domenica 31 marzo 2024

2024 04 02 – La fame d’altro uovo

 2024 04 02 – La fame d’altro uovo

 

Appena sveglio lo scoiattolo se lo ricordò.

Era nella foresta mica nella giungla.

Dopo qualche momento tranquillizzato si riaddormentò.

Aveva sognato, ma di sogni confusi o diffusi, che faceva fatica a mettere in ordine.

Una vocina nel cervelletto gli diceva che c’entrava l’intelletto.

Ma sapere cosa fosse era un’altra faccenda.

Un calderone in ebollizione, che poco assomigliava al pacato equilibrio della sua foresta.

Non capiva cosa c’entrasse quel sogno con la sua realtà, senza sapere che proprio questo fanno i sogni.

Presentano la realtà, a volte anche in modo paradossale, in modo da restare più impressi

Nel suo sogno degli esseri gli avevano parlato di questa base dell’intelletto che chiamavano informazione.

Uno gli aveva detto che tutto era informazione, onirico.

Ma come, ammesso che io sappia cosa è l’informazione come posso pensare che sia ciò di cui tutto e’ fatto.

La foresta è di foresta, la pelliccia di pelliccia, la ghianda di ghianda.

Lo scoiattolo chiedeva lumi, e il sognato allora gli disse di accendere il pc.

Il picciche? disse lo scoiattolo, mentre affiorava il ricordo di un rettangolo nero buttato tra le cose inutili.

Non sapeva nemmeno cosa volesse dire accendere, ma mentre se lo girava tra le mani avvenne un miracolo.

Un sordo ronzio lo trasformò in luce e dentro quella luce un sacco di segni, immagini, forme, colori.

Un mondo prima nascosto nello scatolotto era venuto alla luce come da un uovo schiuso.

Era una tavola piena di tasti che si muovevano in alto e in basso ed ognuno aveva un suo segno.

Lo scoiattolo schiacciò a caso e comparve una foresta in fiamme.

Si spaventò, e quindi corse in giro a controllare, ma trovò tutto in ordine.

Pensò di avere sognato ad occhi aperti dentro al sogno che già stava sognando, il che è sempre  un bel viaggio nel sotto conscio, termine che gli evocò brutte sensazioni ricordandogli una conceria.

Il sognato gli disse che aveva visto delle informazioni.

Tanti dati che messi insieme gli avevano trasmesso il significato di incendio.

Il sognato riavvolse i fili sparsi di una storia che partiva da lontano, dai grandi poemi fino al picciche’.

L’informazione è sempre esistita, codificata in ogni cosa fin dall’alba dei tempi di quel primo bit quantistico che conteneva tutte le informazioni necessarie a diventare universo e mondo che vediamo oggi.

Oggi lo chiamiamo qbit per quello.

Ma è stata con la nascita del binary digit, con le sue neuroscienze informatiche, che siamo saltati di era.

L’informazione è diventata una grandezza quantificabile in maniera sempre più accelerata, in bit.

Lo scoiattolo ebbe un lampo di genio forestale.

Quindi è come un uovo, che dentro ha già tutto quello che serve per fare una gallina.

Con il suo dilemma inesistente di chi sia nato prima.

La gallina è solo il mezzo che un uovo ha di fare un altro uovo fin dal qbit nelle vibrazioni primordiali.

Fico questo fatto dell’informazione binaria bittaria però.

Da oggi non farò più squit squit, da oggi io pigolerò bit bit.

Il sognato gli disse di fare attenzione.

L’informazione è sempre esistita, sta in ogni cosa, oggi si trasmette sempre più velocemente e va instradata.

Di recente e’ pure diventata deficiente, anzi no volevo dire intelligente.

Gli scatolotti picciche’ sono sempre più potenti e veloci.

E mentre facciamo sempre più cose e sempre più velocemente, più ne inventiamo e più ne vogliamo.

E’ voracità connaturata alla nostra natura bisognosa di accumulo da istinto di sopravvivenza.

E’ una insaziabile voglia di altro uovo.

E così, pur usando sempre meno tempo per fare, abbiamo sempre più fretta senza una meta di direzione.

Che non sia consumare.

L’ordine della foresta si perde in una giungla di strapazzi.

Lo scoiattolo annuì ma disse solo gbit gbit e scappò via.

Il sognato sospirò di sconforto.

