sabato 24 maggio 2014

2014 05 24 - Transumanar, organizzar e legalizzar. Più PIL per tutti

2014 05 24
Transumanar, organizzar e legalizzar.
Più PIL per tutti


  1. Il primo titolo : Transumanar, organizzar e legalizzar.
Il primo riferimento è a Pier Paolo Pasolini : “transumanar e organizzar”. Rinvio a Wikipedia http://it.wikipedia.org/wiki/Pier_Paolo_Pasolini da cui traggo la breve sintesi che segue.
« Smetto di essere poeta originale, che costa mancanza di libertà: un sistema stilistico è troppo esclusivo. Adotto schemi letterari collaudati, per essere più libero. Naturalmente per ragioni pratiche. »
Trasumanar e organizzar è l'ultima raccolta di versi di Pasolini. Uscita nel 1971 raccoglie le poesie scritte durante la lavorazione di Medea e alcuni versi precedentemente pubblicati sulla rivista "Nuovi Argomenti".
Come in "Poesia in forma di rosa" la raccolta accumula poesie di vario tipo non organizzate lungo una linea tematica e stilistica.
Con "Transumanar e organizzar" si chiude un ciclo ben preciso; dalla certezza che è impossibile per l'uomo adattarsi alla Società, alla convinzione che l'uomo non può vivere senza la Società.
Nei versi di questa raccolta Pasolini si lascia andare all'oratoria con una denuncia aggressiva che riguarda la difficoltà di "trasumanar", cioè di uscire dalle condizioni umane date.
Ecco il punto. Forse quanto osservato di seguito può contribuire ad aprire una porta per transumanare.

  1. Il secondo titolo : Più PIL per tutti
Si riferisce allo slogan elettorale del personaggio di Cetto La Qualunque, politico calabrese cinico, corrotto, e depravato, creato da Antonio Albanese. http://it.wikipedia.org/wiki/Antonio_Albanese
Mai nessuna parodia si rivelò più profetica del suo Cchiù pilu per tutti.
Addirittura, come circostanziato di seguito,  penso si possa affermare che “’U pilu ci salverà”.

  1. La notizia : Istat, dal 2014 anche droga e prostituzione nel calcolo del Pil
Questa si che è una notizia. Perlomeno a me così è sembrata.
Mi pare che sia passata un po’ inosservata.
A me pare una “svolta epocale”, o almeno una opportunità per una svolta epocale.

  1. I numeri e il buon padre di famiglia
In primo luogo non so se siano ben chiari i termini “economici” della questione. Se lo fossero probabilmente si ridurrebbero anche eventuali sterili polemiche.
L’Ansa riporta che il sommerso vale tra 255 e 275 miliardi di euro. Il peso dell'economia sommersa è quindi stimato tra il 16,3% e il 17,5% del Pil.
Reintegrare il sommerso vorrebbe dire che tutto d’un tratto finiscono i problemi di rispetto dei parametri europei.
Il deficit e il rapporto debito/pil sarebbero sistemati d’incanto.
Certo, poi si dovrebbe smettere di alimentarli, di spendere troppo, tanto per intenderci.
Ma partendo da una base più solida basta applicare la logica del “buon padre di famiglia”, come si diceva una volta : gestire entrate e uscite dello Stato in maniera sostenibile non è diverso da quanto deve fare ogni operaio, impiegato o pensionato tutti i mesi.
E se ce la fanno loro perché mai non ce la dovrebbe fare un governo?

  1. Controlli e imposte
Ma il dato che trovo più interessante è che il riconoscimento ufficiale dell’esistenza dei fenomeni potrebbe, o forse dovrebbe, precludere ad una loro qualche forma di “cooptazione sistemica”.
Negarne l’esistenza è ipocrita e addirittura inutilmente “castrante”.
Così facendo si rinuncia :
·      al governo di processi e dinamiche reali, il che è in buona parte causa della loro relativa “degenerazione” etico-sociale. Transumanar, appunto.
·      alla tutela di determinate intere classi di persone. Potrà essere fastidioso sentirne parlare, ma puttane, travestiti e pusher sono esseri umani anche loro. Organizzar, appunto
·      ad assoggettare tali attività alle normali imposizioni fiscali, che potrebbe potenzialmente generare ben oltre 50 miliardi di euro all’anno, in teoria almeno 100. Legalizzar, infine.

