Devo premettere che non capisco per quale motivo io mi senta
sempre il solo a parlare dei denari off-shore come panacea di tutti i mali.
Alcuni dati esistono e sono di pubblico dominio. Sono i dati
relativi alla bilancia dei pagamenti per la parte non corrente (quella non
relativa a importazioni ed esportazioni).
Il Fondo Monetario Internazionale li raggruppa in una sezione
detta “Coordinated Portfolio Investment Survey (CPIS)” http://cpis.imf.org/
Già questi dati dovrebbero bastare a scatenare un’orda di
segugi.
Quello dei soldi offshore è un osso talmente grosso e
succulento che stento a capire come mai non sia un tormentone quotidiano.
E invece niente.
Non voglio pensare che ogni singolo soggetto parte del nostro
sistema abbia la sua società off-shore, ma inizio a credere che mi posso anche
sbagliare.
In ogni caso è giunto il momento di puntualizzare quanto
sappiamo.
Perché confido che in questo modo l’attenzione di tutti vada
in quella direzione.
Risulta chiaramente che l’Italia detiene assets (tra azioni
e debito) di emittenti esteri per più di 1.140 miliardi di Usd. Questo vuol
dire :
- Quasi due terzi del suo PIL
- Quasi metà del suo debito.
Ma questi sono solo i dati ufficiali raccolti dal FMI per
una parte dei soggetti paese censiti.
Su un totale di 245
paesi censiti, per 108 non sono
disponibili dati.
E per un altro discreto numero i valori sono classificati
come ai seguenti primi 3 posti. (I punti 4 e 5 sono per memoria)
- "0" Indicates a value less than US$ 500,000
- "c" Indicates data are confidential
- (-) Indicates that a figure is zero
- (...) Indicates data are unavailable
- (*) SEFER + SSIO - securities held as reserve assets and international organizations' holdings
Insomma, già solo per questa classificazione dovrebbe
apparire chiaramente che 1.140 miliardi sono un dato rappresentato largamente per
difetto.
Sul quale vanno però tenute in conto anche le considerazioni
che seguiranno.
In ogni caso di questi 1.140
miliardi, 741 sono detenuti in paesi da me definiti “non haven”, vale a
dire non generalmente riconosciuti come paradisi fiscali.
E 400 miliardi in
“paesi haven” sempre secondo la mia classificazione.
I paesi haven sono quelli comunemente identificati come
“paradisi brutti”.
Ma la differenza lascia il tempo che trova.
Io posso “uscire” dall’Italia in maniera “elegante”
attraverso uno Stato UE (Austria o Olanda o Lussemburgo tanto per fare alcuni
esempi), e da li farmi proiettare in qualche altro punto della galassia
“extranazionale”.
In ogni caso, di seguito si trova il dettaglio di tutti i
paesi censiti, vale a dire l’importo investito per ogni paese (le righe della
tabella).
I valori in verde sono
quelli italiani
Ho volutamente lasciato due colonne in rosso, con:
1. i
totali per tutto il database di 82 paesi investitori (le colonne). Il problema
non è solo italiano, come si vede.
2. il
totale delle colonne visibili (fino all’Austria) che sono i primi 21 paesi per
importi investiti all’estero totali maggiori di 350 miliardi (il totale della
colonna Austria)
Le due tabelle soprastanti sono parte dello stesso database,
ordinato per importo investito nel paese
da parte dell’Italia (le righe sono ordinate per valori in verde).
Si può notare quanto segue.
Riferendosi ai primi importi della prima tabella, innanzitutto
abbiamo “investimenti” un po’ dappertutto.
- Grandi paesi industriali, ad esempio Francia, Germania, Usa.
- Grandi paesi veicolo, ad esempio Lussemburgo, Irlanda, Olanda, Austria, Gran Bretagna
- Grandi salvadanai www (Jersey e Cayman tra i primi posti)
- Piccoli salvadanai www (Si noti che 0,001 vuol dire un milione di Usd)
Siamo davvero onnipresenti.
Ma smorzando la reazione di orgoglio neocolonialista che
alberga in noi, dobbiamo ricordare che
ogni “investimento” vuol dire soldi usciti e mai più destinati a rientrare.
Si badi che non si salvano nemmeno i “pseudo investimenti”
nei grandi paesi industrializzati o veicolo.
In USA ci sono interi stati dedicati a fare sparire danari :
Delaware o Idaho per esempio.
L’Olanda ha dei “Comuni” dedicati allo scopo.
In Svizzera ci sono cantoni preposti, di modo che posso
garantire trasparenza nel 99% del territorio, e lasciare a quell’1% il ruolo di
giocare sporco.
