2014 08 15 – Sistema Italia. PIL, Capitale Investito e Investimenti.
PIL e crescita. L’ Italia è un sistema chiuso. Se ne esce
solo con investimenti e bilancia dei pagamenti.
Riprendiamo
da quanto gia detto in 2014 08 09 – Sistema Italia.
La trilogia PIL Occupazione Investimenti. 1° = PIL
- La crescita non è un dogma
- I consumi sono una partita di giro
La prima cosa che credo si debba rispiegare è il fatto che i
consumi non creano ricchezza.
Continuo
a sentire discorsi sul tema e mi chiedo quale delle due sia vera: o io non ho
capito niente di economia e continuo a non capire niente, o è vero il
contrario.
Ho quindi
pensato di fare vedere una cosa che nessuno spiega a chi non si occupa di
economia. Il PIL, non è una misura di ricchezza, ma di dimensione. Ci passa la
stessa differenza che passa tra fatturato e utile.
Viene convenzionalmente
calcolato in 3 modalità rappresentative
di flussi economici di sistema che fanno capire proprio come sia un indicatore
di quanto gira una economia. Non di benessere, non di ricchezza, non di
sviluppo. Lo diventa, perché indirettamente si assume che più si”gira”
l’economia, più ci rimane attaccato qualcosa. Ma non è scontato. Le 3 modalità
sono :
- PIL dal lato della produzione
- PIL dal lato del reddito
- PIL dal lato della spese
Come si vede qui sotto, il totale è sempre lo stesso. 1,5
miliardi di euro. Sono sempre gli stessi soldi che girano.
Non a
caso si dice “far girare l’economia”.
Vuol dire
che produco per 1,5, generando redditi per 1,5, che vengono spesi per 1,5. E’
sempre il gioco dell’aeroplano. O delle catene di S.Antonio.
Io credo
che il gioco a crescere funzionava quando si immetteva moneta crescente nel
sistema. Allora questa faceva ingrandire il sistema e indirettamente anche la
produzione, i redditi e infine i consumi.
Ma la
chiave non erano i consumi.
Era la
moneta.
Ma non mi
farei indurre in tentazioni di neosovranità monetaria.
E’
provato che la nostra la abbiamo usata male.
Riprendendo
un esempio già fatto sui consumi, il fatto è che se tagliassi le imposte di 30
miliardi succederebbe che :
- Lo stato ha meno redditi e incassa -30 miliardi
- Lo stato spende - 30 miliardi
- Le famiglie hanno più reddito per + 30 miliardi
- Le famiglie consumano (ammesso che succeda) + 30 miliardi
I punti 1
e 3 fanno parte della tabella “pil secondo il reddito” sulla quale hanno
impatto 0. Tabella bianca.
I punti 2
e 4 fanno parte della tabella “pil secondo la spesa” sulla quale hanno impatto
0. Tabella verde.
Ora: è
noto che a me ogni forma di zero piace un casino, ma quanto sopra mi pare
proprio scavare le trincee per ririempirle.
Riprendendo
la terza modalità, quella dal lato Spese (e quindi consumi), vorrei far
rilevare che la spesa totale (dati Istat completi fino al 2010) è divisa tra:
- Consumi, finali e non, di famiglie e altri. 1.252 miliardi, di cui 935 delle famiglie.
- Investimenti lordi. 269 miliardi.
- Saldo bilancia dei pagamenti. 39 miliardi.
Nessuno
parla mai, invece, della grandezza successiva al PIL, quella che la completa,
che è il PIN. Prodotto Interno Netto, che vuol dire al netto degli
ammortamenti.
E’ la
seconda riga di totale nella tabella a titoli verdi.
Questa,
come vedremo, è la nostra nota dolente.
Ma prima una
considerazione importante, secondo me.
L’Italia
è un sistema monetario chiuso.
Non si
possono stampare soldi ne aumentare il debito, che è stata una delle vie
tradizionali per influire sulla nostra moneta in circolazione .
