domenica 15 giugno 2014

2014 06 15 – Sceriffi, taglie e tweet-law contro il lato oscuro del sistema.



Nel precedente “Considerazioni sui conti dello Stato si è data una prima occhiata alle spese dello Stato ordinate per classe di spesa. Così ad esempio si sono viste classi come “redditi da lavoro, trasferimenti, consumi intermedi” e così via.
Sfogliando le tabelle si sono così potuti osservare circa 200 titoli di spesa in merito ai quali si era lanciata l’idea di indire “concorsi al risparmio”.
Si è anche accennato alla necessità di una analisi per centro di costo che potesse indicare se ci fossero aree di inefficienza.
Qui di seguito si fanno delle ulteriori considerazioni

Dettaglio delle spese per missione
Più esplicativo del totale per tipo di spesa (di cui sopra e al precedente scritto) è il dettaglio per cosiddetta “Missione”. Questa classificazione risponde ad una logica funzionale che permette di osservare i macrotemi, intesi come ambiti di attività dello Stato, in cui si articolano le uscite.
 
Messa in questi termini però non è ancora possibile capire se esistano aree di spreco, anche se appare certamente probabile.
E’ comunque interessante vedere come le prime 10 voci coprano il 90% del totale. E’ quindi fuori luogo, oltre che inutile, immaginare che interventi sulle singole altre 23 voci possano essere risolutivi. Se non nella già citata logica che facciano parte di interventi più articolati e complessi.
Ma ecco che già entrando a livello di dettaglio delle singole componenti delle missioni qualche considerazione si potrebbe azzardare. Basta guardare alcune descrizioni, come approvvigionamenti, servizi o altre e subito viene in mente che ci si possa trovare dentro qualcosa di “storto”.
Per ora basti sfogliare le circa 200 righe per rendersi conto di due fatti:
  1. quante cose fa lo Stato
  2. quante possibili aree oscure vi si nascondano
Tanto per giocare, si è aggiunta una colonna con l’importo in milioni al giorno per ciascuna di questa “spese di missione”.
E’ evidente che per alcune macrovoci, ad esempio quelle che racchiudono al loro interno intere strutture organizzative, il totale giornaliero non vuol dire nulla, se non addirittura rischi di diventare populisticamente strumentalizzabile.
Ma per singole voci di dettaglio invece magari aiuta a riflettere.






Il coefficiente di semplificazione
I dati seguenti provengono anche da un documento, chiamato “Conto del patrimonio dello stato testo completo. pdf 2012”.
Lo cito perché si tratta di uno di quei documenti improntati alla frammentazione informativa.
Sono 1071 pagine, con varie duplicazioni e dispersioni.
L’ho utilizzato a riferimento perché volevo informazioni anche patrimoniali, e non solo economiche, di cui parlerò in seguito. Una volta scoperto che erano 1071 pagine ho voluto provare a scorrerle tutte per capire cosa contenessero.
Ne ho tratto alcune tabelle di sintesi da cui credo trasparirà il “fattore di semplificazione” che calcolo essere pari a 20/1071 pagine, includendo nelle 20 pagine anche quelle future su altri temi. Praticamente 2/100, il che vuol dire che il reciproco, pari a 98/100, sarebbe il dato rappresentativo del “confusiometro”.
Non posso trattenermi da osservare che è l’approccio che si segue in azienda quando arrivano i revisori o la Finanza: la prima istruzione che si da ai dipendenti è “affogateli di carta”.
Con una differenza sostanziale, però. E cioè che io non sono ne un revisore ne un finanziere nei confronti dello Stato. Semmai sono il proprietario.
Credo dunque che questo approccio tabellare sintetico sia utile, proprio per capire come gestiscono la mia proprietà. Spero che in poche tabelle tutti possano avere un quadro più chiaro.
Scorrendo poi alcune notizie su web in merito alla spending review in corso ho riscontrato spesso un generalista populismo tutto improntato a “con quello che ci costano, tagliate tagliate tagliate” .
Spesso tali considerazioni partono da un assunto del tipo “il ministero xxx ci costa 10 miliardi all’anno”. Ma questo non è il modo di procedere. Nell’esempio, gli xxx miliardi di spese non sono il “costo-ministero” ma la spesa pubblica gestita da quel Ministero, la quale ha una funzione sociale oltre a far girare l’economia e quindi in ultima analisi generare imposte.
Trovare soluzioni definitive non è quindi così semplice.

