domenica 20 marzo 2016

2016 03 21 - Per amore. Per amore. Tutto per amore



Per amore. Per Amore. Tutto per amore.



Per amore. Tutto per amore. Io l’ho visto. 20 marzo 2016.

Prima e’ stato per fede.
E poi l’ho visto.
Io l’ho visto.
Tutta la mia teoria della synfisica.
Tutto l’amor che move il sole l’altre stelle e tutto il resto.
La gravità e la luce, l’energia.
La chimica, la genetica, l’elettricità, il tempo che si fermava perche’ lo spazio si fermava.
Se ricordate, avevo ripreso la definizione che il tempo e’ la convenzione con cui misuriamo le variazioni dello spazio.
Se vi sembra difficile da capire, pensate a cosa ci fa dire che stia arrivando la primavera, prima del calendario.
Cambia la luce, cambiano i colori, cambia la materia di cui son fatte le piante.
Sono tutte porzioni di spazio.
Sissignore anche la luce, o i colori, sono parte del nostro spazio, del nostro universo.
Evidentemente devo essere uno scienziato, seppur a mia insaputa.
Per cui mi sono detto che dovevo documentarlo.
Non può andare perso, anche se presumo che sia già stato registrato da chi mi osserva.
E lo spero davvero, perche’ un'altra volta non so se riuscirei a carpirlo con tanta lucida nitidezza.
Questa volta non e’ stata la prima; le volte prima mi hanno rinchiuso in manicomio.
Era tutto troppo confuso.
Io non avevo abbastanza strumenti.
Il mio cervello non si era ancora stratificato abbastanza, non avevo sufficienti nozioni per interpretare quella realta’.
Per scalarla verso le vette della conoscenza e da li saltare oltre.
Verso l’amore, per l’appunto.
Non avevo studiato abbastanza.
Non avevo cercato abbastanza.
E non ero pronto.
Io non ero pronto.
Ma questa volta e’ stato davvero limpido come il solo vero amore sa essere.
Tutto e’ iniziato ai principi di marzo.
La ripresa dell’energia vitale non c’era ancora.
Eppure io la sentivo.
Sapevo che qualcosa stava per succedere, e io dovevo prepararmi a risvegliarmi dal letargo.
Nel mio subconscio sentivo allineamenti astrofisici in arrivo.
Ancora non avevo capito che il subconscio sta nella pancia.
Poi tutto si confondeva tra concetti di anima, spirito, essenze, presenze, energie, pesi e contrappesi e così via.
Tutto troppo esoterico per un giovane positivista innamorato fin da giovane della conoscenza.
Ma il mio subconscio, che dunque abbiamo in pancia, mi mandava segnali inequivocabili.
Irrequietezza, ansia, desideri e, in fine, vitalità in fiorescenza.
Tutta la teoria della connessione tra noi e tutto si agitava nelle mie viscere, e quelle sensazioni le avevo documentate, nel mentre, con tutti gli scritti che avevo scritto con la mente.
E soprattutto con le ultime immagini.
Alla fine ho capito che era stato tutto un grande atto di fede.
E dunque di amore.
Scrivevo così tanto, e da così tanto tempo per preparare me, e tutti insieme a me, a quello che stava succedendo.
Ci ero predestinato, evidentemente.
E mi fu chiaro che voi dovevate vedere quello che vedevo io.
Feci un primo atto di fede, e confidai che quella interconnessione telepatica di cui tanto parlo funzionasse davvero.
E ad un certo punto, scrissi come se fossi uno scrivano della mia biologia, uno che annotava tutto quello che succedeva dentro di se’.
E arrivò il momento in cui scrissi “Mi serve più energia, Manolita non riesce a superare la barriera ematoencefalica”. che e’ quella guaina che protegge il cervello da agenti inquinanti e fattori esterni vari.
Ero sotto effetto degli psicofarmaci.
