domenica 6 luglio 2014

2014 07 06 – Evasione e recuperi






Ieri mattina mi devo essere svegliato male.
Avvertivo un forte senso di incazzatura.
Probabilmente era legata al fatto di dovere, seppur per mia scelta, scartabellare tonnellate di dati, pagine e documenti inerenti a vario titolo i conti pubblici, mentre dentro di me sapevo che esistono solo due noccioli.
  1. Troppa evasione
  2. Troppa spesa
Riprendendo scritti e considerazioni già fatti, riepilogo di seguito alcune considerazioni sul punto 1.
  1. Troppa evasione
Nessuno sa quanto sia (c’è una interessante notazione in un articolo su Libero, allegato, che cita oltre a una stima di 180 miliardi che : In Italia, un dato ufficiale e complessivo sull'evasione, non esiste: la politica sino ad ora non lo ha ritenuto necessario), ma tra tutte le fonti (Allegato 2) emerge una forchetta che sta tra il 5 e il 20% del PIL. Vuol dire tra circa 100 e 350 miliardi di euro (quest’ultimo da wikipedia che parla del 18% sul PIL). In particolare questo estremo finale della forchetta, ipotizzando un’evasione del 50% sulla base imponibile, vorrebbe dire 700 miliardi fantasma, sui quali non si cava un euro dal buco.
Allo stesso tempo si ipotizza sommerso tra 250 e 300 miliardi. Per differenza vorrebbe dire che per 400 miliardi non siamo nel campo del sommerso, ma in quello dell’emerso non tassato o tassato male.
C’è qualcosa che non torna.
Ho provato a cercare sul sito della Agenzia delle entrate delle informazioni sugli importi recuperati. Sono stato re instradato dopo vari tentativi sulla pagina “ufficio studi” http://www1.agenziaentrate.it/ufficiostudi/ . In analisi economiche ci si ferma al 2008 http://www1.agenziaentrate.it/ufficiostudi/documenti/index.htm.
Strano. Ho fatto quindi riferimento alla stampa dove ho trovato, come già detto, quanto in Allegato 2.
La sintesi è che se va bene recuperiamo 12 miliardi di imposte da evasione all’anno.
Anche il bilancio 2012 dell’Agenzia recita a pagina 12 : “Le riscossioni complessivamente conseguite nell’anno, derivanti da attività di accertamento, controllo formale e liquidazione automatizzata, hanno raggiunto i 12,5 miliardi di euro, confermando le buone performance registrate negli anni precedenti. L’ammontare delle riscossioni assume una valenza maggiore se si considera che l’Agenzia ha lavorato in un contesto difficile caratterizzato dalla persistente crisi e da episodi di ostilità verso l’Amministrazione finanziaria.”
E a pagina 17: i risultati monetari conseguiti nel 2012 confermano la qualità e, quindi, l’efficacia della complessiva azione di contrasto agli inadempimenti tributari. Le somme portate nelle casse dello Stato derivano dall’attività di accertamento per tutti i settori impositivi (II.DD., IVA, Irap e Registro), di controllo formale delle dichiarazioni dei redditi (art. 36-ter del D.P.R. n. 600/1973) e degli atti e delle dichiarazioni sottoposte a registrazione, nonché dalla liquidazione automatizzata delle dichiarazioni (articoli 36-bis del D.P.R. n. 600/1973 e 54-bis del D.P.R. n. 633/1972).

Sono 41.000 i dipendenti in Agenzia delle Entrate - Bilancio 2012 pg 36 - Composizione del personale
Agenzia Entrate
Dirigenti
Terza
Seconda
Prima
Totale
Abruzzo
18
620
770
23
1.431
Basilicata
8
214
212
2
436
Bolzano
2
100
97
1
200
Calabria
9
499
680
7
1.195
Campania
38
1.514
1.753
4
3.309
Emilia
35
1.662
1.041
8
2.746
Friuli
5
581
453
4
1.043
Lazio
36
1.978
1.754
8
3.776
Liguria
12
847
649
7
1.515
Lombardia
32
3.525
1.539
13
5.109
Marche
9
665
482
2
1.158
Molise
4
168
164
0
336
Piemonte
25
1.837
1.361
2
3.225
Puglia
33
1.089
1.354
4
2.480
Sardegna
14
594
720
16
1.344
Sicilia
37
1.345
1.688
5
3.075
Toscana
34
1.533
1.046
6
2.619
Trentino
0
177
161
0
338
Umbria
6
378
300
7
691
Valle
2
98
45
0
145
Veneto
21
1.716
1.200
1
2.938
Uffici
101
1.302
508
15
1.926
Totali
481
22.442
17.977
135
41.035

Si dichiarano contenti per 12 miliardi che equivalgono a una percentuale tra il 10% e il 3% della forchetta di cui prima.
Su base annua! Vuol dire che ogni anno, dalla notte di tempi, ci scappano tra 90 e 340 miliardi!
E tale divario è costante da decenni.
Il che avvalora tra l’altro la tesi a me cara dell’esistenza di una enorme “banca off shore” su cui intervenire.
E’ roba da pazzi !
Ho allora deciso di esporre alcune mie esperienze dirette. Due, per la precisione.

  1. Procedure e metodi
Ho già raccontato di avere fatto tanti anni fa lo scudo fiscale.
Con parte di quei soldi, facendo tra l’altro girare l’economia italiana e non quella svizzera o delle Bahamas, comprai alcune case. Qualche tempo dopo mi arrivò un legittimo questionario dalla Agenzia delle Entrate in cui chiedevano spiegazioni. Era legittimo perché lo scudo garantiva l’anonimità, quindi loro non sapevano.
Io mi presentai di persona e raccontai tutto per filo e per segno, esibendo addirittura tutti gli estratti conto (tanti) che pure avrei potuto tenere riservati perché coperti da scudo. In teoria avrebbero dovuto soprassedere proprio per lo scudo che tra l’altro veniva da successione, quindi era uno scudo “pulito” (non da riciclaggio, false fatturazioni, etc.). Invece andammo avanti qualche mese ad esibire documentazione e spiegazioni fino a che dovettero comunicarmi che il questionario era chiuso. Si noti al riguardo che la chiusura avvenne senza provvedimento ufficiale. Sulla parola. La loro,perché la mia non era bastata. Ma allora andò bene così.
Qualche anno dopo comperai una nuova casa cointestandola a mia moglie. Procedura legittima perché non c’era più la tassa sulle donazioni di primo grado per gli importi in questione. Andai a spiegare che erano gli stessi soldi della prima tornata, mostrai gli estratti conto, ma non ci fu verso. Di nuovo giù a sindacare. Non avevo il tempo da  dedicarci quella seconda volta e dovetti affidare la pratica un professionista. Dopo alcuni altri mesi e 5.000 euro al professionista la pratica venne chiusa, sempre con la stessa procedura della prima volta : sulla parola, da parte loro. Senza uno straccio di pezzo di carta, che sarebbe potuto servire in seguito.
Perché non è finita: alcuni anni dopo, sempre facendo girare l’economia nostrana, comprai degli ulteriori immobili in Piemonte. Tempo dopo arrivò un nuovo questionario. Io ero ricoverato per problemi di salute e non lo ricevetti. Mancata risposta determinò un accertamento effettivo, non solo un questionario. Quando uscii dal ricovero dovetti perciò andare a fare la stessa opera di spiegazione, sempre sugli stessi soldi ma a un funzionario diverso. Paradosso fu che il funzionario delle prime due tornate era nell’ufficio di fianco, ma invece che assegnarmi a quello, che sarebbe stato molto più veloce, mi assegnarono a un neo-assunto.
Morale: ancora mesi di documenti e spiegazioni, che nei confronti del neoassunto sembravano più un corso di formazione da parte mia che delle risposte (il che vuol dire che avevano affidato la pratica a chi non era in grado di capire, e io dovetti “insegnare” come funzionano gli estratti conto di banca) e la pratica si richiuse.
Da tutta questa storia io ho tratto due conclusioni.
  1. Se compri un immobile se ne accorgono (e questa notazione serve per quanto segue). Ma questo non era difficile. Meno male.
  2. Se avessero incrociato i dati delle tre tornate avremmo risparmiato alcuni mesi di tempo (diciamo 6 per loro e 6 per me) e io anche 5.000 euro. In sintesi io ho impiegato personale dell’Agenzia per 6 mesi totali senza che ci fosse alcuna utilità, sia per la mia trasparenza che per la copertura Scudo.
A dire poco c’è un bel problema organizzativo.

