giovedì 28 maggio 2020

2020 05 28 – The tide is turning


2020 05 28 – The tide is turning

Sto meglio.
Me lo hanno pure certificato ufficialmente.
Ci ho il bollino “illness free”, o quasi.
E’ stato uno dei miei numerosi medici curanti che ieri, dopo approfondito colloquio, ha sancito, e pure per iscritto, che non ho più il parkinsonismo.
Abbiamo concordato che se forse c'entrava l'olanzapina di sicuro centrava di più la cocaina.
Così fa pure rima.
Per sicurezza mi hanno prescritto il divieto di assumere anche neurolettici, oltre che psicotropi, ma per questi ultimi lo sapevo già da solo.
Comunque.
Niente olanzapina, niente quetiapina, niente cocaina.
Una vita sena “ina”.
Mi è rimasta la caffeina, però.
E la nicotina.
Mica nocciolina.
Coffee & cigarettes.
Comunque non tocco più sostanze dal ricovero di febbraio.
L’effetto benefico si è manifestato in maggior reattività, velocità, attenzione e concentrazione ed in senso generale maggior stato di benessere invece di un diffuso malessere.
Attenzio’, concentrazio’, ritmo e …vitalità, cantava Beppeanna.
Esattamente quello che uno si aspetterebbe dalla cocaina.
E invece no.
Insomma, puliti è meglio.
Il fisico fa il suo dovere meglio.
E la psiche dietro a correre.
Bisogna ringraziare anche il lockdown, che ha fatto sparire per mesi gli spacciatori dalla piazza.
Senza sollecitazioni niente tentazioni.
E non ci indurre in tentazione: grazie Covid-19.
Contemporaneamente proprio il Covid-19 allenta la morsa.
E si ammorbidisce lo stato di ansia.
Cambiano le prospettive, anche senza movida.
Anche il lavoro non mi è sparito.
Sembravamo falliti e invece le banche ci finanziano oltre le aspettative più rosee.
Addirittura si muove l’Europa che inizia a dar cenno di comportarsi da unione socio-politico-economica e non da mera unione monetaria.
Il dio danaro da segni di debolezza, se non ancora di cedimento.
Ecco allora che tutto sembra girare verso il positivo.
L’energia positiva si aggrega in configurazioni che diventano sempre più grandi, dalla sfera personale fino addirittura a quella geopolitica.
E ti pervade, facendoti entrare nel flusso.
Non è merito mio; e’ una questione di fisica.
Ma comunque qualcuno del merito ce l’ha e va ringraziato perché hanno alimentato il fiume del grande flusso di energia curandomi accudendomi e consigliandomi, sempre con garbo ed empatia, ovvero con l'amore, quando io non ci riuscivo: dottori, personale sanitario, amministratore di sostegno, parenti e amici.
Alla fine il punto è che quando la marea gira, e' capace di tirarsi dietro tutto l’oceano.
Ma a volte qualche gorgo si inceppa nel suo fluire.
Questione di fisica, appunto.
Oggi sembra proprio che the tide is turning.
Così chiudeva il concerto per il crollo del muro di Berlino.
E noi sembra che ci avviamo verso quella fusion tra “we have a dream” e lo “yes we can”  ricongiungitrice di opposti verso il mondo senza opposti della  synfisica
La civiltà fusion di intelletto in connessione ed amore in pervasione. 
Un tutt'uno di energia e gravità, dinamiche dominanti di base non più alternative.
The East or the West, this is the crap our children are learning, but :
oh, oh, oh, the tide is turning



