Così cantava Giorgio
Gaber. Al singolare. Senza punto di domanda. E senza articoli, preposizioni o
congiunzioni.
Qua mi sa che qualcuno
ha fatto confusione.
Devono avere frainteso
e capito “Libertà è partecipazioni” o “di partecipazione” al posto di
“partecipazione” tout court.
E così ci ritroviamo in
un partecipazionismo da delirio.
Di partecipazioni ne
abbiamo ben 30.000. Quasi un mezzo stadio. (Fonte MEF)
E sono distribuite per
tipologia di amministrazione, come di seguito riepilogate. I comuni ne
detengono il 74%. 21.900 partecipazioni. Più che Comuni sembrano delle holding
finanziarie.
Amministrazione
|
Partecipazioni
|
% su tot.
|
Media per ammin.
|
|
Province
|
581
|
2,0%
|
29,1
|
|
Regioni
|
2.679
|
9,1%
|
24,6
|
|
Comuni
|
21.900
|
74,0%
|
7,2
|
|
Unioni di Comuni e Comunità Montane
|
417
|
1,4%
|
4,5
|
|
Consorzi
|
62
|
0,2%
|
2,4
|
|
Enti Locali del Servizio Sanitario
|
156
|
0,5%
|
3,1
|
|
Università
|
1.562
|
5,3%
|
25,2
|
|
Altre Amministrazioni Locali
|
2.226
|
7,5%
|
27,5
|
|
TOTALE AMMINISTRAZIONI LOCALI
|
29.583
|
100,0%
|
8,5
|
Dispersioni e percolazioni
Il dato di 30.000
(29.583 o 30.133 a seconda degli anni di riferimento) conta tutte le partecipazioni, incluse quelle
multiple, cioè quelle da parte di più enti pubblici nella stessa partecipata.
Le società partecipate
sono in realtà “solo” 7.300 circa.
Ma non consolatevi,
questo non vuol dire meno confusione. Anzi.
Immaginate che ogni
ente partecipante voglia dire la sua, o partecipare al Consiglio di Amministrazione,
verosimilmente remunerato o rimborsato. O semplicemente che debba essere
convocato in Consiglio per raccomandata. Tutto ciò fa parte del “costo
poltrona”, riferendosi al famoso luogo comune della politica dedita a spartirsi
poltrone, appunto.
Senza considerare le
difficoltà di governance (mettete d’accordo 50 o 100 soggetti) che
inevitabilmente determineranno sprechi, inefficienze e così via .
Insomma, per me il
coefficiente di confusione è comunque 30.000, oltre il 400% più alto di 7.300 .
A titolo
esemplificativo riporto di seguito l’elenco delle prime 35 “multi partecipate”.
L’elenco continua fino alla fine delle 7.300.
Quelle con un solo
partecipante sono circa 3.900.
Quelle con meno di 5
partecipanti sono 5.900
Quelle
pluri-partecipate, con oltre 5 soci sono, per differenza, 1.400 circa.
Il patrimonio dello stato.
Perché è importante tutto ciò ?
Le partecipazioni (tutte)
valutate a quota di patrimonio netto delle partecipate sulla base dei dati
reperiti, e sempre se non ho commesso errori di calcolo (30.000 righe excel
sono comunque complesse da gestire), dovrebbero valere in bilancio dello Stato circa
120 miliardi di euro. Il dato è calcolato moltiplicando il patrimonio netto
della partecipata per ogni singola percentuale di partecipazione. Dovrebbero
quindi essere escluse, per metodo, eventuali duplicazioni.
Inoltre questo dato è
solo parte dell’aspetto patrimoniale complessivo. Non considera infatti altri
elementi patrimoniali come avviamenti e capacità di produrre utili in futuro
rimasti latenti o inespressi dal Patrimonio Netto tal quale.
Sul totale di attività
dello Stato a valore di bilancio (approssimato in 1.000 miliardi di euro), sarebbe
più del 10%.
Poi si dovrà andare a
vedere come è composto il resto dell’attivo totale per capire se il dato di
circa 1.000 miliardi di euro abbia senso.
