domenica 26 novembre 2023

2023 11 26 – Fànkokkole

 2023 11 0 – Fànkokkole


Per www.parolebuone.org su www.shareradio.it . Coccola

Qui con le kappa.

E’ curioso quali significati possa avere una parola.

E come possano essere opposti.

Si parta pure con i frutti del ginepro, e va bene.

Per archiviare subito la questione botanica, coccola deriva dal latino coccum che a sua volta deriva dal greco kokkos.

Sempre di chicco o di grano si tratta.

Tenerezza di cocchi giovani virgulti che ci danno semi fatti frutti da mangiare.

A prima vista coccola evoca il derivato del verbo coccolare.

Si intende carezza, gesto di tenerezza e di affettuosità.

Specialmente al plurale tutti sappiamo dire che si fanno le coccole.

E tutti le vorremmo, queste coccole.

Nella nostra civiltà sono come una sorta di diritto acquisito.

Di cui spesso una gran parte viene a torto privata.

Niente coccole, vita grama.

Ma la parola ha un che di vezzeggiativo che trovo anche fastidioso.

Così mi addentro nei meandri treccani e trovo che coccola diventa anche opposto.

Nessuna tenerezza, nessun vezzeggiativo.

Mi ci riconosco già di più.

Coccola vuol dire bussa o percossa.

Che poi diventa il notorio coccolone di tanti stecchiti accidenti lanciati.

Che ti venga un coccolone, o una coccola, si impreca.

Augurando un colpo d’apoplessia fulminante.

Così rifletto sul fatto che io le coccole le riservo al cane.

Son bisogni da esseri più primordiali che umani.

E se salite la scala dei bisogni in cima non trovate rassicuranti carezze d’amore.

Quanto la più elevata necessità psicologica della autorealizzazione, motivazione di crescita o ancora più lirica necessità di essere.

Si raggiunge solo se i gradini precedenti sono scalati, anche con tante rassicuranti carezze.

Purtroppo io non sono stato educato così.

L’imprinting primigenio non era alla carezza di tenerezza, quanto ad un senso del potere intriso di dovere.

Mio padre per i miei dieci anni non mi regalò la coccolante bicicletta.

Ma una carabina smontabile calibro 22.

Voleva che sparassi alle lucertole.

Dovevo imparare cosa volesse dire togliere la vita ad un essere vivente.

Per vari aspetti mi evoca una sorta di educazione siberiana.

Ma forse più napoletana, per precisione più casertana.

Io le lucertole le avrei ricoperte di coccole.

E non capivo perché dovevo ammazzarle.

Così finalmente mio padre ci convinse che non ero buono, e mi portò a sparare ai tronchi nel bosco.

La prima volta con un fucile a pompa stile polizia americana il rinculo mi sbattete indietro contro un albero.

Mio padre mi fece una coccola alla sua maniera dicendomi che non ero buono neanche per quello.

E quindi che volete che vi dica.

Io non credo al potere delle coccole.

Credo piuttosto che il loro bisogno sia sintomo di decadenza dell’impero di cultura occidentale.

Non ce lo vedo Attila a coccolare la fine dell’impero romano.

Anche se la civiltà delle coccole potrebbe essere una bella parte di quella civiltà dell’intelletto.

Quella che oramai dovreste conoscere.

E quindi per concludere, quando io mi voglio coccolare per soddisfare un gradino della scala dei bisogni, ecco cosa faccio.

Ascolto funkokkole.

Che funzionano pure meglio.

Eh, lo so sono un po’ strano.

Piuttosto freak.

And so.

Freak out.

Con alla batteria tanto di master Hakim.

E una dream band.

A Montreux.

Dove non entri se non sei kokkolante.

O meglio.

Funkokkolante.

 

Kalimmudda ipsum dixit

Freak out!

 

 

venerdì 24 novembre 2023

2023 11 24 –Una goccia e scatafascio

 2023 11 24 –Una goccia e scatafascio

 

Un nervo che salta.

Gli ultimi postini angoscianti hanno ucciso il senso di scrivere.

Una diffusa impotenza mi ha contorto la pancia.

Mi è venuta anche una certa nausea delle balene.

Allora mi sono rivolto al misuratore di ordine naturale.

I bassi raggi del sole d’inverno sparano schegge di luce attraverso i suoi rami.

Quaranta metri di vicinanza al cielo e di conforto d’anima.