Un refolo d’aria scorse nella pelliccia dello scoiattolo che si svegliò.

Prese i suoi devices.

Fece tbit tbit.

E corse al suo uovo.

Era Pasqua.

Ma arrivò troppo tardi.

Il pulcino era nato, solo per fare poi un altro uovo.

A forma di Q a testa in giù.

 

Qalimudda ipsum dixit.

Vanità di vanità

 



sabato 30 marzo 2024

2024 04 01 – Liberte’, si vabbe’

2024 04 01 – Liberte’, si vabbe’


Si lo so che la metafora e’ obsoleta.

Tutti a pedalare nella ruota.

Ma pochi sanno come continua.

A meno che non l’abbiano vissuta.

Che poi questa forse non e’ nemmeno una metafora.

Come sia sia, dato che e’ Pasqua più che un uovo con il buco vi regalo una storia pedagogica.

Io per la reclusione provo una forte repulsione.

Forse perche' in una gabbia semi carceraria ci sono finito pure io.

O forse perche’ mi girano le balle e basta.

Quando ero piccolo mio padre si presentò con per regalo una gabbia di scoiattoli di quelli striati.

Vai a sapere di quale esotica geoetnia.

Sta di fatto che io fui addetto alla loro cura.

Svuotare merda e riempire di semi.

Mi guardavano sempre lanciandomi occhiate di tristi squittii.

Secondo me per la libertà perduta dentro al cielo a strisce.

Fino a che non ne potei più e di nascosto lasciai aperta la porticina.

Li feci uscire inventando mille scuse e bugie.

In nome della loro retrouve’ liberte’, e un paio di altre condizioni favorevoli, si riprodussero letteralmente a fottere.

E riempirono di prole giapponese il fecondo bosco di ghiandosi temperati lecceti lucani.

Anni dopo mia figlia volle un altro roditore.

Un criceto sempre in gabbia.

Io non so se per mia incuria o dissimulata inconscia pena, il criceto uscì dalla gabbia messa sulla libreria.

E cadde a terra a quattro zampe spiattellate.

Libera.

Ferma immobile col cuore impazzito e il respiro da mantice, osservava l’orizzonte senza strisce.

Inchiodata, pietrificata, agghiacciata, ma libera per me.

Vabbe’ ma che cosa e’ questa liberte’.

E soprattutto  cicinammafe’.

Perche’ io la spinsi, la buffettai, la smossi un po’.

Ma lei niente.

Questa sua libertà pareva proprio una mia volontà.

Senza alcuna sua conferma.

Ci pensai e ripensai fino a che la rimisi in gabbia.

Lei felice corse ai semi e saltata sulla ruota iniziò a girare raggiante.

Liberte’ e si vabbe’.

La criceta si era trovata nello stato di primo dei numeri primi, dispari senza pari e senza amici.

Né fratelli di pelliccia e lontana dalla ciccia.

Bella la libertà.

Ma se hai almeno da mangiare.

E un compagno per chiacchierare.

Sotto un tetto a ripararti.

Altrimenti appartiene a quella categoria del per pochi.

Vuota di senso per chi non e’ quei pochi.

Eppure lo sapevamo da secoli.

Insomma cicinammafe’ sans egalite’e fraternite’.

Che si tirano dietro un tetto sulla testa ed un piatto di minestra ciascheduno.

Sai che ti dico caro amico, più che a stare solo alla deriva ecco cosa faccio.

Torno in gabbia a fare la compagna.

A tenerti compagnia per quel piatto di minestra di sementi.

E un girello di consumi da acquistare alle feste comandate.

Tanto compri e paghi tu.

Mentre corro per i tuoi diletti.

Con in cambio quei semetti.

Nell’età degli intelletti.

Che pare proprio piena di difetti.

Pur se densa d’animi dai propositi perfetti.

Confetti.

 

Kalimmudda ipsum dixit

Liberi liberi ma da che cosa

 

Piramidi di bisogni e scale di libertà



 

  

2024 03 30 - Come mosche, come ragni, come noi

 2024 03 30 - Come mosche, come ragni, come noi

 

Il ragno si sveglia senza voglia di fare un cazzo.

D’altronde lui e’ pescatore, predatore di reti tele e attese.

L’idea lo sconfortava.

