di seguito un crogiuolo a dodici dimensioni valoriali e/o
caratterizzanti.
E’ la
matrice che contiene le nostre dodici categorie di scala di umanità: il dodecalogo.
Ne
evinceremo che per cambiare basta poco.
Basta cominciare
con il ricordarsi di come siamo. E di come dovremmo essere.
Della nostra
normale.
E questa e’ psicanalisi della normale di massa.
3 La matrice officinale
Ndr : la matrice e’ un file excel. Cliccando due volte si
apre ed e’ meglio leggibile. Si legge dal file word
4 La Filastrocca epilecca
Indice dei capoversi
1 La preghiera di San Michele
47 Introduce la tabella come fosse tarantella
103 Qui si parla di cadenza, della quale non far senza, e del suo
potere pedagogico
149. Dell’innesto di pensiero e del suo ritmo quando è vero
190 Del pensiero in costruzione e del medium telepatico
231. Del pensiero contenuto, del catalogo e dei suoi schemi
257. Sul primo teorema : tra fortuna e misura
288. Sul secondo teorema : questo mondo è il migliore mai esistito.
Economia e moneta come unità di misura (appunto)
314. Il dafarsi sià lampante
415. Perché è difficile cambiare: dalla specie all’individuo
486. Dove si fa una premessa e si parla di ontologia. Qui di quella
di sofia
527. Ma poi dopo di informatica, dove per ontologia si intende
l’ambiente, i dati, gli schemi e le regole con cui far ragionare la rete la quale a sua volta faccia
ragionare noi
553. Torniamo al web senziente che vogliamo educare
614. Fine intro, incomincia il catalogo da matrice
616. La scala dei bisogni dell’uomo
692. Dove si approda ai diritti dell’uomo
803. Sulle strutture del quotidiano. Lavorare è diritto perché siamo
quel che facciamo
834. Dove si parla del sistema informativo sulle professioni (che
racchiude ogni tipo di lavoro) dell’Istat e dei livelli di competenze usati per
la classificazione
895. Dove si parla delle unità (i tipi) professionali
956. Perché si parla di tipi di professioni, anticipando la sezione
su comportamenti sociali
1012. Dei diritti dell’uomo, dei tipi di professione, dei rapporti di lavoro fino ai contratti di
lavoro
1053. Dove si parla molto in breve di alcuni passaggi storici: dalle
arti e dei mestieri con le loro corporazioni poi si arriva alle professioni e
loro ordini
1109. Siamo ai gruppi di individui, in varie classi collocati
1230. Dove si parla di istruzione e di cultura
1396. Dove dalle categorie assolute o di massa, si passa all’individuo.
Della personalità e della psiche
1552. Dove dall’individuo si introducono i gruppi e si inizia a parlare
di psicologia sociale, e comportamenti collettivi
1603 Del rischio di categorizzare, come fonte di pregiudizio. E di un
altra intro su psicologia sociale
1639. Campionario di vari aspetti e approcci di psicologia sociale i quali appiono tutti validi
1790 Dei gruppi
1926 La distribuzione dei cretini e le 5 leggi della stupidità umana
secondo C.M. Cipolla
1996 Tra individui, gruppi e cretini : quando il Grande Manipolatore, se non lo scopri, e’ all’opera
e distorce tutto. Se disponi di categorie, allora lo puoi svergognare. Ecco le
categorie
2077 Dove si parla di categorie manipolatorie. Dominanza e
sopraffazione
2223 Dove si verifica l’utilità della matrice officinale
2269 Il proletario(con il borghese sembrano categorie obsolete, mentre
invece sono antiche)
2325 Il borghese
2366 Il bambinello (cambio ritmo, più frequenza, più endecasillabi o più versi doppi))
2407 Il trito da macello (Dialogo immaginario con il bambinello e suoi
parenti)
2458 L’ignorante o Inappco
: Indebito appropriatore di conoscenza
2519 Il satanasso
2562 Il lestofante
2618 Il sacripante
2679 Per concludere: ontologia architettura e urbanistica
2720 Si,ma…………
2741 Ma io,……..
2767 Io amo, non critico, le dodici colonne matriciali con i loro “Se””di misura”.
2798 Io amo, non critico, gli otto tipi meta psicologici con i loro “Se””di misura”.
2819 Quando la fine e’ principio.
2827 Rumore di onde dentro la mente, fruscii di risacca oltre le
orecchie.