  1. Una brutta sensazione
Questa seconda esperienza è legata invece a una piccola collaborazione (gratuita) fatta da me ad un commercialista conoscente che mi aveva chiesto aiuto per contestare un accertamento ad un suo cliente. Un dentista. Già iniziavamo male. Un dentista che non evada credo sia una bella rarità. Ma forse sbaglio.
Devo premettere che proprio la conoscenza con il professionista è stata un fattore di ulteriore “fatica” nello scrivere quanto segue.
Ma visto che predico delazioni e denunce per senso civico, se non ancora per taglie, ho deciso che valeva la pena di raccontarla almeno per il buon esempio, seppur anonima. Anonima dalla parte sua, ovviamente.
Il principio della brutta sensazione sta nel già enunciato paradigma “dove non c’è logica c’è malvivenza”.
L’accertamento era basato su alcune logiche e metodi del tutto campati in aria. In Allegato 1 si trovano gli stralci con in corsivo il testo dell’Agenzia e in carattere normale le contro argomentazioni in forma iniziale.
Tempo dopo incrociai per caso il conoscente che mi disse: “meno male che abbiamo fatto quelle controdeduzioni, così abbiamo vinto”. Mi pare si riferisse alla Commissione tributaria.
Qualche giorno dopo mi svegliai di botto una mattina con questo pensiero: e se esistesse una zona marcia che vende accertamenti ingiustificabili in modo che dopo il doveroso respingimento i periodi di imposta risultassero “lavandati” dalla più autorevole delle lavanderie?
Come ho già detto, bisogna imparare a fidarsi del fatto “che al peggio non c’è mai fine” oltre che “dove non c’è logica c’è malvivenza”. E abbandonare il meccanismo psicologico di rimozione.
Certo che è solo una supposizione, però è ben avvalorata sia dal contenuto dell’accertamento che anche dal basso livello di recuperi generali di cui prima.
Se poi eventuali professionisti in questo presunto giro dovessero avere, direttamente o no, parecchie, o troppe, proprietà immobiliari, visto che queste l’agenzia le trova sempre, sarebbe una ulteriore conferma. Se non altro da incrociare con le dichiarazioni dei redditi. Perché quanto valgono gli immobili rispetto al catasto, a Milano o altrove, lo sa o lo scopre anche un bambino.
Infine si conti che tale soggetto addentro a questi meccanismi, di Agenzia e di Commissione, qualche giorno dopo per caso e del tutto inaspettatamente mi disse: “eh, meno male che la storia del Mose non è capitata qui a Milano se no vedevamo, o se no neanche ti immagini cosa veniva fuori. (non ricordo bene)”. Io tra me e me pensavo che avevamo già l’Expo che mi pareva abbastanza, ma evidentemente mi sbagliavo.
Se invece tutte queste fossero mie errate supposizioni, me ne scuso.
Resterebbe solo il fatto di atri due accertamenti fatti per niente con tanto spreco di tempo. Nella mia esperienza personale avrei un record : ne ho visti 5 su 5 inutili o perdenti.
Ma credo comunque che valga la pena ragionarci.
Se non altro perché si immagini se alla solita tabella qui sotto si apportassero 150 miliardi in più !
Con 200/250 miliardi di avanzo invece dei 71 della tabella, sempre senza trascurare tutte le altre iniziative di bilancio, la Germania ce la compreremmo.
Beh, forse esagero. La Germania forse no, ma la Spagna, che è pure più bella, ……

Allegato 1 – Osservazioni contro l’accertamento xxxxxxxx.

OSSERVAZIONI A : “Prestazioni non fatturate o sotto fatturate per Euro xxxx”
Agenzia : si rileva che “Dall’ analisi incrociata delle fatture di acquisto,  aventi ad oggetto materiali vari per impianti e protesi acquistati dallo studio xxxxx nei confronti del fornitore Laboratorio Odontotecnico xxxxxxxxx, e le fatture emesse, si sono rilevate diverse irregolarità.
Per molti clienti, per i quali lo Studio xxxxxxxxxxxxxxxxx ha sostenuto dei costi, non sono state ritrovate le corrispondenti fatture attive o in alcuni casi sono state ritrovate con importi inferiori rispetto ai costi sostenuti ,cosi come di seguito riportate”.

Controargomentazioni: Si rilevano di seguito le scorrettezze della metodologia applicata, che ne determinano la non applicabilità dei risultati.
1.      Il campione scelto come riferimento non è rappresentativo della prassi aziendale poiché è composto da sole 5 fatture passive, su un totale di 294 protocolli IVA acquisti, ai quali vanno aggiunte le voci di costo non oggetto di fatture passive. 5 clienti non sono certamente  i “molti” menzionati dall’Agenzia.
2.      Il valore totale del campione pari a 1.950 inoltre è palesemente inconsistente e non rappresentativo considerato il fatto che, come risulta alla stessa Agenzia delle Entrate, il totale costi è pari a 304.911 euro di cui 214.175 relativi ad altre spese documentate. Il campione rappresenta quindi rispettivamente solo lo 0,91% e/o lo 0,64% dei totali menzionati.
3.      A conferma della non rappresentatività e quindi inapplicabilità del campione si evidenzia che dalla “determinazione del reddito” della precedente tabella prodotta dalla Agenzia delle Entrate risulta chiaro che lo Studio xxxxxxxx emette fatture attive per 473.932 euro a fronte del citato totale spese per 304.911. Ciò conferma il fatto che non esiste alcuna prassi generale di sottofatturazione accertabile, tantomeno nelle proporzioni prese a pretesto dall’Agenzia.
4.      La metodologia adottata dall’Agenzia delle Entrate appare inoltre pretestuosa, infondata e quindi inapplicabile anche  in ragione del fatto che non tiene conto delle prassi normali nell’esercizio di qualsiasi attività professionale commerciale. Non si tiene infatti in conto la possibilità che vengano praticati prezzi forfettari o che vengano anticipati costi inclusi poi nei successivi forfait fatturati, o che ci siano fatturazioni in periodi diversi e così via.

Agenzia: si rileva che “ Nel seguente prospetto si evidenziano le fatture utilizzate come parametro di riferimento per il calcolo della percentuale di apporto professionale. Si fa presente che la scelta delle fatture di riferimento per il calcolo della percentuale è puramente casuale, limitata alla selezione di un paziente qualsiasi sul quale si sono confrontati i costi sostenuti per il materiale fornito dal Laboratorio sopra individuato e i compensi percepiti dallo Studio. Nel seguente prospetto si evidenziano le fatture utilizzate come riferimento per il calcolo della percentuale di ricarico. Si fa presente che la scelta delle fatture di riferimento per il calcolo della percentuale è puramente casuale, limitata alla selezione di un paziente qualsiasi sul quale si sono confrontati i costi sostenuti per il materiale prodotto dal laboratori o e i compensi percepiti dallo studio”.
La percentuale media sopra calcolata risulta pari al 378%( che applicata al costo/spesa totale di € 1.950,00 euro  comporta la quantificazione dell'apporto professionale/valore aggiunto della prestazione nella misura di € 7.371,00 . Pertanto i maggiori compensi risultano pari ad € 9.321,00 (dati dalla somma tra il costo/spesa totale di € l.950,00 e il risultato della determinazione dell'apporto professionale di € 7.371,00.

Controargomentazioni: Si rilevano di seguito le scorrettezze della metodologia applicata, che ne determinano la non applicabilità dei risultati.
1.         Il campione scelto come riferimento non è rappresentativo della prassi aziendale poiché è composto da sole 2 fatture passive, su un totale di 294 protocolli IVA acquisti, ai quali vanno aggiunte le voci di costo non oggetto di fatture passive.
2.         Il valore totale del campione pari a 833 euro  inoltre è palesemente inconsistente e non rappresentativo considerato il fatto che, come risulta alla stessa Agenzia delle Entrate, il totale costi è pari a 304.911 euro di cui 214.175 relativi ad altre spese documentate. Il campione rappresenta quindi rispettivamente solo lo 0,39% e/o lo 0,27% dei totali menzionati.
3.         La stessa Agenzia delle Entrate ammette la non rappresentatività del campione quando afferma che “la scelta delle fatture di riferimento per il calcolo della percentuale è puramente casuale”.
3.         A conferma della non rappresentatività e quindi inapplicabilità del campione si evidenzia che dalla “determinazione del reddito” della precedente tabella prodotta dalla Agenzia delle Entrate risulta chiaro che lo Studio emette fatture attive per 473.932 euro a fronte del citato totale spese per 304.911. Ciò conferma il fatto che non esiste alcuna prassi generale di sottofatturazione accertabile, tantomeno nelle proporzioni prese a pretesto dall’Agenzia.
4.         La metodologia adottata dall’Agenzia delle Entrate appare inoltre pretestuosa, infondata e quindi inapplicabile anche  in ragione del fatto che non tiene conto delle prassi normali nell’esercizio di qualsiasi attività professionale commerciale. Non si tiene infatti in conto la possibilità che vengano praticati prezzi forfettari o che vengano anticipati costi inclusi poi nei successivi forfait fatturati, o che ci siano fatturazioni in periodi diversi e così via.