  1. Prostituzione e droga
Come sempre, per potere parlare di qualcosa sarebbe auspicabile conoscerla e possibilmente parlarne in termini oggettivi.
Mi lasciano sgomento quelle reazioni moralistiche il cui tono lascia presumere che siano state rilasciate da campioni di purezza, mai andati a puttane tanto per capirci.
Io invece ho un discreto curriculum sia come puttaniere che come cocainomane.
Fortunatamente oggi quelle devianze o degenerazioni hanno smesso di esercitare il loro appeal, e mi ritrovo in una condizione di maggior sereno distacco.
Mi piace pensare che io abbia praticato gli insegnamenti di “Zorba il greco” di Nikos Kazantzakis http://it.wikipedia.org/wiki/Zorba_il_greco che mi pare dicesse qualcosa del tipo “l’unico modo per eliminare un vizio è praticarlo fino alla nausea”.
Ma non è solo così.
Il punto è che anche nei vizi ci sono vari gradi di sprofondamento.
Sempre ammettendo che si trattasse di vizi, il risultato non è sempre uguale.
E se si è fortunati si riesce a “ricevere” qualcosa anche in situazioni di totale annichilimento.

  1. Prostituzione
In tema di puttane io ricordo bene 4 cose (ma in realtà ne avrei molte altre da raccontare), che mi si sono impresse nell’anima e alla fine hanno aperto la porta alla nausea.
La prima è stata una mia amica rumena. Mi raccontò di botte, ossa rotte, stupri e altre situazioni insopportabili per una persona qualunque. Io credevo di aiutarla con i soldi che le davo, spesso assai in eccesso. Mi diede una sonora lezione di morale : “tu credi di aiutarmi, ma mi stai uccidendo”. Il nocciolo non era solo che i soldi andavano ai papponi, ma soprattutto lei era certa che nell’annosa questione di se fosse nato prima l’uovo o la gallina, la risposta era che ero nato prima io.
Il cliente. Senza clienti non ci sarebbero nemmeno le puttane.
La seconda fu una escort russa chiamata via internet. Arrivò a casa mia e devo dire che con ogni sforzo che cercai di fare (in fondo io volevo solo scopare), non riuscii a togliermi dalla testa che era minorenne. Anche se lei negava.  Non riuscivo a toccarla. Ogni tanto facevo un tiro di coca. Ad un certo punto lei mi guardò e mi disse sarcastica: “ma che uomo interessante. Adesso me ne vado.”. Sul comodino avevo un libro sulla storia della mafia.
Lei mi disse : “regalami quel libro, così almeno avrò di te un ricordo interessante”.
La terza fu sempre una escort russa chiamata via internet. Era molto bella. Appena arrivata iniziò a spogliarsi. Io le dissi di aspettare, non so bene perché. Come prima in fondo io volevo solo scopare. Restammo seduti di fronte per un po’. Lei era in imbarazzo. Era fuori ruolo, non sapeva cosa fare. Ad un certo punto mi disse”forse vuoi il culo ?”. Mentre facevo segno di no con la testa lei scoppiò in un pianto irrefrenabile a dirotto. La abbracciai d’istinto, sussurrandole “schh” all’orecchio. Mi raccontò che arrivava da non so quale città dove era stata chiusa in una casa sette giorni con dieci uomini che tra coca e viagra non avevano mai smesso di farle qualsiasi cosa.
Mi feci veramente schifo da solo. Ricordo che le preparai latte caldo e biscotti. Quando finì il tempo a disposizione lei uscì di casa, si voltò e mi sorrise. Forse una cosa buona l’avevo fatta. Tempo dopo mi scrisse chiamandomi “Mr latte e biscotti”. Mi commuove ancora.
La quarta e ultima cosa è un film. Me lo regalò una persona “informata sui fatti”. Si chiama “la promessa dell’assassino” http://it.wikipedia.org/wiki/La_promessa_dell%27assassino
Non racconto la trama, ma è molto interessante. Si parla dei “Ladri nella legge”.
Dopo questo film la “perversione sessuale” (virgolettato perché rispetto alle storie che ho sentito io credo di essere uno dei clienti meno perversi già disponibili sul mercato) finì di esercitare il suo fascino.
Aveva ragione Zorba.
Ma il punto è un altro.
Credo che sia fuori di dubbio che legalizzare la prostituzione, riaprire le case chiuse, gestire il fenomeno con controlli sanitari, supporto psicologico, protezione in senso lato e quant’altro, non potrebbe che portare benefici ed eviterebbe il perdurare di fenomeni come quelli che ho raccontato.
Sul tema non ho davvero molti dubbi, ne credo che nessuno in buona fede possa averne.
Resterebbe da capire a chi affidare le “patenti di bordello”, sul qual tema ho una idea “corsara”, non del tutto mia ma piuttosto diffusa, di cui più avanti.