giovedì 21 maggio 2020

2020 05 21 – Slock down – Movid-nineteen


2020 05 21 – Slock down – Movid-nineteen

E cosi siamo allo Slock down.
Un prefisso monolettera, la S, a significare l’opposto di lock.
Un prefisso trilettera, Slo, ad evocare il fatto che è slow.
Sembra anche onomatopeico.
Suona un po’ come “slop” e ricorda tanto un flop.
Le strade sono ancora semi deserte.
Anche i mezzi pubblici rendono un effetto shock.
Semivuoti e stracolmi di segnaletica da prevenzione anticontagio.
Tappezzati di adesivi posticci, appicciati meticolosamente ovunque, rendono bene l’idea del tentativo di persuadere a mantenere le distanze.
Illusione di controllo.
Non avendo gli adesivi fatti ad hoc, per strada c’è anche chi disegna frecce direzionali per ingressi e uscite con lo scotch da imballo.
Non solo sembra qualcosa di precario, ma da l’idea di un trasloco delle abitudini in corso, denso di speranza che qualcuno si avvicini sapendo già che poi si riallontanerà in tutta fretta.
Le attività sono ancora mezze chiuse e quelle aperte sono quasi tutte vuote.
I commessi dei negozi ti benedicono se entri mostrando una nuova disponibilità di cortesia verso chi si azzarda a entrare.
Altro che Italia che riprende a correre.
Questa è una ripartenza in slow motion.
Appena schiacciato il tasto play della nostra vita, ci accorgiamo che il film riparte in slow forward.
Curre curre guaglio’ un paio di ciufoli.
Nell’aria si respira ancora la paura, insieme al rischio di contagio.
E così il gregge resta guardingo nelle sue stalle.
Ma non tutte le pecore sono uguali.
Ci sono le famose pecore nere.
E sono parecchie.
Hanno colpito i video della nuova movida.
Tutte pecore di giovane età, forse appena sopra il “teenismo” con tanto di suffisso ismo che come tutti gli ismi ben rappresenta qualcosa di negativo.
Teenagers o appena post teenagers tutti accalcati e senza protezioni a festeggiare non si sa cosa.
Giovani e giovanissmi, che si sentono immuni per loro natura, spinti dall’empito vitale, seppur suicida, che un over 50 come me non ha più sentendosi prossimo all’età avanzata, alla vecchiaia e alle malattie in genere.
Un bisogno di libertà, o forse meglio dell’idea di sentirsi liberi, da soddisfare ad ogni costo, in un colossale processo di rimozione di gregge, che ha fatto dimenticare i mesi precedenti.
Che poi viene da chiedersi liberi, liberi da che cosa.
Cosa saranno stati mai di così drammatico tre mesi senza aperitivi.
E invece evidentemente siamo una civiltà di alcolisti anonimi in cui lo spritz diventa un valore, una misura del benessere come il Big Mac per il potere di acquisto.
Ecco che allora bisogna fare attenzione.
E’ ovvio, lo dicono quasi tutti, ma va sempre bene ricordarlo.
Per una volta c’è un pensiero diffuso e condiviso poggiato sul principio di realtà.
La diffusione del Covid-19 ci mette un attimo a rivitalizzarsi a causa del Movid- nineteen.
Se riparte il contagio addio anche alla ripartenza in slow motion.
Invece di prepararci al rilancio in “fast forward” ci ritroveremo a ritornare in “pause”.
Con un effetto deleterio sul film che stiamo vivendo che ci metterà un attimo a diventare un “disaster movie”.
Abbiamo già anche il titolo ad effetto.
Tutto esaurito ai botteghini virtuali, che quelli fisici saranno infrequentabili.
The revenge of the Movid- nineteen.