OSSERVAZIONI A : “Compensi ricostruiti induttivamente per xxxx euro
Agenzia: si rileva che: Sulla base delle criticità sopra individuate, considerata l'ordinaria sotto-fatturazione praticata dallo Studio xxxxx  l’Ufficio procede alla ricostruzione induttiva dei corrispondenti compensi sottratti a tassazione. Difatti al fine di quantificare i compensi reali realizzati a fronte delle relative  spese sostenute dallo Studio; direttamente riconducibili all'acquisto del materiale riferito all' apporto professionale ascrivibile alla prestazione medica (altamente professionale/specializzante in re ipsa), l'Ufficio come già verificato per il precedente anno d'imposta (2007), sulla base del tariffario 2007 depositato dalla parte a seguito di questionario prot. xxxxxxxx  riscontra una percentuale di sotto-fatturazione di circa il 20%.
Pertanto, vista la continuità delle violazioni praticate dallo Studio xxxxxxxxxxx, la percentuale calcolata per il periodo d' imposta 2007, pari al 18 \, viene applicata anche al fatturato totale 2008.

Controargomentazioni
1.      La metodologia è infondata e inapplicabile perché l’accertamento 2007 è immotivato come già comunicato all ‘Agenzia delle Entrate  in data….
2.      Anche per il 2008 vale il principio che un tariffario prezzi non costituisce in alcun modo un documento avente valenza fiscale essendo piuttosto uno strumento di informazione commerciale. Il prezzo effettivamente applicato alla clientela infatti può includere sconti concessi a vario titolo alla clientela tra cui a titolo esemplificativo : 1.Sconti per rapporti di lunga durata 2.Sconti determinati in base all’ importo totale dei lavori 3.Preferenze soggettive dei rappresentanti dello studio. Il tariffario prezzi pertanto è un listino ed in quanto tale è una indicazione di prezzi non vincolante. Si rinvia alla trattazione già esposta per il 2007.
3.      Anche per il 2008 come per il 2007 la teorica percentuale di sottofatturazione viene applicata in condizioni di mancata rappresentatività del campione adottato come riferimento da parte dell’Agenzia delle Entrate. Il campione 2007 si riferisce, per la sua totalità, a fatturazioni al cliente finale (“compensi senza rit”). La percentuale di sconto, che come già visto è comunque errata, viene quindi proiettata sul totale dei compensi dichiarati pari a yyyyyy  euro. Si tralascia il fatto che di tale importo yyyyyy euro   (pari a ben il 36% del totale) sono riferiti a fatturazioni a professionisti (“compensi con ritenuta”) per le quali il listino non fa fede ne ha rilevanza alcuna, essendo ovviamente riferito solo a clienti finali.
4.      In ogni caso non sono applicabili al 2008 i dati del 2007.  Si dovrebbe semmai procedere ad un ricalcolo  degli importi, ricalcolo che sarebbe comunque infondato e quindi oggetto di giusta contestazione.



Allegato 2 – Stampa e info su evasione

1       La mappa dell’evasione fiscale in Italia



L’Agenzia delle Entrate divide il Paese in 8 aree: da “rischio totale” a “tutti bene”
L’Italia è divisa in otto. Almeno per il fisco. E non solo per l’approccio con le tasse, ma anche per comportamenti che sono legati al contesto sociale ed economico, alla criminalità e al tenore di vita. Ci sono aree a «Pericolo Totale» dove il rischio fiscale si somma a quello sociale e allo scarso tenore dell’economia e zone a forte concentrazione demografica, come Roma e Milano, dove il “tax gap”, la differenza imposte che si dovrebbero versare e importi versati, richiede una forte attenzione del fisco. Ma anche province dove «Stanno tutti bene». 
Lo spaccato di un Paese frammentato ma reale, senza le scorciatoie dei luoghi comuni, è quello tracciato - nomi di fantasia compresi - dalla mappatura che l’Agenzia delle Entrate ha stilato di tutte le province italiane. Con l’obiettivo principale di migliorare l’efficienza dei propri uffici, che poi, alla fin fine, svolgono due compiti: assistenza ai contribuenti e repressione dell’evasione. L’Italia-arlecchino che esce dallo studio effettuato dagli esperti fiscali, che il numero uno dell’Agenzia Attilio Befera ha consegnato in Parlamento, attribuisce nomi suggestivi agli otto gruppi di province. L’analisi è però serissima, basata su dati ufficiali e ben 245 variabili. 
Ne emergono 8 gruppi di province che possono essere considerati omogenei per tipologia. Da «Pericolo Totale» a «Stanno tutti bene», la scala tonale della nuova geografia fiscale ha tantissime sfumature: passa per le aree a basso sviluppo ed alta evasione («Niente da dichiarare?» è il nome del gruppo) a quelle con molte attività manifatturiere («L’industriale»), dalle province «Equilibriste» alle due aree metropolitane di Roma e Milano («Metropolis»), per esaminare anche i due gruppi «Rischiose abitudini» e «Non siamo angeli», quest’ ultima con un tasso di pericolosità fiscale intermedia, ma non certo ottimale.  
Lo studio non conta i residenti, ma basta sovrapporre una mappa ai dati dell’Istat per scoprire che ci sono 11,2 milioni di residenti che abitano nelle province «Rischio Totale», dove l’alta pericolosità fiscale e sociale si sposa con un bassissimo tenore di vita. Subito dopo ci sono 9,4 milioni di cittadini di altri due gruppi: i «Metropolis», con i 7,1 milioni di residenti delle province di Roma e Milano e i «Niente da dichiarare?» delle aree più povere del Paese ma entrambi inseriti ad un livello “quattro”, in una classifica che varia da 1 a 5. Tutti e due hanno quindi un rischio di evasione medio alto, anche se profondamente divisi dal tenore di vita e dalla pericolosità sociale, più alta nelle due grandi città. Sono queste tre le aree che pesano di più nei 90 miliardi di «tax gap», nel quale viene misurata non solo l’evasione vera e propria ma anche una quota di errori (inevitabile con un fisco così complicato) e l’impossibilità a pagare dovuta dalla mancanza di liquidità provocata dalla crisi. 
Ma c’è anche l’altra faccia della medaglia. Ci sono 23,3 milioni di cittadini che abitano in province che il fisco considera tranquille: sono il gruppo «Industriale» e «Stanno tutti bene», nelle quali la pericolosità fiscale è bassissima così come il rischio sociale: in ordine alfabetico spaziano da Aosta a Udine ma riguardano province del centro nord spesso lontane dai grandi centri. Tra di loro, per uno scherzo del destino, anche Siena dove la Guardia di Finanza ha sequestrato per problemi fiscali la villa a Gianna Nannini. L’analisi della Guardia di Finanza ha però proprio questo pregio. Non analizza il singolo caso e privilegia un approccio macro che gli consente di entrare nelle diverse realtà economiche italiane, indagando su sette diversi filoni: 1) Dimensioni e popolosita’ del bacino, 2) pericolosità fiscale, 3) pericolosità sociale, 4) tenore di vita, 5) struttura produttiva, 6) l’accesso a servizi tecnologici, 7) presenza di infrastrutture. Con un effetto boomerang per gli uomini del fisco. Già perché - è scritto nello studio - nella valutazione dell’efficienza delle «direzioni provinciali dell’Agenzia «una Direzione provinciale può essere leader nella propria regione ma risultare poco efficiente nell’ambito del “cluster” (gruppo) di appartenenza». 
 ECCO LE OTTO ITALIE INDIVIDUATE DALL’AGENZIA DELLE ENTRATE  
- RISCHIO TOTALE  
11,2 milioni di residenti - pericolosità fiscale 5, pericolosità sociale 5, tenore di vita 1. Si tratta delle Province di Agrigento, Brindisi, Caltanissetta, Caserta, Catanzaro, Cosenza, Crotone, Foggia, Frosinone, Lecce, Napoli, Ragusa, Reggio, Calabria, Salerno, Trapani, Vibo Valentiae Barletta-Andria-Trani. 
- METROPOLIS  
7,1 milioni di residenti - pericolosità fiscale 4, pericolosità sociale 4 , tenore di vita 5 . Sono le metropoli Roma e Milano. 
- NIENTE DA DICHIARARE?  
2,3 milioni di residenti - pericolosità fiscale 4, pericolosità sociale 2 , tenore di vita 1 . Le aree sono Avellino, Benevento, Campobasso, Enna, Isernia, Matera, Nuoro, Oristano, Potenza, Rieti e Ogliastra. 
- RISCHIOSE ABITUDINI  
4,0 milioni di residenti - pericolosità fiscale 3, pericolosità sociale 4, tenore di vita 3. Si tratta di Grosseto, Imperia, La Spezia, Latina, Livorno, Lucca, Massa-Carrara, Pescara, Pisa, Pistoia, Prato, Rimini, Savona.  
- NON SIAMO ANGELI  
6,5 milioni di residenti - pericolosità fiscale 3, pericolosità sociale 3, tenore di vita 2. Sono Bari, Cagliari, Catania, Messina, Palermo, Sassari, Siracusa, Taranto, Carbonia-Iglesias, Medio Campidano e Olbia-Tempio. 
- GLI EQUILIBRISTI  
5,3 milioni di residenti - pericolosità fiscale 3, pericolosità sociale 2, tenore di vita 3. Ecco l’elenco: Arezzo, Ascoli Piceno, Asti, Chieti, Ferrara, L’Aquila, Macerata, Novara, Perugia, Pesaro e Urbino, Teramo, Terni, Verbano-Cusio-Ossola, Vercelli, Viterbo, Fermo. 
- INDUSTRIALE:  
14,3 milioni di residenti - pericolosità fiscale 1, pericolosità sociale 3, tenore di vita 4. Sono Ancona, Bergamo, Bologna, Brescia, Firenze, Genova, Padova, Torino, Treviso, Trieste, Varese, Venezia, Verona, Vicenza, Monza e della Brianza. 
- STANNO TUTTI BENE  
9,0 mln di residenti - pericolosità fiscale 1, pericolosità sociale 1, tenore di vita 4. Si tratta di Aosta, Belluno, Biella, Bolzano, Como, Cremona, Cuneo, Forlì-Cesena, Gorizia, Lecco, Lodi, Mantova, Modena, Parma, Pavia, Piacenza, Pordenone, Ravenna, Reggio Emilia, Rovigo, Siena, Sondrio, Trento, Udine.  