E’ pieno di miracolosa meraviglia di vita.

Contro il nero funereo che mi inviluppa.

Mi faccio osservatore delle danze.

Mentre mi uccido di fumo a raffiche.

Richiamo dal volo gli uccelli più vari.

A volte in coppia, a volte in piccoli stormi familiari di pochi esemplari.

Coppie di tortore, piccioni volgari, colombi nobiliari.

Pettirossi, merli, capinere.

Pure gli scoiattoli paiono volare.

Tutti convergono verso l’albero della vita.

Albero dei vicini che straripa di qua.

Fiorisce massiccio d’estate.

Fitto di api e zanzare che proteggono i fiori sui rami.

L’albero apparecchia piccoli grappoli di bacche nere.

Riserva alimentare per l’inverno che arriva.

Alcuni uccelli si producono in strani saltelli.

Volare o saltare per raggiungere le bacche.

E’ un piccolo circo privato.

Misura l’ordine cosmico che dice che tutto è a posto.

Arriva la neve.

Gli uccelli appollaiati sui rami si accoccolano appiccicati per riscaldarsi.

Poi la neve si scioglie di gocce.

Inizia a piovere.

Su questo squarcio da agreste urbanista.

Mentre tutto sembra in ordine.

Anche l’acqua risuona di giusti rimbalzi.

Una goccia cade dall’albero della vita.

E rimbomba in quel silenzioso mare di ordine e serenità.

Rimbalza sulle foglie secche.

Montagne di foglie marcescenti.

Che vanno raccolte.

Ma è tutto nell’ordine, tutto è a posto.

Anche la gravità si comporta a dovere.

Sento quel buco nero in centro galassia che risucchia tranquillo, senza vorticare vorace.

Io alla gravità ci tengo molto, mi preoccupa più di altro

E’ lei che trascina la goccia.

E lei che deve restare in rotta diritta.

Poi un nervo che salta.

Dai e dai si accumula il desiderio di sfascio.

Dai e dai un pensiero si insinua surrettizio.

Dai e dai un nervo s’intosta.

Ma che palle questa goccia.

E le zanzare, le api, le foglie.

Io questo giardino lo brucerei.

Cemento, ci vuole cemento.

Lo colerei di cemento.

E bitume fumante a tappezzarne il prato tosato.

Che diventi parcheggio locato.

Per far spazio ad un mare di auto.

Tutta grana da poter consumare.

Per comperare inutilitarie.

Adeguarsi all’impero del gregge.

Cacciar via questo gregge di uccelli.

Che cagano ovunque anche quelli.

Io penso positivo perché son vivo.

Ma va caghèr.

Basta.

Dopo avere predicato, adesso è passato.

Pensiero positivo.

Non l’ho mai sopportato

Meglio gettare tutto.

Per quella misera goccia.

Che fa traboccar la pazienza.

A scatafascio.

 

Kalimmudda ipsum dixit

Scata scata

 

 

domenica 19 novembre 2023

2023 11 19 –Dramma povertà e soluzioni perdute

2023 11 19 –Dramma povertà e soluzioni perdute

 

Questo postino non è né lirico, né ironico, noioso direi, eppure doveroso.

Tra ipocrisia e vanità.

Parlare di povertà riparato al caldo e a pancia piena in una comoda poltrona nella propria accogliente dimora con tanto di benestante cane da compagnia è davvero gesto pieno di ipocrisia e di vanità.

Ipocrisia perché è simulazione di virtù e in genere di buoni sentimenti, qualità e disposizioni, senza che si parli con genuina umiltà.

E’ una recita di ingannevole finzione.

E’ vanità il subdolo compiacimento di sé e delle proprie doti e privilegi che spesso si traduce in vanagloriosa dissimulata vuota ostentazione della stessa falsa umiltà.

Io sono un campione della manipolatoria dissimulazione.

Fingo di provare sincera empatia.

Quando la realtà è quella di una profonda malsana superstiziosa scaramanzia.

Speriamo e preghiamo che non capiti a me.

Quello che c’è di veramente vero è il terrore di diventare povero davvero.

Per caso, per errori, per circostanze, non importa.

Non so immaginarmi come farei.

Un incubo ricorrente è quello di svegliarmi una mattina senza più niente.

Scoprirmi buono a nulla, figlio di una civiltà di superflua cultura della capacità di sapere fare di conto.