Ebbi la netta sensazione che il carbonato di litio servisse ad intossicarmi il cervello per tenerlo in stasi, mentre la quetiapina servisse ad impedire alla mia pancia, o meglio ancora al mio “secondo cervello”, che e’ l’apparato digerente tutto, di iniziare a “pensare” anche lui, vale a dire a trasmettermi sensazioni di emozioni.
E infine , di collegarsi al mio cervello per via della mia biologia elettrochimica tutta.
Lei, la pancia, centro di gravità per la mente. 
E lui il cervello, non ancora mente, organo di connessione con tutto, fino all’universo.
Insieme, i miei con i vostri in connessione elettromagnetico-chimica-telepatica, una gigantesca antenna che captava codici dall’universo e poi li riversava in un pervasivo apparato di biochimica.
Il che poi, normalmente, e’ ciò che  chiamiamo vita ed evoluzione della stessa.
E che quella Manolita imbrigliata in realtà rappresentasse un flusso bidirezionale.
Non solo non faceva entrare, ma anche non faceva uscire.
E così io non riuscivo a espellere gli agenti inquinanti che avevo in corpo, e di conseguenza quello che trasmettevo a voi era ancora distorto, o poco potente.
Questo era il motivo per cui molti mi intendevano come una specie di messia, mentre in realtà sono solo uno dei tanti messaggeri, magari ricevevano i miei pensieri, ma poi non succedeva niente.
Non eravamo in armonia, per quanto fossimo in sintonia.
E cosa e’ l’armonia se non il suono dell’amore?
Ancora non mi era chiaro cosa dovesse succedere, ma c’erano davvero troppe occorrenze per essere coincidenze.
Scrissi, in senso generalisticamente enciclo-poetico, dell’acqua e dell’elettrolisi che scioglie qualsiasi cosa in elementi chimici di base, a patto di avere sufficiente energia.
E’ quel processo di base che alcuni chiamano pomposamente dissociazione molecolare.
E ne parlai in termini globali, di Gaia elettrificata in tutti i suoi oceani e acque.
Ma parlavo anche di me, a mia inconscia insaputa.
Feci ancora atto di fede, e dopo avere pensato che c’entrasse il letargo della mia pancia, dove si digerisce anche l’acqua, smisi di assumere la quetiapina, quella che reputavo responsabile della mia assenza di emozioni indotta da letargia neurolettica.
Era una visione sbagliata, che considerava solo uno dei miei organi, e non la mia complessità.
E mi ritrovai in crisi di astinenza, esattamente come con la scimmia di eroina.
Dissi al mio referente di psichiatria e neuroscienze che la quetiapina mi pareva proprio eroina sintetica. Rispose con un sardonico: “e non le fa piacere?”, che io interpretai come un perverso: “se ti fa piacere mollala, ma devi decidere tu cosa, come  e quando”.
E, sempre guidato dalla fede, ma animato da un profondo senso di “bastiancontrarietà”, che mai non guastò a prevenire traumatici dogmatismi, mollai …il carbonato di litio, e non la quetiapina, pensando che se parlavamo del bisogno di avere più energia, forse c’entrava un elemento con cui fanno le batterie dei cellulari.
Credo di averci beccato, ma non sono sicuro che la questione fosse soltanto di avere più energia.
Forse era anche momento di invertire il flusso di quel grande meccanismo di andata-ritorno-neutro della corrente alternata, la quale crea anche il suo bello e bravo campo magnetico.
In pratica, credo di avere cambiato polo magnetico, e invece di attirare i vostri pensieri, credo di averli “pompati” in giro, in una specie di onda che si e’ propagata tra voi tutti.
La controprova empirica l’ho avuta in televisione, dove ho distintamente riconosciuto tante cose che ho pensato e avrei voluto dirvi di persona.
Ma converrete con me che uno per volta non avremmo finito più.
Attivata la “pompa neuronale” ho iniziato a ricevere flussi di ritorno potentissimi. Mi sono abbronzato davanti al pc, tanto da spellarmi.