2          Il Belpaese che non paga - Evasione fiscale in Italia: tutti i numeri - 07 febbraio 2014

Una lunga serie di cifre, impressionanti. Numeri che fotografano il male dell'Italia: l'evasione fiscale. Elementi messi nero su bianco da Stefano Livadiotti nel libro Ladri - Gli evasori e i politici che li proteggono, un saggio del giornalista de L'Espresso, presentato dal settimanale, che cerca di individuare i colpevoli di un buco nei conti dello Stato che, ogni anno, vale 180 miliardi di euro. Una voragine di proporzioni inimmaginabili, che fa impallidire al pensiero che la politica, negli ultimi mesi, si è affannata, e scannata, per trovare i 2-4 miliardi necessari per cancellare - per un anno - l'Imu, la tassa sulla prima casa.
Le fasce - L'Italia, con i suoi 60milioni malcontati di abitanti, ha l'1% della popolazione mondiale, ma realizza il 3% del prodotto interno lordo globale e detiene il 5,7% della ricchezza del pianeta. Eppure, stando alle dichiarazioni fiscali, i nostri connazionali non appaiono affatto così ricchi: su 41.320.548 contribuenti (i dati citati nel libro sono relativi all'anno di imposta 2011) solo lo 0,1% - ossia uno ogni mille - denuncia più di 300mila euro. Il 62,89% sta sotto i 26mila euro, e il 27% grazie a deduzioni e detrazioni non paga nulla. Così, in Italia, il rapporto tra ricchezza e reddito dichiarato è 1 a 8. Tanto per intendersi, negli Stati Uniti, prima economia mondiale, il rapporto è 5,3. Dunque gli americani avrebbero a disposizione un reddito minore: c'è qualcosa che, evidentemente, non torna.
La stima - In Italia, un dato ufficiale e complessivo sull'evasione, non esiste: la politica sino ad ora non lo ha ritenuto necessario. Le stime, così, le ha fatte il britannico Richard Murphy, fondatore di Tax Justice Network, un uomo inserito da International Tax Review nell'elenco delle 50 persone più influenti al mondo in materia di fisco. Secondo mister Murphy, i soldi sottratti ogni anno alle casse dello Stato sono 180,2 miliardi di euro. Una cifra enorme, eppure la guerra al nero non è senza quartiere: su 5 milioni di contribuenti sospetti, i controlli sono stati 200mila. Inoltre, chi viene "pizzicato" ad evadere, trova in una giustizia-lumaca il suo migliore alleato: per il primo grado di giudizio occorrono 903 giorni. Inoltre, solo l'1,7% di chi viene denunciato per reati tributari viene poi arrestato.
Tutti perdonati - La maggior parte del sommerso, secondo le statistiche citate da Livadiotti, arriva dai lavoratori autonomi, tra i quali il tasso di evasione è pari al 56,3 per cento. Per lavoratori dipendenti e pensionati evadere è pressoché impossibile: le tasse vengono prevelate direttamente in busta casa e dunque non riescono a frodare il Fisco (e infatti l'82% del gettito complessivo arriva proprio da loro). Infine una cifra piuttosto significativa, che dimostra l'alto livello di tolleranza della politica nei confronti di chi cerca di dribblare le regole imposte dall'Erario: in 34 anni, tra il 1970 e il 2004, sono stati approvati 32 condoni di vario genere. Così, oggi, ci troviamo ad avere iperuranici livelli di pressione fiscale (quella reale è oltre il 50%), ma a pagare sono sempre, e solo, i soliti noti.

3          Lotta all’evasione, recuperati 12,5 mld

Nel 2012 effettuati 400mila controlli. Oltre 28 miliardi nascosti al fisco.
Dalla lotta all’evasione fiscale nel 2012 ha fruttato 12,5 miliardi di euro. Un risultato migliore dei 10 miliardi preventivati. Lo ha detto il direttore dell’Agenzia delle Entrate Attilio Befera nel corso di un’audizione alla Commissione Finanze della Camera. Nel 2011 erano stati incassati 12,7 miliardi. «Molto è stato fatto nel campo del contrasto all’evasione fiscale, molto resta ancora da fare». Lo ha detto il direttore dell’Agenzia delle Entrate Attilio Befera nel corso di un’audizione alla Commissione Finanze della Camera.
BEFERA; IN 2012 SCOVATA EVASIONE PER OLTRE 28 MLD. L’attività di accertamento ai fini delle imposte dirette, Iva, Irap e Registro «ha prodotto nel 2012 oltre 400mila controlli sostanziali, a fronte dei quali sono state accertate complessivamente maggiori imposte per oltre 28 miliardi di euro», ha detto Befera, nell’audizione alla Camera, aggiungendo che «gli interventi esterni hanno dato luogo a 9.900 verifiche e controlli mirati, con risultati soddisfacenti».
BEFERA, EVASIONE IVA RIPRENDE PER CARENZA LIQUIDITA’. Secondo Befera il tax gap per l’Iva dal 2012 si sta riallargando «per motivi di carenza di liquidità. Vediamo dichiarazioni che non hanno come seguito il pagamento», è stato il commento del direttore dell’Agenzia delle Entrate. La legge delega per la revisione del sistema fiscale costituisce «una nuova e strategica tappa del lungo percorso volto a costruire un rapporto leale e sereno tra Fisco e contribuenti che conduca a quello che continuo a ritenere un obiettivo imprescindibile, la conquista di una cultura della legalità fiscale che troppo spesso è mancata nel nostro Paese fino a questo momento».
CONCESSE DA EQUITALIA 1,9 MLN DI RATEAZIONI. L’attività di riscossione portata avanti da Equitalia è stata «oggettivamente influenzata dal susseguirsi di novità normative che hanno finito per indebolirne la relativa azione». Lo ha detto il direttore dell’Agenzia delle Entrate Attilio Befera aggiungendo che «il decremento che si registra negli incassi da ruoli erariali nel 2012 è comunque contenuto nella misura del 5% rispetto all’anno precedente». Befera ha anche riferito che «dal 2008 sono state concesse da Equitalia oltre 1.900.000 rateazioni, per un importo totale superiore a 22 miliardi di euro».

4          Evasione fiscale Da Wikipedia, l'enciclopedia libera - 2014 07 06

L'evasione fiscale è un comportamento contra legem che consiste nel sottrarsi all'obbligo di pagare i tributi
La locuzione evasione fiscale, nell'ambito della scienza delle finanze, indica tutti quei metodi volti a ridurre o eliminare il prelievo fiscale da parte dello Stato sul cittadino contribuente attraverso la violazione di specifiche norme fiscali da parte di quest'ultimo.
Tipicamente avviene attraverso operazioni di vendita o prestazione di servizi al cittadino effettuate senza emissione di regolare fattura[1], ricevuta o scontrino fiscale (le cosiddette vendite "in nero") oppure attraverso false dichiarazioni dei redditi con conseguente mancata o errata dichiarazione fiscale e successivo mancato versamento dell'imposta realmente dovuta.
Costituisce di fatto un evento deleterio all'interno della politica fiscale attuata dal governo e che contribuisce a far perdere allo Stato una parte non trascurabile delle entrate a esso dovute (gettito fiscale).

