2020 05
14 – “Lossico” virale - Pensiero, mica carta igienica
Da quando ad inizio 2020 è scoppiata l’emergenza del virus ho ripreso a scrivere.
Erano
quattro anni che avevo interrotto la mia piccola produzione letteraria privata perché
ritenevo di avere esaurito quello che avevo da dire sui molti argomenti
trattati. Anzi, su tutto.
Non era il
tipico blocco dello scrittore.
Era diventato
piuttosto un blocco del pensatore.
Molto più grave.
Avevo
messo il pensiero in soffitta, tra le cose non più utili.
Il virus,
invece, mi ha regalato un’enorme quantità di spunti e mi ha indotto a
rispolverare fuori questo dono che ho ricevuto.
In grande
spolvero, quindi, ho riesumato il gusto alla consecutio delle parole atte a
rappresentare il pensiero.
Il logos
si è impadronito di me facendomi scorrere nei suoi mille rivoli.
Devo dire
che la logica, dell’analisi e dei flussi, e’ divertente.
Perché attiva
sinapsi tra neuroni e più ne attiva più il cervello si illumina, si accende,
proprio come i colori di una risonanza magnetica.
E quando
si attiva, produce qualche sostanza chimica il cui nome termina inevitabilmente
in “ina”, come endorfina dopamina o serotonina vai a sapere, la quale a sua
volta produce buonumore.
Il pensiero
è uno psicofarmaco, forse “lo” psicofarmaco, naturale. Con tanto di articolo
come “Le” Big Mac delle piccole differenze di Pulp Fiction.
E può
anche diventare una droga, con tanto di dipendenza annessa.
Al tempo
stesso bisogna fare attenzione, perché il pensiero è sfuggente e volatile per
sua natura e, sia che sia leggero sia che sia pesante, può tendere a sguisciar
via dalle mani come una sfuggente anguilla.
E allora
succede che rimangono solo le parole che però non rappresentano più un pensiero
o un’idea, ma diventano solo lessico.
Le
chiamano parole vuote mica per niente.
A me piace
chiamarle avulse.
Una volta
svuotate e rese avulse dal contesto, diventano facile preda dei pirati delle
idee.
Pirati,notate
bene, e non corsari, perché senza regale “patente
di corsa” altro
non sono che per loro natura ladri e truffatori, seppur a volte non privi di un
certo fascino.
Tornando
alle parole, quando non sono svuotate e avulse, invece, il loro uso e’ utile e importante
tra l’altro perché una singola parola può essere strumento di sintesi di un
intero sistema semantico.
Di un
insieme di significati interconnessi.
Ed ecco
che allora il lessico ritorna a
diventare logos.
C’è chi non
sa distinguere tra le due immagini, logos che degrada in lessico e lessico che assurge
a logos, e si appropria ad uso improprio dell’uno o dell’altro, riempiendosi la
bocca di vocaboli, ma senza coerenza logica o etimologica.
E poi c’è
chi nasconde dietro le parole diverse visioni semantiche, sistemi di pensiero,
struttura delle idee. Chiamatele un po’ come vi pare, ma il succo è la capacità
di sintesi estrema derivata dalla padronanza del pensiero retrostante.
Lo chiameremo
il “lossico”, neologismo di sintesi tra logos e lessico.
Allora in
tempi di virus, noto che si adottano vocaboli differenti per indicare lo stesso
oggetto.
Vediamo se
siamo capaci di pensare e sappiamo attribuire ad ogni vocabolo il sistema di
pensiero retrostante.
C’è il
virus.
Generico sostantivo
di uso neutrale, privo di ogni connotazione, che viene adottato per lo più da
chi non si permette di esporsi e si esprime nel dubbio, senza sapere decidere
se sa di cosa parla o no. E’ un vocabolo da logos sospeso, quindi, in attesa di
comprendere se ci sia o meno sudditanza psicologica oltre che fisica. Siamo
tutti fisicamente dominati dalle nostre abitudini sospese. Per il resto, dubitiamo,
che è anche un’attitudine sintomatica di una certa intelligenza.
C’è il
coronavirus.
Virus con
la corona, che si chiama così proprio perché visto al microscopio dicono che
sembri avere una corona. A me non sembra, mi ricorda piuttosto le galleggianti mine
antinave della seconda guerra mondiale. E così credo che il sostantivo sottenda
una diffusa percezione di sudditanza come può essere quella nei confronti di un
re con la sua corona, appunto. E forse anche più quella nei confronti di una
mina vagante. Il piano logico quindi si sposta dal timore della sudditanza
fisica a quello della dominanza regale. Ci credevamo liberi democratici e
invece siamo tutti sudditi oppressi del re coronavirus.
C’è il
Covid-19.
Affettuosamente
chiamato da qualcuno solo Covid.
E’ il
lessico colloquiale che gli fa perdere il 19, un po’ come quando invece di
chiamarti con nome e cognome, ti chiamano solo col secondo. Fa parte della
semantica tecnica che serve a farci sentire tutti più padroneggianti della materia.
Ci rende tutti un po’ virologi e ci fa credere di essere capaci di gestirlo
tecnicamente. Ma dei tecnici bisogna sempre diffidare. Si innamorano della loro
tecnica e si dimenticano del quadro di insieme. Anche se lo chiamo Covid,
infatti, quello resta sempre un virus nato per contagiare.
Ecco la
dimostrazione del “lossico” al lavoro.
Tre parole.
Tre
sistemi semantici.
Tre forme
di pensiero.
Come
volevasi dimostrare.
E c’è
anche la controprova lossicale.
Cvd
C(o)v(i)d
Ma d’altronde
cosa siam qui a fare ?
Siamo
costruttori di pensiero, noi.
Non stiamo
mica qui ad asciugare gli scogli con la carta igienica usata.
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