giovedì 14 maggio 2020

2020 05 14 – La pazienza è la vir(t)ùs dei forti


2020 05 14 – La pazienza è la vir(t)ùs dei forti

‘O virùs, con l’accento sulla u come si pronuncerebbe a Napoli, ci obbliga a fare di necessità virtù.
Guarda un po’ quanta differenza fanno una piccola, solinga, “t” ed un ancor più piccolo, insignificante accentucolo.
Il punto è che per sopportare questo virus ci vuole la virtù della pazienza.
Prima o poi passerà, o almeno così ci diciamo.
Ma la pazienza ha un limite.
Giobbe è un uomo pio e devoto, ma gli capita ogni sorta di disgrazia, che sopporta pazientemente.
Non per niente si dice “avere la pazienza di Giobbe”.
Lui prega e prega e prega.
Un giorno chiede al Signore: ”Signore io seguo i tuoi comandamenti, ti venero sempre e ti prego in continuazione, per ogni cosa. Perchè mi tormenti di disgrazie ?
E il Signore gli risponde : “perché mi hai rotto il cazzo”.
In coda in macchina si trovano un inglese e un romano.
Il romano suona il clacson in continuazione e bestemmia come un turco.
L’inglese resta composto e impassibile al suo posto.
Ad un tratto l’inglese scende va dal romano e gli dice : “la pazienza è la virtù dei forti. Shakespeare”.
Il romano lo guarda e gli fa : “ma vaffanculo. Pasolini”.
Verrebbe da dire che Pasolini è quasi Dio, e forse non saremmo nemmeno tanto lontani dalla verità.
Se non in senso assoluto, almeno in quello relativo, intendendo Pasolini come uno dei tanti profeti caduti sulla terra.
Un profeta di quadrante, se ricordate lo spazio virale.
Su Shakespeare direi che possiamo tranquillamente restare senza parole, ne ha assemblate abbastanza lui da solo per tutti, mentre su Giobbe che possiamo dire, se non povero disgraziato ?
E così abbiamo liquidato i nostri quattro personaggi in cerca di autore, che quindi sarei io che ci ricamo sopra qualche piccola considerazione, sempre virale.
Noto innanzitutto che di personaggi me ne sono persi due per strada e così mi rientra in gioco il jolly Pirandello.
Poco male. Per i due morti, intendo.
Saranno morti già da tempo, chissà se per colpa del virus, come tanti e come saremo tutti nel lungo periodo (questo era Keynes).
I quattro rimasti sono pezzi da novanta, che diviso quattro fa 22 e mezzo, che non c’entra niente, ma citare un po’ di numerologia fa tanto radical-chic o aristo-freak.
Insomma, mi sembrava fico ed essendo l’autore dei quattro me lo sono permesso, mentre penso a tutte le quaterne che potrei citare.
Ma torniamo al virus e alla pazienza che elo, confidenziale come “quelo”, mi sta mettendo a dura prova.
Non è la clausura,
non è la paura,
è più question di premura
a scongiurar la iattura.
Insomma, mi sta venendo fretta.
Ho proprio l’urgenza che passi.
E meno passa più mi si svuota il serbatoio di pazienza.
E monta l’insofferenza, proprio una sensazione di fastidio diffuso, che spesso somatizzo di stomaco.
Cioè mi viene la nausea.
‘Sto virus fa vomitare.
Va bene.
Insomma, ci manca solo la chiosa.
E viene facile facile.
Pazienza un paio di palle.
Virus: mi hai rotto il cazzo; ma vaffanculo!
Ho risolto qualcosa ?
No, ma almeno un po’ di outing mi ha fatto sfogare.
Già mi sento più leggero, etereo come un granello di bacillo.
Chissà che finalmente io riesca a tornare a volare, come il virus e come so fare, tra le vibrazioni delle mie sensazioni.
Nel caso, sarebbe da pensare che il virus ha fatto il miracolo.
E quindi per deduzione, il virus sarebbe Dio e siccome anche Pasolini era profeta se non proprio Dio, ecco che possiamo concludere che anche Pasolini era un virus e siccome anche io, che faccio l’autore, sono profeta del mio quadrante.……ecco la verità: non essendo io Pasolini, vuol dire che anche io sono un virus. Scribacchino.
Ho perso la pazienza in questa sorta di scioglilingua deduzionista, ma la conclusione mi aggrada.
Il virus sono io, canterei se fossi quell’usignolo. Vitalità. Nozionato. Programmato.
Anche se, quindi, dovrei farmi vomitare da solo.
Bleah.

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