  1. Droga
Sulla droga è più difficile.
Perché ne ho già parlato altre volte: la droga, ogni droga, è devastante sotto il profilo psicologico, della personalità.
La cocaina la conosco bene e riassumo il mio pensiero così: “diventi un’altra persona. Pensi e fai cose diverse”.
Ma per le altre droghe è uguale. Anche se non sono state la mia “preferenza” le ho assunte e ho conosciuto tante persone che le assumevano. E sempre, in ogni circostanza, ne risultavano deviate.
Mi ricordo che tanto tempo fa, quando ero ancora un novizio della coca,  mi colpì una contro copertina di un libro di Freud, dove lessi qualcosa del tipo “e tu bambina, preferisci il signore gentile o l’omone cattivo in preda ai fumi della cocaina ?”
Forse la frase non era proprio così, non ricordo bene. Ma di sicuro trovo che renda bene l’idea. Anche se apre qualche dubbio sulla sanità dell’autore.  
D’altronde che le droghe siano anche strumento di destabilizzazione sociale è risaputo.
Se la religione è l’oppio dei popoli io credo, e nessuno potrà mai convincermi del contrario, che sia infinitamente meglio dell’oppio vero. O “similia
Quindi pensare a legalizzare mi riesce già più difficile.
Certo ci sono le esperienze di altri paesi che possono dare un riferimento.
E allo stesso tempo per chiunque sia dotato di intelletto, non possono non valere le considerazioni precedenti.
Per cui penso che ci si debba comunque ragionare.
Forse si dovrebbe pensare a legalizzazioni “parziali” o quantitativamente limitate, il che in realtà già avviene se si considera che le sostanze “immesse sul mercato” sono di fatto già “a bassa concentrazione di principi attivi” e quindi a “basso danno fisiologico e alto consumo potenziale”. Insomma, testimoniano già l’esistenza di un principio di “alimentazione controllata del mercato del consumatore finale.”

Si dovrebbero poi tenere in conto alcune precisazioni aggiuntive, intrinsecamente banali, ma pur sempre indicative.
La prima è che una parte dell’appeal della droga, soprattutto per i giovani,  è in generale la trasgressione. Informare, certo, ma non solo terrorizzando. Anche cercando di “svalutare” e rendere “banale” la questione forse può aiutare a eliminare quel’”allure” di finto alternativo.
Cantava Vinicio Capossela : “Per cento sacchi alla serata facciamo una vita sregolata” “E’ il grande mito che ci ha fregato, che sei un eroe se sei suonato” .
Una volta capito questo, forse è più facile passare oltre.
La seconda è che legalizzare le droghe permetterebbe comunque di limitarne i quantitativi accessibili.
Anche considerando la questione dell’accesso ai farmaci annessi o collaterali.
Tanto per fare alcuni esempi chi fa uso di cocaina e poi vuol dormire usa, tra gli altri, il Minias. In alcune categorie, come quella dei travestiti, è un must. Se non esistesse tale antidoto all’insonnia, o almeno il facile accesso ad esso, forse sarebbe un fattore di deterrenza.
Analogamente chi fa uso di cocaina e vuole fare attività sessuale (cioè tutti) usa il viagra o analoghi. Quest’ultimo, che nonostante ciò che forse alcuni credono è disponibile facilmente con  medici o farmacisti compiacenti  o con ricette false o via internet, è più delinquenziale della stessa cocaina.
E’ la porta a dei cicli “non-stop” che vano avanti ad oltranza. Sotto il profilo di marketing (o meglio di “marchetting”) è stata una invenzione “storica”. Tanto che a me fa pensare che i maggiori azionisti della casa produttrice devono essere per forza colombiani. Anche in tale caso controllarne meglio l’accessibilità e la disponibilità di certo non farebbe male.
C’è poi la questione della “manovalanza” del settore della droga. Quante persone ci “lavorano”? In che condizioni vivono ? Quanto sono “sfruttate”?.
Al riguardo vorrei riferirmi solo a qualche esempio delle notti milanesi.
Dagli spacciatori neri una volta operativi a piedi agli angoli di viale Monza a quelli in bicicletta in zona Certosa, a quelli del “fortino” di viale Bligny o della “casa della droga” sempre di Certosa.
E ce ne sono molti altri, tutti per lo più localizzati in posti noti a chiunque.
Sono davvero un esercito sterminato che invece di armi usa palline perfettamente sigillate nella plastica da tenere tra palato e gola.
E testimoniano l’esistenza di una organizzazione strutturata della quale loro sono la rete di vendita
In questo caso quanto sono diversi dagli schiavi ? E come possono venirne fuori ?
In sintesi, forse con una provocazione, oltre a pensare alle tasse, mi chiedo quanti attuali disoccupati potrebbero risultare occupati nell’ipotesi di una qualche forma di legalizzazione delle droghe ?