I ministeri – dati 2012
Le aree di “missione” sul 2012 sono allocate tra i 14 Ministeri. I totali delle tabelle seguenti sono quindi diversi da quelli nelle precedenti, riferite al triennio successivo. Sfortunatamente nel triennio successivo i totali sono ancora più alti.
Tornando però alla ripartizione delle missioni di spesa per ministero traspare soprattutto un dato.
Nella tabella che segue i ministeri sono ordinati da sinistra verso destra in ordine calante di spese totali.
I ministeri dominanti sono i primi 5. I restanti accorpano i residui.
Si consideri inoltre che le entrate  sono al 99% di pertinenza del Ministero di economia e finanze (MEF), per cui appare a mio giudizio evidente che fare politica non può prescindere da fare economia.
Con ciò intendendo confermare che tutta l’informazione, o presunta tale, “politica” non vale nulla senza adeguata ed estensiva “copertura” numerica.
E con una unità di misura su cui devono ragionare che è “i 500 miliardi”. Tutto il resto è conversazione.
Questa analisi per Ministero dovrebbe comunque assomigliare ad un’analisi per centro di costo, anche se 9 di questi centri di costo sono marginali e forse raggruppabili.



Per l’analisi per centro di costo, inoltre, appare più utile e significativa la seguente tabella di dettaglio dove sono indicate tutte le sottovoci di spesa componenti le singole voci missione.
E’ molto simile a quelle delle pagine precedenti con una differenza secondo me importante. Le tabelle precedenti erano ordinate per missione e per anno di spesa, senza dettaglio per ministero.
Quella che segue è ordinata per ministero e le voci di missione risultano quindi più chiaramente allocate a determinati responsabili.
Come già detto in precedenza, entrando a livello di dettaglio delle singole componenti delle missioni qualche considerazione si potrebbe azzardare. Basta guardare alcune descrizioni, come approvvigionamenti, servizi e altro. E ricordiamoci sempre di controllare le “consulenze”: sono uno dei “must”.
Con il livello di dettaglio seguente si può già immaginare di potere andare a chiedere conto a chi di dovere. E’ verosimile che ogni riga di spesa sia responsabilità di qualcuno. E si tenga inoltre conto che  i dettagli di riga accorpano circa 800 centri di costo "minori" che includono comunque sempre centinaia di milioni di euro di costi.


Questa è un’emergenza nazionale. Non c’è più tempo.
Contestualizziamo.
Il debito pubblico ad aprile è arrivato a 2.146 miliardi di euro.
Non si cerchi di fare analisi. Non servono.
Basta un dato molto più semplice. Il dato precedente (marzo, mi pare) era 2.120.
Non ci vuole un genio a capire che 25 miliardi in più al mese sono 300 all’anno.
Qua galoppiamo senza freni nella prateria, dritti verso la Frontiera del default.

Far West. Abbiamo lo sceriffo. Mettiamo le taglie.
Mai metafora fu più azzeccata? Hanno appena nominato lo sceriffo anticorruzione. Ma la domanda che mi pongo è cosa possa mai fare, e velocemente, in questo gigantesco dedalo di rivoli e rivoletti ?
Ho trovato alcuni dati sulle proprietà dello Stato derivanti da confisca. Sono solo alcune centinaia, poche migliaia forse, per altro frutto di anni di lavoro. Ne parlerò in seguito, ma per ora basti chiedersi come possa lo sceriffo ottenere risultati in fretta.
Perché secondo me in tema di corruzione e corredo di sprechi e appalti siamo davvero nel Far West.
E di seguito cercherò di circostanziare meglio l’affermazione. Sembra che basti pensare ai recenti scandali.
Ma il problema è molto più capillare.

Solo alcuni esempi micro
Qualche tempo fa una persona che reputo intelligente continuava a chiedermi come mai davanti casa sua avessero cominciato un pezzo di strada in tutta evidenza inutile, tagliato alberi secolari e infine lasciata la strada incompiuta. E quand’anche l’avessero terminata sarebbe stata comunque del tutto inutile.
Lo si può definire “il paradigma della Salerno-Reggio Calabria”, replicabile su ogni ordine di scala.
Penso che tutti notino come ogni tanto vengano asfaltate delle strade in buono stato mentre altre molto più malconce sono lasciate distrutte o quasi.
Ho notato personalmente alcune aiuole molto ben dotate (irrigazione, recintini, pianticelle e altro) spuntate a caso, come funghi, in alcune zone della città. Senza alcuna logica perché di fianco ce ne sono altre lasciate in stato di steppa.
Ho visto di recente una fantastica staccionata in legno attorno a una sola delle decine di aiuole dei Giardini Pubblici di Milano di cui una delle belle caratteristiche era appunto quella di non avere “barriere”.
E si potrebbe continuare così, sul livello micro.