L’Austria era nota come il paradiso delle Stifftung,
fondazioni.
In Irlanda si va con le holding di mezzo mondo.
Anche noi abbiamo San Marino.
Insomma, l’off-shore è un cancro che ci rode tutti dall’interno.
E i soldi, una volta usciti, si comportano proprio come le
metastasi : si incanalano dappertutto per rispuntare dovunque capiti.
Il tema è sempre quello di cui parlo spesso: gli ordini di
grandezza.
Con riferimento ai paesi “haven”, ma anche a quelli
“normali” risulta chiaro dalle tabelle il fatto che si trovano spesso importi
“sistematicamente” piccoli.
Nell’ordine di grandezza di qualche milione di dollari a
paese.
Le fattispecie tipiche riconducibili a piccoli “investimenti”
in questi paesi sono in tutta probabilità quelle di “società tramite”
attraverso le quali fare transitare ripetutamente importi da occultare altrove.
Possono essere ad esempio sub-holding, che vengono iniettate
di aumenti di capitale o finanziamenti soci (la seconda fattispecie è tipica
perché non richiede passaggi assembleari e permette di trasferire fondi con un
semplice bonifico) che poi vengono “spesi” ad esempio in beni o servizi di
società terze in altre località.
Non è infrequente che in questi casi, la società costituita
nel primo step off-shore (quello dei 400 miliardi), venga dotata di capitale iniziale minimo
indispensabile, e poi inizi a girare multipli di quell’importo iniziale anche
più volte all’anno.
Per riassumere : costituisco una società con 10.000 Usd di
capitale sociale, e la stessa riceve 10 milioni di Usd attraverso finanziamenti
soci o ancora vendita di servizi (ad esempio) consulenze reiterate.
Ricevuti i 10 milioni sul conto bancario, li trasferisce
verso dei conti altrove. Senza preoccuparsi nemmeno di come fare a renderli
giustificabili.
L’importante è il bonifico: prendi i soldi e scappa. E poi
prova a prendermi.
Non c’è
alcun know-how.
Quello che deve risultare chiaro è la differenza di ordini
di grandezza.
Io posso investire 10.000 Usd in Lussemburgo, ad esempio,
per comprarmi un veicolo che farà transitare qualsiasi cifra verso altri lidi.
10.000 – 10.000.000
Al riguardo posso dire che parlo per esperienza.
Anni fa un “amico” mi chiamò a Lugano a lavorare per la sua
società “di famiglia”.
Mi disse che “facevano pianificazione fiscale”.
Appena presi in mano i conti della prima società da loro
gestita mi ritrovai di fronte ad un tipico esempio di veicolo, come nei casi
sopracitati.
Una micro-società (non ricordo più di che nazionalità
estera) con sussidiaria o rapporti in una improbabile località meridionale, che
fattura alcuni milioni di euro a un ministero per consulenze informatiche.
Senza adeguato supporto contrattuale, senza spiegazioni in
fattura.
Solo un misero supporto (pezzo) cartaceo a giustificazione
di un bonifico milionario.
La seconda società che vidi era analoga.
Andai a chiedere spiegazioni.
Gli dissi chiaramente che i due casi erano evidentemente
questioni di riciclaggio con tanto di connivenza politica. Gli chiesi cosa diavolo
stesse facendo, in quel suo “lavoro”.
Era presente la segretaria. Scoppiò in lacrime. Ricordo bene
che quasi urlava: “non è colpa nostra; è la CIA, sono gli americani che ci
costringono”.
Chissà.
Lui ridacchiando mi disse di stare tranquillo e di fare pure
tutto quello che mi sentivo o volevo fare.
La sua idea, capii poco tempo dopo, era di “cooptarmi” nel
meccanismo.
Una volta capito il funzionamento e una volta ricevute
“abbastanza spiegazioni” non avrei potuto più tirarmi indietro proprio per la
natura criminale dell’attività e dei soggetti coinvolti.
Sia a Lugano che in Italia.
Un giorno, mentre giravamo per gli uffici, ci trovammo nei
sotterranei.
Non credo per caso, mi fece mettere il naso in un ufficio
dove c’erano solo tanti computer.
Mi accennò qualcosa, non ricordo esattamente, ma il concetto
era “questa è la nostra fabbrica”.
Io quindi associai quei computer a quelli che generavano
flussi di fatture false o altri documenti giustificativi di bonifici verso l’estero.
Evidentemente doveva esistere qualche protocollo
crittografico per richiedere tanti computer, o almeno qualche software di
generazione intelligente delle fatture false e relativo invio per mail.