Ma per ora basti capire
che queste partecipazioni sono una bella fetta della nostra proprietà.
E dovrebbero essere un
asset, un bene ad utilità futura, il risultato di una decisione di investimento
che essendo tale produrrà utili in futuro.
E’ come se il nostro
solito pensionato si ritrovasse proprietario di un appartamento da 90.000
euro e di 10.000 euro investiti in azioni. Da queste si aspetterebbe
giustamente dei dividendi.
Molto bene, dunque ?
Manco per niente.
Una premessa positiva, seppur con qualche ombra.
Questa volta ho trovato
due informative principali.
- Il primo è un bel documento del Ministero Economia e Finanze che mi ha sorpreso. Vuol dire che quando vogliono le cose le fanno bene. Anche se trovo che sarebbe ulteriormente compattabile con tanto di beneficio sia mnemonico che, in caso qualcuno lo stampasse, ambiental-forestale.
Al
tempo stesso sono rimasto sorpreso dal fatto che tale documento sia frutto di
una sorta di censimento partecipativo fatto per la prima (e ultima ?) volta nel
2011. E prima ? E dopo ?
Inoltre
altra cosa sorprendente è che mi par di capire che non tutti gi enti
sollecitati abbiano risposto. Ma come è possibile? Lo Stato chiama e il Comune o
altro Ente non rispondono ? E che aspettiamo a licenziarli ?
- Il secondo è un bellissimo database, di quelli che oggigiorno si trovano spesso in rete. E che con qualche piccola nozione di base di excel diventano utilizzabili per molti. Insomma nelle considerazioni che seguono non c’è nessuna perizia particolare. Potrebbe farle davvero un sacco di gente. E speriamo che con il tempo lo facciano davvero.
Tracciateci tutti
Comunque tra tutte e
due le cose, ciò che mi ha impressionato è la dimostrazione della possibilità
di “tracciabilità totale” (tanto per capirsi nel database ci sono ragioni
sociali, codici fiscali, dati di patrimonio e utile e tanto altro per ogni
partecipata) la quale è premessa o strumento necessario per interventi di tanti
tipi.
Con un “codice fiscale
persona giuridica” posso sapere quanti “codici fiscali persone fisiche” stanno
in consiglio di amministrazione, quante altre partecipazioni hanno, quante
consulenze compra la società e quante ne mettono loro o loro familiari e
conoscenti in dichiarazione dei redditi e in ultima analisi se questi dati sono
coerenti con le spese della carta di credito o con le proprietà di immobili o
automobili.
Il dato davvero
interessante dunque è quello della possibile ricostruzione di intere reti di
malaffare, a partire dal dato puntuale di una singola società o persona.
Questo concetto mi fu
mostrato per la prima volta anni fa da un personaggio oggi piuttosto noto
politicamente. Una specie di guru del web. Non è dunque una mia idea. Ma di
certo è buona davvero.
Tracciateci tutti,
dunque. Tanto la privacy serve a chi ha qualcosa da nascondere.
La mina vagante
Tutto ciò premesso,
rispetto ai documenti di cui sopra, vorrei comunque fare qualche ulteriore
considerazione, che forse è giusto venga delegata a soggetti terzi e non alle
istituzioni “concerned”.
Forse la “mina vagante”
ha un ruolo che l’”accusando” non potrebbe ricoprire, visto che starebbe
giudicando se stesso e che tale posizione sarebbe per definizione in “conflitto
di interesse”.
La distribuzione delle partecipazioni per codice ATECO
Rispetto ai documenti
del MEF, preferisco mantenere un livello minore di aggregazione in termini di
tipo di attività delle partecipate.
Preferisco mantenere un
livello basato sul “codice Ateco” che determina 87 tipologie di attività
rispetto alle 20 circa in cui vengono riaggregate dal MEF.
Questo per un motivo
molto semplice e cioè che i codici ATECO sono in molti casi “self-explicative”.
Riordinando quindi il
database, ho prodotto la tabella seguente che riaggrega le 30.000
partecipazioni in ordine decrescente di importo totale per codice Ateco e , da
sinistra verso destra, di Regione.