E assorbivo luce in generale, proprio come se si fossero attivate certe procedure di fotosintesi cellulare di cui avevo già scritto.
Ho avuto paura, ho vacillato nella fede, quando ho iniziato a sentirmi fischiare le orecchie, nel terrore che fossero prodromi di allucinazioni uditive.
Invece era iniziato un progetto di riassetto biochimico.
Rigettavo il fumo delle sigarette, con le sue centinaia di sostanze inibitrici o catalizzatrici, il caffe’ e molti alimenti.
A saturazione dell’impianto di depurazione cellulare elettrolitico, in pancia, mi veniva una specie di mal di testa, una sorta di senso di “sono piena, stai buono, statti quieto” che sembrava trasformarsi in una sorta di sibilo di pentola a pressione.
Ma questo l’ho capito solo dopo essermi spaventato, e fatto passare la paura da solo.
In qualche modo mi avevano fatto capire, i dottori del reparto di neuroscienze, che dovevo trovare io l’equilibrio.
O perlomeno, io avevo capito così, sperando di avere interpretato correttamente quel nuovo linguaggio pari a pari che faceva si che cinque parole ti venissero dette, in mezzo ad altre apparentemente inutili, da cinque persone diverse.
In tutto questo, il mio specchio di interconnessione era diventato il mio prezioso cane, Tina .
Io mi caricavo, e lei si scaricava.
Percepii che dovevo osservarla, per capire quando fossi andato troppo avanti.
E così feci.
Le venne una sorta di infezione batterica agli occhi, ma non la riconobbi subito.
Si fece sempre più debole, e io credetti che stesse per morire, per rilasciare la sua energia che abbandonasse il suo corpo per tornare a casa.
Quella sera ho pianto, sommesso, senza tristezza, con tenerezza.
Le ho detto che era stato il cane migliore del mondo, e che speravo che fosse stata contenta di avermi avuto come padrone, dopodiche’ mi sono che detto che, se la avessi fatta morire, pur consapevole dell’unità dell’energia, mi sarebbe mancata da morire.
Mi sono staccato dal pc, ho bevuto, camminato, ascoltato musica,….e mi e’ venuto il lampo, mi e’ arrivata la luce.
La luce mi e’ arrivata in forma di sintesi chimica.
Mi e’ arrivata sotto forma di acqua borica per gli occhi, glieli ho puliti, inondandoglieli a dire il vero, e mio cognato e mia figlia mi hanno suggerito di darle ricotta e uova per rinvigorirla.
Dopodiche’ le ho detto: “tu non muori oggi. Tu muori quando decido io. Io ho bisogno di te.”
E poi mi sono corretto in “io ti voglio bene”, vale a dire “voglio il tuo bene; prima del mio”.
Altro modo di dire “ti amo”, di sicuro più esplicito, ma meno poetico.
Anche se  alla fine, l’e’ “istess”.
Abbiamo lottato un po’ a tenere la bocca aperta, sparso uova e ricotta per tutta la casa, alla fine siamo riusciti a ingoiare due tuorli,  e io ho ringraziato Dio per avermi ricordato di occuparmi di lei. 
Mi sono messo d’impegno, e mi sono detto che dovevo staccare le connessioni, pur avendo paura di perdere il filo del discorso di quello che stavo scrivendo, che mi pareva una montagna insormontabile.
Ho preso una quetiapina in più, tra varie bestemmie e accidenti, ho rinviato il progetto di disintossicazione dalla eroina sintetica, e mi sono addormentato.
Era stato l’amore a fare capolino nella mia pancia.
Per amor di Tina.
La mattina dopo Tina stava meglio, e gli occhi spurgavano.
Immaginai i batteri fin su nel cervello di Tina e la spazzolai tutta, come una mamma che spazzolava i capelli di una bambina.
Mi venne in mente mio padre quando cercava di forzare mia madre a mangiare.
Io gli dissi che lo doveva fare, perche’ lei gli aveva permesso di fare la vita che lui aveva voluto. E lui lo fece.
