2021 07 03 - Discorso sulla dignità dell'uomo
Ehh, paroloni
Ohh, che cognomi
Il discorso, manco me lo ricordavo, ma
per fortuna c’è uiichipedia.
Il Discorso sulla dignità dell'uomo è
una orazione scritta nel 1486 da Giovanni Pico della Mirandola, celebre
umanista italiano.
Tale discorso asserisce la potenza
dell'intelletto che mette l'essere umano al centro dell'Universo, definendo con
ciò, si un Dio plasmatore, ma già non subito d’umanità creatore.
E’ ritenuto il "Manifesto"
del Rinascimento italiano.
Sembra roba comunista, quindi
In effetti parte bene.
Non so se è l’incipit, ma è molto
Pico.
«[...] Già il Sommo Padre, Dio
Creatore, aveva foggiato, [...] questa dimora del mondo quale ci appare, [...].
Ma, ultimata l'opera, l'Artefice desiderava che ci fosse qualcuno capace di
afferrare la ragione di un'opera così grande, di amarne la bellezza, di
ammirarne la vastità. [...] Ma degli archetipi non ne restava alcuno su cui
foggiare la nuova creatura, né dei tesori [...] né dei posti di tutto il mondo
[...]. Tutti erano ormai pieni, tutti erano stati distribuiti nei sommi, nei
medi, negli infimi gradi. [...]»
Insomma, finito e creato tutto quanto,
Dio cercava compagnia, e pure qualche complimento.
Così Pico se la canta e se la conta e
si immagina la nascita dell'uomo e il suo rapporto con il mondo dell'Essere.
Formulando un suo mito personale,
ovvero una narrazione investita di
sacralità relativa alle origini del mondo o alle modalità con cui il mondo
stesso e le creature viventi hanno raggiunto la forma presente, Pico immagina
Dio intento a creare il Cosmo con le piante, gli animali e ogni genere di
creatura vivente che conosciamo, traendo spunto dalle Sacre Scritture.
Successivamente il Creatore, dato che
la Catena dell'Essere (o dell'Esistenza) era stata colmata dagli angeli che,
salendo di grado in grado per le loro qualità si congiungevano a lui, non
sapendo bene come riempire quel buco, diede origine alla razza umana.
Prese della terrà e ci sputò sopra.
E Adamo così risvegliato disse subito:
“ah però, cominciamo bene”.
Ma Dio, come spesso accade agli dei, ancora
imbriaco di ambrosia, gli disse che quello scaracchio di vino si chiamava
intelletto.
E l’uomo, avvalendosi di queste sue
capacità intellettive, sarebbe stata artefice del proprio destino o salendo la
Catena mediante lo studio e la filosofia, o pensando alle cose inutili,
divenendo così un vegetale ignorante.
Adamo non ci capì quasi niente, dato
che aveva appena iniziato ad essere vegetale ignorante.
Nè venne in mente a Dio, che subito fu
tutto preso dal racconto alla sua nuova creatura di compagnia.
Ma in sostanza su ciò si basa il
concetto di "dignità umana" ovvero la qualità suprema che solo l'uomo
ha ricevuto da Dio. Per Pico.
Egli può coltivarla e farla crescere
avvalendosi solo della conoscenza della filosofia, di tutte le filosofie,
trascendendo quella geolocale e ascendendo in trascendenza.
Praticamente la mia synfisica, la mia
civiltà d’intelletto diffuso d’amore pervaso.
Guarda un po’.
Ecco qua quanta dignità.
Condizione di nobiltà morale in cui
l’uomo è posto dal suo grado, dalle sue intrinseche qualità, dalla sua stessa
natura di uomo. E insieme il rispetto che per tale condizione gli è dovuto e
ch’egli deve a sé stesso.
Io che ho fondato il mio personale libero
stato della molignana avrò fatto qualcosa di dignitoso.
Chissà se l’aperifè l’è plèn de
dignitè.
Mi sa che minga no.
Poca trascendenza, manc’ancora
adolescenza.
Tutti ancora melanzane.
Ma c’è il rifugio da petonciane.
Kalimmuddignio lux videt
"chi si guarda nel cuore sa bene quello che vuole e prende quello che c'è".
Dignitosissima, la pianta del tè
https://www.youtube.com/watch?v=Wgmy2YEhGQw
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