4.1         Descrizione

Per fornire una misura quantitativa sull'entità del fenomeno dell'evasione fiscale, sia a livello individuale sia a livello collettivo, oltre a fornire direttamente il totale dei fondi evasi si può definire e calcolare l'indice o tasso di evasione definito come il rapporto tra fondi evasi e totale dei fondi dovuti allo Stato per tassazione. Altro indice macroeconomico è il rapporto tra fondi totali evasi e il PIL.
Esiste anche una variante molto più grave dell'evasione, la frode fiscale, che avviene con sofisticati meccanismi che creano un'apparenza di regolarità, al di sotto della quale si cela però l'evasione, rendendo così più difficoltosa l'opera di accertamento dell'amministrazione finanziaria. Tipico strumento di frode fiscale è l'inserimento in contabilità di fatture di acquisto false per ridurre l'imponibile fiscale. I redditi da evasione, frode fiscale rientrano nella cosiddetta economia sommersa.
L'evasione fiscale è punita con sanzioni pecuniarie e oltre una certa soglia di sottrazione di imponibile anche penalmente. La frode fiscale è invece punita molto più severamente della semplice evasione e sempre anche con sanzioni penali dato il suo livello di estrema pericolosità tale da poter compromettere gravemente l'efficienza dell'attività di accertamento tributario.
In Italia la "frode fiscale" direttamente collegata al reato di Falso in bilancio è stata parzialmente depenalizzata tramite esclusioni, eccezioni e introduzione di franchige con una serie di provvedimenti del governo Berlusconi IV, ultimo dei quali il D.Lgs. 27 gennaio 2010, n. 39.

4.1.1   Elusione fiscale Elusione fiscale

Non assimilabile all'evasione fiscale è invece il diverso fenomeno dell'elusione fiscale. A differenza dell'evasione l'elusione non si presenta come illegale: essa infatti formalmente rispetta le leggi vigenti, ma le aggira nel loro aspetto sostanziale frustrando il motivo per il quale sono state approvate.

4.2         Effetti dell'evasione

L'evasione fiscale, oltre a creare danni etico-morali ai contribuenti onesti aggirando il principio di equità sociale di fronte al fisco, rappresenta un nodo centrale all'interno dell'analisi economica e della conseguente politica economica di ciascuno Stato in quanto crea un danno macroeconomico generalizzato allo Stato e alla collettività con effetti negativi anche gravi che si accumulano nel medio-lungo periodo, caratterizzandosi dunque come autentica piaga sociale nei paesi a più alto tasso di evasione.
Infatti il mancato recupero di fondi da parte dello Stato, da impiegare nella spesa pubblica oppure nel finanziamento della crescita economica, crea da una parte un potenziale contributo all'eventuale deficit pubblico e quindi alla creazione di debito pubblico, dall'altra mancati interventi di stimolo statale per la crescita economica stessa. Per recuperare il debito pubblico lo Stato, se impossibilitato, come spesso accade, a recuperare completamente i fondi da evasione, è costretto di conseguenza a ridurre la spesa pubblica con tagli sul finanziamento alla pubblica amministrazione e conseguente possibile diminuzione della qualità dei servizi pubblici offerti e/o all'aumento della tassazione e del prelievo fiscale sui contribuenti (es. aumento delle accise) con effetto di aumento della pressione fiscale o del cuneo fiscale. Alla lunga, oltre a possibili disservizi pubblici, la maggiore imposizione fiscale può determinare una diminuzione dei redditi dei consumatori, con calo dei consumi e quindi ulteriore flessione della crescita economica.
Non manca però chi sostiene che il danno economico, sia pure rilevante e innegabile nei confronti dello Stato e dell'amministrazione pubblica, sia in realtà meno pronunciato considerando l'intero sistema economico, in quanto consentirebbe comunque una maggiore circolazione di denaro, con influenze positive almeno sui consumi e quindi sulla crescita economica stessa. In realtà, anche lo Stato avrebbe questa capacità di alimentare il sistema economico, spendendo i soldi derivanti dalle entrate fiscali in miglioramenti di servizi e opere pubbliche offerte al cittadino, nonché nella promozione dell'innovazione attraverso il finanziamento della ricerca scientifico-tecnologica, oltre che operare una redistribuzione del reddito.
Altro importante effetto dell'inasprimento della tassazione, ovvero della pressione fiscale sui cittadini contribuenti per cercare di recuperare i fondi evasi, è quello di sfavorire l'attività dei soggetti imprenditoriali, oltre che limitare la normale attività di consumo dei consumatori: tutto ciò può creare un circolo vizioso, generando una situazione per alcuni insostenibile, che spinge sempre più contribuenti all'evasione, peggiorando ulteriormente la situazione, e/o alla fuga di capitali e di settori produttivi-economici all'estero, laddove le condizioni economico-fiscali-lavorative siano migliori, incidendo dunque negativamente sulla crescita economica del paese d'origine, con possibili effetti di stagnazione o anche recessivi.
Il recupero di evasione sarebbe dunque potenzialmente in grado di affrontare e risolvere due distinti problemi, quello del debito pubblico e quello della crescita economica, in maniera tanto maggiore, rapida ed efficace quanto più esso si avvicina al totale dei fondi evasi.

4.2.1   Risvolti economici ed etici dell'evasione fiscale

Ricapitolando, gli effetti dell'evasione fiscale non sono solo economicamente, ma anche eticamente riprovevoli in quanto:
  • si ha una riduzione delle entrate dello Stato e delle risorse per la collettività;
  • si peggiora la qualità dei servizi pubblici e della pubblica amministrazione per diminuzione delle uscite;
  • si diminuiscono i fondi disponibili per finanziare la crescita economica;
  • si vanifica parzialmente la redistribuzione del reddito pianificata dal legislatore;
  • si aumenta il livello di tassazione e di pressione fiscale sui contribuenti;
  • si creano situazioni di concorrenza sleale tra operatori economici che pagano le tasse e chi le evade con effetto domino su tutti i soggetti economici interessati.
In aggiunta a questi effetti diretti si possono considerare alcuni fattori secondari:
  • lo Stato deve limitare le risorse sulla spesa pubblica quali Sanità, Istruzione e Welfare, fatto che tende a gravare maggiormente sui meno abbienti;
  • non tutti i cittadini possono evadere le tasse con la stessa facilità, tipicamente questo risulta più facile per i lavoratori autonomi, che per i lavoratori dipendenti;
  • evasori parziali o totali, dimostrando redditi inferiori alla realtà, possono usufruire di servizi o facilitazioni (come bonus fiscali, assegni famigliari, sconti su tasse scolastiche, edilizia sovvenzionata) sottraendo tali risorse a chi invece spetterebbero di diritto e di necessità. L'evasione tende quindi a creare disparità sociale tra le varie classi sociali.