  1. Pirati e Corsari
In tutto questo discorso, quindi, ricorre in entrambi i temi della prostituzione e della droga il fattore comune di alcune “organizzazioni” ben strutturate e organizzate.
Prescindere da questo dato di fatto, a mio giudizio, non si può.
Vorrebbe dire ricadere nel paradosso di Jannacci : “quelli che la mafia…..non ci risulta.
Penso quindi che si dovrebbe ragionare con qualche forma di “ipotesi cooptativa”.
Di sicuro vale per la prostituzione dove si potrebbero “aprire le porte” ad una sorta di “pentitismo organizzativo” concedendo licenze a fronte di investimenti in strutture adeguate sia sotto il profilo immobiliare che organizzativo. Naturalmente a patto di una reale interruzione di altre pratiche, sempre se possibile.
In fondo la storia è quella del proibizionismo e della sua fine.
Ma ancora prima quella dei corsari, che da pirati fuorilegge diventavano servitori di un governo grazie alla “lettera di corsa”.
http://it.wikipedia.org/wiki/Corsaro : Il corsaro era una persona al servizio di un governo, cui cedeva parte degli utili, ottenendo in cambio lo status di combattente (lettera di corsa) e la bandiera (il che lo autorizzava a rapinare solo navi mercantili nemiche, e ad uccidere persone ma solo in combattimento).

  1. Il mondo sta cambiando : Investimenti e non costi.
Infine vorrei fare una notazione traendo spunto dalla notizia Ansa.
Il 2014 segna il passaggio ''ad una nuova versione delle regole di contabilità'', tanto in Italia come in gran parte dei paesi Ue. Il cambiamento interesserà anche il Pil. Lo comunica l'Istat, spiegando che le spese per ricerca e sviluppo saranno considerate investimenti e non più costi, un cambiamento che ''determina un impatto positivo'' anche ''sul Pil''. L'aggiornamento potrebbe portare per l'Italia, si stimava a gennaio a Bruxelles, a una revisione al rialzo del livello del Pil tra l'1% e il 2%.

Forse se le spese di ricerca e sviluppo saranno finalmente considerate investimenti e non costi, il mondo sta veramente cambiando.
Forse siamo davvero entrati nella civiltà dell’intelletto.
E forse in questa civiltà anche le puttane i travestiti e i pusher avranno un posto per il loro intelletto.
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  1. Istat, dal 2014 anche droga e prostituzione nel calcolo del Pil – 2014 05 22

Istat, dal 2014 anche droga e prostituzione nel calcolo del Pil
Tutti i Paesi Ue, compresa l'Italia, inseriranno ''una stima nei conti (e quindi nel Pil)'' delle attività illegali, come ''traffico di sostanze stupefacenti, servizi della prostituzione e contrabbando (di sigarette o alcol)''. La novità sarà inserita a partire dal 2014 nei conti, in coerenza con le linee Eurostat. Lo rileva l'Istat.
Il 2014 segna il passaggio ''ad una nuova versione delle regole di contabilità'', tanto in Italia come in gran parte dei paesi Ue. Il cambiamento interesserà anche il Pil. Lo comunica l'Istat, spiegando che le spese per ricerca e sviluppo saranno considerate investimenti e non più costi, un cambiamento che ''determina un impatto positivo'' anche ''sul Pil''. L'aggiornamento potrebbe portare per l'Italia, si stimava a gennaio a Bruxelles, a una revisione al rialzo del livello del Pil tra l'1% e il 2%.
Si tratta di una novità che rientra nelle modifiche condivise a livello europeo e connesse, evidenzia l'Istat, al ''necessario superamento di riserve relative all'applicazione omogenea tra paesi Ue degli standard già esistenti''.
Nello specifico, tra le riserve trasversali avanzate ce ne è una, sottolinea l'Istituto, che ''ha una rilevanza maggiore'', in quanto, appunto, riguarda l'inserimento nei conti delle attività illegali, che già il precedente sistema dei conti nazionali, datato 1995, aveva previsto, ''in ottemperanza al principio secondo il quale le stime devono essere esaustive, cioè comprendere tutte le attività che producono reddito, indipendentemente dal loro status giuridico''.
L'Istat riconosce come la misurazione delle attività illegali sia ''molto difficile, per l'ovvia ragione - spiega - che esse si sottraggono a qualsiasi forma di rilevazione, e lo stesso concetto di attività illegale può prestarsi a diverse interpretazioni''. Ecco che, aggiunge, ''allo scopo di garantire la massima comparabilità tra le stime prodotte dagli stati membri, Eurostat ha fornito linee guida ben definite. Le attività illegali di cui tutti i paesi inseriranno una stima nei conti (e quindi nel Pil) sono: traffico di sostanze stupefacenti, servizi della prostituzione e contrabbando (di sigarette o alcol)''.
Quindi viene almeno circoscritto il range per mettere a punto una stima del peso di quest'area. A riguardo può essere utile ricordare come l'Istat già inserisca nel Pil il sommerso economico, che deriva dall'attività di produzione di beni e servizi che, pur essendo legale, sfugge all'osservazione diretta in quanto connessa al fenomeno della frode fiscale e contributiva.
Le ultime stime dedicate risalgono al 2008, e indicano come il valore aggiunto prodotto nell'area del sommerso sia compreso tra un minimo di 255 e un massimo 275 miliardi di euro. Il peso dell'economia sommersa è quindi stimato tra il 16,3% e il 17,5% del Pil