Inquadrata la situazione (ancora oggi credo di essere andato
li solo per questo, per capire il funzionamento), dopo circa due settimane
decisi che era ora di andarmene.
Glielo comunicai.
L’amico mi disse: “certo, ma prima devi parlare con mia
cugina, la titolare.”
Dopo un pranzo surreale fatto di discorsi velati sempre
attorno al concetto di come girano o cosa sono i soldi, lei mi disse :
“capisco, la questione morale. Certo”.
“Naturalmente lei è libero di andarsene quando vuole”.
E dopo una piccola, significativa, pausa aggiunse : “Tanto
noi restiamo amici, vero ?”
Colsi al volo la conferma semantica relativa alla situazione
in cui mi trovavo e risposi con solo un piccolo brivido : “naturalmente !”
Non finì mica li.
A quel punto l’amico cercò in tutti i modi di pagarmi i
pochi giorni lavorati.
Gli serviva formalizzare un legame monetario, proprio per
rendere effettivo il rapporto di presunto lavoro.
Aveva bisogno di rendermi ufficialmente complice.
Iniziò un duello a colpi di “devi prendere qualcosa come 1.000
franchi” e “No non li voglio”, dicevo io.
Io avevo bisogno di chiudere il rapporto di lavoro in
fretta: ero regolarmente assunto e ufficialmente lavorante in Svizzera, presso
una organizzazione a dir poco dubbia.
Alla fine, dopo alcuni giorni di sua insistenza e minacce velate,
ma nemmeno troppo, decisi che dovevo chiudere.
Mi feci fare un regolare bonifico dalla Svizzera. Lui ne fu
molto contento, credo. Pensava di avere vinto. Non poteva ancora immaginare il
seguito.
Andai in banca e trasferii per bonifico l’esatto importo ad
una associazione benefica che faceva anche microcredito e adozioni a distanza in
Brasile, che conoscevo bene e quindi che sapevo essere pulita.
Feci intestare l’importo in conto donazione al di lui figlio
piccolo, con una causale del tipo “importo indebitamente ricevuto da Claudio
Aroldi e inoltrato a nome di xxxx in conto adozioni a distanza”.
Preparai un dossier a supporto che inviai per mail e per
posta sia a Lui che all’associazione.
Qualche giorno dopo mi chiese di incontrarlo e iniziò a
lamentarsi che se non volevo i soldi voleva dire che non mi fidavo di loro.
Blaterò per un po’ fino a che lo guardai e gli dissi :
“Non fare così.
“Sono iniziative benefiche, una cosa bella e sana per tuo
figlio piccolo”.
Piccola pausa e poi …..“tanto noi restiamo amici, vero?”
Mai avrei creduto di adattarmi alla dialettica mafiosa tanto
pertinentemente. Credo di doverlo a “C’era una volta in America” o “Il Padrino”.
In ogni caso pochi anni dopo, senza alcuna mia iniziativa in
tal senso, l’amico fu arrestato. Ovviamente con l’accusa di riciclaggio.
E questo è tutto, o almeno parte di tutto, su perché so come
funzionano alcune cose.
Ritornando al tema di questo scritto, qui di seguito si
riporta il riepilogo dei paesi in cui l’Italia investe che siano comunemente
considerati paradisi fiscali.
Parliamo quindi, di quelli che nelle prime tabelle e
paragrafi, totalizzano 404 miliardi di Usd investiti.
Creato nel bel mezzo di territori europei proceduralizzati e
controllati in ogni ambito fino all’osso, ci passano dentro centinaia di
miliardi di Usd.
Mentre la UE e la BCE e i paesi combattono per qualche
miliardo di Usd in conto deficit, abbiamo in casa un fazzoletto di terra (e
purtroppo non è neanche il solo) in cui solo l’Italia ha comprato 397 miliardi
di Usd di partecipazioni societarie o investimenti analoghi.
Cosa faranno mai queste società ?
Si conti poi, che a livello totale, in Lussemburgo ci sono
“investimenti” per più di 2.600 miliardi, di cui 2.355 investiti dai seguenti
paesi United States, United Kingdom, Japan, Germany, France, Ireland, Netherlands,
Switzerland, China, P.R.: Hong Kong, Canada, Singapore, Belgium, Sweden,
Australia, Spain, Bermuda, Denmark, Austria.
Anticipo quanto al paragrafo seguente : attenzione, se un
paese dichiara di investire in Italia perché compra una fabbrica, ma mette la
holding in Lussemburgo, i dividendi li pagherà li e l’investimento sarà
italiano per modo di dire.