4.2.2   Dibattito pubblico, politico e filosofico

L'opinione pubblica e le forze politiche in Italia sono piuttosto divise sull'atteggiamento morale nei confronti dell'evasione fiscale. Alcuni ritengono sia un male fisiologico, e persino necessario, o comunque giustificabile in qualche modo[2].
Il punto di vista di molti imprenditori di piccole e medie imprese (PMA) adotta infatti una tecnica di neutralizzazione che consiste nel giustificare la propria condotta evasiva imputandola a livelli troppo alti di imposizione fiscale, insostenibili per le proprie attività economico-commerciali; in caso contrario riferiscono ad esempio che la loro impresa sarebbe destinata al fallimento di fronte alla concorrenza di prezzo di prodotti provenienti da paesi esteri (es. estremo oriente), denunciando quindi indirettamente la sostanziale non competitività della propria impresa all'interno del mercato globalizzato.
Un esempio di tale atteggiamento "neutralizzante" si rinviene in una dichiarazione con cui Silvio Berlusconi affermò che «se c’è uno Stato che chiede un terzo di quanto guadagni allora la tassazione ti appare una cosa giusta. Ma se ti chiede il 50-60% di ciò che guadagni, come accade per le imprese, ti sembra una cosa indebita e ti senti anche un po' giustificato a mettere in atto procedure di elusione e a volte anche di evasione»[3].
D'altra parte l'economista Milton Friedman ebbe a dire in una intervista del 1994, riferendosi all'Italia, che nei casi di grande inefficienza della gestione finanziaria dello Stato l'evasore fiscale è paragonabile al patriota, poiché sottrae risorse ad un settore pubblico altamente inefficiente mantenendole nel settore privato della produzione e dei consumi.[4]
Di fronte a tale critica i fiscalisti tendono invece a sottolineare il principio di progressività dell'aliquota fiscale col reddito o profitto prodotto.
In alcuni casi specifici vi sono linee di pensiero che la ritengono persino eticamente necessaria (come nei casi di obiezione fiscale alle spese militari). Vi sono state anche voci a difesa di noti personaggi dello sport e spettacolo: ad esempio è stato dichiarato, riguardo al caso di evasione fiscale accertata per Valentino Rossi, che «è assurdo che uno dei più grandi talenti sportivi del nostro Paese venga trattato dal fisco come una pecora da tosare»[5].
D'altro canto vi è chi si è spinto fino a paragonare l'evasione fiscale al furto. Ad esempio, Tommaso Padoa Schioppa ebbe a dichiarare: «A chi dice che mettiamo le mani nelle tasche dei cittadini rispondo che sono gli evasori ad aver messo le mani nelle tasche dello Stato, di altri cittadini onesti. Violando così non solo il settimo comandamento, ma anche un principio base della convivenza civile»[6]; persino Pier Ferdinando Casini affermò: «Non si combatte l'evasione agitando manette e cappi, ma guai ad un centrodestra che sollevasse le bandiere dell'evasore fiscale che è un ladro»[7]. Addirittura, il 9 gennaio 2012, Antonio Catricalà, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio del Governo Monti, in riferimento alla crisi economica in atto, ha dichiarato che «chi evade in un momento come questo tradisce la Patria»[8]. Il 18 gennaio 2012, il Presidente del Consiglio Mario Monti, ha dichiarato che «chi oggi evade [...] offre ai propri figli, in definitiva, un pane avvelenato»[9]. Infine, il 23 gennaio 2012, il cardinale Angelo Bagnasco ha dichiarato che «evadere le tasse è peccato»[10].
Per quanto riguarda i paragoni con il furto, sotto il profilo tecnico-giuridico è un dato acquisito che tale espressione può essere applicata solo al concetto di proprietà: vale a dire che può essere considerato "furto" solo l'appropriarsi, in modo illecito, di beni (materiali o morali) altrui. Inoltre, almeno sin dai tempi del filosofo John Locke (1632-1704) - uno dei padri del pensiero economico moderno - la proprietà deriva direttamente dalla produzione: ciascuno è il legittimo "proprietario" di ciò che crea e produce. Sotto questa ottica, le tasse non versate allo Stato non possono essere considerate un "furto", poiché si tratta di denaro il quale, in assenza del cosiddetto "ladro" (cioè l'evasore), non sarebbe mai stato prodotto. In altre parole, un soggetto che produce reddito, sottraendolo tutto o in parte all'Erario, è lui stesso - in ultima analisi - il generatore di quel reddito che, altrimenti, non sarebbe mai esistito e sul quale, di conseguenza, il fisco non avrebbe mai potuto vantare diritti. Non concorrere al bene comune dello Stato, cioè non pagare le tasse, è certamente un comportamento illecito che va sanzionato, ma non è né tecnicamente, né giuridicamente corretto definirlo "furto": non è l'evasore a sottrarre denaro dell'Erario, ma è lo Stato a prelevare denaro di proprietà dei cittadini che lo stesso Stato compongono, tassando il reddito. Se, quindi, definire l'evasore "ladro" può apparire come una forzatura giuridica, è invece più adeguata - e, se non altro, moralmente ed eticamente ineccepibile - la definizione usata nella campagna anti-evasione promossa dall'Agenzia delle Entrate e dal Ministero dell'Economia e delle Finanze nel 2011; in questa campagna l'evasore fiscale viene bollato come "parassita della società"[11].
È inoltre opportuno sottolineare che, in assenza del soggetto in questione, lo Stato non sarebbe neppure gravato dagli oneri derivanti dall'utilizzo da parte dell'evasore di beni e servizi pubblici, per cui quella percentuale della ricchezza da esso prodotta e corrispondente al costo dei servizi è da ritenersi comunque dovuta ab origine alla collettività e la sua non corresponsione è evidentemente assimilabile a un furto.
A quest'ultima osservazione si può anche aggiungere che l'evasione è da condannare senza mezzi termini, anche e soprattutto in un'ottica di economia liberale e di mercato, perché - come ha scritto il giornalista Nicola Porro -: «Chi ruba i soldi al fisco fa concorrenza sleale agli onesti. E soprattutto in momenti di crisi rischia di sopravvivere a danno dei galantuomini. La bottega o l’impresa che non paga il dovuto ha un vantaggio competitivo ingiusto nei confronti dei corretti. Vince chi truffa lo Stato con più abilità. E non chi lavora e produce meglio. L’evasione trucca la partita della libera concorrenza»[12]. Esistono infine correnti di filosofia politica che si rifanno al libertarianesimo (o libertarismo o ancora anarco-capitalismo) americano (Murray Rothbard, Hans Herman Hoppe, Walter Block) e alla scuola austriaca di economia (Von Mises,Von Hayek) che invertono totalmente il punto di vista. Essendo il cittadino il legittimo proprietario della ricchezza prodotta, è lo Stato a configurarsi come "ladro" in quanto "espropria" il lavoratore di parte del suo reddito. La relazione tra il lavoratore e lo Stato infatti non è di tipo volontaria (contrattuale) e il lavoratore è obbligato a corrispondere allo Stato quanto esso richiede. Alcuni libertari arrivano a paragonare lo Stato alla Mafia in quanto entrambi offrono servizi non richiesti ed entrambi obbligano la controparte, con mezzi coercitivi, a pagarli. Secondo i libertari si dovrebbe procedere a una riduzione dello Stato e a una sostituzione nella fornitura di servizi da parte di privati sul libero mercato che stringano con i cittadini un rapporto di tipo contrattuale.

4.3         Dati sull'evasione fiscale

4.3.1   Nel mondo

In totale l'evasione fiscale mondiale ammonta a una cifra tra i 21 000 e i 32 000 miliardi di dollari, pari al PIL di Stati Uniti, Giappone e Germania messi insieme[13].

4.3.2   In Italia

In Italia ci sono due principali fonti di dati statistici sull'evasione fiscale. La prima sono studi basati su questionari e interviste a campioni di cittadini, come quelli condotti dall'EURES. Questi studi ci dicono, per esempio, che per alcune categorie il tasso di evasione arriva intorno all'80%[14]. Tuttavia, tali dati sono soggetti alle limitazioni di questo tipo di studi, come la rappresentatività statistica dei campioni e la possibilità che gli intervistati non diano risposte affidabili.
La seconda fonte di dati sono stime condotte dall'Istat, e dall'Ufficio Studi dell'Agenzia delle entrate, integrando dati amministrativi sulle dichiarazioni Irap con dati statistici sulla contabilità nazionale. Tali studi[15] ci dicono che l'evasione raggiunge circa il 18% del PIL, e permettono anche un'analisi su base regionale e di categorie. Queste stime sono basate su misure indirette dell'evasione, soggette ad ampie fluttuazioni statistiche e con una bassa risoluzione temporale e geografica[16]. Complessivamente l'evasione fiscale in Italia nel 2012 è stimata, secondo alcuni studi, in circa 120 miliardi di euro l'anno (media di 2000 euro a persona) il cui recupero totale garantirebbe ad esempio un recupero o azzeramento dell'intero debito pubblico, che nel 2012 ammonta a circa 1900 miliardi di euro, in soli 16 anni[17].
In particolare nel 1981 l’evasione fiscale in Italia ammontava a circa 28 000 miliardi di vecchie lire, equivalente al 7-8% del PIL. Trent'anni dopo questa quota è salita appunto fra il 16,3% e il 17,5% del PIL, per un totale che oscilla, secondo altri studi, tra i 255 e i 275 miliardi di imponibile sottratto all'erario[18] con forti ripercussioni sul deficit pubblico e sul conseguente debito pubblico. Secondo alcuni studi tali valori collocano l'Italia al 1º posto in Europa per evasione[19] e al terzo posto tra i paesi dell'area OCSE[20].
Da un punto di vista geografico, nel Nord Italia, dove si realizza la quota più rilevante di affari e del reddito, si evade di più in valore monetario assoluto, mentre il Sud ha il primato per numero di evasori[20].

4.3.2.1       Segnalazioni dei cittadini

In Italia un'altra fonte di dati sull'evasione sono le segnalazioni dirette dei cittadini. Quelle fatte al servizio 117[21] della Guardia di Finanza sono statisticamente rare e poco rappresentative poiché il cittadino deve dichiarare le proprie generalità per l'inchiesta fiscale. Inoltre tali dati non vengono resi pubblici a livello statistico.
Sempre in Italia di recente è emerso un nuovo meccanismo per la raccolta di dati sulla base di segnalazioni anonime. Il sito sociale http://www.evasori.info[22][23][24][25] permette infatti a chiunque di effettuare tali segnalazioni senza però identificare né il segnalatore né l'evasore, ma raccogliendo dati su zone geografiche (alla risoluzione di quartieri nelle grandi città) e categorie, usando la stessa classificazione di attività economiche usata dall'Agenzia delle Entrate. I dati vengono visualizzati su mappe mashup e un motore di ricerca permette di accedere ai dati per categorie, province, cifre, e date. Anche in questo caso però, le segnalazioni non hanno garanzie assolute di attendibilità, ma solo per via statistica, in quanto in teoria possono esserci casi di segnalazioni inventate o imprecise.