E meno
male, perché resto sempre convinto che fosse un Ascenseur
pour l'échafaud (wikipedia) .
Quindi il
punto è che non si possono immettere nuovi soldi nel sistema, e quindi non si
può migliorare lo sviluppo (che comunque è cosa diversa dalla crescita) del sistema
con le logiche tradizionali.
E’ una
scelta obbligata, quindi, quella di ricorrere alle armi in nostro possesso tra le
quali, secondo me:
- Investire per mantenere efficiente o migliorare il sistema economico esistente. Anche un mobile o un vestito made in italy potrà essere fatto in un modo sempre migliore, e quindi risulterà più vendibile anche se non necessariamente più economico.
- Investire per innovare, anche al fine di migliorare la vita a parità di spesa, o inferiore. Una cinquecento elettrica o ibrida a 5.000 euro (forse sono eccessivo) farebbe al caso, ad esempio.
- Investire in ricerca per inventare nuove tecnologie, nuovi prodotti, nuove utilità (nel senso di cose utili) anche da esportare. Questa credo che sarà la vera competizione del futuro. Quella sulle idee utili. Che vendute all’estero porteranno moneta in Italia.
- Esportare di più in generale, in modo da ricevere più moneta dall’estero. Secondo me i sell centers, funzionerebbero. E’ una logica pratica. Puramente micro: non esporto puntando su una presumibile competitività, ma punto sulla conquista del singolo cliente tramite sollecitazione e rapporto personale. E’ quello che fanno gli agenti di commercio. Se ci dedico un milione di disoccupati che portano a casa ciascuno 100 clienti/anno, i quali spendono 1.000 euro ciascuno, faccio 100 miliardi di PIL in più.
- Importare di meno, in modo da mandare meno moneta all’estero. Ad esempio, incentivando l’agricoltura nazionale anche adibendoci i migranti in modo da rivitalizzare un settore oramai marginale e così facendo importando meno prodotti esteri. Si migliora la bilancia dei pagamenti. Ma l’agricoltura è solo un esempio. Un po’ di vetusto nazionalismo in più ci aiuterebbe di sicuro. Con buona pace di Banderas e Costner, che sono anche loro rappresentativi di una modalità esportativa di moneta.
- Importare capitali nazionali, occultati all’estero, per investimenti produttivi al servizio dell’economia nazionale.
- Importare capitali esteri, che investano in Italia.
Il tutto corredato
da una miglior distribuzione del reddito, così che tutti possano beneficiare di
quanto sopra.
In larga
parte i punti di cui sopra rappresentano o si riconducono alla fattispecie di
investimenti.
E la
filosofia sottostante, può essere nuovamente riassunta, a rinforzo, come di
seguito.
Dove li
prendo i soldi per fare gli investimenti ?
Di nuovo
: non ci sono tante alternative.
Non
potendo farmeli prestare dal mondo, me li devo trovare da solo. In tre modi,
secondo me:
- operando sul mix investimenti/spesa switchando importi tra queste due tipologie di uscite (tabella Pil lato spesa) il che non impatterà sul “fare girare l’economia” perché sempre spese sono. Ma ci farà spendere in cose durevoli e non effimere.
- Migliorando i miei saldi di flussi di uscite ed entrate dall’estero. La bilancia dei pagamenti.
- Prendendo soldi che oggi no ho perché sono all’estero. Sia di residenti che non residenti italiani.
Se la crescita non è un dogma, si può anche decrescere dignitosamente.
Io credo
che entro certi limiti si possa anche decrescere.
Magari
modificando i propri modelli di spesa si vive anche meglio.
A patto però
di non scaricare tutto sui più deboli.
Bisogna
diffidare di chi lascia intendere che decrescere dello 0,xxxx% sia una
tragedia.
Lo è solo
per chi è schiavo del dovere fare sempre più profitti : una microminoranza della
società globale.
Entro
certi limiti decrescere è solo una diversa idea di economia.
Ricordate
quando si parlava di soft landing dell’economia USA ?