Giusto per curiosità
alcune considerazioni. Questa volta m affido al mio istinto e azzardo anche
delle ipotesi.
Ho segnato in rosso i
codici Ateco oscuri per loro intrinseca natura.
Nell’ultimo scritto
suggerivo verifiche a tappeto sulle attività di consulenza in quanto categoria
spesso prediletta per “auto-escrezioni di cassa” .
Manco a farlo apposta
ritrovo 2.485 partecipazioni in società di consulenze. Quante di queste hanno
fatto consulenze allo Stato stesso ? E per che importi ?
La prima voce-Ateco,
con 2.804 punti però è “Raccolta, trattamento e fornitura d’acqua”. Il bello,
come già detto, è che chiunque volesse andare a giocare con il database excel
troverebbe ragione sociale e codice fiscale di tutte le 2.804 partecipazioni.
Se esistesse davvero il
portale “Wanted” per lo sceriffo (www.itaglie.it),
immaginate la caccia al ladro che si potrebbe scatenare.
Tra le ulteriori voci
in rosso segnalo, tanto per fare qualche esempio:
- Trattamento e smaltimento rifiuti (2.329)
- Attività di supporto e funzioni di ufficio e altri servizi alle imprese (1.443)
- Attività di studi di architettura, ingegneria, collaudi etc. (849)
- Software e consulenza informatica (574)
Partecipazioni non consulenze
Si deve ricordare che
questi dati si riferiscono allo Stato Patrimoniale.
Non sono quindi dati di
spesa come le consulenze, semmai sono indicatori di aree di spreco, o peggio contropartite
da corruzione, non contabilizzati a conto economico.
La domanda legittima
infatti è : “perché mai lo Stato avrebbe investito in migliaia di società di
consulenza ? Ricordiamoci del paradigma “dove non c’è logica c’è malvivenza”.
Per i dati di spesa si
deve andare all’ulteriore analisi di conto economico, ma certamente queste
grandezze di “investimento” sono molto probabilmente in buona parte simili a
quelle degli “investimenti” in programmi della Rai.
Nascosti tra gli
investimenti ci sono o si celano uscite di cassa storicamente accumulate che
molto probabilmente non servono a nulla.
Si deve sempre
ricordare, infatti, che un dato per essere iscritto a patrimonio deve produrre
utili futuri.
Nello specifico si
vedrà come ciò non succeda. Il che è segnalato anche dal MEF, che produce
significative tabelle ordinate per risultato economico delle partecipate.
Partecipazioni: non personale
Altra considerazione
fondamentale da tenere presente è che i dipendenti pubblici sono 3,2 milioni.
Possibile che servisse
anche partecipare a questo mare di società ?
E per ricavarne cosa
che non potesse essere prodotto dall’esercito dei dipendenti statali ?
Sorpresa. I buoni
sono i terroni.
Delle 30.000 partecipazioni ordinate per regione (tabella
precedente), 24.000 sono nelle prime 7 regioni e, udite udite, non ce ne è
nemmeno una meridionale.
Questa si che è una sorpresa.
Vuoi vedere che i ladri sono savoiardi e lombardi (ai primi
due posti della classifica) e non cafardi (termine meridionale tra cafone e
truzzo) ?
Si certo, si ruba dove ci sono i soldi e dopo i recenti “exploit” di Expo e Mose direi che i
conti tornano, ma una rinfrescata di memoria fa sempre bene.
Dimensione di
Patrimonio netto – La predilezione per le nano-società.
Noi ce l’abbiamo piccola.
Questo è un altro indice di strumentalità, per usare un
eufemismo.
Delle 30.000 partecipazioni 12.400 sono in società con un
patrimonio netto inferiore a 500.000 euro. Se si “taglia” il database a quelle
minori di 1.000.000 di euro il dato diventa di quasi 15.000. Di seguito si
prende a riferimento il primo taglio. A 500.000 euro.
Questo è un dato indicativo. 500.000 euro è un riferimento
patrimoniale che potrebbe essere rappresentativo di un bar, di una edicola
urbana o di una qualsiasi altra piccola attività.