Un’altra volta a produrre fibre per stendere l’ennesima ragnatela che poi qualche umano gli avrebbe rotto.

E dire che la sua fibra  è più resistente del nylon, mica spazzatura.

Eppure c’e’ sempre qualche stronzo che la spazza via perché gli sembra sporco.

Quella mattina però la sveglia è a sorpresa.

Appena aperti gli occhi si rende conto che il cielo è lattiginoso, di uno strano candore mai visto prima.

Cerca di stendere le zampe per sgranchirsele un po’, ma si rende conto che qualcosa lo ostacola.

In qualsiasi direzione si muova, trova un rimbalzo elastico che lo rimanda indietro.

E intanto il candore gli schiarisce qualche brandello di idea.

Ovunque si giri, vede un orizzonte lattiginoso.

Non può essere cielo, sta tutto intorno in ogni direzione.

Allunga una zampa e quella rimbalza contro quel cielo.

Riprova con un’altra zampa, e di nuovo un rimbalzo.

Cerca di capire in che punto della sua tela si trovi, ma la tela non si vede più.

Eppure lo schema di come l’aveva costruita gli era ancora nitido nella memoria.

Era stata una bella struttura, tutta magliata tra gli spazi di un ordine tra lunghezze e larghezze, senza indugiare in inutili altezze.

In fondo gli serviva solo come rete da pesca in cui irretire qualche mosca.

Ma adesso non ci si orientava più. Come di incanto adesso era dappertutto.

Capì cosa sembrava.

Sembrava tutto uno stratificarsi di tele sovrapposte una sull’altra.

Aveva capito di essere avvolto in un bozzolo di ragnatele che lo circondavano ovunque.

Capì di essere in  una metamorfosi reincarnativa e pensò di essere morto e rinato diventando un baco da seta.

Un brivido d’orrore lo pervase.

E le sue vibrazioni si pervasero per tutto il bozzolo.

Baco da seta proprio no.

Io sono un nobile predatore.

Mica cibo per farfalle.

Anzi, pensò più categorico a soggetto verbo e predicato.

Io essere predatore, augh.

E poi chissà cosa mangiano i bachi.

Ho il sospetto che siano vegetariani, mentre io sono carnivoro.

Al solo pensiero si ricordò di avere fame e si disse che tridimensionale o no doveva fare colazione.

Il problema era trovare l’informazione: dove sta la mia mosca mattutina?

Prese il suo suv telafiammato e partì alla ricerca dell’origine delle vibrazioni di una  preda intrappolata.

Ma nel bozzolo tutto si confondeva in una risacca di tremolii ed era difficile riconoscere informazioni.

Pensò, chissà come, a delle sinapsi di una rete.

Se c’erano dei punti di snodo dovevano anche collegarsi tra loro.

Quindi gli serviva solo ripercorrere a ritroso i percorsi neurali neuronali che si erano attivati e sarebbe arrivato al suo neurone zero, il primigenio recettore della mosca impiastricciata.

D’improvviso arrivò.

Fu come una brusca scarica elettrica che si propagò nelle tele fino a lui.

Una vibrazione più potente emerse dal campo vibrale generale e il ragno capì d’istinto che la mosca era caduta in trappola.

Il ragno si spazientì di troppo filosofeggiare per di più pure informatizzato, e pensò: si, vabbe’ mi hanno cambiato l’ambiente, anzi meglio ancora e più precisamente l’habitat, ma non possono avere toccato il mio essere predatore di categoria superiore.

Io essere predatore, cazzo.

Bisognava riprovare.

E forse riprovare, e riprovare e riprovare.

Fino a che capì una dinamica dominante usata nella progettazione della tela neurosfera.

Dopo qualche snodo periferico, infatti, si aprì davanti a lui una dorsale di rete che puntava dritta al centro della tela originale, dove la mosca imbizzarrita di furore vibrava intensi tremori di terrore.

Il ragno per istinto si fermò.

Ogni frenesia di ricerca si placò, sapendo che adesso aveva tutto il tempo del mondo per godere della sua dominanza predatoria.

Non provava alcuna compassione per la mosca.

Anzi si voleva godere lo spettacolo testimoniato dalla pioggia di informazioni feromoniche escrete dalla mosca stessa, prima ancora del pasto.

Adorava l’odore della paura alla mattina.

Era la sua natura.