Era
giusto.
Che fine
ha fatto quel concetto ?
Perché nessuno
ne parla più anche se di fatto è quello che sta succedendo ?
Mi
ripeto, ma io credo davvero che ci sia sempre un’altra via, o più altre vie,
per fare qualsiasi cosa.
Il sistema non si può rifare
Questa è
una notazione molto importante, che non credo di avere mai sentito fare a
nessuno.
Il
capitale lordo (prima degli ammortamenti), valorizzato a prezzi di sostituzione,
investito in tutto il sistema Italia è pari a oltre 10.000 miliardi di euro (al
2013, mentre le tabelle di dettaglio si fermano al 2010, ultimo anno di dati
completi Istat). Più di 6 volte il PIL.
Vuol dire
che la somma di tutti gli investimenti fatti dalla notte dei tempi fino ad
oggi, è pari a questa stratosferica cifra. La quale è già rivalutata dall’Istat
a valori di oggi.
Vorrebbe
dire che se dovessi rifare da zero il sistema Italia che produce i 1.500
miliardi di PIL, ne dovrei spendere 10.000.
No sto
parlando del Patrimonio dello Stato, che è tema conservato per un possibile scritto
futuro, per non indurre i politici a tentazioni “venditrici”.
Questo
Capitale lordo e’ lo stock di capitale ad un dato anno. E’ il valore dei beni
capitali ancora in uso nel sistema economico valutati come se fossero beni
capitali nuovi, senza tener conto della loro età e del loro stato (ovvero del
deprezzamento che essi subiscono nel corso del tempo). E’ un valore di teorica sostituzione.
(definizione Istat).
E’
l’insieme di fabbriche, impianti, macchinari, tecnologie, immobili, terreni e
quant’altro al servizio del funzionamento della macchina che produce il PIL.
Se non
riusciamo a raddrizzarci, e questo Capitale se ne va a puttane, non riusciremo
a ricostruirlo mai più.
Nessuno spenderà
mai 10.000 miliardi per investire e
farci ripartire da zero.
Saremo
fortunati se ci ritroveremo in un’economia di sussistenza. Come oche utili solo
a farsi ingozzare di consumi.
Sarà quindi
meglio cercare di curare bene quello che abbiamo.
Che come
si vede dalle cifre, non è poco.
Al tempo
stesso anticipando alcune considerazioni che saranno fatte al seguente
paragrafo investimenti, balza all’occhio che il 44,8% di quella cifra è nel
sottosettore Finanza e Assicurazioni, e quindi presumo che siano prevalentemente
immobili.
La
seconda voce è quella di Difesa, Istruzione e Servizio Sanitario, che pesa per
il 13%.
L’osservazione
che mi balza all’occhio quindi è che il 60% del nostro capitale di
funzionamento è allocato su settori in larga parte improduttivi.
Investimenti per macroclassi
E
arriviamo al nocciolo.
Gli
investimenti.
Le prime
4 righe della tabella qui sotto mostrano il netto tra Investimenti lordi (che
vanno nel PIL) e ammortamenti (che invece vanno nel totale dopo il PIL, nel
PIN).
Quindi,
essendo questi ammortamenti calcolati dopo il PIL, nessuno li considera mai,
quando invece sono rappresentativi di una bella fetta del problema.
E questo
non perché siano “brutti”, ma perché quando eccedono gli investimenti vuol dire
che questi ultimi sono solo investimenti di sostituzione.
Non nuovi
investimenti, ma solo investimenti necessari per mantenere il sistema esistente
in funzione.
E’
indicativo poi il trend.
Nel
2.000, facevamo investimenti netti per 70 miliardi.
Nel 2007
addirittura 90.
Poi dopo
il 2009 il tracollo, fino a raggiungere -11.421 nel 2013.
E questa
è la tipica configurazione di crisi di chi non rinuncia a spendere, ma si gioca
il futuro.
Per forza
che non cresciamo.