Economia, sopravvalutata pseudoscienza nata e pasciuta come figlia dell’accumulo del dio danaro.

Mentre basta un po’ di buon senso e non serve certo un pozzo di scienza.

Tremo al pensiero di dovermi preparare ogni giorno a mettermi in coda alla Caritas per un pasto.

C'è chi mangia troppa minestra, e chi è costretto a saltar la finestra, cantava Jannacci.

E mentre so che non so saltare, per ora so che di minestra ne ho fin troppa ma non ci voglio pensare.

Adesso però so perché mi veniva sempre in sogno come un incubo, quella benedetta coda alla Caritas.

6 milioni di poveri.

25 milioni a rischio.

Su meno di 60 milioni.

E altre informazioni di sconfortante continua progressiva deriva negativa.

Le riporta il Rapporto 2023 su povertà ed esclusione sociale in Italia proprio della Caritas.

Il Rapporto si intitola "Tutto da perdere", presentato in vista della Giornata mondiale dei Poveri.

La povertà è un fenomeno strutturale, questa la sintesi.

Si cita il principio di uguaglianza dell’articolo 3 della Costituzione italiana come diritto fondamentale.

Recita che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

Meno enfasi mi pare però venga posta sulla seconda parte dello stesso articolo tre.

È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

Bello, che bella letteratura.

La Repubblica dovrebbe dunque adoperarsi per eliminare tali ostacoli economici e sociali.

Siccome io quello so fare, scelgo la prima opzione, e parto parlando di quelli economici.

Le soluzioni sono sempre le stesse trite e ritrite.

All’evasione di grande e piccolo cabotaggio si risponde tracciando e bloccando moneta e abolendo il contante.

Al cancro off-shore si risponde con la lunga galera e la confisca transnazionale, per me addirittura militare. Tanto è fenomeno mondiale stimato sempre Oxfam in dodicimila miliardi.

Al sommerso da droga e prostituzione si risponde con la legalizzazione.

E già così si raccoglie qualche centinaio di miliardi, ovviamente da reinvestire ad arte e non a pioggia casuale elettorale.

Un cento più cento più duecento, secondo Oxfam, ma secondo i miei calcoli ci va almeno uno zero in più.

E invece che fa chi governa la cosa pubblica durante gli anni?

Deriva passivo, spettatore imbelle del dramma che procede in scena.

Poi ci sono questioni politiche, ad esempio quelle sulle spese militari o su una spesa pubblica da usare in investimenti e assistenziale solo residuale.

C’è la questione sociale dell’incentivo alla cultura del cambio di modello di spesa, ad esempio con una campagna di promozione di minor consumanesimo e più adozioni, pure di adulti.

Insomma ce ne è di roba da fare, e se ne è parlato in tutte le salse.

Mentre i poveri esclusi stanno sempre là, come il mare.

Tutto sporco, pieno di monnezza, e nessuno lo vuole guardare.

E tutto questo solo parlando dell’articolo 3 della nostra Costituzione.

Se poi volessimo fare un mondo migliore si potrebbe redistribuire la ricchezza.

O smettere di creare povertà con le guerre.

O non so che.

Come si diceva una volta, siamo capaci di andare sulla luna, ma non di badare ai figli dell’uomo.

Un altro mondo è possibile, si dice.

Una revoluzione senza rivoluzione.

Che prima o poi arriva, perché arriva.

Oggi no, domani forse, ma dopodomani certamente.

E c’è tutto da perdere.

 

Kalimmudda ipsum dixit

E il mare sta sempre là, esclusiva rarità

  

giovedì 16 novembre 2023

2023 11 16 – Protezione fascista

 2023 11 16 – Protezione fascista

 Per www.parolebuone.org su www.shareradio.it . Protezione. Pure questa. Il tre per due della protezione.

 

Si, questi fasisti sono davvero una manna dal cielo.

E altrettanta ne distribuiscono.

A pioggia come un velo.

Ogni volta che aprono bocca.

La notizia è che hanno destinato uno virgola cinque miliardi  per i rinnovi alle forze di sicurezza.

Uno virgola quattro a forze di polizia e forze armate e zero virgola un miliardo ai vigili del fuoco.

Benemeriti questi ultimi, ricompensati con gli avanzi del banchetto armato.

Oddio, bisogna essere onesti.

Mi pare di avere capito che tutti aspettavano da tempo un rinnovo contrattuale.