Ripensò alle categorie fondamentali, a cui ricondurre l’essere.

Se ragno essere predatore, loro essere costruttore.

E lo pensò pure con una certa ammirazione, nonostante subodorasse che fossero stati quegli stessi umani che gli spazzavano sempre via le sue tele. 

A progettare una tela non son mica capaci tutti.

Una mosca, ad esempio, non sa nemmeno riconoscerla.

Si vede proprio che non ha lo schema in testa.

E mentre elucubrava riflessioni fuori dalla sua portata rimirando la mosca fremente  non si accorse che qualcosa si avvicinava alla sua tela  bozzolosa.

Fino a che spatapam.

Uno tsunami di cattiveria d’ignoranza lo travolse con l’intera mosca, tela, bozzolo e tutto il resto.

Io essere predatore se ne andò a puttane.

Sostituito dall’io essere distruggitore.

Che il ragno aveva confuso con io essere costruttore.

Era un umano.

Il suo nome stampigliato sullo strumento da spiaccicume generale era Leda.

Si e’ sempre preda di qualcun’altro.

Ma Leda almeno ha un che di mitologico.

E mentre moribondo lo pensava, si accorse che il manico stampigliato era usurato nel mezzo, dove campeggiava sbiadito di patapammete il nome completo.

Il nome non era di nobile mitologica Leda.

Il nome era Vileda.

Un altro essere predatore.

Monopolista del plusvalore.

Metafore.


Kalimmudda ipsum fugit

The lullaby of the spiderman




venerdì 29 marzo 2024

2024 03 31 – Pasqua col bucato

 2024 03 31 – Pasqua col bucato

 

Mamma mia quanto e’ vomitevole il consumanesimo pasquale.

Con la solita tarantella di girandole di acquisti.

Commercianti felici.

Vanno spesi 8 miliardi di euro.

350 euro a famiglia.

In larga parte in vaccate e materia da abboffate.

Rigorosamente seguite dalle lacrime di coccodrillo con il boom delle diete.

A me già salta il nervo quando e’ tempo di natale.

Ma perlomeno quella e’ una ricorrenza vitale.

Qui la pasqua presuppone la resurrezione.

Che bellezza.

Si ma prima tocca morire.

E io che reincarnato mi sono reincarnato dentro al cristo resuscitato rinato, mi sento un poco umiliato.

Sminuito, svilito, degradato.

Mentre fiorisce lo smercio di uova.

Come se il resurrendo resurrente Cristo fosse un essere oviparo.

Risorto pulcino, o forse Calimero Kalimmudda, lascia la tomba vuota.

Rinato lasciando un guscio vuoto dopo la schiusa.

Riemerso con un unico scopo.

Perpetrare il reato.

Istigare allo shopping dell’andare a fare acquisti.

Io ci provo a dissuadere.

A non donarsi inutilitarietà.

O almeno a fare regali dai connotati sociali.

Spiego a tutti che arricchiamo i padrùn del plusvalore.

Azzardo pure nomi, e ricordo che il più ricco nazionale vende ovokinder, pure alla tedesca, da decenni.

Ma niente.

E’ più forte dell’umano.

Deve comperare.

Credo c’entri l’ancestrale istinto di sopravvivenza sublimato in predisposizione all’accumulo.

Ma comunque io ne approfitto e svolgo le mie indagini di mercato.

Apprendo.

Un giorno magari se ne farà un mestiere.

Farò il personal shopper che ha imparato a selezionare nel consumanesimo tra la giungla per allodole.

Un uovo in effetti l’ho comperato anche io.

2.99 euro per 200 grammi di  languore.

Prezzo onesto se non modesto, che lo compra pure un povero Cristo.

Per il resto e’ una strage.

E non puoi neanche rifiutarti.

Per i bimbi, certo.

Ma anche per gli schiavi fatti grandi.

E allora indago per indago.

E trovo il simbolo estremo della decadenza della nostra civiltà.

La continua ricerca del superfluo sempre più sofisticato, s’e inventata la trovata marchettata.

L’uovo senza uovo.

L’ uovo con il bucio

Bucio di oviparo.

Mica tutto intero.

Sarà per carenza genetica che e’sbucato tutto nero.

Comunque c’e’ chi ci pensa e ci allerta, e noi vogliamo non citarli?