Proviamo
a immaginare investimenti netti (netti dagli ammortamenti) annui per 100
miliardi/anno.
Se sono
investimenti veri devono “rendere”.
Ipotizziamo
un tasso minimo del 5% che è molto basso. Normalmente chi investe capitale di
rischio si aspetta almeno un 10-15% all’anno.
Anno 0 : 100
x 5% = 5 miliardi E’ poco. Non me ne accorgo nemmeno
Anno 1 : 200
x 5% = 10 miliardi E’ poco Ma e’ già il doppio dell’anno zero
………
Anno 10 : 1.000
x 5% = 50 miliardi Miracolo ! Viaggio come un treno. Trenino, va’.
Ma non
basta.
Un altro
dato balza agli occhi.
Del
totale investimenti, il 50% più o meno stabile negli anni, è in costruzioni.
Addirittura
nel 2013 il rapporto tra le due classi si inverte. Diventano di più quelli in
costruzioni di quelli fissi generali.
I quali investimenti
in costruzioni sono, in parte, quelli produttivi solo per i costruttori.
Si guardi
la voce “costruzione per abitazioni”. E’ pari a poco meno della metà del totale
investimenti in costruzioni.
Una volta
finite, le costruzioni abitative non servono a niente se non a essere vendute a
qualcuno che si fa un bel mutuo a 30 anni.
E così
trasferisce in anticipo il suo risparmio potenziale a qualcun altro.
Tra
l’altro a danno dei tanto amati consumi.
Siamo un
paese di palazzinari, quindi ?
No, non necessariamente.
Parte
degli investimenti in costruzioni sono anche in fabbricati non residenziali,
che potrebbero essere produttivi se fossero ad esempio capannoni industriali, depositi
e simili.
Sfortunatamente
però, basta girare per l’Italia e balzerà agli occhi la gran quantità di
immobili di questo tipo abbandonati.
E quindi
?
Quindi,
tra tutti, era meglio investire diversamente.
Ma a dire
il vero, che nella gran quantità di costruzioni che si vedono ovunque ci fosse
qualcosa che non tornava, mi era già venuto in mente Estate
2013 - Le Clofrenì - Cibo per la mente nada - pg 26.
Nel
paragrafo seguente cercheremo di analizzare il valore netto degli investimenti netti
per branca di attività.
Ma ho il
sospetto che dato che i tempi di ammortamento degli immobili sono molto lunghi,
il valore dei loro ammortamenti sia proporzionalmente basso. In modo da
aggravare il saldo negativo a carico degli investimenti produttivi.
Investimenti per branca di attività
Quando
scrivevo la fine del paragrafo precedente (Ma
ho il sospetto che….) giuro che non avevo ancora fatto e visto queste
tabelle soprastanti.
La prima
contiene il dettaglio degli investimenti netti per branca di attività.
La
seconda e la terza sono aggregazioni successive.
Nella
prima balza agli occhi che in 11 anni sono stati investiti 776 miliardi al
netto degli ammortamenti.
Di
questi, l’80 %, pari a ben 623 miliardi in:
Costruzioni
|
Commercio all’ingrosso e al dettaglio;
riparazione di autoveicoli e motocicli
|
Attività immobiliari
|
Trasporti e magazzinaggio
|
Amministrazione pubblica e difesa;
assicurazione sociale obbligatoria
|
Servizi di alloggio e di ristorazione
|
In termini
di tendenza, poi va ancora peggio.
Anche senza
grafici, si vede ad occhio. (Tabellina qui sotto).
Le prime
6 voci passano dal 65% sul totale, fino al 103% del 2010.
Che vuol
dire che tutte le altre sono in situazione di investimenti netti negativi.
E la
tabella si ferma al 2010, che era ancora un anno con investimenti totali
positivi (37 miliardi).
Figuriamoci
che disastro ci sarà stato dopo.
