Riprendo
dal ruolo dell’Italia in questo insieme di imperi che è il mondo.
Il commercio fa girare il mondo
Il primo fatto
è che a guardare i dati di BOP (Bilancia of Pagamenti), italiani o mondiali che
sia, non si acquisisce a pieno la reale dimensione della questione.
La BOP, infatti è un valore netto tra un più e un meno,
che nasconde la reale portata delle due grandezze sottostanti : Export e Import.
Se
prendiamo il caso Italia, a fronte di una BOP tendente a zero abbiamo importazioni ed
esportazioni per 400 miliardi circa, sia in entrata che in uscita
Un quarto
del nostro PIL ciascuna.
Ma dirò
di più: quando, e se, si prescinde dai segni algebrici, il nostro commercio
internazionale vale 400 di esportazioni +400 di importazioni = 800 miliardi. Quindi
più del 50% del nostro PIL.
Se si
vuole un indicatore di quanto gira un’economia, ci si deve ricordare che il
commercio è quello che fa girare il mondo. In qualsiasi senso vada : sia in
entrata che in uscita.
Anche nel
caso di una economia non enorme come l’Italia, che vale meno del 3% del PIL
mondiale.
Il commercio fa progredire il mondo
La
seconda questione è a livello globale.
Ci vorrei
dedicare un futuro post ad hoc. Ma per ora basti un accenno.
L’insiemistica
imperiale ha come area di sovrapposizione proprio quella degli scambi
commerciali.
Se
riportiamo il dato percentuale italiano su scala globale, otteniamo che a
fronte di PIL per 55.000 miliardi di euro circa, ci sarebbero scambi per 13.750
di import e altrettanti di export. Sommandoli, otteniamo 27.500 miliardi. Pari
al 50% del PIL, PIL, che come già spiegato; è una dimensione di quanto gira
l’economia per valutare la quale si deve considerare anche il commercio come
sopra detto. E questa è solo la dimensione quantitativa.
Si deve
poi ricordare che storicamente, dalla notte dei tempi, l’essere umano commercia.
E
commerciando scambia cultura, conoscenza reciproca, informazioni e infine contribuzione
di pace.
Il
commercio internazionale è fonte di progresso e stabilità. Anche se a volte
sembra, e spesso è, una guerra.
Maggiori
sono le interconnessioni commerciali, minore è la probabilità di farsi una
guerra reale.
Gli
interessi economici in ballo smorzano l’utilità economica di una guerra.
I secoli
bui, il medioevo, sono quelli in cui c’è molto meno commercio.
Dove l’autarchia
diventa autoreferenza. E l‘autoreferenza è geneticamente implosiva.
Chissà
chi riesce già a vedere il nesso con la civiltà dell’intelletto e l’unità di
scambio relativa: il Neuro.
Esportazioni Italia – Capacità commerciale
Partiamo
dal metodo. Ho fatto riferimento a ICE e ISTAT. In particolare sul sito www.ice.it ci sono dati separati per settore di
attività e paesi di export o di import http://actea.ice.it/wizard.aspx?id_analisi=26
Anche
l’Istat fa delle belle pubblicazioni sul tema http://www3.istat.it/dati/catalogo/20120719_00/Sintesi.pdf
Una cosa
che ho riscontrato, però, è che si pubblicano dati a prevalente uso statistico,
ma non necessariamente rappresentativi sotto il profilo commerciale. Ma è normale
che sia così.
Le
tabelle ICE di import e export per settore, riportano per ogni settore i primi
20 paesi a cui esportiamo (o da cui importiamo). Ovviamente questi primi 20
paesi dei 27 settori individuati, differiscono da comparto a comparto.
Per cui nelle
2 tabelle seguenti, troviamo un totale di 62 paesi destinatari delle nostre
esportazioni.
Rimane dunque
il fatto che ne mancano 130 per coprire tutti i 190 paesi censiti dal Fondo
Monetario.
Ovviamente
tra questi ci sono paesi molto poveri o molto piccoli, ma il dato di 62/190
comunque rimane.
Questi 62
paesi totalizzano 4,7 miliardi di abitanti a fronte di 7 miliardi totali nel
mondo. E un PIL pari 48.000 miliardi su 55.000 miliardi totali.
In
pratica non copriamo 2,5 miliardi di persone e circa 8.000 miliardi di
PIL.
E questo,
soprattutto in termini di PIL relativo (8 mld), potrebbe anche non essere
grave.
Ma il
fatto è che anche facendo attenzione solo ai 62 paesi coperti, si osserva che
il grosso delle esportazioni è concentrato in pochi paesi e poche classi
merceologiche.
184
miliardi di euro è il totale delle voci nel riquadro azzurro della tabella precedente,
riquadro che copre 10 classi merceologiche e 19 paesi (quelli che raggiungono
il 90% del totale di 290 miliardi).
Sono
inoltre ben visibili i principali destinatari di nostro export nella colonna
“Totale complessivo”. I primi 12 paesi coprono 234 miliardi, pari all’80 % del
totale.