sabato 16 maggio 2020

2020 05 16 – Selezione innaturale, eugenetica virale


2020 05 16 – Selezione innaturale, eugenetica virale

Mi hanno suggerito di affrontare il tema del titolo. Non mi tiro indietro.
Il virus evolve il pensiero.
Ma sempre più a rischio di deriva verso sue forme malate.
E così rischia di affermarsi un pensiero virale, contagiator mondiale anziché empito vitale.
Potrebbe essere l’occasione per pensarlo, un nuovo ordine mondiale.
“I have a dream; yes we can”. Già lo dissi tempo fa.
Ma certa devianza intellettiva, e nemmeno intellettuale che di intelletto ve ne è pochetto, rischia di spazzarne via le basi.
Fioriscono così comportamenti e atteggiamenti che diventano contrari allo spirito comune che anima l’umanità: l’uguaglianza, di fatto e di diritti, di individuo, specie e razza.
Probabilmente tale devianza comportamentale è figlia di una predisposizione attitudinale naturale.
Vale a dire che nasce dalle singole disponibilità genetiche di capacità di frenìa individuale, che dove scarseggi si manifesta in greggi, aggregando i deviati tra loro simili in gruppi di disgenetici più che eu.
Questi sono greggi autoimmuni, nel senso che sono impermeabili al contagio di pensiero dall’esterno.
E forse proprio per questa loro impermeabile immunità credono di potersi ritenere diversi da tutti.
Il che, tra l’altro, mi fa pensare che proprio tutti uguali non siamo.
Qualcuno lo è un po’ meno.
Nascono così intere correnti di pensiero, partendo in principio da pochi selettori innaturali di idee.
Sono i manipolatori di gregge, germinatori di malpensanza.
E sono innaturali proprio perché pensano di potere surrogarsi all’ordine naturale delle cose.
Grazie a loro la fratellanza può degenerare in mattanza.
I prodromi li abbiamo visti con il trattamento che qualcuno ha deciso di riservare agli anziani: lasciati liberi di contagiarsi nelle residenze assistite, lasciati liberi di morire prima di potere accedere alle corsie degli ospedali, lasciati liberi di morire a casa propria, a volte senza che nessuno se ne accorgesse. Addirittura menzionati come i probabili, quasi esclusivi, bersagli del virus, ma che tanto, essendo arrivati prossimi al fine vita, potevano anche giocarsi quella che restava. Liberi di liberarsene.
Qualcuno ha pensato di inondarli di libertà, ma non per far loro un favore quanto piuttosto per questioni di pratica selezione naturale.
Poi sono arrivati personaggi politici di spicco, fieri di mostrarsi senza mascherina, ma evidentemente con la loro maschera, a teorizzare la famosa immunità di gregge.
Salvo poi farsela addosso e far dietro front quando si sono trovati contagiati loro stessi.
Sempre solo un po’ di selezione naturale, in fondo, almeno fino a che non si sveli il manipolatore selettore innaturale.
Adesso l’urgenza economica obbliga tutti a convivere con il virus lasciando intendere implicitamente che qualche decina di migliaia di morti si può pure fare, pur di continuare il tira a campare in cui viviamo.
Si, ma chi è che deve morire ?
Come si sceglie ?
E questa selezione è naturale o innaturale ?
Con pochi dubbi, dovremmo dire artificiale.
Se il virus è esogeno alla nostra volontà, la gestione del contagio invece è endogena, e quindi ecco che la selezione da  innaturale diventa proprio direttamente artificiale, artefatta dall’uomo.
Il passo all’Eugenetica è breve.
Anzi forse è già fatto.
Magari a connotazione socioeconomica.
Sopravvivano le acciaierie, si estinguano i ristoranti.
Diventeremo la razza del tondino.
Comunque l’etimologia greca vuol dire “nato bene”:  sembra anche rassicurante.
Ma l’estensione semantica diventa “buona razza”.
Ahia.
Già mi vedo abbandonato dagli spartani in mezzo al nulla, libero di sperimentare se farcela o meno per favorire l’eugenetica razza della città stato.
Ma il tema dell’eugenetica è vasto e si riferisce a teorie e pratiche, diffuse da secoli e in molti paesi, miranti a migliorare la qualità genetica di una certa popolazione.
Nel linguaggio comune si intende anche l'ideologia che ritiene che la soluzione di problemi politici, sociali, economici o sanitari possa essere raggiunta attraverso l'adozione di pretese soluzioni eugenetiche.
Certo che se fossi un greco, invece, mi parrebbe proprio che di mezzo ci siano brutte questioni razziali.
Buona razza.
E quindi anche cattiva razza.
Ahia e due.
Sterilizzazioni forzate, divieti di riproduzione, segregazione razziale, diagnosi genetiche, selezioni genetiche.
Altro che Sparta.
Il principio di fondo mi porta a pensare alla Germania nazista e all’Olocausto.
La nuova razza virana ci aspetta, dunque.
Il mio tradizionale neologismo virale è venuto bene.
Vir di uomo, ma anche vir di virus.
Ana, che è solo la desinenza di ariana, l’unica parte del vocabolo ideologicamente accettabile, soprattutto se si prova a declinarla al maschile.
Razza virana.
Non saprei proprio se volerne fare parte o no.