E nel frattempo ci si è messo pure l’accidente di inflazione d’occidente.

E invece gli sono arrivate le briciole elettorali.

Con un pil di duemila miliardi.

E un debito di tremila.

Sparo li, che tanto ciò che conta è l’ordine di grandezza.

Non ricordo più quante anime sono in totale.

Perché si conferma che anche loro hanno un’anima.

Eppoi caspita se servono per protezione.

Ma mi ci gioco un euro che sono migliaia.

Quindi pro capite avranno ricevuto una caciotta e un provolone a testa.

Quelli che più fan tenerezza sono i vigili del fuoco, che ricevono soltanto mezza caciotta.

E non ci sono più soldi, lo sappiamo.

Mangiati dai debiti spesi male.

Ma un effetto da alchimisti questi fasisti lo hanno ottenuto.

Parlavo con un’amica di ondivaga diurna congrega a tanti familiare.

Mi premette di non agitarmi i nessi sinaptici e le congiunzioni neuronali.

Erano i tempi di “provateci voi in Selinunte”, di cui ancora echeggiavano raffiche nella neurosfera.

E mi racconta che tornavano a casa la sera.

Dalle parti di Quarto Oggiaro, se ho capito bene, li ferma una volante.

Dice che in decenni passati lì non era mai successo.

Patente, libretto e tutti i cazzi del caso.

Li fanno scendere dalla macchina.

Controllo radio in centrale.

E poi un potete andare.

L’amica mi dice che aveva la sensazione di tensione che possono provare i neri in America.

Ci mancava solo di appoggiarli alla macchina.

E perquisirli mani sul tetto e gambe divaricate.

Forse non hanno potuto toccarla perché non c’era una agente donna.

E magari hanno ricevuto istruzioni per evitare cause per molestie sessuali.

Che la polizia non avrebbe nemmeno potuto pagare, a caciotte e provoloni.

Cosa è successo dunque, ora che i fascisti sono al potere?

Sono incerto tra autoritarismo della divisa e frustrazione da provolone.

Forse un miscuglio di tutti e due.

Ma essendosi che voglio fare sarcasmo sui fasisti scelgo il fàsino della divisa.

Perché se ho capito qualcosa della psiche umana è che dolorose frustrazioni e tradite ambizioni si nascondono nell’inconscio, o sub.

Ma poi riemergono comportamentali.

Come sia sia, oggi ci ritroviamo nei prodromi di un potenziale stato di polizia, ma più sicuro, protetto.

Legittimato dalla persistente vittoria elettorale.

Ognuno col suo provolone e la sua caciotta, o almeno metà.

Sono sicuro che ci daranno più protezione.

Perché aspettando la prossima manovrina potranno sempre arrogarsi il diritto a qualche nocciolina.

In modo da scatenare un uragano combinato di autoritarismo e frustrazione.

E cito.

Eravamo sull'autostrada già da tre ore col maresciallo che pensavamo che palle oggi, neanche un negro per malmenarlo.

Quando mi venne l'ispirazione tutto d'un tratto, con la coda dell'occhio dentro una panda tutta scassata, un capellone drogato finocchio, che già gli avevo tirato un fendente, quando mi disse non ho fatto niente.

Gli ruppi la macchina tre dita e un dente.

Minchia, signor tenente.

Questa si che era protezione.

 

Kalimmudda ipsum dixit

Minchia signor tenente

mercoledì 15 novembre 2023

2023 11 15 – A protezione della ragione

2023 11 15 – A protezione della ragione

 

Per www.parolebuone.org su www.shareradio.it. Protezione.

In eterna lotta tra bene e male.

Così cresce e si diffonde l’intelletto.

Anche per contrapposizione.

Tesi e antitesi, retaggio continentale di quel satanasso di un Aristotile.

E’ una continua partita tra bianco e nero.

Nella scacchiera del gioco in difesa della ragione.

Che chiede protezione.

Backgammon, perfetta metafora di costruzione, contrapposizione, opposizione e protezione.

La strategia più seducente sta nel nome.

Giocare indietro, in difesa d’attacco.

Ovvero, il miglior attacco è la difesa.

Fare avvicinare il torto fino a svelarlo scoperto.

E mangiarlo.

Stalingrado.

La ragione va protetta anche giocando in attrattiva difesa.

Oggi l'intelletto della futura civiltà è sotto attacco.

Un continente intero va alla deriva.