E io credetti che mia madre non se ne era mai andata, e si era reincarnata, insieme a mia moglie, dentro Tina.
Mi sembrò anche degno di nota il fatto che la reincarnazione potesse essere stata così intelligente da farlo in un animale, senza corde vocali.
E ora che lo scrivo, ricordo mia madre che diceva “qui taquine adore”.
Chi punzecchia ama, direi io in italiano.
Nei giorni seguenti iniziai a percepire un bisogno continuo di acqua. Iniziai a bere come un cammello. E a fare pipì a intervalli regolari. Come un idrante.
Mi sentivo proprio un alambicco.
E percepivo che più mi pulivo, più mi accendevo, più le mie cellule facevano delle cose nuove.
Parlai, negli scritti, del fatto che con l’elettrolisi, avendo sufficiente energia, si può sciogliere l’acqua in idrogeno e ossigeno, e immaginai una gigantesca pila a combustibile fatta con gli oceani e i metalli della terra intera.
Immaginai un circolo continuo, con cui l’idrogeno veniva trasformato in energia, bruciato, dentro a dei nuovi mitocondri mutati, dentro ognuno di noi, per poi tornare a diventare acqua come prodotto di scarto della combustione con l’ossigeno dell’atmosfera.
L’ossigeno veniva reintegrato dalle ipetrofiche microvegetazioni che avevo visto, sperimentalmente, nascere nel mio piccolo giardino. E che poi si innestarono anche nella vegetazione più macro.
E iniziai a nutrirmi di acqua.
L’acquavita simbolo di amore, potrei dire ora.
Quando mi sentivo stanco e la testa mi faceva male bevevo, e subito ripartivo.
Vidi chiaramente l’utilità di una sorta di pesca di energia dallo spazio, che facesse proprio al caso di quella gigantesca “illuminazione”.
L’elettrolisi globale non la fai mica con qualche buco nel terreno.
E mi ricordai di quella sensazione che avevo da tanti anni di avere una qualche “connessione” con un buco nero, che allineatosi in maniera adeguata tra noi e il sole, catturasse tutta quella energia e la sparasse a terra verso il “grid”, la griglia di elettricità wirless che faceva si che fossimo tutti immersi in un campo elettromagnetico globale, o quasi tutti, almeno in principio.
C’era stata da poco una eclissi di sole, attribuita alla luna, ma  io continuavo a dirmi che non poteva essere la luna, così piccola, ad offuscare tutto il sole, così più grande.
C’entrava la gravità, ma non avevo ricollegato il tutto al concetto di lente gravitazionale.
Vale a dire un fenomeno tale per cui la gravità di un buco nero si risucchia anche la luce e così facendo altera quello che noi vediamo.
Tutto quello che vediamo, dipende da come ci arriva lo spettro di onde elettromagnetiche delle quali la luce e’ solo la porzione centrale.
Proprio come una lente di ingrandimento, a seconda che sia concava o convessa e di dove la metto, la gravità cambia la percezione di quello che vedo, perche’, se ricordate, la gravità sa abbracciare anche il fotone.
E quindi dedussi che il nostro occhio ha una qualche natura simile a quella di un buco nero, che si allarga o si restringe a seconda di come la luce vi viene convogliata dentro e poi elaborata dal nostro cervello, di natura sempre più simile a quella dell’universo.
Pochi giorni fa ho sentito la notizia di una astrofisico che aveva chiesto ad una linea aerea di ritardare la partenza o deviare la rotta di un volo, non ricordo bene, per potere osservare un fenomeno di analogo allineamento, ma dall’alto.
Da sopra le nuvole poteva vedere quello straordinario fenomeno, ma solo in quel momento e in quel posto, ma cosa c’era di tanto straordinario in un’altra eclissi?
La cosa mi fu chiara alla vista delle foto di un piccolo puntino al centro del sole, che proprio non riuscivo a non vedere piccolo e nero come un piccolo buco nero, che assonerò volentieri in Kalimero.