4.3.2.2       Il caso delle slot machine

Un'indagine della Guardia di Finanza ha ipotizzato l'esistenza di 98 miliardi di Euro di canoni non riscossi dai Monopoli di Stato, relativo al mancato collegamento alla rete Internet dei Monopoli di Stato e alla manomissione dei sistemi di controllo di vincite e incassi nelle slot machine e videogiochi. Tuttavia, il procedimento di fronte alla Corte dei Conti si è concluso con una sentenza di condanna al pagamento di soli 2,5 miliardi di Euro[26] anziché della cifra originariamente ipotizzata. In concomitanza, il comandante del Gruppo Anticrimine Tecnologico della Guardia di Finanza Umberto Rapetto fu rimosso dall'incarico e rassegnò le dimissioni. Dalla Finanziaria del 2010, è obbligatorio che le concessionarie del gioco abbiano sede legale in un Paese europeo, e che debbano essere pubblici i dati dei soci che detengono partecipazioni in tali società[27][28]

4.4         Possibili contromisure

Il problema dell'evasione fiscale è un argomento importante all'interno del dibattito politico per via dei suoi molteplici effetti negativi sull'economia di un paese sopraesposti. Le posizioni per quanto riguarda le contromisure sono le più varie, ma si possono sintetizzare essenzialmente in due approcci o posizioni contrapposte:
  • Pagare tutti per pagare meno
Ovvero quando l'evasione sarà sconfitta, o perlomeno ridotta, le tasse potranno essere ridimensionate per tutti (abbassamento di accise e aliquote a posteriori), con beneficio generalizzato per la società in termini di consumi e di investimenti a favore della crescita economica e occupazionale. I sostenitori di questa posizione ritengono quindi che un maggiore impegno sia necessario da parte dello Stato nel colpire gli evasori fiscali aumentando la vigilanza e il controllo e inasprendo l'ammenda pecuniaria per gli evasori scoperti come misura deterrente e repressiva. Questa posizione viene tuttavia ritenuta da alcuni semplicistica, ad esempio dall'economista canadese Pierre Lemieux[29]: «Questo è un ritornello semplicistico [...] il governo prenderà tutto quello che potrà, e spenderà quello che il traffico permetterà. [...] Se i canadesi che oggi lavorano sul mercato nero cominciassero a pagare le loro "giuste" tasse, semplicemente gli introiti e le spese del governo aumenterebbero della differenza.»[30].
  • Pagare meno per pagare tutti
Un secondo modo per contrastare l'evasione fiscale sarebbe quello di abbassare le aliquote a priori. In questo modo si otterrebbe un ampliamento della base imponibile, poiché i contribuenti, trovandosi a dover pagare tasse ridotte, sarebbero meno invogliati a correre rischi relativi ad accertamenti fiscali o sanzioni pecuniarie, ma stimolati a versare all'Erario[31].
I sostenitori del primo metodo sottolineano che esso includerebbe anche il secondo una volta recuperati i fondi dovuti allo Stato. In ogni caso ciascun metodo proposto non porta a un recupero da evasione di tipo deterministico, cioè certo e quantificabile, e per questo il recupero da evasione spesso è una voce critica ovvero non pienamente affidabile all'interno dei piani rigorosi di risanamento dei conti pubblici da parte dello Stato.

4.4.1   Ispettori comunali di "congruità"

Una proposta per contrastare l'evasione e l'elusione fiscale è stata avanzata da Silvio Berlusconi durante la campagna elettorale delle Politiche 2008.
Il leader del PDL, dando corpo a un'idea che Giulio Tremonti va sostenendo da alcuni anni, ha ripetutamente affermato che per colpire quei «troppi italiani che fanno i furbi»[32], dovrà rendersi indispensabile l'aiuto delle amministrazioni comunali. L'Ufficio Tributi di ogni Municipio dovrà dotarsi di specifici ispettori, i quali avranno il compito di verificare quanto i redditi dichiarati dai contribuenti di ciascun Comune siano congrui col loro effettivo tenore di vita. In parole povere, una persona che dichiara un reddito basso o, addirittura, inesistente, ma che dispone invece di beni di lusso (ville, auto costose etc.), è più facilmente "stanabile" da chi - le amministrazioni locali - ha una maggiore e più capillare capacità di verifica e di controllo sul territorio.
Questa visione ha iniziato a prender corpo proprio nel 2008. Infatti, un provvedimento emesso dall'Agenzia delle Entrate ha disposto che i Comuni italiani potessero accedere a dati fiscali e di natura economica dei cittadini residenti in ciascun territorio comunale; tra questi dati - provenienti dall'Anagrafe Tributaria - vi sono le utenze elettriche, i contratti di locazione e le denunce di successione per immobili.
Secondo le intenzioni degli ispettori delle tasse, "grazie ai dati messi a disposizione dall'Anagrafe tributaria [...] i Comuni potranno verificare se i dati del Fisco corrispondono a quelli in proprio possesso e dall'incrocio di questi dati potranno accertare se ci sono contribuenti che evadono i tributi locali"[33].
Un ulteriore passo - sempre in linea con l'idea originaria di Tremonti - ha preso il via il 12 febbraio 2009. A partire da quella data, infatti, le amministrazioni comunali possono concorrere a segnalare al Ministero delle Finanze i contribuenti "sospetti", i quali, magari, dichiarano di non avere reddito, mentre sono proprietari, ad esempio, di yacht o altri beni che, teoricamente, non potrebbero permettersi. Il sistema funziona, sostanzialmente, sull'incrocio dei dati fiscali e personali, anche tramite l'ausilio di strumenti rapidi come internet[34].

4.4.2   Pubblicazione on-line delle dichiarazioni dei redditi

Il viceministro dell'Economia nel secondo Governo Prodi, Visco, con provvedimento del 5 marzo 2008, ha per la prima volta autorizzato la pubblicazione su Internet delle dichiarazioni dei redditi riferite all'anno 2005; ne ha però disposto la sospensione lo stesso giorno, dopo poche ore.[35] Le polemiche scaturite sono legate da un lato all'esigenza della tutela della privacy dei cittadini e, dall'altro, all'esigenza di trasparenza e lotta all'evasione fiscale. L'idea è tornata in auge nel 2011 per mano del ministro dell'Economia Giulio Tremonti a seguito del peggioramento della situazione dei conti pubblici in Italia.
Le dichiarazioni dei redditi sono invece da anni pubblicate via Internet in alcuni paesi europei. In Finlandia, le dichiarazioni dei redditi possono essere consultate mandando un SMS con il telefonino a un numero prefissato, al costo di 1,90 (nel 2008).[36]

4.4.3   Tracciabilità dei pagamenti

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Per approfondire, vedi Tracciabilità dei pagamenti.
Un altro possibile metodo per ridurre l'evasione fiscale è quello di garantire una più robusta tracciabilità dei pagamenti ottenibile col maggior ricorso alla moneta elettronica: ad esempio, con l'uso più diffuso di carte di credito e assegni non trasferibili in sostituzione del più tradizionale contante, abbassando ad esempio la soglia massima del pagamento in contanti[37]. Il governo Monti ha fissato il limite massimo del pagamento in contanti a 1.000 euro; in precedenza, la previsione di una era stata abrogata dal quarto governo Berlusconi e poi reintrodotta, con l'aggravarsi della crisi economica, nell’estate 2011, attestandola su un livello pari a 2.500 euro.[38]

4.4.4   RedditometroRedditometro.

Al fine di individuare la platea di potenziali evasori, è stata proposta, da più parti, l'adozione di strumenti giuridici che consentano l'accertamento del reddito reale misurando la compatibilità tra quanto dichiarato al fisco e il livello dei consumi sostenuti dal soggetto (redditometro)[37]. Il sistema sarebbe facilitato dall'adozione di robusti sistemi per la tracciabilità dei pagamenti (si veda la relativa sezione)

4.4.5   Scontrino fiscale e lotteriaContrasto di interessi.

Un possibile modo per ridurre l'evasione fiscale attraverso la creazione di una sorta di "lotteria fiscale". È il caso di originali lotterie che nascono in Estremo Oriente. Per contrastare la pratica di mancato rilascio dello scontrino fiscale, il governo di Taiwan ha abbinato agli scontrini fiscali una lotteria pubblica. Su ogni scontrino fiscale emesso dai negozianti e commercianti è stampato un numero generato automaticamente da un sistema. Lo scontrino fiscale regolarmente stampato ha dunque una caratteristica ulteriore: è un biglietto della lotteria[39]
Il sistema della lotteria basata sullo scontrino è stato adottato anche Cina, nel primo decennio degli anni 2000, mediante una sperimentazione su significative porzioni del territorio nazionale, localizzata alcuni distretti e grandi città come Pechino, Shanghai, e Tianjin. Questa adozione differenziale ha permesso di compiere significativi studi econometrici basati su una robusta messe di dati sperimentali: uno studio compiuto in Giappone da Junmin Wan, economista dell'Università di Fukuoka, ha evidenziato un incremento significativo, il 17,1 per cento, per la tassazione al consumo, rispetto alle zone in cui la lotta all'evasione veniva condotta con mezzi classico. L'effetto sul gettito fiscale totale è stato quantificato in un incremento del 10,4 per cento[39].
Questi risultati hanno indotto Richard Thaler, economista comportamentale, in un articolo sul New York Times[40], a suggerire ai governi di paesi ad alta evasione nell'Europa meridionale di prendere in considerazione l'adozione di simili misure[39].