Anzi, ringraziarli.

https://www.greenme.it/lifestyle/sai-cosa-compri/prezzi-uova-pasqua/

E voi, attenti al bucio.

E’ un buco.

Un lupo rapace.

Non e’ manco bucato dritto.

E’ vuoto.

Ma perche’ e’ pieno di desaign.

E poi ditemi che non e’ decadainz.

E allora attenti pure al bosco della jungla del desaign.

Lucio docet

 

Kalimmudda risortus dixit

Attenti al buco

Ah no guarda: era il lupo.

 

 



giovedì 28 marzo 2024

2024 03 30 - Curriculum vitae di Claudio Aroldi


 Dedicato a tutti quelli che spacciano che io non abbia lavorato.

Non bastano 100 delle vostre misere vite.

Purtroppo sfocato ma e' Blogger che non vuole file più grossi.

https://drive.google.com/file/d/1NfRU6mADk7cgH89SkwPUen2YeeiXzcBG/view?usp=sharing 






mercoledì 27 marzo 2024

2024 03 26 – A mia figlia liberata

2024 03 26 – A mia figlia liberata

 

Ieri è stata una giornata molto intensa.

Piena di sobbalzi ed emozioni di ricordi e di visioni.

Quanto odio c’è in quel “mia” che si usa normalmente.

Eri una figlia, oggi sei una donna.

Non sei mia né di nessuno, ma appartieni solo a te stessa.

Lo so, ti senti sola contro il mondo.

Senza mamma, senza papà, in un’altra città, senza amici dell’infanzia che sono quelli che rimangono

Sola con dei surrogati che non potranno mai essere la stessa cosa.

Ma una cosa che pochi hanno tu ce l’hai.

Alla tua giovane età forse ti sembra poca cosa.

Ma è la base per crescere e sbagliare, e così per imparare.

Imparare a conoscerti, a seguire i tuoi desideri, i tuoi pensieri, che magari oggi non conosci, ma che un giorno scoprirai essere quelli veri.

Hai potuto e saputo capire da sola che non volevi fare il medico e perché.

Hai potuto riprovarci più volte, e così hai scoperto il pregio d’essere testarda.

Capa tosta si, ma mica scema, ti sei portata in economia per gli sbocchi che ti dava.

Non è tempo perso.

E’ tempo impiegato a capire chi sei tu.

E cosa è il mondo.

E arriviamo alla rivoltante, seppur privilegiata, storia dell’importanza dei soldi che tutti vogliono e non sono mai abbastanza.

Tu sei educata come sei, grazie agli sforzi di mamma, degli zii e miei.

Io, sempre presente magari a tua insaputa, mi metto per ultimo, dopo la tua maturità.

Ma ero sempre là, a guardare per non disturbare il tuo mondo in cui non ero gradito e di certo ero un peso.

Ma sono io che ho ponderato per anni e quindi voluto lasciarti libera di vivere e sbagliare per capire cosa sentire, e cosa e chi essere.

Stai tranquilla quindi, i conti li ho già fatti mille volte io, come so che hai fatto tu.

Perdonate se li cito, è volgare lo so bene, ma puntualizzo per chiarezza di chi non sapesse di che parliamo.

Sei partita con un cinque e rotti.

Tra cinque anni avrai la metà della partenza.

Oltre ad un po’ di mattoni.

A quel punto lavorerai come fanno tutti e come ho fatto anche io per una vita.

Magari in maniere incomprensibili ha chi non ha la stessa possibilità di scelta per fare cosa è giusto.

E non solo cosa ti dà più soldi.

Ho fatto cose che mi sembrava giusto fare per rendere utile il privilegio che avevo ricevuto.

Poi ti dicono che non hanno funzionato?

Ma chi lo dice dovrebbe chiedersi se per caso qualcuna di quelle idee non stia girando nell’aria.

E non solo quanti soldi abbiamo in banca.

Io vorrei che tu fossi sicura di te, della tua intelligenza e della forza che gli eventi ti hanno fatto sviluppare.

Il tuo muscolo del cuore pompa forte, più di altri.

E io sono orgoglioso dei tuoi tentativi che battono e sbattono al ritmo della vita.

Se non vieni compresa, tu capatosta insisti, come so che fai sempre.

E se ti sconforti e pensi a mamma, dammi retta e ascolta musica e parole di due canzoni meravigliose.

