lunedì 28 marzo 2022

2022 04 21 - Cresce Diritti Globali da Sergio Segio

www.dirittiglobali.it 



 Cari, in questo 2022 cadono i venti anni di pubblicazione del nostro annuale Rapporto sui diritti globali. 

Gli anniversari possono risultare insulsi e anche fastidiosi, ma ci pare comunque una utile occasione, specie di questi tempi cupi e drammatici, per rilanciare l’attenzione e l’impegno sui tanti e collegati fronti dei diritti negati sui quali lavoriamo. 

Lo abbiamo fatto due anni fa, con la nuova edizione internazionale del Rapporto in lingua inglese distribuita in Europa, e lo facciamo ora inaugurando una nuova collana editoriale: i Quaderni dei Diritti Globali. 

Il primo, dal titolo “Insicuri da morire - Le vittime sul lavoro nel mondo”, lo presenteremo giovedì 21 aprile, alle 20.30, alla Camera del Lavoro di Milano, a ridosso della Giornata Mondiale dedicata a questa trascurata e quotidiana tragedia. 

Con noi ci saranno anche alcuni ospiti internazionali, tra cui il regista del film Grev (Lo sciopero), che sarà anche proiettato quella sera. Assieme a lui e a noi sarà presente anche l’attrice Itziar ITUÑO, protagonista tra l’altro della famosa serie “La casa di carta”, che, con “Bella ciao”, ci richiama a un’altra delle ricorrenze di quella settimana. 

Insomma, tanti spunti che ci ricordano, come proviamo a documentare e argomentare da vent’anni con il nostro lavoro e con la nostra Associazione Società Informazione, che i diritti sono un sistema di vasi comunicanti, che vanno promossi, agiti e difesi assieme perché se si interrompono anche in un solo punto è l’intero sistema ad andare in crisi. 

E di nuovo lo stiamo vedendo in questi giorni con la guerra in Ucraina, quanto ieri e tuttora con la pandemia.

Ci farebbe piacere se tu potessi essere con noi in quella importante serata, di cui trovi in testata l’invito con i dettagli. 

La Camera del Lavoro milanese ci ospita nel Salone Di Vittorio, il più capiente, ma potrebbero comunque esserci problemi di posto. Per cui, se pensi di esserci, faccelo comunque sapere prima e cercheremo di tenerne conto.

Un caro saluto

Sergio Segio

sabato 26 marzo 2022

2022 03 26– Trasmissione

 2022 03 26 – Trasmissione

 Per www.parolebuone.org su www.shareradio.it

La data.

La data  non e’ casuale ma un rimando.

Se ci ho capito qualcosa, della trasmissione realizzata e di quelle concepite, ecco svelato il mistero di queste benedette parole buone.

Pare stesse in un libro, come spesso capita.

Di una filosofa, pare pure famosa.

Peccato che io non riesca più a leggere.

Sembrava ansiolitico, sia il libro che il leggere.

Ma forse vuol dire che è abbastanza così.

Non a tutti è dato illuminarsi.

E adesso devo affidarmi all’istinto della captatio neurosferae.

Cuntentes, che non è mica poco.

Filosofia.

Amore del sapere, tramite parole

Quello universale, eppur senza eccedere in inquinamento da appropriazione.

Lo dicevo io che il mondo ha bisogno di più filosofi.

E meno altri.

Volevo studiarla, filosofia.

Mio padre me lo impedì.

Ah, essere genitori, che disastro.

Come fai fai e sempre sbaglierai.

Ma la civiltà dell’intelletto richiede logos e perseveranza, e tu ci devi provare e provare e provare.

E’ un meccanismo.

Di interscambio.

Ma torniamo al mistero svelato del libro.

Radio Londre: uno spazio di libertà.

Una trasmissione radio transnazionale di guerra.

Che richiama un doppio senso di una trasmissione di virus.

E invece no.

A me, che sono un manovale meccanico del logos, richiama la trasmissione di un’auto.

Che cosa è?

Un ingranaggio, cioè un meccanismo che trasmette, ovvero trasferisce forza dal motore alle ruote.

Senza il quale non c’è moto.

Solo un motore che resta a girare solingo per quanto solerte.

E noi siamo parte dell’ingranaggio.