CONSUMATORI ALL'ATTACCO - ''Rimaniamo interdetti di fronte alla notizia che l'Eurostat abbia deciso di annoverare attività criminali come la prostituzione, il traffico di stupefacenti e il contrabbando tra le attività che contribuiscono al calcolo del Pil''. Così Federconsumatori e Adusbef commentano, in una nota, le novità sulla contabilità comunicate ieri. ''Una trovata di cattivo gusto, che eleva le attività illegali in mano alle mafie al rango di produttrici di ricchezza nazionale'', proseguono le due associazioni. ''Oltre che dal punto di vista statistico, l'errore appare intollerabile soprattutto dal punto di vista etico'', aggiungono Rosario Trefiletti, presidente di Federconsumatori, ed Elio Lannutti, a capo dell'Adusbef.

martedì 20 maggio 2014

2014 05 19 - I migranti sono una risorsa.



2014 05 19 - I migranti sono una risorsa.
Si dovrebbe cercare di pensare a come farli entrare e non a come tenerli fuori.

Io sono un privilegiato.
Alcuni migranti li ho potuti conoscere di persona. E non soltanto di sfuggita in qualche centro di accoglienza come Lampedusa. Ma vivendoci insieme.
Ne arrivarono una ventina presso le varie sedi dell’Associazione Comunità il Gabbiano Onlus quando ero ospite anche io. Da Burkina Faso, Bangladesh, Nigeria e non ricordo più da dove altro.
Tutti erano partiti dalla Libia, dove c’era la guerra, dopo giorni ad aspettare sulla spiaggia senza cibo ne acqua. Molti su quella spiaggia ci erano arrivati dopo settimane di viaggi indescrivibili attraverso varie porzioni d’Africa.
Tutti avevano storie simili di povertà e di terrore.
E tutti avevano lo stesso miraggio della terra promessa, ma senza alcuna illusoria speranza. Erano tutti rassegnatamente, eppur dignitosamente, consapevoli della loro disperazione.
Dei circa 20 che furono allocati al Gabbiano, 5 gravitarono sulla struttura dove risiedevo anche io, e ci trovammo a vivere nello stesso appartamento per 3 o 4 mesi.
E’ stato bello. E molto istruttivo. Come per tutte le cose, un conto è la teoria e un altro conto è la pratica. Viverci insieme è stato un bagno di umiltà e una fonte di ispirazione.
La prima cosa che mi colpì fu che nonostante fossero rimasti alcune settimane a Lampedusa, nessuno si era degnato di insegnare loro una parola di italiano. Non sapevano dire nemmeno cose banali, come ho fame, ho sete e simili.
Nessuno aveva pensato a dedicare un soldato, un infermiere, un volontario qualsiasi ad insegnare loro i rudimenti linguistici della terra promessa.
Voleva dire che già in partenza tutti, tutto il sistema, davano per scontato che fossero intrusi e che in un modo o nell’altro dovevano sparire.
Mi inventai dunque un corso improvvisato di italiano. Tutti erano avidi di quelle poche parole che iniziai a spiegare loro. Ricordo che fogli e penne sembravano un enorme dono. Ci intendevamo a gesti o in francese con alcuni di loro. Le grottesche “lezioni” si tenevano sui prati della comunità.
Io ero anche scostante. Li guardavo e mi chiedevo cosa sperassero di trovare in Italia. Non c’è speranza per tanti italiani figuriamoci per loro. In ogni caso per mia natura ero un insegnante “cattivo” : mi incazzavo con chi non stava attento o con chi non imparava in fretta. Il che tutto sommato mi sembra un atteggiamento “paritario” senza false ed ipocrite indulgenze, di per se razziste.
Comunque dopo qualche tempo, essendosi un po’ meglio adattati ed ambientati, si decise che potevano partecipare ai lavori della comunità. Tutti lavori manuali: da pratiche agricole a manutenzioni degli immobili.
E a quel punto io, e molti altri ospiti, ricevemmo il giusto contrappasso da nemesi razziale.
Mi ricordo che un giorno stavo zappando l’orto e Nufu, dal Burkina Faso, mi guardava.
Mi accorsi che sorrideva.
Dopo un po’ mi si avvicinò e a gesti, perché avendo circa 40 anni era uno degli allievi più recalcitranti del corso di italiano, mi spiegò che voleva fare lui. Che voleva zappare lui.
Io gli diedi la zappa e mi misi a guardare.
Gambe parecchio divaricate, ginocchia piegate e baricentro basso, prese la zappa e iniziò a “mitragliare” zappettate ad una velocità incredibile. In 10 minuti finì quello che io avrei fatto in un’ora. Certo: io non sono un contadino, ma garantisco che anche rispetto ai contadini italiani che ho conosciuto in vita mia, Nufu era un “fuori categoria”.
E così tutti gli altri.
Tempo dopo, quando iniziammo a capirci meglio, mi spiegò che fare il contadino era il suo mestiere.
E ne era ben fiero. Come dimostra il fatto che mi volle far vedere come si faceva.
Un sano e commovente “orgoglio zappatore”.
Mi raccontò che a casa, sua per potere coltivare, doveva scavare a mano un pozzo profondo parecchi metri ogni settimana. Lo aiutavano i suoi bambini. Non gli pareva vero di potere innaffiare con la pompa. Il che è una bella dimostrazione di relativismo: quello che per noi è scontato per lui era un sogno.
E mentre lui, nel suo “paradiso irriguo”, innaffiava, innaffiava, innaffiava, io iniziai a capire due cose.
La prima era che il mio atteggiamento iniziale improntato a “cosa sperano di trovare in Italia” era intrinsecamente etnocentrico: ragionavo con le mie “categorie” che per loro erano assolutamente incomprensibili e inadeguate. Per loro il paradiso era l’acqua corrente, tanto per capirci.
La seconda era che tanta “perizia”, oltre alla forza, resistenza e adattabilità, erano un dono del cielo. Che bisognava almeno provare a capire come metterla a frutto perché per noi italiani oramai era “storia dimenticata”.
Il “nostro” occidente tende sempre più a “smaterializzarsi”, ma la civiltà materiale è pur sempre la base su cui poggia tutto il resto.
Da queste riflessioni nascono gli spunti seguenti. Credo innanzitutto che sia utile circostanziare la questione, perché troppi proclami vengono “sparati” senza che siano supportati dai fatti.  Anche se presumo che i dati siano noti ai nostri governanti, a noi gente comune non vengono quasi mai comunicati nel loro quadro di insieme.
Le fonti sono tutte ufficiali : Istat per lo più. I grafici e tabelle sono  tutte a fine scritto.
Infine una precisazione: migranti e stranieri non sono lo stesso concetto. I dati disponibili riguardano la seconda categoria.
Molte cose sono note se non banali, ma ciònonostante vederle tutte insieme può forse contribuire a fornire un quadro diverso.
Si tralascia qui ogni aspetto etico, seppur fondamentale.
Si tralascia anche ogni considerazione su una pur benefica “mescolanza genetico-razziale” che i flussi in entrata portano alla nostra cultura ed “etnia”.
Ci si concentra su questioni di fatto comunemente ritenute pregiudizievoli. E si ipotizza una possibile soluzione.