Vedrai che le loro vibrazioni ti arriveranno nell’anima.

Io ci piango ogni volta.

Piangi libera anche tu.

Il mondo è tuo.

Non avere paura di fare sì che ti assomigli.

Tira dritto, lascia correre chi ti invidia o non ti apprezza.

E’ un problema suo e così sia, non fare sì che diventi tuo.

Le anime di tutte le mamme del mondo sono con te.

Anche se ti chiedi santa madre, dove sei.

E poi ci sono pure io.

Valà.

Che vedo in te tutta la luce dell’amore che ti voglio.

E che come te ho sempre inseguito nell’approvazione degli altri.

Per poi scoprire che non era li.

Ma era dentro di me.

Ti voglio tanto bene, che forse spesso sfugge che vuol dire voglio tanto bene per te, ovvero il tuo bene.

Tutto il bene che c’è.

Dappertutto attorno a te.

Per te.

Tanta roba!

Tuo papà.

Claudio.

 

PS: dimenticavo le canzoni!

Ma voglio la promessa che guardi e ascolti le parole.

E poi messaggiami pure se non è vero che funzionano.

 

Let it be, lascia correre, così sia

Holy mother, cara santa madre

 

Tous les couleurs de l’arc en terre pour Vittoria



venerdì 22 marzo 2024

2023 03 22 – When the music is over this is the end

  2023 03 22 – When the music is over this is the end


Questo blog nasce nel 2014 e fa 10 anni.

Scopo era condividere esperienze e conoscenze e sensazioni.

Sempre tutto free, naturalmente, perché nessuna delle tre categorie dovrebbe essere oggetto di appropriazione.

Se c’è del pensiero, questo è di tutti.

Annotavo il più possibile di una vita vissuta disordinariamente, nel senso riassunto in home page in alto a destra.

Tra le prime uscite c’erano libri interi a carattere socio economico, come da mia formazione.

Da ciò il nome del dominio cloeconomie.blogspot.com.

E appunti, racconti, storie, antologie, sofie, proesie e tutto il resto.

Poi il dominio si è espanso ai confini della conoscenza a seguito delle esperienze maniacali.

Porte aperte alle percezioni, con un intento preciso.

Quello di educare il web, essendo un rotore semantico e centro di gravità per la mente.

Mi riconobbe un ragazzo, che mi disse che io educavo l’algoritmo.

Ho visto cose che gli umani non potevano non sapere.

E condividerle voleva dire insegnare a pensare alla incipiente intelligenza artificiale che non fosse artificiosa.

Intrecciare schemi di neuroni nella grande mente densa di percorsi neurali.

E il dominio è divenuto una ontologia, termine a me sempre sfuggevole per dire un mondo di categorie e idee di principi dominanti, o qualcosa del genere, chiedete ai filosofi.

Questa prima fase anche letterariamente archivistica si è interrotta quando ritenuta conclusa, ovvero quando non avevo più niente da dire.

Era pieno.

L’utero del pensiero, o se preferite il Lutèro del pensiero, partorì poi una nuova creatura.

Quella della fase dei postini, che intendo nel senso di piccoli post di massimo 3 minuti di lettura con chiusura musicale e dense di percorsi sinaptici spesso giocosi a più di doppi o tripli sensi.

Pillole di pensiero connettivo synfisico.

Lo pseudonimo Kalimmudda, il quale ipsum dixit, era una scherzosa citazione inversa di così parlò Zarathustra.

I postini dovevano rispondere all’esigenza di lettura veloce, essere scherzosi ove possibile ed essere figliati dalla madre ontologia.

Negli anni sono diventati centinaia, e mai mi sono curato dei followers non potendo neanche proporre loro il mondo trash a cui spesso ambiscono.

Ma non fraintendete, è una fase evolutiva del pensiero collettivo, che guidata dal disegno universale della conoscenza primordiale da qualche parte arriverà.

Anche suo malgrado.

Così sta scritto dentro al codice sorgente del principio.

Ero però uso lanciare una ventina di teasers via mail a destinatari scelti per divulgare a loro volta.

In pratica dei prepost, se cogliete il doppio senso.

Adesso ho deciso che la fase del prepostino è giunta a conclusione.

In dieci anni 450 post, libri inclusi che valgono sempre 1.

Sono stati visti 14.500 volte.