Il grande backgammon dell’intelletto tra bene e male si tinge di nero.

Nero di fumo contro bianco candore.

Così, mentre la storia ridonda i suoi ricorsi, esemplifichiamo.

Bianca leggera apertura alla franzosa.

Con la speranza della révolution des papillons de l'arc en ciel.

Sa di nera sconfitta la costruzione dei lager d'oltremare.

Nera risoluta risposta ai migranti detti sempre problema, mai opportunità.

Poi la bianca vittoria di Londra.

In quasi un milione sfilano in solidarietà con la Palestina.

Dopo, nuova mossa del nero.

Censura ai palestinesi alla teutonica fiera del libro di Francoforte.

Risponde ai neri il bianco candore degli editori che si ritirano dalla fiera.

E la partita va avanti come da sempre a colpi di rilancio al raddoppio col vidò.

Ma la tour Eiffel è ruggine, e quando la cultura è fragile c’è fumo nero nel cielo.

Avere fede non basta.

Bisogna opporre protezione.

Questa dei libri è una mossa davvero sporca.

Adesso si boicottano i libri.

La mossa seguente è il rogo.

Di libri e di genti.

Allora mentre si combatte la devianza intellettiva, bisogna sempre anticipare.

Immaginare gli scenari.

Essere pronti al peggio.

Da ricacciare lesti nelle sue case.

E misurare.

Io sono misura, io computo la revoluzione perenne, venne detto dal Kalimmudda.

E qua mica andiamo tanto bene.

L’evidenza dello scampolo di partita di sopra serve a questo.

Misurare e recepire i segnali di fumo dell’incendio incipiente o spento morente.

Questo è giocare a protezione.

Fino alla mossa di pur protetto stupore seguente.

Censurare gli scrittori bipolari.

E poi tutti i malati, turbati di mente e oltre.

Fino a portare tutti nei forni costruiti nei lager d’oltremare.

Per fortuna io non sono uno scrittore.

Produco solo canzonette chiamandole postini.

Dispacci dall’intelletto.

Che mette in guardia dalla deriva senza approdi di un intero continente.

E grida l’allarme alla ragione.

Che ricorra pure all’opposizione.

Mentre richiede costante protezione.

 

Kalimmudda ipsum dixit

Pronti al peggio

 

Ndr: trenta anni fa c’era più lucidità.

 

Nel mezzo di un'eclisse

Resi invisibili

Non sento più messaggi

Non riesco a riceverli

Nel bene virtuale

Paludi mentali

Immuni dai problemi

Indifferenti cronici

È un mondo che, che s'è chiuso in casa

E mamma che ogni giorno va al lavoro da brava

Non vedo, non parlo e non sento

I gesti di scimmia che trovano un senso sento che

Bum, bum Casino Royale c'ho un sospetto nella testa

Qui la fede non basta

Bum, bum questo non è il peggio ma la strada è giusta

Qui la storia è questa

Nessun ideale, zero meno, buco nero, niente

Cibo per la mente nada

Mediocrità ci domina

Dimmi se mi sbaglio, se è la verità

Se ci chiedete come state

Que sera sera, que sera sera

Pronti al peggio non c'è male

La sicura casa europea non è più sicura

E qualche stanza brucia, ahi

E dalla serratura vedi tutto, vale tutto

Quello che non avremmo mai voluto vedere

Bum, bum Casino Royale c'ho un sospetto nella testa

E il meccanismo si guasta

Bum, bum questo non è il peggio ma la strada è giusta

E avere fede non basta

Esplode TNT, respiri DDT

Perdi la partita con gli ipocriti

Que sera sera e così sarà

Qualcosa forse peggio di questa realtà

Se ci chiedete come state

Que sera sera, que sera sera

Pronti al peggio non c'è male

Que sera sera e così sarà

Que sera sera, que sera sera

Que sera sera e così sarà

Compositori: Alessio Argenteri / Alioscia Bisceglia / Ferdinando Masi / Michele Pauli


lunedì 13 novembre 2023

2023 11 12 – L’ordine di grandezza del telaio della ragione

 2023 11 12 – L’ordine di grandezza del telaio della ragione

 

Bisogna trovare il modo di districarsi.

Nella generalizzata carenza di informazione e che non sia irregimentata.

E’ insopportabile la dispersiva proliferazione degli spazi per raccolta pubblicitaria del restilizzato sito Ansa.