  1. Gli stranieri compensano il calo demografico nazionale
Dal 2002 al 2014, la popolazione straniera residente in Italia è passata da 1,3 a 4,4 milioni di persone.
Nello stesso periodo la popolazione italiana totale è risalita da 57 milioni a quasi 60.
Il trend di immigrazione ha quindi bilanciato il calo demografico “nazionale”.

  1. Gli stranieri sono relativamente integrati
Dalla tabella CONFRONTO ITALIANI-STRANIERI  - FONTE ISTAT, riportata integralmente in coda emergono alcuni dati significativi evidenziati in rosso.
La tabella è per altro riportata per intero a fine di possibile comparazione “sociologica” da parte di chiunque.
Il quadro che emerge è, a giudizio di chi scrive, di relativa integrazione e relativa comparabilità di larga parte di questi indicatori.
Ciò testimonia la “capacità di accoglienza” Italia che in dieci anni ha assorbito 3 milioni di stranieri.

  1. Gli stranieri generano reddito e imposte
Spesso si dice quanto al paragrafo seguente : “ci pagheranno le pensioni”. Di reddito e tasse non si parla mai. Con riferimento ai dati in rosso della tabella a fine scritto emerge che i 4 milioni di stranieri sono aggregati in circa 1,6 milioni di famiglie (stante la famiglia media di 2,44 persone).
Con un reddito familiare di 12.400 euro circa (anche se il dato è del 2008), gli “stranieri” producono reddito per circa 20 miliardi di euro.
Assumendo un livello di imposizione medio del 20%, che tra imposte dirette e indirette appare prudenziale, ciò vuol dire che gli “stranieri” hanno prodotto entrate fiscali allo Stato per oltre 4 miliardi di euro.
In un contesto in cui si fanno manovre per importi anche molto inferiori è un dato che si dovrebbe tenere più presente.

  1. Gli stranieri sono giovani
L’età media degli stranieri è di 32 anni contro 45 degli italiani e la percentuale di over 65 è di appena il 2% contro il 22% italiano.
Questo dato “alimenta” il luogo comune che gli stranieri ci pagheranno le pensioni. Come tutti i luoghi comuni è fondato su dati reali.

  1. Gli stranieri non sono delinquenti
Con 78.000 condanne rispetto alle 150.000 italiane gli stranieri sono evidentemente a maggior tasso di criminalità, ma :
  • marginale rispetto al totale (78.000 / 4.000.000 = 2%)
  • probabilmente se si considerassero solo le fasce più disagiate di italiani la situazione italiani/stranieri apparirebbe più simile.