4.4.6   Riforma fiscale

Un altro sistema per il recupero dei fondi è quello di spostare, tramite riforma del sistema tributario, il peso del gettito fiscale dalle imposte dirette per le quali occorre una dichiarazione del contribuente alle imposte indirette (es. accise) che colpiscono i consumi, anche di chi consuma ricchezza frutto di evasione[senza fonte]. Questa misura, tuttavia, porterebbe a un inasprimento delle imposte dirette e potrebbe avere un effetto regressivo su classi di cittadini consumatori non evasori.

4.4.7   Scudo fiscale

In Italia, sotto il governo Berlusconi IV, è stato anche praticato una forma molto discussa di condono fiscale, noto come scudo fiscale, come misura per favorire il rientro di capitali non dichiarati dall'estero, ma con scarsi risultati effettivi.[senza fonte] Esso tuttavia, consentendo sgravi fiscali, si muove in direzione opposta al recupero di fondi da evasione inquadrandosi quindi più in un contesto di misure anti-elusione fiscale.

4.4.8   Sistema Serpico

In Italia dal 2013 è attivo il sistema informatico Serpico che scandaglia i conti correnti bancari alla ricerca di eventuali anomalie rispetto alle rispettive dichiarazioni dei redditi[41].

5          Agenzia delle entrate Da Wikipedia, l'enciclopedia libera

L'agenzia delle entrate è una agenzia (diritto pubblico) italiana che svolge le funzioni relative alla gestione, all'accertamento e al contenzioso dei tributi con l'obiettivo di perseguire il massimo livello di adempimento degli obblighi fiscali.
L'Agenzia ha la sua sede centrale a Roma, in via Cristoforo Colombo n. 426 C/D. L'attuale Direttore è Rossella Orlandi[1] e il Vice direttore vicario è Marco Di Capua.

5.1         Storia

Antenate dell'agenzia furono le intendenze di finanza, istituite in seguito alla legge 26 settembre 1869 n. 3286 e al R.D. 18 dicembre 1869 n. 5397, in ogni capoluogo di provincia, con compiti di controllo sul personale e di coordinamento sulle attività degli uffici finanziari.
Il d. lgs. 30 luglio 1999 n. 300, emanato nell'ambito della riforma Bassanini sull'organizzazione del Governo, istituì l'Agenzia delle entrate, una delle quattro agenzie fiscali, insieme all'Agenzia delle dogane, l'Agenzia del territorio, l'Agenzia del demanio, preposte a svolgere le attività tecnico-operative che prima erano di competenza del Ministero delle Finanze. Queste entrarono in attività a partire dal 1º gennaio 2001.
Prima della riforma esistevano vari uffici destinati ognuno ad un particolare aspetto impositivo (Ufficio delle imposte dirette, Ufficio del registro, Ufficio iva, Intendenza di finanza). Anche per la pubblica amministrazione tale riunificazione ha portato notevoli vantaggi e risparmi sotto il profilo della razionalizzazione delle risorse, degli spazi e del personale. A livello operativo l'introduzione dell'Agenzia ha comportato un notevole beneficio per il contribuente che ora ha di fronte un unico soggetto che gestisce la sua intera posizione fiscale (con l'eccezione dei tributi locali e dei tributi di competenza dell'Agenzia delle dogane).

5.2         Caratteristiche

È sottoposta alla vigilanza del Ministero dell’economia e delle finanze, che ha la responsabilità dell'indirizzo politico, ed è dotata di autonomia regolamentare, amministrativa, patrimoniale, organizzativa, contabile e finanziaria.
I rapporti tra il Ministero e l'Agenzia sono regolati da una convenzione triennale in cui sono indicati i servizi da assicurare, gli obiettivi da raggiungere e le risorse destinate a queste finalità.

5.3         Funzioni e competenze

All'Agenzia delle entrate, come recita il D.Lgs. n. 300/1999: sono attribuite tutte le funzioni concernenti le entrate tributarie erariali che non sono assegnate alla competenze di altre agenzie, amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, enti od organi, con il compito di perseguire il massimo livello di adempimento degli obblighi fiscali sia attraverso l'assistenza ai contribuenti, sia attraverso i controlli diretti a contrastare gli inadempimenti e l'evasione fiscale.
L'Agenzia è competente per:
  • i servizi relativi all'amministrazione, alla riscossione, al contenzioso tributario in relazione ai tributi diretti e dell'imposta sul valore aggiunto, nonché di tutte le imposte, diritti o entrate erariali o locali, entrate anche di natura extratributaria, già di competenza del Dipartimento delle entrate del Ministero delle Finanze o affidati alla sua gestione in base alla legge o ad apposite convenzioni stipulate con gli enti impositori o con gli enti creditori;
  • l’informazione e l’assistenza ai contribuenti, anche tramite servizi telematici al fine di semplificare il rapporto con gli stessi e di agevolare gli adempimenti fiscali;
  • l’accertamento, il controllo di errori o di evasioni fiscali mirato al contrasto all’evasione (core business dell’Agenzia) anche con il supporto della Guardia di finanza;
  • la gestione del contenzioso tributario dinanzi alle Commissioni tributarie.
L'agenzia delle entrate, con il decreto-legge 27 giugno 2012 n. 87 ha inoltre acquisito le competenze dell'Agenzia del territorio, incorporata a seguito della predetta norma il 1/12/2012.

5.4         L'organizzazione

L’Agenzia è articolata in strutture centrali, regionali e provinciali. A livello centrale sono presenti 10 direzioni centrali e un ufficio di staff:
  • direzione centrale accertamento
  • direzione centrale servizi ai contribuenti
  • direzione centrale normativa
  • direzione centrale affari legali e contenzioso
  • direzione centrale amministrazione, pianificazione e controllo
  • direzione centrale audit e sicurezza
  • direzione centrale del personale
  • direzione centrale catasto e cartografia
  • direzione centrale pubblicità immobiliare e affari legali
  • direzione centrale osservatorio mercato immobiliare e servizi estimativi
  • settore comunicazione.
Le direzioni regionali sono 19 e hanno prevalenti funzioni di programmazione, indirizzo, coordinamento e controllo per le mansioni delegate alle strutture provinciali; curano, inoltre, i rapporti con gli enti pubblici locali e svolgono attività operative di particolare rilevanza, come le verifiche e gli accertamenti nei confronti dei soggetti di grandi dimensioni. Le due direzioni provinciali di Bolzano e Trento, pur avendo una configurazione provinciale, hanno un'autonomia e competenze simili a quelle regionali; la Direzione regionale della Valle d'Aosta assolve anche alle funzioni di direzione provinciale e dell'ufficio provinciale-Territorio.
Le direzioni provinciali svolgono le attività operative per l’informazione e assistenza ai contribuenti, la gestione dei tributi, l’accertamento, la riscossione e la trattazione del contenzioso. Sono costituite da un Ufficio controlli, un ufficio legale e uno o più uffici territoriali. Le 111 direzioni provinciali (compresa la Direzione regionale della Valle d'Aosta) operano nell'ambito del territorio delle commissioni tributarie provinciali, ad esclusione di Milano, Torino, Napoli dove operano 2 direzioni provinciali e Roma dove ne operano 3. Sono attive direzioni provinciali nelle province di Barletta-Andria-Trani, Fermo, Monza e Brianza, anche se non esiste una Commissione Tributaria che opera nello stesso ambito.
Gli uffici provinciali - territorio svolgono attività di catasto e pubblicità immobiliare. Operano anche su più sedi all'interno di una provincia per garantire l'accesso ai registri immobiliari conservati nelle rispettive conservatorie dislocate nei comuni sedi di tribunale.
Sono strutture periferiche anche i centri di assistenza multicanale che erogano servizi ai contribuenti via telefono, attraverso il sistema di posta elettronica e gli sms, e tre centri operativi (situati a Pescara, Venezia e dal 2012 Cagliari) che curano, a livello nazionale, attività specialistiche per le quali risulta conveniente l'accentramento in un'unica struttura (per esempio la liquidazione di dichiarazioni fiscali per imposte dirette ed indirette, l’erogazione dei rimborsi ai soggetti non residenti).
Dal 1º ottobre 2006 l'Agenzia si avvale di Equitalia (società partecipata al 51% dalla stessa Agenzia delle entrate ed al 49% dall'INPS) per la riscossione dei tributi su tutto il territorio nazionale ad eccezione della Sicilia dove opera Riscossioni Sicilia S.p.A. (controllata al 99,885% dalla Regione Siciliana e per lo 0,115% da Equitalia).

5.5         Bilancio 2010

Agenzia delle entrate nel 2010 ha riscosso 10.6 miliardi di euro di entrate sottratte alla regolare imposizione fiscale. A questo dato vanno aggiunti 480 milioni di euro relativi a interessi di mora derivanti dall'iscrizione a ruolo di tali posizioni. Ha 33238 dipendenti.[2]

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