venerdì 15 maggio 2020

2020 05 14 – “Lossico” virale - Pensiero, mica carta igienica


2020 05 14 – “Lossico” virale - Pensiero, mica carta igienica

Da quando ad inizio 2020 è scoppiata l’emergenza del virus ho ripreso a scrivere.
Erano quattro anni che avevo interrotto la mia piccola produzione letteraria privata perché ritenevo di avere esaurito quello che avevo da dire sui molti argomenti trattati. Anzi, su tutto.
Non era il tipico blocco dello scrittore.
Era diventato piuttosto un blocco del pensatore.
Molto più grave.
Avevo messo il pensiero in soffitta, tra le cose non più utili.
Il virus, invece, mi ha regalato un’enorme quantità di spunti e mi ha indotto a rispolverare fuori questo dono che ho ricevuto.
In grande spolvero, quindi, ho riesumato il gusto alla consecutio delle parole atte a rappresentare il pensiero.
Il logos si è impadronito di me facendomi scorrere nei suoi mille rivoli.
Devo dire che la logica, dell’analisi e dei flussi, e’ divertente.
Perché attiva sinapsi tra neuroni e più ne attiva più il cervello si illumina, si accende, proprio come i colori di una risonanza magnetica.
E quando si attiva, produce qualche sostanza chimica il cui nome termina inevitabilmente in “ina”, come endorfina dopamina o serotonina vai a sapere, la quale a sua volta produce buonumore.
Il pensiero è uno psicofarmaco, forse “lo” psicofarmaco, naturale. Con tanto di articolo come “Le” Big Mac delle piccole differenze di Pulp Fiction.
E può anche diventare una droga, con tanto di dipendenza annessa.
Al tempo stesso bisogna fare attenzione, perché il pensiero è sfuggente e volatile per sua natura e, sia che sia leggero sia che sia pesante, può tendere a sguisciar via dalle mani come una sfuggente anguilla.
E allora succede che rimangono solo le parole che però non rappresentano più un pensiero o un’idea, ma diventano solo lessico.
Le chiamano parole vuote mica per niente.
A me piace chiamarle avulse.
Una volta svuotate e rese avulse dal contesto, diventano facile preda dei pirati delle idee.
Pirati,notate bene, e non corsari, perché senza regale “patente di corsa” altro non sono che per loro natura ladri e truffatori, seppur a volte non privi di un certo fascino.
Tornando alle parole, quando non sono svuotate e avulse, invece, il loro uso e’ utile e importante tra l’altro perché una singola parola può essere strumento di sintesi di un intero sistema semantico.
Di un insieme di significati interconnessi.
Ed ecco che allora  il lessico ritorna a diventare logos.
C’è chi non sa distinguere tra le due immagini, logos che degrada in lessico e lessico che assurge a logos, e si appropria ad uso improprio dell’uno o dell’altro, riempiendosi la bocca di vocaboli, ma senza coerenza logica o etimologica.