Anno
|
2000
|
2001
|
2002
|
2003
|
2004
|
2005
|
2006
|
2007
|
2008
|
2009
|
2010
|
Totale
|
Totale complessivo
|
70.772
|
73.944
|
79.912
|
73.257
|
76.470
|
78.391
|
86.382
|
90.125
|
76.045
|
35.586
|
35.736
|
776.621
|
Tot.
prime 6 voci > di 3% del tot.
|
46.274
|
51.162
|
57.942
|
58.978
|
63.100
|
65.675
|
69.089
|
69.070
|
62.370
|
42.261
|
36.810
|
622.731
|
Prime 6 voci % sul totale
|
65%
|
69%
|
73%
|
81%
|
83%
|
84%
|
80%
|
77%
|
82%
|
119%
|
103%
|
80%
|
Più Stato, meno liberismo
Io credo
che quanto sopra testimoni una cosa molto semplice. Il mercato non è capace di
regolarsi da solo.
A me piace
pensare che ciò dipenda dal fatto che il termine “mercato” è solo una
astrazione.
E che la
realtà è che non esiste nessun mercato, ma solo la sommatoria di tanti
individui.
Molti dei
quali propensi a fare stupidaggini.
Molti
continuano a invocare il liberismo mercato-imprenditoriale come soluzione al
problema.
Gli
imprenditori ci salveranno perché investiranno e daranno posti di lavoro.
Si, può
essere.
Ma gli
imprenditori sono anche quelli tra i quali c’è chi da sempre evade e porta i
soldi all’estero, con la scusa che le tasse sono troppo alte.
Se sono
troppo alte perché non pagano almeno quelle per loro giuste, e ne evadono solo
una fettina ?
Perché
non portano all’estero l’equivalente del 10 % di tasse così da lasciare in
Italia il 35% di tasse giuste da pagare, pagate?
Troppo
comodo. E’ l’avarizia che li guida, non la giustizia.
Mio padre
diceva sempre che Cuccia diceva sempre che in Italia gli unici imprenditori
onesti sono quelli storicamente ricchi di famiglia. O qualcosa del genere. Ma
il succo era che sono pochi.
Nella mia
esperienza personale posso confermare in buona parte questa affermazione.
Quindi io
sono fermamente convinto che il liberismo sia giunto al termine.
Credo che
ci voglia l’intervento dello Stato.
A patto
che non sia come nel recente passato e che sia illuminato. Ma non “nel senso di
casta”.
Intendo
proprio nel senso letterale. Che abbia visto la luce, come Belushi nei Blues
Brothers (sempre la stessa citazione, lo so).
Come ho
già detto, per me la mano libera non esiste.
O forse
non esiste più. Era un’illusione.
Era un
concetto radicato in uno stadio della conoscenza ancestrale.
A lasciar
fare, per me, si incontrerà solo uno stomaco ingordo, che si nutre della umana
cupidigia.
Glossario Istat
Investimenti
fissi lordi: Gli investimenti fissi lordi sono costituiti dalle
acquisizioni (al netto delle cessioni) di capitale fisso effettuate dai
produttori residenti a cui si aggiungono gli incrementi di valore dei beni
materiali non prodotti.
Ammortamenti:
Gli ammortamenti rappresentano la perdita di valore subita dalle attività, nel
corso del periodo in esame, per effetto del normale logorio fisico e
dell’obsolescenza prevedibile, compreso un accantonamento per perdite di
attività conseguenti al verificarsi di eventi accidentali assicurabili.
Capitale
lordo: Lo stock di capitale lordo per un dato anno è il valore
dei beni capitali ancora in uso nel sistema economico valutati come se fossero
beni capitali nuovi, senza tener conto della loro età e del loro stato (ovvero
del deprezzamento che essi subiscono nel corso del tempo).
Capitale
netto: Lo stock di capitale netto per un dato anno è il valore
dei beni capitali ancora in uso nel sistema economico valutati allo stesso
prezzo dei beni capitali nuovi dello stesso tipo, meno il valore cumulato del
deprezzamento maturato fino all’anno per il quale si vuole calcolare lo stock.
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