  1. Una possibilità di accoglienza agricola ?
Prendendo spunto dal racconto iniziale e riferendosi alla situazione agricola nazionale si osserva che dal 1982 al 2010 in Italia si sono persi 5,3 milioni di ettari di Superficie Agricola Totale (SAT) e quasi 3 milioni di Superficie Agricola Utilizzata (SAU). (Istat – Censimento Agricolo).

Territorio - SAU - HA
SAU 1982
SAU 1990
SAU 2000
SAU 2010
D 2010 - 1982
 Italia TOTALE
 15.832.613
 15.025.954
 13.181.859
 12.856.048
-2.976.565






Territorio SAT - HA
SAT 1982
SAT 1990
SAT 2000
SAT 2010
D 2010 - 1982
 Italia TOTALE
 22.397.832
 21.627.667
 18.766.583
 17.078.307
-5.319.525






SAU/SAT
SAU/SAT 1982
SAU/SAT 1990
SAU/SAT 2000
SAU/SAT 2010


70,7%
69,5%
70,2%
75,3%


Dei 17,078 milioni di ettari di SAT del 2010, 647.789 sono classificati come Superficie Agricola non Utilizzata.
Se si ipotizzasse di suddividerli in appezzamenti da 10 ettari ciascuno, si avrebbero quasi 65.000 potenziali nuove aziende agricole.
10 ettari potrebbe essere una dimensione plausibile di sussistenza. In coda si riportano anche i dati di distribuzione delle aziende italiane per classe di dimensione.
Si consideri che il reddito medio familiare degli stranieri, come evidenziato in tabella Istat, è di 12.000 euro. Replicarlo nel contesto agricolo delle aziende da 10 ettari vorrebbe dire ricavare 1.200 euro ad ettaro. Possibile.
I terreni potrebbero anche essere condotti in affitto da proprietari privati, considerando che gli affitti dei terreni agricoli non sono particolarmente onerosi, e spesso sono risibili.
Se tali aziende fossero condotte da famiglie di 3 persone si avrebbero quasi 200.000 possibili “posti” di accoglienza.
Se poi si ampliassero le superfici disponibili, anche utilizzando terreni demaniali o terreni non già classificati come “non utilizzati” il potenziale si amplierebbe ulteriormente.
La tabella seguente ipotizza alle ultime 3 righe di impiegare 4 milioni di ettari.  Le persone “accoglibili” diventerebbero 1,3 milioni.
Azzardo anche un paradosso volutamente iperbolico: per un’Italia multirazziale da 70 milioni di persone si potrebbe anche disboscare un po’ di demanio. Un po’ di disboscamento in più forse Madre Natura Rediviva riuscirebbe a sopportarlo e compensarlo.

     647.789
 SAT Non utilizzata
       64.779
 Nr. aziende da 10 ha
     194.337
 3 persone per azienda


  4.222.259
 Differenza SAT-SAU
     422.226
 Nr. aziende da 10 ha
  1.266.678
 3 persone per azienda








Si tenga presente che i benefici possibili sarebbero in termini di :
  • qualificazione e utilizzo del territorio
  • generazione di reddito e imposte
  • produzione agricola nazionale e minor importazioni dall’estero

  1. La questione abitativa
Il deflusso dalle campagne, oltre ai terreni inutilizzati, lascia anche abbandonato un patrimonio immobiliare spesso di valore storico.
Una possibilità da considerare sarebbe quella di dare in uso ai neo-coloni strutture abbandonate, che vengano ristrutturati da essi stessi “in economia”. Come già detto queste persone sono spesso brave in tutto quello che è manuale
Anche in questo caso i vantaggi sarebbero innanzitutto di riqualificazione del territorio che attualmente appare spesso “desertificato”.
Come per i terreni anche gli immobili potrebbero essere condotti in affitto da proprietari privati, considerando che gli affitti agricoli non sono particolarmente onerosi, se non risibili. Con l’ulteriore vantaggio  di trovarsi le proprietà “rivitalizzate”.

  1. Far west e pionieri italiani
Come sarà evidente, quanto sopra non è un’idea nuova. Il più lampante esempio pregresso è la corsa al west del Nordamerica.
Ovviamente il contesto italiano è molto più piccolo e iniziative di “ripopolamento” delle campagne sono già giustamente patrocinate a favore dei cittadini italiani. A titolo esemplificativo si riporta qui di seguito un articolo del 2013.
Ciò rende necessaria una valutazione di “capacità ricettiva” per tutti da parte delle nostre campagne.
E’ pur vero che non molti italiani riescono poi di fatto a percorrere il cammino del “controesodo”, come testimonia il fatto che la maggior parte dei lavori di manovalanza agricola è già oggi realizzata da personale straniero.

E’ quindi auspicabile pensare ad una convivenza pacifica.
 

