2023 03 31 – Riciclo
Per www.parolebuone.org
su www.shareradio.it Riciclo.
Quando ero piccolo, usavamo andare in pellegrinaggio a Napoli.
A trovare mia nonna paterna.
Ci trovavamo in un contesto di dignitosa modesta pre o post povertà.
Roba alla Eduardo de Filippo.
Lì non si buttava niente.
Come del famoso maiale di cultura contadina.
Del tutto distonico dalla attuale civiltà dei consumi usa e
getta.
Che poi impone il riciclo.
Ma non lo sapevamo ancora.
Non si poteva nemmeno immaginare che da lì a qualche decennio ci
saremmo trovati nella civiltà dell’obsolescenza programmata.
Le cose erano fatte per durare, in mille usi e riusi.
Comunque.
A casa della nonna c’era un comò, una credenza a cassettiera,
che la nonna apriva di rado, gelosa.
Dentro il comò, la nonna conservava con tenacia cartuscelle,
pezzetti, rottamini, fili, spaghi, elastici e altro.
E quando le chiedevamo a cosa servissero, lei rispondeva
sbigottita.
Ma come, non lo sapete che non si può mai sapere?
Millenaria saggezza partenopea.
Era l’era dei rottamai, dei tuttofare, degli aggiustatutto e di
certi negozi di cianfrusaglie riciclate.
Filosoficamente ben diverse dalle attuali cineserie.
Le cose si aggiustavano, non si buttavano.
Poi un giorno ci siamo accorti d’incanto che quella civiltà si era involuta insostenibile.
Potevamo anche pensarci prima, noi sapiens.
Ed e’ diventato di moda l’eterno ritorno del riciclo.
Immagini di cassonetti si insinuano surrettizie nei pensieri dei
nostri subconsci.
Che paura sbagliare colore.
Mi multano pure.
Non sia mai che mi cade la carta nell’indifferenziata.
Ma la coscienza collettiva, la neurosfera, ci pensa lei a
rimestare pensieri in quelli che più che incubi possono diventare sogni.
Curioso come pensiero, e civiltà materiale, viaggino di pari
passo.
Si conservava, ora si ricicla, e vale sia per la civiltà
materiale che per quella pensativa.
Ci deve per forza essere una forza dominante, quella che fa
emergere l’ordine dal caos.
A non riciclare, comunque, ci troveremo ad affogare negli
imballi, più preziosi dei contenuti.
E anche questa sarebbe una bella metafora, tipo strutture e
sovrastrutture.
Eppure esistono materiali da fonti rinnovabili, la plastica dall’amido
di mais o il gasolio dall’olio di girasole, le nanotecnologie, o chissà quali
altre diavolerie.
Allora ecco che ci rendiamo conto che quello che va riciclato e’
il pensiero della civiltà dei consumi.
Affinche’ lo si aggiusti riciclandolo in altro, appunto,.
Altro pensiero.
Come altroconsumo.
Ma e’ difficile perche’ consumare e‘ istinto di appropriazione
derivato da istinto di sopravvivenza e sublimato in istinto “dell’Iphone”.
Ma forse e’solo il sogno che sa innestarsi nel profondo del subconscio.
E riemergere consapevole.
Un rimestio di sogni tra percorsi neuronali.
Che ci faccia dire dismettiamo il “we have a dream”.
E proiettiamoci nel “yes we can”.
E anche questo e’ un riciclo.
Doppio.
Onirico.
Kalimmudda ipsum dixit
Che soddisfazione feat. Mike
Mainieri
Nessun commento:
Posta un commento