2022 09 09 – Monarchia e borghesia
E’morto
il Re.
Viva
il Re.
Tanto
adesso ne fanno un altro.
E’
il bello della monarchia.
Istituzione
autoreplicante all’infinito.
Cosa
cambia per noi piccolo borghesi?
Niente.
I
presume.
Pur
dotato di qualche ottavina reale di sangue blu, io non capisco nulla di dinastie,
successioni, incoronazioni e istituzioni relative
Però
posso dire che oltremanica si respira davvero un’aria di istituzioni e tradizioni
fin dalle piccole cose.
Il
monarca è una onnipresenza divina, per regale concessione offerta al popolo.
Con
il suo carico di simboli e tradizioni da orgoglio nazionale e dinastico.
E così un popolo intero piange questo non meglio conosciuto personaggio da lignaggio.
La Regina.
Io
quell’aria nobile l’ho respirata.
E
forse pure rimpianta.
Con
un paio di simboli esemplificativi.
Andavo
a Londra a studiare l’inglese.
Ma
io scappavo dalle lezioni per andare a vedere i campioni di Wimbledon.
Arrivato
al mitico tennis club, io giovane piccolo borghese venivo rimbalzato dai campi
principali, per banale assenza di biglietto.
I
campi top erano riservati in buona parte a nobili e personaggi di rango.
Ma
scoprii presto la prima tradizione, osservando una fila di ragazzi.
Borghesi
e proletari della racchetta, stavano appostati all’uscita dei palchi nobiliari.
I
giovani venivano scrutati, censiti, e poi come per magia il nobile, che aveva esaurito
la sua presenza, cedeva il suo biglietto ad uno di loro.
Con
grazia e senza spocchia.
Il
nobile si prendeva cura dei suoi sudditi.
Con
eleganza.
Anche
se può sembrare una mancia, in realtà non lo è.
E’
una tradizione sociale
Alla
fine della giornata, prendevo il famoso metrò di Londra, altro simbolo di
grandezza monarchica sul quale sorvoliamo, per tornare a casa.
Abitavo
in una stanzetta da cui vedevo il giardino sul retro.
In
fondo al quale c’era un casotto di legno scarrupato dove il padrone di casa si chiudeva
di frequente.
Io
lo guardavo entrare e lo aspettavo uscire con lo sguardo.
Finchè
un giorno decise che poteva rivelarmi il suo segreto.
Mi
chiamò e fece cenno di raggiungerlo.
Così
feci.
E
dentro il casotto lo trovai che spolverava una magnificente Rolls Royce d’epoca
bicolore.
Spolverava
e basta, ma con orgoglio.
Finchè
mi si rivolse e mi chiese : “ Do you want to take a ride?” con quell’accento
tipico londinese tutto aperto “potato in mouth” e per niente stretto yankee.
Ovviamente
risposi di si e lui mi fece segno di salire.
Passò
qualche minuto finchè io capìi che to ride non voleva dire in motion, ma solo
un contemplare il simbolo di una nobiltà per il resto decaduta.
Così
a volte ci ripenso.
E
mi chiedo se un re sia un anacronismo o una difesa culturale.
Chissà.
Forse
c’è re e re.
Di
certo non lo scopriremo votando nella nostrana danza delle tarantelle.
Kalimmudda ipsum dixit
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