Perche’ senza ingranaggio non c’è meccanismo di comunità.

E senza comunità non c’è il sonconscio emerso a galleggiare.

Tutto resta nel subconscio.

Creatore di ansie e paure.

L’elaborazione del dolore resta in folle, fino a volte a farti folle.

Mi ha colpito l’elastico da cui ci sentiamo legati tanto da non riuscire a partire, nonostante l’intenzione.

Vorremmo uscire dal legame, ma i neuroni fan risucchio.

C’è che non trasmetto, resta troppo spazio tra me e me.

E la resilienza non si manifesta da soli.

O forse si, ma richiede meglio la meglio compagnia.

O meglio, funziona meglio in compagnia.

Mal comune mezzo gaudio.

Ho sempre pensato fosse una stronzata, ma in realtà varrà anche al contrario.

Allora, invece, diciamo che mal comune ti fa immune.

Condividere schemi neuronali la cui resistenza ribadisce le forze tra le singole parti.

Che si trasmettono tra loro a scambiare resilienza.

Il meccanismo, appunto.

Ingranaggio, che adesso reclama resilienza a vagonate.

Contro i neuroni bombardati.

Che sembra una metafora.

E invece è solo paura.

A trasmissione vera.

Kalimmudda delir filosofix

(Ndr: l'lirrefrenabile ilarità di Kalimmudda )

L'elastico- GG



2022 03 26 –Scomunica contabile

 2022 03 26 –Scomunica contabile

Primavera, giorno 5.

Cambio contatore.

Sono disgustato dalla contabilità di guerra rappresentata in quel numero dei giorni di bombardamenti trascorsi.

Come se stessi facendo un conto alla rovescia in vista della fine.

Avendo saputo dal principio  che durava, pare, fino al 9 maggio, data associata alla denazificazione sovietica della seconda guerra mondiale

L’anniversario della vittoria sui nazisti, su.

Trovo in effetti disgustoso ogni forma di inventario bellico in numeri di missili, carri, aerei e altro, nuovi, vecchi, di tipo a, di tipo b.

Mentre non si capisce, né si calcola, quanti morti contare.

Ma neanche quanti danni fatti.

E come si ricostruisce.

Contano approssimativamente invece il numero dei profughi a milionate, che quelli sì che possono fare danno a tutti e fanno paura tsunami.

Quindi nel disgusto generale mi associo al Papa e provo vergogna per l’aumento delle spese militari.

Che per inciso, senza percentuali ma in valore assoluto, vale qualche decina di miliardi di euro.

Più che sufficienti a risolvere numerosi problemi.

Ma poi ci ripenso.

La vergogna non serve a niente.

Se non ad attrarre su di se la colpa collettiva di altri.

E porgiamo l’altra guancia, in preghiera, che pure evocai come strumento di resistenza in “si vis pacem, ora pacem”.

Ma mi rendo conto che non basta.

Allora ecco che mi chiedo se tutta questa conciliazione vaticana non sia divenuta fuori luogo, al contabile giorno 30 di guerra.

Mentre noi abbiamo armi più potenti.

Il verbo.

Incanalato nella neurosfera.

Santità, siamo o non siamo in missione per conto del Padreterno?

Quando lanciamo qualche anatema di pregio e pure di sfregio?

Non è forse ora di veicolare una piccola maledizione ai signori della guerra?

Anatemo origina da dedicare

E dedichiamolo, qualche piccolo anatema.

Senza preoccuparsi del fatto che sia “a grappolo”.

Che il padreterno ci ha  la mira buona e Lui sa chi deve andare a prendere e chi no.

Ecco, nell’infinita bontà del Padreterno, non crediamo che chi è buono è fesso.

E l’ora del perdono non è giunta ancora.

Siamo in guerra e l’anatema ci sta tutto.

Che sia prodromico alla scomunica.

Ossia al bando dalla comunità guerrafondaia di chi di dovere.

Lo sa Dio, che forse aspetta solo un segnale per contrattaccare.

D’altronde la guerra è di per sé una eresia.

Una scelta contra legem naturae.

E come tale richiede provvedimenti da banditi.

Quindi mentre esortiamo a continuare a pregare, mettiamoci dentro la parolina “scomunica”.