Cosa faranno mai di così importante queste nano-società ?
Manco a farlo apposta, riordinando la tabella per ordini di
grandezza, indovinate che categoria vince il campionato ? Le consulenze !
E devo dire, purtroppo, seguite a ruota da “Ricerca e
sviluppo”.
Ma non abbiamo già delle strutture interne allo Stato,
spesso eccellenti nel mondo, preposte alla ricerca e sviluppo? E poi per la ricerca e sviluppo non servono
investimenti in conto capitale ? Cosa inventeranno mai queste società con
patrimonio per l’equivalente di un bancone da bar, qualche frigorifero e una
macchina da caffè ?
Per il resto, lascio il “divertimento” di scorrere la
tabella a chi vorrà farlo. Se non facesse incazzare, verrebbe da piangere.
La rilevanza
economica – Partecipazioni in perdita
Questo è il secondo vero nocciolo, dopo quello delle reale
utilità degli investimenti e dei costi in tutte queste partecipazioni. Come già
detto le partecipazioni per essere appostate nel patrimonio dello Stato devono
produrre utili, futuri e presenti. Altrimenti sono investimenti a perdere.
In primo luogo i dati MEF.
Preciso che i dati MEF non riguardano il 100% delle
partecipate e sono quindi riferiti a circa 6.000 società.
Risulta evidente che soltanto 2.800 delle società producono
utili.
Le altre sono in perdita o se va bene in pareggio.
Al riguardo osservo che le società in pareggio sono 1.249.
Per chiunque abbia un minimo di esperienza è noto che il pareggio di bilancio
al “singolo euro” sia statisticamente impossibile. O si perde o si guadagna. Lo
zero è normalmente un brutto segno. E’ tipico di società dove il bilancio si fa
“con il bilancino” (si dice così). E sempre normalmente, dove si usa il
bilancino è per nascondere qualcosa.
Per scendere un po’ più in dettaglio si è di nuovo scelto di
usare la classificazione per codice Ateco in modo da farsi un quadro di
redditività in base a questo tipo di catalogazione. La tabella è divisa in due
parti che dovrebbero essere messe in fila orizzontalmente. Nella seconda parte
ci sono i totali.
Nei dati seguenti sono incluse tutte le partecipazioni
esistenti, pertanto anche quelle nelle grandi società statali che evidentemente
“inquinano” i risultati delle piccole. Sono state tenute insieme per arrivare a
fare un ragionamento sulla redditività complessiva dell’asset partecipazioni.
Ma è una metodologia approssimata.
Si è cercato di evidenziare non solo quali settori di
partecipazione fossero in perdita, ma anche di quanto lo fossero. Sempre salvo
errori.
In termini aggregati, le società in perdita perdono 2,7
miliardi di euro anno di quota dello Stato. Il dato tiene già in conto la
percentuale di partecipazioni. E rappresentano 12,7 miliardi di quota
Patrimonio Netto rispetto ai circa 120 miliardi totali.
Patrimonialmente sono una piccola parte del totale ma
numericamente no (2.000 circa su 7.300, a cui aggiungere le 1.249 in pareggio)
Balzeranno agli occhi evidenziate in rosso delle voci con
delle percentuali di “non-redditività” inquietanti.
Nuovamente manco a farlo apposta si prendano ad esempio le
partecipate di consulenza.
Non solo perdono, ma la quota di perdita rispetto a quella
del patrimonio è pari -308.976.865 milioni di euro su 633.917 di patrimonio. Il
-48740,90%. Forse c’è qualche errore, perché
mi sembra davvero incredibile.
Ma non sono le uniche.
Ecco, secondo me un criterio intuitivo per individuare le
aree oscure è proprio questo degli ordini di grandezza.
Qui non c’è nessuna “malagestio”. E’ impossibile ottenere
performance di questo tipo se non per logiche “extracontabili”.