Per cui mi rivolgo, come tanti, sempre più altrove.

Anche se spesso non so bene dove.

Comunque per le questioni di diritti e internazionali uso due siti a libero accesso.

Free, come si dice all’americana.

Free anche dall’ingordigia pubblicitaria.

https://www.dirittiglobali.it, spesso riportante articoli anche de il Manifesto

https://www.youtube.com/@LimesGeopolitics, canale a libero accesso dell’organizzazione Limes.

Oggi ho letto una notizia per me eclatante.

Che mi ha fatto constatare come il tessuto della ragione sia sempre in tessitura.

Esiste un grande telaio della neurosfera che produce sempre pensiero.

Per tessere un tessuto il telaio usa due gruppi di filo.

Quelli per la trama, che tessono orizzontalmente il tessuto, e quelli dell'ordito, che lo tessono verticalmente.

Non so perché mi viene da associarli a tesi e antitesi.

La coperta che protegge l’intelletto è la sintesi.

Il risultato è una sorta di grande ricucitura.

Che noi chiamiamo tessuto.

Con cui cucire la coperta della ragione.

Cucire e ricucire.

Rammendando gli strappi della ragione.

Il tessente telaio dell’intelletto è sempre all’opera.

Come in un grande backgammon con le sue case.

La bianca mangia la nera, senza valenze razziali.

Fino a che ci sarà un’alba nella quale vincerà.

Il bianco di candore e purezza

Questa perlomeno è la teoria, mia.

Anche se mica è detto.

Però due giorni fa è stato un giorno di vittoria.

La notizia mi pare sia passata troppo inosservata nella nostra piccola Italietta.

Londra: 800mila sfilano con le bandiere in solidarietà con la Palestina

Sfilare per un armistizio nel giorno dell’armistizio.

Presumo questo qui di seguito.

L'11 novembre 1918, nel vagone di un treno nel bosco francese di Compiègne, fu firmato l'armistizio che metteva fine a più di quattro anni di battaglia e milioni di morti.

Terminava così la Prima guerra mondiale, ma le condizioni imposte alla Germania furono in parte premessa della Seconda.

Che fossero le 300mila persone delle stime prudenti della polizia, o le oltre 800mila degli organizzatori, era dai tempi della manifestazione contro l’invasione dell’Iraq del febbraio 2003 che non si vedeva tanta gente in piazza a Londra.

Quello che è più incoraggiante è proprio l’ordine di grandezza.

Per di più in una nazione regalmente imperiale se non più imperialista, che il casino palestinese ben contribuì a realizzare.

Quindi questa è stata una giornata di vittoria della ragione.

La pedina bianca ha mangiato la nera.

Ricucendo uno strappo nella protezione della coperta della ragione.

Un danno cerebrale è stato tamponato.

Da un esercito di 800mila anime, o cervelli se preferite.

L’ordine di grandezza fa tutta la differenza del mondo.

Peccato che non fosse qui da noi.

E peccato che non ci fosse di mezzo anche la già obsoleta Ucraina.

Vi ricordate?

Quella in guerra con la Russia.

Non più di moda.

Figuriamoci le altre decine.

Ma che ‘nce frega.

Er bucatino è al dente.

Se magna.

Oggi abbiamo, o meglio hanno, ricucito uno strappo.

Uno strappo da 1 milione di cervelli e di anime.

Del tessuto della coperta della ragione.

Una luce nella sua eclisse.

Per ordine di grandezza.

 

Kalimmudda ipsum dixit

Brain damage Eclipse

 

 

domenica 12 novembre 2023

2023 11 12 – Piccoli e cazzimmosi

2023 11 12 – Piccoli e cazzimmosi

 

Questa è una dolorosa metafora di guerriglia nella jungla delle idee.

Si diceva che certe volte per difendere la tolleranza bisogna impugnare una 44 magnum.

Soprattutto quando la tolleranza è confusa con debolezza.

Ma spesso basta una metaforica testata sui coglioni.

E’ estate.

E’ pieno mezzogiorno. Il sole è a picco.

La canicola è infernale.

Sulla banchina del porto l’asfalto si scioglie sotto i piedi.

I ragazzini giocano a pallone lo stesso, ci sono abituati.

La canicola non li impressiona per niente, ci sono nati.

Due lattine vuote fanno da pali della porta immaginaria.

Un portiere, due squadre da tre ciascuna.