9.  Un possibile business plan


Sembra che la Cassa Depositi e Prestiti stia prendendo il posto che la Protezione Civile ricopriva (e forse ricopre ancora) qualche anno fa, cioè quello di ente soprannaturale, al quale affidare ogni tentativo di “strategia di sviluppo e ripresa” nazionale. Come andò a finire per la Protezione civile è ormai chiaro a tutti: abusi, truffe e grandi regali agli amici di amici. Quante sono le possibilità che la Cdp viaggi su binari diversi ?

Dal Manifesto del 31 maggio 2013, articolo di Marco Bersani:
Secondo l’Agenzia del Demanio, che utilizza i dati del Censimento per l’ Agricoltura 2010, l’estensione dei terreni agricoli demaniali in Italia ammonta ad oltre 338.000 ettari, per un valore che oscilla fra i 5 e i 6 miliardi di euro.
Un patrimonio importante che, grazie alla sua equa distribuzione geografica, consentirebbe la messa a punto di un progetto nazionale per una diversa agricoltura, per una conseguente salvaguardia e manutenzione idrogeologica del territorio e per il rilancio di nuova occupazione, in particolare giovanile, durevole e di qualità.
Riflessioni che non sfiorano l’attuale Ministra dell’Agricoltura De Girolamo, che ha recentemente incontrato i vertici dell’Associazione bancaria italiana (Abi) e il presidente della Cassa Depositi e Prestiti, Franco Bassanini, per mettere a punto un programma di “valorizzazione” e (s)vendita dell’immenso patrimonio agricolo demaniale.
Replicando quanto sta già proponendo agli enti locali in merito alla svendita del patrimonio immobiliare, Cassa Depositi e Prestiti avrebbe la funzione di assegnare un prezzo ai terreni demaniali, di acquisirli consentendo allo Stato di fare cassa e di metterli successivamente sul mercato.
Incredibile l’obiettivo dichiarato dalla Ministra De Girolamo : «(..) un’occasione per sbloccare la situazione e mettere nuovi terreni a disposizione soprattutto dei giovani, perché senza terra da lavorare non è possibile pensare ad un vero rilancio del comparto».
Altrettanto incredibile è che per questo ulteriore processo di colossale espropriazione di patrimonio pubblico si utilizzino le risorse del risparmio postale affidato dai cittadini alla Cassa Depositi e Prestiti.
Davvero si pensa che i giovani disoccupati (oltre il 35%) siano provvisti di capitale e non attendano altro, per trasformarsi in futuri agricoltori, che divenire proprietari dei terreni da coltivare?
Davvero si pensa che privare la collettività del bene terra, di inestimabile valore pubblico e sociale, corrisponda a «servizio di interesse economico generale», qualifica cui dovrebbe attenersi ogni investimento di Cassa Depositi e Prestiti (art. 10, D. M. Economia 6/10/1994)?
Possibile che non si pensi ad un piano per un’agricoltura di qualità e per una nuova occupazione giovanile attraverso il mantenimento della proprietà collettiva del demanio agricolo, l’affidamento dei terreni ai giovani con affitti calmierati e l’intervento di Cassa Depositi e Prestiti per il sostegno dell’avvio di attività (start up di impresa) e dei primi investimenti in mezzi, tecnologie, impianti e sementi per consentire alle diverse nuove aziende un funzionamento a regime?
Ancora una volta l’obiettivo è quello di consegnare patrimonio pubblico alle banche e beni comuni alla speculazione finanziaria, con il paradosso di renderlo possibile attraverso l’utilizzo dei risparmi dei cittadini.
La socializzazione di Cassa Depositi e Prestiti e la sua gestione territoriale, democratica e partecipativa diventa un obiettivo sempre più urgente, che da oggi dovrà vedere coinvolte in prima fila tutte le esperienze e reti dell’altra economia, dei gruppi di acquisto solidale, dell’agricoltura autogestita e di qualità, del commercio equo e solidale.
*Attac Italia
Su Agro Notizie compare un’alternativa alla s-vendita del demanio agricolo, così come presentata dalla De Girolamo:
” (…) Posta come unica strada possibile, quella della vendita dei terreni agricoli demaniali avrebbe diverse alternative. Tra queste, la possibilità di affidare, come da più parti proposto, i terreni a quanti, magari giovani sprovvisti di capitale iniziale ma ricchi di capacità, preparazione universitaria specifica e idee spesso all’avanguardia, in grado di restituire ai terreni una funzionalità non solo agricola ma anche sociale e paesaggistica. In tal modo, grazie ad affitti calmierati, allo sviluppo di nuova occupazione e alla nascita di nuove attività imprenditoriali che andrebbero a contribuire al rilancio economico del paese, lo Stato otterrebbe un beneficio economico duraturo ma, soprattutto, non si priverebbe del bene terra, di inestimabile valore pubblico e sociale, strappandolo alle fauci della cementificazione da cui, con la sua vendita, prima o poi potrebbe essere azzannato. “