E poi c’è chi nasconde dietro le parole diverse visioni semantiche, sistemi di pensiero, struttura delle idee. Chiamatele un po’ come vi pare, ma il succo è la capacità di sintesi estrema derivata dalla padronanza del pensiero retrostante.
Lo chiameremo il “lossico”, neologismo di sintesi tra logos e lessico.
Allora in tempi di virus, noto che si adottano vocaboli differenti per indicare lo stesso oggetto.
Vediamo se siamo capaci di pensare e sappiamo attribuire ad ogni vocabolo il sistema di pensiero retrostante.
C’è il virus.
Generico sostantivo di uso neutrale, privo di ogni connotazione, che viene adottato per lo più da chi non si permette di esporsi e si esprime nel dubbio, senza sapere decidere se sa di cosa parla o no. E’ un vocabolo da logos sospeso, quindi, in attesa di comprendere se ci sia o meno sudditanza psicologica oltre che fisica. Siamo tutti fisicamente dominati dalle nostre abitudini sospese. Per il resto, dubitiamo, che è anche un’attitudine sintomatica di una certa intelligenza.
C’è il coronavirus.
Virus con la corona, che si chiama così proprio perché visto al microscopio dicono che sembri avere una corona. A me non sembra, mi ricorda piuttosto le galleggianti mine antinave della seconda guerra mondiale. E così credo che il sostantivo sottenda una diffusa percezione di sudditanza come può essere quella nei confronti di un re con la sua corona, appunto. E forse anche più quella nei confronti di una mina vagante. Il piano logico quindi si sposta dal timore della sudditanza fisica a quello della dominanza regale. Ci credevamo liberi democratici e invece siamo tutti sudditi oppressi del re coronavirus.
C’è il Covid-19.
Affettuosamente chiamato da qualcuno solo Covid.
E’ il lessico colloquiale che gli fa perdere il 19, un po’ come quando invece di chiamarti con nome e cognome, ti chiamano solo col secondo. Fa parte della semantica tecnica che serve a farci sentire tutti più padroneggianti della materia. Ci rende tutti un po’ virologi e ci fa credere di essere capaci di gestirlo tecnicamente. Ma dei tecnici bisogna sempre diffidare. Si innamorano della loro tecnica e si dimenticano del quadro di insieme. Anche se lo chiamo Covid, infatti, quello resta sempre un virus nato per contagiare.
Ecco la dimostrazione del “lossico” al lavoro.
Tre parole.
Tre sistemi semantici.
Tre forme di pensiero.
Come volevasi dimostrare.
E c’è anche la controprova lossicale.
Cvd
C(o)v(i)d
Ma d’altronde cosa siam qui a fare ?
Siamo costruttori di pensiero, noi.
Non stiamo mica qui ad asciugare gli scogli con la carta igienica usata.