Tornando a questa tabella soprastante è invece importante
tornare alla questione ordini di grandezza. I veicoli societari
sottocapitalizzati testimoniano flussi reali molto più grandi.
E questo è davvero visibile a occhio nudo.
I paesi “non Lussemburgo”, totalizzano 8 miliardi di dollari
investiti dall’Italia. In alcuni casi (Antigua e Barbuda ad esempio, solo per
prenderne uno Commonwealth) ci sarebbero investimenti per solo 1 milione di
dollari dall’Italia e 9 milioni dal mondo intero.
Ma basta dare un’occhiata in internet per capire che non
siamo mica a Pescasseroli www.google.it/search
antigua e barbuda
Quindi, prendendo a riferimento gli 8 miliardi di Usd
visibili e ricordando che questi sono una frazione minima degli importi
transitati, quanti soldi ci saranno dietro ?
Io non so quanti soldi effettivamente esistano off-shore.
Ma so che sono tanti di più di quello che tutti immaginano e
so che risolverebbero buona parte dei problemi del mondo intero.
Voglio comunque fare alcune valutazioni da “controller” e
non da contabile puro.
Valutazione frazionale
Si basa sul concetto delle sottocapitalizzazione delle
società off-shore tramite cui si esportano i capitali.
Se ho investimenti per 1.140 miliardi in società estere,
assumo che le stesse valgano o nascondano almeno 10 volte tanto.
Totale 11.400 miliardi.
Valutazione su base
ricchezza italiana totale
Il totale ricchezza degli italiani era stimato in 8.500
miliardi tra abitazioni e ricchezza
finanziaria.
E’ ragionevole stimarne all’estero almeno altrettanta in
primo luogo perché chi accumula risparmio in Italia difficilmente non ne “protegge”
almeno la metà portandola all’estero.
Valutazione da
evasione e sommerso
Assumendo 250 miliardi di euro tra evasione e sommerso
dall’inizio dei tempi, si avrebbero 2.500 miliardi accumulati all’estero negli
ultimi 10 anni.
Questi, investiti annualmente a partire dal primo dei 10
anni, avrebbero un valore netto pari almeno a 5.000 miliardi (di euro). Il
tutto senza contare accumuli molto più antichi.
Questa è un altro risvolto importante del mondo off-shore.
Non soltanto noi italiani abbiamo 1.140 miliardi all’Estero,
ma è anche vero che l’Estero (nonresident holders) ha 1.460 miliardi di
investimenti in Italia.
Questo è in larga parte lo stesso problema di avere
investimenti all’estero.
Se il mio proprietario è “estero” è naturale che si porti
via i soldi guadagnati in Italia. Almeno.
Banalmente, in primo luogo, i dividendi, che su 1.460
miliardi di dollari possiamo tranquillamente assumere in 150 miliardi di
dollari anno.
Andando più in dettaglio, poi, capiamo subito che i nostri
azionisti non sono davvero esteri. O non del paese che pensiamo noi.
Tanto per esemplificare, dei 1.460 miliardi, 348 sono
Irlandesi, 137 Lussemburghesi, 116 Olandesi, 60 Svizzeri 56 delle Bermude e
così via .
Il resto è nella tabella che segue.
Ma risulta già evidente che dietro geolocalizzazioni prive
di senso industriale è verosimile che ci siano multinazionali, colossi vari e
interessi peculiari.
Bisogna quindi fare attenzione.
Sento spesso fare annunci sulla necessità di investimenti
stranieri in Italia.
Naturalmente vanno bene, ma si deve fare attenzione a come
si realizzano.
Se un colosso compra in borsa (ad esempio i cinesi di
recente hanno comperato parecchi pacchetti da 2% di società quotate italiane)
una percentuale di una azienda italiana, quello non è un investimento.
Non entrano soldi nel sistema Italia.
Anzi, al tempo stesso se acquistasse da un soggetto
italiano, starebbe ponendo le basi per futuri flussi di dividendi off-shore.
Perché sarebbe molto probabile che l’acquisto avvenga con
una sub-holding olandese o irlandese, ad esempio.
E noi faremmo di fatto la parte della colonia.
Perdendo flussi di dividendi verso l’estero, almeno.
I 150 miliardi di usd su 1.460 di cui prima.
Una soluzione banale a questo problema potrebbe essere forse
la “tassazione ad hoc”.
Pare brutta in termini assoluti, concordo.
Ma certo se penso a riportarmi in casa 100 dei teorici 150
miliardi di dollari, probabilmente la prospettiva cambia.
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