I sei sono perfettamente fronteggiati.

Nessuno vede uno spiraglio in cui intrufolarsi per liberarsi verso la porta.

D’un tratto qualcosa succede, una piccola frattura nell’equilibrio di pesi e posture, e uno dei sei, finta, scarta e parte al galoppo.

Quando arriva a pochi metri dalla porta tira una randellata magistrale a bordo lattina e segna.

Mentre esulta non si cura della traiettoria della palla, che va a incocciare con miracolosa precisione la capoccia di un portuale.

La palla schizza in alto in verticale, e ricade tra le braccia dell’omone, grande grosso e burbero.

Probabilmente esasperato dal caldo del suo lavoro di merdosa fatica.

Quello si volta verso i ragazzini sbraitando e urlando di non provarci più.

I ragazzini annuiscono timorosi e l’omone, un po’ controvoglia, rilancia loro il pallone.

Pochi minuti dopo, un altro maradonino ripete le prodezze del primo, tira e segna ancora.

Questa volta si girano tutti e sei preoccupati per seguire la traiettoria, e vedono che, per la grande alchimia della sfiga, il pallone va a sbattere contro la cassetta degli attrezzi dell’omone che sta facendo il suo mestiere di meccanico.

Si impietriscono mentre l’omone sbraita e lancia il pallone a mare.

Uno dei sei si butta in acqua e lo riporta alla partita.

Per qualche incredibile congiunzione astro portuale, pochi secondi dopo la scena si ripete per la terza volta.

Uno dei sei scugnizzi segna, e la palla va a sbattere contro la schiena del portuale.

A quello salta il nervo e, uscito dal contesto del quadro di insieme, reagisce.

Fuori misura.

Col pallone in braccio, un leggero classico santos arancione, prende un cacciavite dalla sua cassetta, e lo buca.

Pffff.

Gli scugnizzi iniziano a bestemmiargliene contro di ogni.

L’omone si spazientisce e inizia a urlare: “ue’, figli ‘ndrocchia. Venite accà che v’arap’o mazzo. Non lo vedete quanto sono gruosso?”

D’un tratto uno dei sei prende la rincorsa, scarta tutti i compagni in uno slalom magistrale, punta dritto l’omone senza che quello abbia il tempo di realizzare che succede, gli arriva sotto, e…gli sferra un memorabile colpo di testa sui coglioni.

L’omone si accascia dolorante.

Lo scugnizzo si riporta a distanza di sicurezza.

Ride e gli fa : “tu sarai pure gruosso, ma nuje simmo piccoli e cazzimmosi”

Eh, si.

Nel panorama popolato di ignoranti e di allegri cipollosi cretini, a volte ci vuole.

Specie quando si perde di vista il contesto del quadro di insieme.

Ecco.

Certe volte per difendere la tolleranza bisogna tirare testate sui coglioni.

Cazzimmosi.

Ma bisogna essere veloci e sorprendenti come vietcong.

Per sopravvivere nella giungla delle idee.

Ed uscirne pure vivi.

 

Kalimmudda ipsum dixit

Tengo 'a cazzimma e faccio tutto quello che mi va

 




giovedì 9 novembre 2023

2023 11 09 – I lager d’oltremare

 2023 11 09 – I lager d’oltremare

 

L’informazione di regime non vede e non sente niente.

Non so se ci ho capito qualcosa sulla questione albanese.

Ma a me la deportazione sa tanto di lager.

Parliamone.

Non so come ma sono riuscito.

Ho racimolato i soldi per partire.

Dopo questi, solo speranza.

Forse ho venduto un ultimo lembo di terra, forse ho venduto mia sorella.

L’importante è che ora sono sul gommone.

Non appartengo alla gente di mare, ma il gommone si presenta subito sinistro maldestro.

Troppo piccolo per 40 anime, troppo grande per un motore con la scritta 25 Hp, troppo grande per una tanichetta di carburante che basti a portarci alla terra promessa.

Non lo sappiamo ancora ma la terra promessa è una nave che incroci da qualche parte.

Una nave di ong sarebbe controversa e aprirebbe questioni di diritto.

Quindi ignari confidiamo in una militare guardia costiera, di che paese non sappiamo né ci importa.

Nessuno sa bene come sia finito lì, ci siamo fidati di conoscenze di speranza.

Finalmente dopo ore o giorni ad aspettare senza pane e senza acqua, partiamo in una giornata di mare calmo.