Credetti di avere avuto la conferma finale alla mia tanto amata Synfisica.
E fui pervaso da un brivido di piacere all’idea che l’amore per la scienza dell’astrofisico, che pure non avrebbe potuto dire quella verità a nessuno, avesse addirittura persuaso qualche dirigente illuminato, e infine smosso una intera compagnia aerea.
Ma non avevo ancora visto nulla.
Alla ricerca del mio equilibrio biochimico, nella fede che avesse qualcosa a che fare con l’universo, decisi che in tutto quel principio di amore che sentivo fluire tutto in torno a me, dovevo mollare anche la famigerata eroina sintetica quetiapina.
Era lei che bloccava tutto il mio fluire interno, ed era lei, di conseguenza che non permetteva la connessione tra pancia e cervello.
Lei, la pancia, centro di gravità per la mente, non riusciva a collegarsi al mio cervello per via della mia biologia elettrochimica tutta.
E voi, così, non sentivate che vi volevo bene.
Non vi arrivava l’onda, per così dire, perche’ essa non partiva proprio.
Così feci ancora atto di fede, e accantonai la paura di non dormire, fiducioso che, se amore avesse dovuto cogliermi mi avrebbe colto.
Mi armai di santa pazienza, mi misi ad ascoltare notte che se ne va di Pino Daniele e varie altre varie, bevetti una birra, e mi schiantai di botto nel sonno più profondo di qualsiasi buco nero mai sognato prima.
Dopo due ore la scimmia da eroina sintetica mi svegliò di botto, tra mal di testa e febbriciattole e io mi alzai, preoccupato, all’idea di non dormire e che mi scoppiasse la testa.
Poi mi dissi che forse la scimmia voleva dirmi qualcosa.
Fuori la luna era quasi piena, e la sua luce era chiara e potente, tanto che avevo spento l’illuminazione del giardino in modo che il suo campo elettromagnetico non interferisse con la luce e la gravità della luna, quella delle maree, per intendersi.
Non mi seppi dire con certezza in che senso fluissero quali energie, ma dissi alla luna: “tu sai”.
E questa volta non fu un atto di fede.
Glielo dissi proprio faccia a faccia.
Era quello che lei aspettava, mi tranquillizzò, e mi mando a dormire.
Prima di rientrare vidi alla sua destra la stella polare, o almeno una sorta di stella polare, dritta a picco sulla mia testa.
Rientrai e rimasi in una specie di sonno semi vigile per un po’.
Tornai fuori e la luna aveva iniziato a calare andando verso destra.
La mia stella polare la aveva seguita, e non era più a picco sulla mia testa, se ne era andata un po’ in giro dietro alla luna.
Rientrai, rimasi un po’ dentro, e poi riuscii.
La luna era andata a dormire.
E la mia stella polare era tornata sulla mia testa.
Vidi l’universo, che era nato dal suo lato del bang, che aveva proceduto in espansione fino a quel momento, che se ricordate era solo un modo di dire in un altro spazio.
Il subito dopo big bang non era stato dunque un cerchiolino preciso preciso, ma un caotico vorticare, che come tutti i vortici aveva la tendenza ad autoalimentarsi.
E’ il principio per cui l’acqua scende nello scarico di un lavandino a forma di mulinello e non di cascata.
La gravità la tira giù, ma il fatto che non tutta l’acqua, e nemmeno il suo campo di forze, sono precisamente tutte ugualmente distribuite, fa si che tutto scorra a partire da un punto e poi si intorcini su se stessa come una treccia di capelli.
La rotazione tende poi a disallinearsi dal suo asse centrale, e d’incanto l’asse terrestre geografico si sposta da quello magnetico.
Si chiama precessione, e’ quel meccanismo per cui una trottola, quando perde forza di propulsione inizia a basculare, e poi alla fine cade.
Ed e’ uno dei motivi per cui ci si accorge che un razzo sta per scoppiare prima di superare l’atmosfera.