E solo alcuni esempi macro
A livello macro si fa un salto di scala, e la rimozione diventa padrona.
Partendo proprio dal file di 1071 pagine, alla fine ci sono delle schede sulle società partecipate statali. Quotate e non. Queste sono spesso partecipanti a o partecipate da società estere in posti che non possono lasciare dubbi.
Le olandesi, le lussemburghesi, le austriache. E così via. Sono tutte location che grazie ai “trattati contro le doppie imposizioni” sono scelte perche meno costose per portare i soldi all’estero “vero”, cioè dove non esistono controlli o vincoli. Ad esempio, se ricordo bene, dall’Olanda si va alle Mauritius e così via. Nessuno apre bocca, nascosti dietro “a qualcosa serviranno”. Dimentichi dell’aggravante che sono aziende pubbliche, che vuol dire dello Stato, che vuol dire dell’Italia. Non delle Mauritius.
Sempre dall’estero si acquistano beni o meglio servizi immateriali come consulenze o brevetti o programmi televisivi che in quanto immateriali non richiedono nemmeno lo “sbattimento” di “taroccare” un magazzino. Ricordo i bilanci Rai: vengono comprati per centinaia di milioni di euro all’anno programmi a presunta utilità futura che in realtà spesso non venivano nemmeno mai trasmessi, ma che comunque non potevano avere per loro natura nessuna molteplice utilità futura. E’ tutta roba che va in onda una volta sola. Sono spese non investimenti. Li chiamano investimenti per nasconderli in altre pieghe del bilancio. Nell’attivo patrimoniale che nessuno va a guardare, essendo concentrato sul conto economico. E ricordo quasi con commozione alcuni dipendenti che addirittura difendevano il management che li aveva manipolati convincendoli della necessità di investire. Ma quali investimenti !
Ricordo poi di un tizio che mi raccontò di essere dovuto scappare da una fiduciaria di Lugano perché appena assunto gli diedero da organizzare i bilanci di alcune delle società in gestione. La prima: fattura di consulenza da 5 milioni di euro a un Ministero senza alcuna spiegazione. La seconda: stesso concetto. E così via. Il titolare della fiduciaria fu arrestato per riciclaggio. E chissà cosa altro avesse combinato.
D’altronde ricordo bene che quando analizzai i bilanci Telecom c’erano miliardi di euro all’anno di servizi e consulenze senza una riga di spiegazione. 

Malvivenza e rimozione
Il punto è che sono fermamente convinto che dove non c’è logica c’è la “malvivenza”.
Ma inoltre secondo me la malvivenza si nutre del meccanismo psicologico della “rimozione”.
Tutti noi vediamo, eppure poi nel nostro subconscio diciamo: “ma no, non è possibile! Ci sarà un motivo”.
Invece non cercate un senso. Non c’è.
E’solo un appalto. Pagato 100 invece di 10.
Così talmente trasparente perché oramai pensano tutti di restare impuniti.
E infatti li beccano al telefono, quando norma di base che conosce anche un bambino è non parlare mai.
Nemmeno “in codice”

Dal “Parassitesimo” al “Rimozionesimo”.
Sono queste le religioni del nostro tempo.
Insomma, quello che voglio dire è che siamo tutti in preda ad un virus “rimozionista”.
Ma a me un’idea è venuta. Ho concepito una terapia “antirimozione”.
Nulla di psicologico, per carità!
La rimozione ce la rimuoveremo a botte di euro.
Perché allora, se siamo nel Far West, comportiamoci di conseguenza.
Ho già scritto di concorsi al risparmio, ma qui ho in mente qualcosa di più diretto.

Sceriffi, taglie e tweet-law
Ho in mente che si mettano delle taglie.
Non incitando ad andare a denunciare in magistratura i fatti, come sento fare da parte di alcuni politici. Fino a che si dovesse recuperare qualcosa siamo in tempo a fare scadere le prescrizioni. Eppoi i magistrati mica possono occuparsi delle aiuole e delle staccionate.
Penso invece a costituire una task force, al comando dello sceriffo plenipotenziario, che raccolga le segnalazioni su web. Altro che i referendum a raffica che oramai vanno di moda.
E che operi in maniera nuova nell’ambito della nuova plenipotenziarietà da sceriffo.
Cioè che operi inquadrata in un suo proprio diritto di rito abbreviatissimo.
Una nuova tweet-law.
Che abbia come focus ultimo le confische senza più strumentali garantismi.
E che operi stimolata dal basso. Dal tessuto sociale.

“Tu che ti sei svegliato e hai aperto gli occhi segnalami cosa vedi.
E allena la tua mente a riconoscere le storture.
Non porre limiti alla tua spazialità mentale.
Tutto quello che di peggio puoi immaginare molto spesso sarà vero.
Puoi farlo anonimo per senso civico.
Oppure puoi identificarti, sempre restando anonimo al pubblico, e se lo sceriffo acchiappa i cattivi e recupera il bottino, a te ne da il 25% .”

Con tanto di reporting live in streaming su: www.Itaglie.it

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