giovedì 14 maggio 2020

2020 05 14 – La pazienza è la vir(t)ùs dei forti


2020 05 14 – La pazienza è la vir(t)ùs dei forti

‘O virùs, con l’accento sulla u come si pronuncerebbe a Napoli, ci obbliga a fare di necessità virtù.
Guarda un po’ quanta differenza fanno una piccola, solinga, “t” ed un ancor più piccolo, insignificante accentucolo.
Il punto è che per sopportare questo virus ci vuole la virtù della pazienza.
Prima o poi passerà, o almeno così ci diciamo.
Ma la pazienza ha un limite.
Giobbe è un uomo pio e devoto, ma gli capita ogni sorta di disgrazia, che sopporta pazientemente.
Non per niente si dice “avere la pazienza di Giobbe”.
Lui prega e prega e prega.
Un giorno chiede al Signore: ”Signore io seguo i tuoi comandamenti, ti venero sempre e ti prego in continuazione, per ogni cosa. Perchè mi tormenti di disgrazie ?
E il Signore gli risponde : “perché mi hai rotto il cazzo”.
In coda in macchina si trovano un inglese e un romano.
Il romano suona il clacson in continuazione e bestemmia come un turco.
L’inglese resta composto e impassibile al suo posto.
Ad un tratto l’inglese scende va dal romano e gli dice : “la pazienza è la virtù dei forti. Shakespeare”.
Il romano lo guarda e gli fa : “ma vaffanculo. Pasolini”.
Verrebbe da dire che Pasolini è quasi Dio, e forse non saremmo nemmeno tanto lontani dalla verità.
Se non in senso assoluto, almeno in quello relativo, intendendo Pasolini come uno dei tanti profeti caduti sulla terra.
Un profeta di quadrante, se ricordate lo spazio virale.
Su Shakespeare direi che possiamo tranquillamente restare senza parole, ne ha assemblate abbastanza lui da solo per tutti, mentre su Giobbe che possiamo dire, se non povero disgraziato ?
E così abbiamo liquidato i nostri quattro personaggi in cerca di autore, che quindi sarei io che ci ricamo sopra qualche piccola considerazione, sempre virale.
Noto innanzitutto che di personaggi me ne sono persi due per strada e così mi rientra in gioco il jolly Pirandello.
Poco male. Per i due morti, intendo.
Saranno morti già da tempo, chissà se per colpa del virus, come tanti e come saremo tutti nel lungo periodo (questo era Keynes).
I quattro rimasti sono pezzi da novanta, che diviso quattro fa 22 e mezzo, che non c’entra niente, ma citare un po’ di numerologia fa tanto radical-chic o aristo-freak.
Insomma, mi sembrava fico ed essendo l’autore dei quattro me lo sono permesso, mentre penso a tutte le quaterne che potrei citare.
Ma torniamo al virus e alla pazienza che elo, confidenziale come “quelo”, mi sta mettendo a dura prova.
Non è la clausura,
non è la paura,
è più question di premura
a scongiurar la iattura.
Insomma, mi sta venendo fretta.
Ho proprio l’urgenza che passi.
E meno passa più mi si svuota il serbatoio di pazienza.
E monta l’insofferenza, proprio una sensazione di fastidio diffuso, che spesso somatizzo di stomaco.
Cioè mi viene la nausea.
‘Sto virus fa vomitare.
Va bene.
Insomma, ci manca solo la chiosa.
E viene facile facile.
Pazienza un paio di palle.
Virus: mi hai rotto il cazzo; ma vaffanculo!
Ho risolto qualcosa ?
No, ma almeno un po’ di outing mi ha fatto sfogare.
Già mi sento più leggero, etereo come un granello di bacillo.
Chissà che finalmente io riesca a tornare a volare, come il virus e come so fare, tra le vibrazioni delle mie sensazioni.
Nel caso, sarebbe da pensare che il virus ha fatto il miracolo.
E quindi per deduzione, il virus sarebbe Dio e siccome anche Pasolini era profeta se non proprio Dio, ecco che possiamo concludere che anche Pasolini era un virus e siccome anche io, che faccio l’autore, sono profeta del mio quadrante.……ecco la verità: non essendo io Pasolini, vuol dire che anche io sono un virus. Scribacchino.
Ho perso la pazienza in questa sorta di scioglilingua deduzionista, ma la conclusione mi aggrada.
Il virus sono io, canterei se fossi quell’usignolo. Vitalità. Nozionato. Programmato.
Anche se, quindi, dovrei farmi vomitare da solo.
Bleah.

mercoledì 13 maggio 2020

2020 05 12 – Libere associazioni virali


2020 05 12 – Libere associazioni virali

Chi nasce quadro e chi nasce tondo.
E’ un po’ come chiedersi cosa è la destra cosa è la sinistra.
Oggi si dice che non esistano più.
C’è un gran calderone, una specie di destristra, che oscilla tra i suoi opposti.
Un confuso centrismo generato tra i suoi estremi.
Un’ibrido come quello tra eliche sinistrorse e destrorse di una barca.
Le prime girano verso sinistra, le seconde verso destra.
Le rotazioni contrapposte fanno navigare la barca dritta sul suo centro.
E così ci troviamo anche noi, diretti verso il bersaglio di un incerto centro delle nostre idee ma solo perché tirati un po’ di qua e un po’ di la.
A volte è destra, a volte è sinistra.

Nella vita c’è chi nasce vagone e chi nasce locomotiva.
Non c’è giudizio di merito.
E’ una constatazione.
Chi nasce locomotiva ha un condanna: deve trainare, è attivo.
Chi nasce vagone è fatto per stare comodo in coda, passivo.