E bandiamo i banditi come nel far west dell’apocalisse che stiamo vivendo

Son convinto della forza neurosfera.

E il comando di imprinting è l’arma divina che dobbiamo attivare.

Habemus contato abbastanza.

Scomunica.


 

Kalimmudda ipsum (Ndr: è neutro come gli angeli) dixit

Sine musica, solo verbo



domenica 20 marzo 2022

2022 03 26 – Due anni con passione

 2022 03 26 – Due anni con passione

 

Mi raccomando, “con”. Passione.

Seppur immersi in un “di”. Passione.

Due anni con passione, intrisi di passione.

Quando sono uscito da un ricovero oramai più di due anni fa mi son trovato la sorpresa del covid.

Sembrava uno scherzo all’inizio, tanto da non richiedere nessuna resilienza, ma un semplice “àdda passa’ ‘a nuttata”.

E poi mi sembrava l’occasione per cambiare modo di vivere, senza ancora l’anelito al ritorno alla normalità.

Quasi una vacanza forzata, come in colonia estiva, dalle nostre cattive abitudini comportamentali.

Poi passò il tempo, che seppure io sia convinto che non esista, e sia solo una convenzione, invece non concorda.

Mano a mano che si snocciolavano i giorni qualcosa rodeva da dentro quello stato di semplice attesa, preparandoci ad un accumulo di sempre maggior necessità di resilienza.

Il castoro della resilienza richiedeva e preparava la sua diga, rosicchiando una pillola qua e una pillola la. Dove la trovava.

Resilienza e’ un parolone da professori, che per questo non amavo, in quanto “facente forbito”.

E poi chi di noi del volgo l’aveva mai sentita?

Bypassando la definizione in psicologia, trovo indicativa quella della tecnologia dei materiali, dove indica la resistenza a rottura per sollecitazione dinamica, il cui inverso è indice di fragilità.

Ma è anche capacità di riprendersi dai traumi, dote che il materiale non credo abbia contrariamente alla psiche.

Solo che a volte il trauma è erosivamente castorico, come detto.

Così mi si presentò, non ricordo nemmeno come, l’opportunità di una onda diurna, che tra l’altro mi evocava la diga del castoro che si tuffa nel suo lago, e iniziai a scribacchiare le mie impressioni sulla questione covid.

Altro che castori e dighe.

A fare outing sull’onda ho scritto un paio di centinaia di articoletti, alcuni pure buoni, scoprendo un subconscio sotto pressione, tirato fuori con la forza della comunità.

Il solo fatto di avere dei radio ascoltatori comunitari a cui raccontare qualcosa, mi psicanalizzava da solo .

Obiettivo di resilienza divenne l’appuntamento regolare con Onda Diurna Community, che parafrasai in quella che divenne la rubrica Ondivaga Diurna Congrega, con quei quattro dell’ave Maria a condurre una improbabile quanto terapeutica, ritmica, regolare trasmissione radio.

A me ha aiutato molto questa pillola , più delle chimiche, o forse oltre alle chimiche, ad arginare la marea dell’ansia subconscia.

Poi d’un tratto mi resi conto che ci eravamo incanalati lungo il sentiero delle Parole Buone, pillole di resilienza, per l’appunto, che servivano a focalizzare riflessioni su un concetto specifico, contro il derivare della mente tra i flutti delle onde, senza àncora a cui aggrapparsi.

Ad un tratto, non ricordo bene quando, il sentiero mi spuntò come àncora di salvataggio ad uno stato d’animo perennemente negativo, inizialmente nel subconscio poi emerso nel “sonconscio”.

E fu www.parolebuone.org su www.shareradio.it.

Fino  a che sembrò che l’emergenza Covid fosse terminanda, e la pressione si fece più lieve, testimoniata da una scrittura più leggera, forse eterea.

Alla fine avevamo imparato la resilienza sul campo, e tutto sembrava prodromico al ritorno alla tanto denigrata normalità.

Con una pillola.

Fino a che un genio si inventò una guerra scappata.

E la pillola non bastò più.

La terapia saltò di scala.

E divenne un’endovena di resilienza.

Da cercare chissà dove.

Forse la cazzimma che ho nei geni mi soccorre.

E’ giunta l’ora della radiovisione.

Con orrore dei 4 dell’ave Maria.