Persa dalla vista la costa, il motore inizia a gracchiare e presto si ferma.

Galleggiamo nel mare di speranza, ma sull’orizzonte ottico circolare non si vede nessuno.

Stipati come sardine d’un tratto qualcuno sente un sibilo e lo scafista, che aveva in mente di confondersi da migrante, impreca e si mette a tastare un tubolare, alla ricerca dell’introvabile buco che comunque non avrebbe potuto riparare.

Strattona per un braccio una bambina e le fa segno di non staccare la mano dal buco, che chissà dove è, mentre tra tutti serpeggia il principio della paura.

Il tubolare si sgonfia sempre più finché diventa un lenzuolo di gomma ondeggiante sul mare.

La paura diventa terrore che diventa panico quando la bambina del buco, che non sa nuotare, inizia ad affogare finché muore sparendo nel blu degli abissi.

Chi non sa nuotare la segue veloce.

Morire in acqua per affogamento non è bello come per la dolce morte, che ti spegne per congelamento. A furia di bere gli alveoli si saturano d’acqua fino a che si muore per asfissia. Per quelli di noi che non sanno nuotare l’acqua che entra dagli orifizi respiratori provoca un waterboarding di massa terminale.

E’ una tonnara.

Nel panico generale, però, finalmente si vede all’orizzonte la nave promessa.

Per grazia ricevuta è effettivamente una nave militare della guardia costiera italiana.

Inizia la tarantella autorizzativa a prestare soccorso finché il ministero, mosso a pietà elettorale, autorizza il ripescaggio, sia dei vivi che dei morti.

Rincuorato e riscaldato, io che so parlare l’italiano mi faccio coraggio di fronte all’autorità costituita e chiedo dove andiamo.

Il maresciallo, grado che nella guardia costiera non so come si chiama, mi dice sereno che andiamo in un certo porto albanese.

Io strabuzzo gli occhi tanto che quello si sente in dovere di darmi una spiegazione, ma in realtà non ha capito bene nemmeno lui che casino si siano inventati su a Roma, pare sempre per questioni elettorali.

Il maresciallo, fascista nostalgico, pensa che l’unica cosa realmente certa è che l’Italia deve avere finalmente conquistato l’Albania, altrimenti cosa ci andiamo a fare oltreconfine?

Comunque come Dio vuole, insciallà, arriviamo nel porto di destinazione e davanti a noi si apre lo spettacolo di recinzioni, tende e baracche pronte per accoglierci in stalle da bestie come buoi a fine transumanza.

Deportati ci sentiamo davvero e quella sembra proprio una baraccopoli di lager.

Poco poco gli italiani devono avere speso bei soldi per costruire, e un giorno abbandonare, tutto quell’ambaradan, scommetto qualche decina di milioni di euro, pensiamo unisoni sia io che il maresciallo. 

Io con rimpianto di non usarli a casa mia e lui senza rimorso di che gli frega.

Il maresciallo costiero dà l’ordine di farci scendere mentre mi spiega, in tutta la sua benevolenza d’uniforme, che ci sono 3.000 posti pronti ad accogliere richiedenti asilo e altri disgraziati aventi diritto. Ma il governo conta di potere turnare le disgrazie e fare entrare e uscire 36.000 soggetti all’anno.

Sempre gocce nel mare salato delle prospettive di mondo malato.

Io da ignorante penso che i conti non tornano, perché è astruso calcolare in quanti mesi si sbrigano tutte le pratiche per accogliere, da qualche parte in Europa naturalmente, o respingere e quindi fare uscire, qualcuno. 

Eppoi quale è la relazione calcolata tra 3.000 e 36.000 non mi è chiaro.

Lo faccio presente al maresciallo, giusto per rigurgito di amore di spirito critico e gli chiedo pure ma poi uscire, per chi fosse senza diritto, per andare dove.

Mica ne so niente di tratte di terra a soffocare di fame e di sete nei doppifondi di container di mafie balcaniche e no.

Quello mi guarda e sempre nostalgico pensa il suo muto, pericolosamente serpeggiante emergente, pensiero fascista. 

E che ne so io.

Io eseguo soltanto gli ordini

Sarà lucida propaganda elettorale politica di regime.

Alla peggio, costruiremo dei forni d’oltremare.

 

Kalimmudda ipsum dixit

Fino in fondo al blu, a Lampedusa