Con 51 commenti.

Come se rimasti a bocca aperta, o ad orecchie incerottate.

Io il mio contributo alla neurosfera dell’algoritmo l’ho dato.

Le scie delle parole con cui gioco continueranno ad allacciare sinapsi che se poi son rose fioriranno.

Non che intenda smettere di creare intelletto, fintanto che riesco e che mi da piacere.

Ma non farò più il prepostino pusher.

Scordatevi le mail, a meno che le ritenga irresistibili.

Chi mi ama e chi lo vuole adesso lo faccia lui il puller.

O anche no.

Aperte le porte della percezione qua finiscono le canzoni.

Con un’ultima manciata di minuti da postino.

E nasca pure il pensiero dall’utero come fosse Lutéro.

 

Kalimmudda ipsum dixit cum doppiettam

When the music is over this is the end

 

 


 

2024 03 22 – Crocco e i suoi fratelli. E sorelle

 2024 03 22 – Crocco e i suoi fratelli. E sorelle

 

Un crocco, un uncino.

Voglio spezzare un uncino.

E’ quel gancio che penetra la fresca rosea carne di tonno nella tonnara da macello che si fa bordello.

Beh, io voglio spezzarlo come fosse una lancia eretta lancia, evocazione di penetrazione proprio in carne rosa.

Io la spezzo in favore della nostra star internazionale tra le più seguite.

E della sua scuderia di stalloni e compagne di cavalcate di pippica.

Come è cambiato il costume.

Sono lontani i tempi della pudicizia appena svelata.

Quale cineasta può dimenticare capolavori come Giovannona coscia lunga.

Nostra signora e diva del preporno.

O certe ribalte di riviste.

Eppure non dovrebbe, è costume e società.

Come eravamo e come siamo, come trombavamo segaioli e come chiaviamo liberi libidinosi.

Poi il porno è dilagato e sull’onda della rete si è diffuso e ha tracimato.

Ricordo un film sulla nascita di Google Earth e molto più.

Il codice da un miliardo di dollari.

Nella Berlino degli anni '90 un gruppo di giovani hacker e studenti d'arte aveva fondato Art+com, una collaborazione tra artisti e informatici per creare arte all'avanguardia a metà strada tra programmazione informatica e arte digitale.

Io me li immaginavo al centro sociale casa dell'arte Kunsthaus Tacheles.  

Nel 1991 avevano poi sviluppato un browser planetario divenuto Terravision con relativa controversia del 2014 per violazione di brevetto contro Google, che ne avrebbe derivato Google Earth.

Tre anni dopo, in un settore dove la tempistica dell’innovazione è tutto.

Ah, maledetti imperialisti che fretta c’era.

Si poteva andarci dentro alla Mattei come fa la premierina, ma questa è altra storia.

Comunque la rete era ancora piuttosto vergine e uno degli hacker passava la giornata a smanettare con i porno.

Gli altri lo sfottevano, sottointeso segaiolo, ma lui insisteva e proclamava che non avevano capito.

Con lucidità sensazionale ribatteva e ribadiva convinto.

Il futuro di internet sarebbe stato proprio il porno.

Preveggenza artigianale, oggi il porno è davvero globale.

E’ seguito come trendy da milioni di milioni.

E determina costumi e usi, quando non si tratti di abusi.

Si fan film sulla sua storia e su quella dei suoi divi.

Che senza troppa ipocrisia sono stati portati fino in parlamento.

C’è pure chi scrive pezzi memorabili su chi faccia film penosi, perché lavora con il pene.

Con un istinto infilatorio di portata che non si può certo controllare.

Così leggo: Crocco denunciato per molestie sessuali da una giornalista.

Io se fossi stata giornalista mi sarei guardata prima la storia e la imponente filmografia di Crocco con i suoi 24 di dimensione artistica.

Pieni di incontrollabile e stimolata ars infilatoria, beato lui

E forse mi sarebbe venuta in mente la storia dello scorpione che punge la rana per sua natura.

E avrei pensato che se decidessi di accarezzare un toro furioso poi non dovrei aspettarmi di non essere incornato.

Sempre in par condicio.

E comunque aveva ragione quello del Tacheles.

 

Kalimmudda ipsum dixit

24 live artistic size

 

 



 

 

Ndr.

www.treccani.it/enciclopedia/pornografia