 

Kalimmudda ve salutat estemporaneo

https://www.youtube.com/watch?v=ImAejGApJV0 

Peligro



sabato 19 marzo 2022

2022 03 19 - Pace e serenità

 2022 03 19 - Pace e serenità

per: www.parolebuone.org

Ipocrisia.

Ipo di sotto, simulazione.

Invece è roba vera.

Al mondo ci sono 50 guerre largo circa.

Molte, molto peggio di questa nostra, diciamolo.

Che ci tocca perché vicina.

E perché di pelle ariana.

Son così gli russocraìni.

Vicini vicini nello spirito e nel fisico.

Mica quei terroni di siriani.

Mica libiani africani.

Non so nemmeno dove siano, ma mi pare di ricordare che al mondo ci sono circa 200 paesi.

Approssimando, uno su cinque spara.

E siccome le guerre si fanno almeno in due vuol dire che mezzo mondo gioca alla guerra.

Homo sapiens come ti piace fare la guerra.

Un po’ di dolore dà un po’ di colore.

E a noi piccolo borghesi ci monta un moto solidale solo se ci viene la paura che si fa mondiale.

Non raccontiamoci balle.

Via l’ipocrisia.

Questa guerra ci interessa perché ci appassiona in un grande tangibile risiko collettivo.

Tutti presi dalla conquista di una città, un aeroporto, una autostrada.

Tanti la viviamo come un gioco, a bruciare formicai come da piccoli.

Con quella punta di adrenalina perché qua vicina.

Se non fosse per un brividino di paura come ne godremmo?

Meno male che ci è un aspetto interessante.

Interessanti i profughetti.

Eran come noi.

Poveretti.

Meglio a loro, d’altro canto.

Seeee: vedi come è interessante uno tsunami di disperati quando te la occupano, la casa.

Milioni parcheggiati in Siria, Turchia, Palestina

E sono solo quelli vicini.

Vedi come ridi quando si rompono gli argini e la marea ti piomba in salotto.

E questi invece ti tocca pure prenderteli col sorriso: che sono europei.

Mica li puoi confinare nei campi di concentramento mediorientali.

Non puoi mica bloccarli in Africa.

Chi fa pena sono dunque i profughi.

Che pena.

Condita di tenerezza per chi si prodiga per loro.

Lacrimoni.

E noi ringraziamo Dio con la faccia per terra.

Anzi con la faccia  nell’opulensa di un piatto di maccheroni.

E che coraggio, sempre tra gli umili.

Mentre noi un paio di euro e la coscienza è pronta per un altro giro di giostra

E poi gridiamo pace, tra beretta e leonardo, che non sono né salami nè quel da vinci

E la dignità?

Pena facciamo noi.

Che li compatiamo.

Perché han perso il nostro benessere.

Immagina se perdessimo lo smartfon.

Una gigantesca proiezione di depressione di massa, di tutti individui, perché è individuale la composta di massa.

Vabbè.

Vado ad accendere la tele.

Vediamo quanti super e scuole han tirato giù oggi.

Nell’assedio di altri tempi.

Un ospedale da indignazione, magari.

No, niente bambini.

Sono già stressato.

Cambio canale.

Magari c’è una partita.

Invece ancora cronaca dal fronte.

Nun me scuccià.

Allora accendo lo stereo.

Peccato che non ci ho l’home tiater.

Sai le bombe che boato di bassi.

Siamo seri, và.

Invece qua ci vuole un masterpiece.

Anzi, un master peace.

Tutto privato, per me.

E da me per tutti.

Nella neurosfera.

Con Armando Corea’s few chords.

Che non mi sono meritato.

Ma che ho potuto comprato.

Potrebbe essere l'appello del profugo.

"Si me vuo' bene overamente"

 

Kalimmudda master peace

Pace e serenità



 

domenica 13 marzo 2022

2022 03 13 – Friddura napoletana

 

2022 03 13 – Friddura  napoletana

 

Chi l’avrebbe detto.

Umorismo nero.

Pure di pessimo gusto.

Ma partenopeo.

Sarà un contagio della Nato.

In parte si.

O no?

Ricordiamo la natura dell’idioma locale, che mio padre teneva tanto a ricordare sempre essere lingua di regno e non un dialetto.