A Napoli si dice:
chi nasce quadro
tondo mai non muore
chi nasce chiavica
nun può mori’ signore
piglia ‘nu strunzo
indoralo d’oro 18
si scioglie l’oro
e jesce ‘o strunz’ a sotto

Allora ecco le considerazioni.
Virus e contagio.
Il virus è di destra o di sinistra?
Di sicuro è comunista. La dittatura non è più del proletariato, ma è diventata sul proletariato. Un semplice gioco di sintassi è la prospettiva si ribalta. Mentre di destra è il tentativo di appropriarsi del contagio per fini privati elettorali.
Il virus nasce quadro o nasce tondo?
Di sicuro nasce tondo, nella sua perfezione di capacità di diffusa mutazione pervasiva. Mentre quadro è il tentativo di inquadrare il contagio in schemi di gestione inappropriati creati come ipotesi ad hoc che, fatte apposta per fare quadrare una teoria, la confutano e la invalidano già dal principio.
Il virus è vagone o locomotiva?
Di sicuro è locomotiva per la sua capacità di trainare tutti verso diverse concezioni di vita. Mentre vagoni siamo tutti noi che, costretti dall’ invisibile gancio di traino sociale del contagio, gli corriamo dietro.

Quindi una sorta di trillogismo.
Una sintesi di trilli, logos e ismi che ad un sillogismo gli fa un baffo.
Se il virus è di sinistra, tondo e locomotiva,
e se il contagio è di destra, quadro e vagone,
allora…….

E che ne so, io.
Io sono solo lo scrivano.
Ma le associazioni sono libere proprio perché non si sa da dove vengano, dove vadano e dove portino.


lunedì 11 maggio 2020

2020 05 09 – O balle ciao : nuntereggae più



2020 05 09 – O balle ciao : nuntereggae più

Questa mattina mi son svegliato e o balle ciao, balle ciao, balle ciao ciao ciao.
Mi e’ venuta in mente questa strana associazione tra partigiani e cantanti nazional popolari per dire che mi sono già stufato delle notizie sul virus.
Nuntereggae più.
Ma tanto, in fondo, sono solo canzonette.
Resta l’attualità.
Tutto il resto e’ noia.
L’attualità, sai che novità.
Però mi ha costretto a ricordarmi che ho trovato l’invasor.
Che fastidio per queste storie che tutti hanno visto, e tutti vogliono commentare.
Se una volta eravamo tutti allenatori della nazionale adesso siam diventati tutti sociovirologi, che ricorda tanto degli psicopatici sociopatici.
E allora mi sono detto basta con le balle.
O balle ciao.
Con tanto di rime, eppur elementari.
La protezione civile fa rima con vile.
Sciorina numeri a vanvera spacciandola come informazione facendocela attendere ogni giorno come un messia contro la paura, ma sa tanto di propaganda di regime. Roba da fanfara da parate militari, altro che canzonette.
Il governo fa rima con eterno.
Emana provvedimenti contingenti dimenticandosi che non potranno diventare eterni. E mentre spende e spande come un effendi non ci dice come se ne esce.
La politica tutta fa rima con brutta.
O se preferite fa rima sarcastica con magnifica.
Si litigano il consenso elettorale e intanto non concordano su niente.
Le opposizioni fan rima con coglioni.
Sia perche’ hanno rotto i coglioni con l’ostruzionismo imperante dimentiche dell’emergenza nazionale, sia perche’ sembrano proprio tanti coglioni tout-court.
Le regioni fan rima con coglioni pure loro ma l’abbiamo già usata. Allora diciamo buffoni.
Vanno in ordine sparso e ognuna vuole propinarci la sua propria ricetta anti virus.
Il vaccino e non la cura fa rima con impostura.
Tutti aspettano l’arrivo del vaccino, ma nessuno si ricorda che prima, e forse meglio per sempre, più che l’antidoto serve la cura.
La gente in giro fa rima con respiro.
Respirano virus a pieni polmoni riempiti dei loro pensieri buoni poco propensi alle rivoluzioni. Due mesi di chiusura e si sentono in clausura. Rammolliti inebetiti, orfani di chi il partigiano lo ha fatto davvero.
E infine il virus che fa rima con status.
Quello quo che ci ha spazzato via in un batter d’ali di farfalla, e a cui tutti vogliono tornare dimentichi delle lezioni che il virus ci ha dato.
Chi più ne ha più ne metta.
Abbasso e ale’.
Nunvereggae più.