E questi
12 rappresentano 32 miliardi di PIL e 2,2 miliardi di popolazione.
Insomma,
la sensazione è che vendiamo per lo più ai soliti (12) noti.
Ma anche
tra questi soliti noti ci sono delle belle discrepanze.
Se si
guarda la seconda tabella delle due precedenti, le ultime tre colonne
rappresentano :
- Esportazioni in % sul PIL del paese cliente
- Esportazioni in % sul PIL del paese cliente – dato % progressivo
- Esportazioni Euro per abitante del paese cliente
In particolare la prima e la terza colonna sono dei banali ma
pratici indici di penetrazione commerciale all’estero. Ecco alcune osservazioni
La media totale
delle nostre esportazioni sul Pil dei paesi clienti è pari a 0,61%.
Ma
inoltre questo dato è molto variabile. Si va da valori prossimi a zero, al 2%
di Germania e Francia, che ci danno 51 e 43 miliardi.
E’ questa
variabilità proprio quella che richiede e suggerisce interventi.
Si
consideri che, al tempo stesso, non viaggiano bene (rispetto alla media o a
Francia e Germania), nemmeno le grandi economie tra cui quelle un tempo
emergenti.
L’India
(che ha quasi lo stesso numero di abitanti della Cina: 1,2 vs. 1,4 miliardi di
cui una buona parte di clienti potenziali) è allo 0,08%; La Cina allo 0,14%. Ma
oltre a queste, anche i due colossi storici non fanno faville. Gli USA sono allo
0,2% e il Giappone allo 0,13%.
Anche i dell’Est
non sono in grande evidenza.
Le stesse
informazioni si possono ottenere guardando la colonna finale della stessa
tabella. Anzi, forse questa è anche più immediata. E’ la colonna con il valore
in euro/abitante del paese a cui esportiamo. Vuol dire quanti Euro ci da ogni
abitante del paese oggetto.
La media
totale è di 63 euro a persona. Ma balzano agli occhi importi da 600 euro
(Francia o Germania, ancora), 1.000 il Belgio, 2.300 la Svizzera. Anche senza
arrivare a questi valori, il Regno Unito “vale” 300 euro a persona. Ed in
generale, come sopra, dove c’è variabilità c’è spazio di manovra
E’ ovvio
che alzare la media dallo 0,61% o dai 63 euro sarebbe un bel successo.
Insomma
non ci si deve lasciare ingannare dal fatto che le nostre esportazioni vanno
bene.
Dovrebbero
andare molto meglio. E una chiave, per me, è quella delle reti di vendita.
La
sensazione di una non ottimale capacità di penetrazione commerciale è anche
visibile nelle tabelle seguenti che riportano il dettaglio per classe merceologica
di esportazioni, importazioni e Bop per ogni singolo paese. Sono quei paesi che
partecipano a totalizzare i soliti 291 miliardi di export.
Sono
evidenziate in verde alcune aree favorevoli all’Italia, e in rosso quelle
sfavorevoli.
Un
considerazione è che abbigliamento, articoli in pelle e varie (cioè parte del
Made in Italy) non è così determinante in nessun paese. Alcune considerazioni.
Si rinvia alle tabelle per altre considerazioni personali.
Germania:
si vede bene l’impatto dell’industria che si porta via quasi 30 miliardi. Noi
siamo forti su abbigliamenti, pelle varie metallurgiche. Addirittura siamo in
negativo anche nell’alimentare.
Francia
:siamo forti su abbigliamento, pelle, apparecchiature
Stati
uniti : celle verdi un po’ ovunque, ma solo 14 miliardi di totale
Regno
unito: 9 miliardi totali di Bop, 0,73%
sul loro PIL
Svizzera
: 9 miliardi, 0,81% sul loro PIL
Russia :
-12 mld da agricoltura
Cina :
-23 mld da manifatture varie
Paesi
bassi : - 10 mld Bop
Importazioni
Non
aggiungo molto in questa sede, confermando che vanno ridotte rispetto alla
situazione attuale.
Il
riquadro azzurro della tabella totalizza 170 miliardi. Sono quindi altrettanto
concentrate delle esportazioni.
Un modo
per ridurre le importazioni, oltre a tanta pubblicità progresso (come già
detto), può essere proprio partendo dalle precedenti tabelle con le BOP per
paese.
Quando si
trova una voce di pari importo sia in entrata che in uscita nello stesso
comparto, e’ evidente che c’è spazio (mercato) per aumentare il consumo di
prodotti interno.
Se li
compro fuori posso comprarli anche in casa mia, salvo questioni di prezzo che
però spesso sono prese a riferimento in maniera più strumentale di quanto crediamo.
Oggi esistono tanti prodotti italiani anche a prezzi comparabili, se non
competitivi, con quelli esteri. O quasi.
Evasione
Infine
una notazione importante sull’aspetto evasione
Il
commercio estero è zona preferenziale per evadere ed esportare soldi all’estero
Quando
compro, è facile far finta di comprare cose che non esistono. Così pago
all’estero e i soldi escono.