Esiste un modo di dire a Napoli per indicare qualcosa di imperdibile, mirabolante, incredibile.

Si dice che una cosa e’ “mondiale”.

Tipo una pizza mondiale, una giornata mondiale, una frittura mondiale.

And so on, direbbero in base Afi traducendo un tristissimo uòrld.

Allora la friddura.

Due amici si incontrano.

Ue’!

Pasca’!

Ue’!

Ma tu te la sei fatta la seconda?

No perche’?

E allora la terza te la devi fare.

Perche’?

Perche’ e’ mondiale.

 

Kalimmudda liberatore

Canto dei Sanfedisti

 

https://it.wikipedia.org/wiki/Sanfedismo




sabato 12 marzo 2022

2022 03 12 - Libertà

2022 03 12 - Libertà

 per: www.parolebuone.org

Siamo liberti.

Così crediamo.

Pensavamo di esserci affrancati.

Dalla recente demìa.

E dalla precedente povertà.

Di materia e di spirito.

Eravamo tutti divenuti ricchi.

O meglio arricchiti.

E invece una mattina.

O bella ciao.

Tutti di nuovo schiavi delle contingenze.

La guerra no, però.

E che cazzo.

Eppure passato lo scioch iniziale una colossale macchina mondiale si  e’ messa in moto.

Partono aiuti e appelli da tutto il mondo, come se il mondo si ricordasse di se’

E volesse prendersi cura del suo se’ di bambino ferito.

Rivalutiamo così la libertà vera.

Quella di essere liberi nati.

Nàtici tutti, nella completezza.

Non liberti.

Ma di diritto naturale.

E allora libertà scopriamo che chiama il bisogno di curare gli altri.

E’ uno specchio.

Che diventa responsabilità di dovere interiore di curare altri.

Dentro cui affrancarsi dai lacciuoli che ci frenano dal farlo sempre.

Curare l’anima ferita.

Ma come?

Con la poesia ed il sorriso.

Ma si può fare sorridere un tragediato?

Dipende.

La vita e’ bella, o no?

Almeno un abbraccio coi brividi dalla neurosfera.

E non cadiamo nel tranello di intristito pulcinella.

Tu nun si chiù Pulicinella.

Facevi ridere e pazzìa’. (giocare ndr)

‘mo t’arraggi e pensi ‘a guerra.

E ‘nce parli ‘e libertà.

Con una dedica speciale a chi la libertà se la vuole arròbbare.

Puozze passà ‘nu guaio.

Niro.

Addo’ nun coce ‘o sole.

Dedicato a chi si crede padrone della libertà.

 

Kalimmudda libero Pulicinella mio a doppia musichiosa

https://www.youtube.com/watch?v=Yqx9v7CDCdc 

Puozze passa nu guaio live




lunedì 7 marzo 2022

2022 03 07 – Futura

 

2022 03 07Futura

"I russi, i russi, gli americani."

Futura è una canzone di speranza, simbolo di un futuro migliore ed è il simbolo di un amore.

La canzone fa parte dell'album "Dalla", anzi, per la precisione lo chiude quell'album dell'80, pubblicato quindi 9 anni prima della caduta del Muro di Berlino.

 Ed è proprio Berlino un'altra delle protagoniste di questo pezzo, anche se non è mai nominata.

In quest'intervista, però, Lucio Dalla spiega bene la genesi del pezzo:

il testo di Futura nacque come una sceneggiatura, poi divenuta canzone. La scrissi una volta che andai a Berlino. Non avevo mai visto il Muro e mi feci portare da un taxi al Charlie Check Point, punto di passaggio tra Berlino est e Berlino Ovest. Chiesi al tassista di aspettare qualche minuto. Mi sedetti su una panchina e mi accesi una sigaretta. Poco dopo si fermò un altro taxi. Ne discese Phil Collins che si sedette nella panchina accanto alla mia e anche lui si mise a fumare una sigaretta. In quei giorni a Berlino c'era un concerto dei Genesis, che erano un mio mito. Tanto che mi venne la tentazione di avvicinarmi a Collins per conoscerlo, per dirgli che anch'io ero un musicista. Ma non volli spezzare la magia di quel momento. Rimanemmo mezz'ora in silenzio, ognuno per gli affari suoi. In quella mezz'ora scrissi il testo di Futura, la storia di questi due amanti, uno di Berlino Est, l'altro di Berlino Ovest che progettano di fare una figlia che si chiamerà Futura.

