2021 12 08 – La consapevolezza del tonnetto
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Ho
pensato di provare ad alleggerire il carico del peso della parola buona
“consapevolezza” con una leggera storia di pesca, provando anche a mettersi
nell’ottica del pesce.
I
pescatori sono consapevoli di chi sono loro, e alcuni anche del mare, ma ai pesci qualcuno lo ha chiesto ?
Tonnetto,
tu lo sai chi sei?
Prendiamo
il tonnetto perché si pescano a traina, la vera modalità quasi alla pari.
A lenza morta, così si pescano i tonnetti a traina.
Fuori
dall’acqua si naviga a stento, con pochi giri il motore va lento.
La
vera difficoltà rimane sempre indovinare da dove arriverà la corrente. Quella
che determinerà l’incrocio giusto del branco con il progredire della barca.
Si
viaggia appena appena.
Più
piano si va meglio è.
Il
tonnetto è intelligente e noi dobbiamo far finta di galleggiare, nuotare,
passare di la per caso.
Il
movimento serve soltanto a una cosa, a tenere in lieve tensione il filo di
nylon.
In
fondo a quello, ci si è scelta e attaccata un’esca.
Sono
contrario alla traina ad esca viva.
Mi
sembra sempre un inganno eccessivo.
Far
leva sulla connaturata consapevole fame del povero tonnetto mi sembra cosa
davvero meschina.
Per
cui alla fine della lenza ci metto sempre un pesciolino di plastica.
Altro
che reti a strascico.
Ah,
se questo stesso codice deontologico fosse più consapevolmente diffuso!
A fior d’acqua il pesciolino di plastica nuota sulla
base di qualche algoritmo con cui è stato progettato.
In
effetti ne fanno consapevolmente di bellissimi, spesso oggetti da
collezionisti.
Sono
progettati per muoversi con l’idrodinamica che li investe, e si muovono proprio
bene: alcuni fanno addirittura un ciclo “su e giù” e poi un ciclo “destra
sinistra”.
Sembrano
quasi veri.
Ma
almeno al tonno lasciamo in dote la possibilità di quel quasi.
Il
tonno consapevole e sgamato sarà quello che saprà sezionare l’istinto di fame dalla percezione
visiva. Perché una cosa, forse, l’essere umano non sa imitare, ed è la
apparente casualità con cui si manifesta la vita
Insomma,
il tonno consapevole di sua natura non abbocca, perché sarà quello consapevole
di chi è lui, predatore rapace, si, ma “occhio
che non siamo mica in cima alla catena alimentare”.
Appena
sotto il pelo d’acqua, il pesciolino nuota nella sua plastica, serena,
ripetizione.
Ignaro
di tutto, inconsapevole, si vede anche staccato dalla canna. Il nylon quasi non
si vede, a meno di incrociare qualche fascio di luce con una determinata
angolazione.
Parecchi
metri più sotto e più lontano, qualche branco di tonnetti si muove in gruppo.
Fino
a che uno di loro vede per primo quella che crede essere la sua colazione.
L’istinto
predatore si impadronisce di lui in un istante, e il tonnetto esce di botto dal
branco puntando alla massima velocità il suo pesciolino.
Quando
è a pochi metri si mette parallelo al pelo dell’acqua, a fauci spalancate, gli si butta addosso e lo
investe di lato agguantandolo in bocca.
Dicono
che a quel punto il tonnetto si reimmerga a tutta velocità verso le profondità
del mare.
E’
la sua natura.
L’aumento
della pressione deve fare scoppiare la vescica natatoria del pesce predato.
Tutto
ciò avviene in pochi secondi, e noi pescatori dilettanti diventiamo consapevoli
e ce ne accorgiamo per il rumore della lenza, la quale era stata lasciata
appena bloccata nella frizione del mulinello, in modo che un lieve cambio di
peso “attaccato” all’esca avrebbe fatto iniziare lo srotolamento della lenza
stessa con il suo tipico “frrrr” .
Inizia
la danza del tira e molla, del lasciala e recupera, la lenza a quel punto non
più morta, ma viva, della vita che le ha trasferito il tonnetto.
Anche
lui diventa consapevole e pensa di sicuro: cazzo mi han fregato.
Credevo
di essere furbo e invece.
Il
tonnetto va in picchiata per liberarsi , e l’umano lo lascia sfogare e poi recupera
con delicatezza.
Fino
a che il tonnetto esaurisce l’enfasi della sua natura, l’infoio predatore, e finite
le energie viene tirato a bordo barca stremato, per essere “guadinato”.
Sperimenterà
così anche lui, senza poterlo raccontare a nessuno, la tragica potenza della
strategia della lenza morta.
Quale
è la morale ?
E
che ne so, io.
Anche
se a ben pensarci ce ne sarebbero tante, credo.
Consapevolezza
è il riconoscimento del nostro autentico valore.
Allora
il tonnetto da pesca “sportiva” non sarà più un trofeo di vittoria da
autostima.
Ma
io ero consapevole solo che volevo raccontare una storia di consapevolezze
subacquee e reciproche.
O
no ?
PS: sono sempre stato un pescatore predatore ecologico. Non prendevo quasi mai niente. Per fortuna
Holy mother : entemporanea densità
di consapevolezza.
Kalimmudda ipsum
dixit