Quando
vendo è facile incassare parte in nero, e ricevere in Italia solo l’incasso parziale.
Il caso Radiogold per la Microeconomia Adattiva Complessa
Io ho una
partecipazione in una radio del Network di Radio Popolare che si chiama
Radiogold e sta ad Alessandria.
L’avevo
comperata sia perché erano molto bravi sia perché aveva un particolare modello
di azionariato, riepilogato qui sotto. In cambio ho ricevuto pubblicità da
utilizzare.
- Mediaservizi s.c.
- Consorzio Unione Artigiani (CNA)
- Confesercenti Provinciale Alessandria
- Asso Agricoltura Servizi srl (C.I.A.)
- Camera del Lavoro Territoriale CGIL Alessandria
- Claudio Aroldi
Era proprio l’azionariato che mi aveva interessato, perché
era fonte di potenziali clienti per i miei prodotti. Ed era una rappresentanza di
tutto il tessuto sociale e lavorativo della provincia.
Ciò premesso, tornando alla questione sell centers, penso
che si debba iniziare a sviscerarla un po’ meglio.
Sapendo che è un lavoro in progress, di seguito si illustrano
alcuni punti principali.
- Utilizzo di disoccupati di prossimità
In prevalenza giovani, sia per una priorità sociale sia
perché sono i più “svegli” verso i clienti e verso il web. Il peggio che può
capitare e che si offre loro almeno una speranza. In ogni caso i giovani devono
essere della zona (provincia ?) che promuovono, proprio per offrire un servizio
di prossimità basato sulla conoscenza e cultura.
- Liste nominativi
Anche prescindendo da convenzioni o accordi internazionali,
è facile accedere a liste di clienti via web. Queste potrebbero essere anche
oggetto di acquisto, con investimenti relativamente modesti. Si pensi ad
esempio a liste DEM (Direct email marketing) provenienti da siti locali vari.
- Driver di ingresso: turismo
Avevo pensato al turismo, vale a dire alla proposta di
pacchetti vacanze da parte di un giovane che poi si configura come una specie
di Personal Trainer o Personal Tourister. E una volta che ha il rapporto con il
cliente, può proporre altri prodotti o servizi. Ma comunque il driver di
ingresso può anche essere altro. Da valutare.
- Formazione iniziale e patente Statale. Valutare codice deontologico.
In tema di turismo, una breve formazione (2-4 settimane) può
essere fornita dalle aziende del turismo. Un piccolo esame permetterebbe di
avere un patentino che garantisce sia la tracciabilità a livello italiano (per
sapere chi fa questo mestiere) sia la qualità ai turisti stranieri. La lista di
questi patentini andrebbe comunicata a paesi esteri, in ambito di cooperazione
internazionale.
Possibile definizione e sottoscrizione anche di un codice deontologico.
- Altri prodotti/servizi – Ipotesi Slowfood
Parallelamente o separatamente, lo stesso approccio potrebbe
essere seguito su altri prodotti o servizi. Un’ipotesi è il coinvolgimento di
realtà come Slowfood, sia per dare expertise ai Personal Tourister sui
prodotti, sia eventualmente per organizzare corsi di studio nella loro
università.
- Altri prodotti – ipotesi azionariato Radiogold.
Lo schema di azionariato Radiogold potrebbe essere usato per
allocare n. giovani per ognuna delle realtà associative locali.
In questo modo si amplierebbe il pacchetto di prodotti
offribili, per andare oltre il driver iniziale turismo e/o Slow food.
Ad esempio artigiani, esercenti, agricoltura, o nello
specifico di Alessandria, gli orafi di Valenza.
Tutti potrebbero partire con il turismo, e poi iniziare a
scambiarsi i clienti. Oppure meglio ancora, lasciare un unico riferimento ai
clienti e semplicemente fare da “agenti plurimandatari”.
- Target : imprenditori di se stessi
Una volta iniziato a acquisire clienti, il giovane nel
rispetto del codice, potrà svolgere come meglio ritiene il lavoro. Potrà
accompagnare, dare informazioni, segnalare aspetti interessanti. Di fatto si
specializzerà in base alle sue predisposizioni.
- Remunerazione
A variabile sia dai clienti che dai fonitori.
- Possibili convenzioni operatori esteri su telefonia e web
Ad esempio per dare la possibilità di contattare il personal
tourister gatutitamente.
- Sito web per clienti
Un social network ad hoc per scambiare impressioni, idee, o
anche solo per partecipare.
Per concludere
Avevo già
scritto un’ipotesi di taglio importazioni a favore di prodotti italiani per 38
miliardi di euro (stimati a caso).
Oggi
ammettiamo di darci un target di 50/100 miliardi di esportazioni in più (sempre
a caso)
Con
100/150 miliardi di Pil in più possiamo ipotizzare almeno da 30 a 50 miliardi
di tasse in più.
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