Non è sufficiente concentrarsi sulle partecipazioni in
perdita o in pareggio. Anche su quelle in utile si possono fare alcune
considerazioni. In primo luogo si può cercare di capire quanto sono in utile e
in questo modo ci si può fare una prima idea della loro effettiva utilità.
Facciamo un ragionamento al contrario. Se io ho 120 miliardi
di euro (che è il teorico valore del “patrimonio netto partecipate” di proprietà dello Stato) vado a
cercare investimenti che mi diano un rendimento.
Se volessi investire in attività rischiose, quali sono per
definizione quelle di tutte le aziende operative, mi aspetterei almeno
il 5-10% di ritorno all’anno.
Su 120 miliardi farebbe fino a 12 miliardi all’anno, quindi.
Le nostre partecipazioni, invece, ce ne rendono nell’insieme
2.
Composti da quasi 5 miliardi di quelle in utile e – 3 miliardi
di quelle in perdita.
Se considero che le società non in perdita hanno una quota
di Patrimonio-Stato pari a circa 105 miliardi, uno per l’altro mi stanno
rendendo in media la metà di quanto sarebbe ottimamente legittimo aspettarsi
(5/105 miliardi = 5% vs 10% per attività a rischio).
Il che non sarebbe neanche male, salvo andare a vedere nel
dettaglio come è composto il mix. E naturalmente trovare qualche altra
sorpresa.
Le partecipazioni che generano un rendimento (teorico perché
in realtà non è detto che gli utili vengano distribuiti) superiore al 3% sono 9.700/30.132
corrispondenti a 2.120 codici fiscali e quindi entità giuridiche. Sono circa il
30 % (2.120/7.300 circa).
Se guardiamo la distribuzione per ordine di grandezza delle
2.119 partecipate in utile (quelle che generano 4,587 miliardi di quota utile
per lo Stato) scopriamo che quelle con quota utile inferiore a 10.000 euro sono
ben 885, per un totale utile di 2,2 milioni di euro.
La media a partecipata è 2.485 euro.
Un classico esempio di importo “fatto con il bilancino” per
l’Agenzia delle Entrate.
E’ davvero ragionevole immaginare che dietro questo dato ci
siano costi impliciti di importi ben superiori.
Se poi si taglia il database a 100.000 euro, le partecipate
diventano 1.536, con un utile totale per 26,9 milioni di euro. 30.000 euro circa in media per ogni
partecipata. Ecco, direi che non sono certamente colossi.
Vabbè, però 26 milioni sono sempre bei soldi.
Ma il ragionamento sui costi impliciti vale sempre.
Inoltre mi pare più che legittimo legittimo il dubbio che
almeno parte di questi 26 milioni di utili siano nati da prestazioni fatturate
allo Stato stesso.
Ciò vorrebbe dire che io Stato pago ad esempio 100 euro ad
una società di cui magari ho il 10%, e così facendo i restanti 90 euro finiscono
a qualche socio terzo magari appaltante malandrino.
Il coefficiente di
confusione e il giramento di coglione.
Alla fine dei conti delle 7.300 società ne restano
2.119-1.536 o 885 (a seconda di dove taglio il database di quelle in utile) in utile significativo.
Arrotondando, vuol dire tra 500 e 1.000.
Che su 7.300 fa circa il 10%.
Questa delle partecipazioni non solo è una’area grigia o
oscura, ma mi pare un bel punto di partenza per avviare processi di
tracciamento delle reti di malaffare di cui in precedenza.
Volevo concludere con qualcosa di particolare.
Una chiosa ad effetto, che a me piacciono tanto.
Invece mi girano soltanto i coglioni, per i soldi rubati.
Il tempo perso dal sistema (oltre che da me) e le
conseguenti sofferenze.
Eh, si. Per fare danno tutto fa effetto. Pensieri, parole,
opere e omissioni. Come noto.
E quindi la chiosa è semplice : sceriffo, acchiappali tutti.
Conviene anche a loro.
Se qua non vi muovete qualcuno si incazzerà veramente e ci
ritroveremo nei seventies per incanto.
E invece che nell’era dell’acquario o dell’intelletto che
dir si voglia, finiremo dritti dritti nell’era delle 44.