 

Chissà, chissà domani
Su che cosa metteremo le mani
Se si potrà contare ancora le onde del mare
E alzare la testa
Non esser così seria
Rimani
I russi, i russi, gli americani
No lacrime, non fermarti fino a domani
Sarà stato forse un tuono
Non mi meraviglio
È una notte di fuoco
Dove sono le tue mani
Nascerà e non avrà paura nostro figlio
E chissà come sarà lui domani
Su quali strade camminerà
Cosa avrà nelle sue mani, le sue mani
Si muoverà e potrà volare
Nuoterà su una stella
Come sei bella
E se è una femmina si chiamerà
Futura
Il suo nome detto questa notte
Mette già paura
Sarà diversa bella come una stella
Sarai tu in miniatura
Ma non fermarti voglio ancora baciarti
Chiudi i tuoi occhi non voltarti indietro
Qui tutto il mondo sembra fatto di vetro
E sta cadendo a pezzi come un vecchio presepio
Di più, muoviti più in fretta di più, benedetta
Più su, nel silenzio tra le nuvole, più su
Che si arriva alla luna, sì la luna
Ma non è bella come te questa luna
È una sottana americana
Allora su mettendoci di fianco, più su
Guida tu che sono stanco, più su
In mezzo ai razzi e a un batticuore, più su
Son sicuro che c'e' il sole
Ma che sole è un cappello di ghiaccio
Questo sole è una catena di ferro
Senza amore
Amore
Amore
Amore

Amore
Amore
Amore
Lento, lento, adesso batte più lento
Ciao, come stai
Il tuo cuore lo sento
I tuoi occhi così belli non li ho visti mai
Ma adesso non voltarti
Voglio ancora guardarti
Non girare la testa
Dove sono le tue mani
Aspettiamo che ritorni la luce
Di sentire una voce

Aspettiamo senza avere paura

Domani

 

 

domenica 6 marzo 2022

2022 03 06 – L’11 da paura

2022 03 06 – L’11 da paura

E’ sabato, il giorno 11 di guerra.

Mi pare.

La gente europea in pace si mobilita a fare shopping.

Come se niente fosse.

Forse c’è anche qualche 11 che gioca a calcio.

Io almeno ho provato a portare vestiti caldi, vista la neve in TV, per evitare quella sensazione di vergognami e pulirmi la coscienza.

Non li hanno voluti, per ora.

Serve cibo e medicine

Con mio stupore, ansiolitici.

D’altronde una bomba non è mai intelligente, anche se “dronata”, ma ti crea ansia di sicuro.

A me la creavano le urla delle sirene di Kiev, da Milano, figuriamoci una pioggia di bombe chiusi in metrò.

Quindi razione K di ansiolitici per tutti

Ma non è questo l’11 di cui volevo parlare.

Si certo l’11 giorni sembra un eternità, ma cosa è di fronte alla morte creata da una centrale nucleare o da una guerra mondiale.

Il vero 11 criminato è un altro, però.

Tutti compatti, o quasi, i nostri governo e parlamento hanno così stracciato un’ennesima volta l’inequivocabile articolo 11 della Costituzione repubblicana 

«L’Italia ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali».

Non per caso inserito tra i Principi fondamentali della Carta.

E non contenti stessa fine è riservata al disposto della legge 185/90 che disciplina l’esportazione e importazione di armamenti.

Nel frattempo, con sorprendente rapidità e noncuranza sono stati infranti, uno dopo l’altro, i tabù, le carte costituzionali e i solenni impegni ereditati dopo il grande mattatoio della seconda guerra mondiale.

Nel dibattito parlamentare sulla guerra in Ucraina la Costituzione è stata rimossa.

Mai richiamata né nell’intervento del presidente del Consiglio, né nella risoluzione approvata con il concorso di maggioranza e opposizione.

In fondo può comprendersi.

Non è facile coniugare lo scontro armato con il diritto, e la guerra assieme al suo «ripudio».

Ben presente invece la Nato, richiamata nel discorso rivolto alle Camere per ben sei volte.