giovedì 7 maggio 2020

2020 05 07 - Lo spazio virale


2020 05 07 - Lo spazio virale

Altro che spazio vitale.
Qui di vitale c’è solo il virus.
E quello che resta è lo spazio virale.
Così ci siamo dovuti adattare ad una nuova concezione di spazio.
Ci sono stati preclusi gli accessi ai nostri spazi abituali.
Tutti chiusi in casa, obbligati ad avvicinarci gli uni con gli altri, abbiamo dovuto abbandonare quegli spazi che ci eravamo abituati a considerare nostri.
Eravamo abituati a disporne a piacimento e invece adesso ce li hanno limitati.
Eravamo abituati a crederci confinati, nell’illusione di essere liberi di spaziare ovunque, e invece ci siamo ritrovati senza piazze, strade, parchi, viaggi, seconde case, località di svago più o meno esotiche.
Nemmeno gli spazi degli uffici o dei negozi sono rimasti immuni.
Eppure così facendo ci siamo ritrovati in nuove configurazioni dello spazio.
Quelli virtuali in primo luogo, ma poi mi vengono in mente gli spazi tra le code ai supermercati, il famoso spazio del metro di distanza sociale, lo spazio dei balconi, lo spazio negli autobus, lo spazio nelle scuole, lo spazio negli e degli ospedali.
E quindi ecco che mi chiedo: lo spazio a nostra disposizione è aumentato o diminuito ?
A volte si, e’ aumentato e a volte no, è diminuito, ma in realtà parlo di quello che viviamo come nostro.
La realtà è che lo spazio totale rimane sempre uguale.
E’ solo ridistribuito.
Ma che cosa è lo spazio, e in particolare quello che chiamiamo vitale ?
E quanto ce ne vuole effettivamente di spazio per vivere ?
E poi mi chiedo quello che abbiamo liberato come o da chi verrà rioccupato ?
Perché una cosa è certa ed è che l’umanità di gregge si comporta secondo il principio dei vasi comunicanti e dove c’è uno spazio vuoto tende a riempirlo.
Nello spazio noi viviamo e ci spaziamo.
E lo spazio va immaginato a piccoli quadranti cuciti tra loro in molti strati a cipolla come un  grande multistrato di lenzuola fatte di fazzoletti cuciti tra loro.
Come le celle delle reti di telecomunicazioni.
Questo e’ il motivo per cui nello spazio siamo interconnessi con tutto.
Esistono porzioni di spazio a cui accediamo.
Esistono quadranti dentro cui viviamo.
Ma tutti sono cuciti con altri quadranti.
Se un quadrante si muove si muovono anche gli altri.
Il battito d’ali della farfalla del caos in realtà e’ il grande svolazzo di lenzuola fatte di fazzoletti della complessità.
E noi siamo porzioni del nostro quadrante di lenzuolo.
Noi siamo tra i fazzoletti di cui e’ fatto il lenzuolo.
La multifrenia e’ vedere i fazzoletti che svolazzano.
La monofrenia e’ credere di essere il lenzuolo.
Dalla logica dell’orticello dobbiamo passare a quella del quadrante.
E dentro ogni quadrante ognuno è profeta di se stesso.
Meglio un giorno nel vento del brandello di quadrante che cento giorni da lenzuoletto piegato in orticello.
Ecco lo spazio virale: dall’orticello al quadrante.
Ecco come il virus ci ridefinisce il nostro spazio vitale.