2021 11 06 – Ora et elabòra
Per www.parolebuone.org
Parola buona: elaborazione
In realtà elaborazione
collettiva, ma così erano due parole.
Non so se vale lo stesso.
Come sempre mi colpisce la
notizia.
150.000 presenze al salone del
libro.
Geniale quel “sembra che ogni
italiano voglia scrivere il suo libro”
Non so che tipo di figura
retorica sia, ma figura bene e per niente retorica.
In ogni caso mi evoca Leopardi
quando disse, o scrisse non so bene, che oramai c’era così tanta gente che scriveva
che si sarebbe dovuto pagare chi leggesse.
Va bene così.
Consegnare alla neurosfera forme
espressive disparate è un passo verso la civiltà dell’intelletto.
Dal bisogno di leggersi dentro,
a quello di condividere la scoperta di quello che dentro ci abbiamo scoperto.
Un abbozzo di uscita dal bozzolo
del brucomente, grazie alla vittoria delle cellule immaginative su quelle
brucali.
Un principio di sfarfallio delle
coscienze.
Un risveglio.
Quando iniziò la pandemia, prima
ancora nello stato di epidemia, ricordo che scrissi che era l’occasione per cambiare modello di vita.
A patto che durasse abbastanza
da reimprintare gli schemi neuronali della nostra scala dei bisogni.
Forse, anzi quindi, sta
veramente succedendo qualcosa.
Dopo mesi sembrano perdere
vigore sia i proclami sui numeri dei contagiati e vaccinati che le polemiche e la
loro recezione e manipolazione di massa.
Ma cosa succede esattamente ?
La collettiva elaborazione di un
dato di fatto che inconsciamente tutti speravamo sparisse.
Come gli struzzi con la testa
nel buco.
E invece non sono sparito, disse
il leone allo struzzo.
E ci ha obbligato a cercare altrove, prima di tutto dove
avevamo a disposizione in abbondanza.
Dentro di noi.
Dove tanti hanno scoperto un
universo, di cui siamo fatti, che prima era latente.
Ciò ha portato a riscoprire
valori di fondo più profondi, per il semplice fatto di avere avuto il tempo per
andare in profondità.
Non credo che i movimenti degli
attivisti si sarebbero sviluppati con tale forza se la coscienza fosse stata imbottita
di tranquillanti da consumismo, antidoto alla paura di morire divenuta bisogno
di appropriazione, derivata dall’istinto di sopravvivenza.
Invece la presenza costante della
morte, volenti o nolenti non più ricacciabile nell’inconscio, ha obbligato ad
evolvere quella che riteniamo vita.
Anche i movimenti di protesta ,
forse un po’ confusi in effetti, testimoniano un empito vitale che il mondo anestetizzato non aveva.
O aveva dimenticato da decenni.
A me ricorda il 68 e coda, che
pure non ho vissuto.
Questo è quello che credo io,
per lo meno.
Ovvero la mia elaborazione
individuale, parte conscia di quella collettiva
Come ci sono arrivato?
Beh, questo è facile.
Con il processo sopra descritto,
che potremmo sintetizzare come segue.
Ora et elabòra.
E poi imagine .
Col suo radiovisivo (hi hi hi) capolavoro
di video originale.
Kalimmudda ipsum dixit
Il brucomente stenta a farsi strada. Il link a imagine video originale si è bloccato e protetto. E dire che dovrebbe essere patrimonio dell'umanità. Ma tranquilli, basta cercare su youtube un altro link a "imagine" original video 1971.
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