C’è allora da chiedersi se, in caso di guerra, i principi costituzionali debbano essere sostituiti con i vincoli internazionali dei grandi arsenali.

Di nuovo senza quasi opposizione e reazioni critiche, o almeno adeguatamente preoccupate, nei parlamenti, nei media, nella società.

Dal riarmo della Germania, alla rinuncia della neutralità della Finlandia, alla incauta e ripetuta evocazione della Terza guerra mondiale da parte di Biden, alla minaccia nucleare apertamente agitata da Putin e dal suo ministro degli Esteri.

Tutto ciò peserà sul futuro, assieme all’inevitabile catena di odi e rancori, che la guerra, comunque vada a finire, lascerà in eredità.

Perché è questo il tremendo e immondo potere che ogni guerra ha: di creare i presupposti per la sua replicazione, a distanza di anni o di secoli.

A meno che non la si butti davvero, una volta per tutte e per sempre, fuori dalla Storia.

Si vis pacem, jetta bellum

«Patria, si fa chiamare lo Stato ogniqualvolta si accinge a compiere assassini di massa».

(Friedrich Dürrenmatt)

http://www.vita.it/it/blog/diritti--rovesci/44/ Sergio Segio

https://ilmanifesto.it/la-mediazione-in-guerra-non-passa-attraverso-la-nato/


giovedì 3 marzo 2022

2022 03 02 – Vergognami

 2022 03 02 – Vergognami

 

Anatema mi colga.

Continuo a vedere le immagini rotte di pianto e di sgomento dei profughi ucraini.

E faccio finta di indignarmi o di commuovermi.

Ma la realtà è che non faccio niente.

Qualche briciola alla neurosfera, ma mi sento mancare di pensieri parole opere e missioni.

Solo tante omissioni.

E il tutto per pigrizia e per paura, probabilmente di mettermi in casa qualche malfattore.

L’uomo nero che ci cantavano le mamme, che viene di notte.

Ancestrale subconscia paura instillataci per chissà quale cattiveria nascosta o connaturata.

E così vivremo nel terrore che ci rubino l’argenteria.

E’più prosa che poesia.

Eppure i profughi li ho conosciuti e ci ho vissuto insieme per sei mesi.

E ricolmi di grazie mai nessuno mi fece niente.

Ed erano pure della specie nera.

Il che poteva subconsciamente sconquassarmi, per colpa di mammà.

Mentre questi sono proprio come noi.

Bianchi biondi,  perfetti ariani, sparati in giro per l’Europa a dimostrare che è tutto vero.

Ma ancora pochi, me compreso, riescono a proiettarsi davvero nel dramma.

È ancora un specie di film, da seguire con ipocrita indignazione che ammanta un inconsapevole meglio a loro che a me, esorcista della paura

Si, finché dura e finché non tocchi a noi.

Io ho visto tante cose in vita mia e le ho provate sulla mia pelle.

Yana, puttana ucraina finita qui per il crollo del muro, e uccisa per debiti di droga, era una di noi.

E io non feci niente.

Un altro caso che mi fustigò la coscienza fu quello di una ragazza, per strada finitaci per la fine dell’Ussr.

Era la vicedirettrice della banca di Mosca, filiale di piazza rossa.

Una di noi

E sempre non feci niente.

E adesso comodo seduto davanti al Pc, rimuovo le immagini e le voci e mi metto a lavorare.

Lavorare?!?

Ma mi rendo conto di quello che dico?

Dovrei uscire di casa e andare a cercare qualcuno da aiutare.

Ma il problema è che siamo drogati del nostro presunto benessere.

Tutto ciò che lo perturba va cestinato.

Droga potente.

Studiata ad arte.

Sublimazione del divide et impera.

Tutti chiusi nella propria bolla pronti a sbranare chi ce lo tocca, il benessere.

Quindi presumo già che anche stavolta non farò niente, a parte scrivere qualche cazzata leggera per la neurosfera, nascosto dietro un io ho già dato.

E anche questo pezzo è una scusa, per potersi dire io c’ero.

Vergona.

Anzi più espliciti.

Vergognami.

Si vis pacem, òra pacem

E se fosse una cazzata?

Si vis pacem fai qualcosa.