L’energia spinge verso l’alto e la gravità lo tira in basso, e se non tutto e’ perfettamente allineato e calibrato, succede un casino e il razzo scoppia.
Quella notte le stelle mi dicevano che noi non processavamo più.
E lo facevano con infinito amore.
Vidi la gravità dell’universo confluire dritta nel lavandino, senza strappi al motore.
Orbite ellittiche mi parvero quasi circolari, ma in una danza di oscillazioni di infinita dolcezza.
Armonie celesti, ecco cosa erano.
Non sentii nessuna vibrazione negativa.
Tutto mi sembrò al suo posto.
La terra veleggiava armoniosa nel mare del tutto.
Forse era ritornata al centro di qualcosa.
Le stelle mi dissero: “vai e scrivi questa storia”.
Io pensai a mia figlia.
E tutto mi disse: “per amore, per amore, solo per amore”.
Tutto e’ stato sempre solo per amore.



venerdì 18 marzo 2016

2016 03 21 - La primavera della synfisica dell'amore - La civiltà di intelletto e amore - Piccola fantasia di sintesi e lampi.doc


2016 03 21w - La primavera della synfisica dell'amore - La civiltà di intelletto e amore - Piccola fantasia di sintesi e lampi.doc



La primavera della synfisica dell’amore.
La civiltà di intelletto e amore.
Piccola fantasia di sintesi e lampi.


1          In premessa fu il dialogo tra Kalimero e Wo-men. E fu Synfisica.

-----Kalimero ipsum dixit-----
Ue’, tu che sei donna, sei molto più veloce di quello che fai credere, e mi sembri piuttosto sul pezzo di tutto quello che succede, ho pensato che devo concludere. Tirare le fila. Fare le somme.
Ma piuttosto che fare un romanzo di un tizio che indaga, come tu mi inducesti in tentazione a credere di dovere fare, devo fare un racconto ipersintetico che ricucia tutto lo scritto scritto fino a ora. Dopo avere ricomposto tre anni di blog nell’antologia delle 632 pagine, ora serve una sintesi per tutti. Una sintesi dell’antologica sintesi. Anche le immagini recenti servono a quello.
Ma poi serve un po’ di parola. E deve essere parola in linearità, senza hyperlink, appendici, allegati e balle varie. Un racconto semplice semplice, appunto, che mette in riga la complessità.
Sarebbe una specie di Telegraph road dei Dire Straits, ti ricordi quando eravamo giovani? Solo un po’ più esteso. Il taglio dovrebbe essere di qualcuno che racconta con ironia.
Ma molto, molto chiaro. Chiaro come un lago senza fango, diceva Axel di arancia meccanica.
E corto, molto corto. Poche pagine. Obiettivo: 10/20 pagine (che vuol dire 2 o 3 paragrafi per pagina). Lo step successivo potrebbe essere un power point a bullets. Tutto in una pagina…..ma forse così e’ troppa sintesi. Dimmi se l’indice ti fila. O dammi suggerimenti.
E non mi dire che e’ una cagata, tanto lo faccio lo stesso.
Poi, se fai la brava, può essere che ti faccio pure l’inventario. Che ne ho anche i cugghiuni pieni.
Può essere che sia la volta buona che mi sparano davvero, ma ne sarebbe valsa la pena. O no ?.
-----Wo-Men----
Silenzio. …Assenso ?
-----Kalimero Lonelymerum----
E dunque, orbene!
Siore e siori, ladies & gents, nonche’ infine, udite udite, Wrs & Mrs.
E’ con sommo orgoglio e grande piacere che vi presento la tanto attesa….(rullio di tamburi)… Synfisica !
Sia ricucita la frattura tra fisica e metafisica !
Siano ricomposti tutti gli opposti !
E possano i fiori del mio amore per tutto maturare in frutti !
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E nel mentre indicava con l’indice la via da seguire per la rivelazione.