venerdì 15 maggio 2020

2020 05 14 – “Lossico” virale - Pensiero, mica carta igienica


2020 05 14 – “Lossico” virale - Pensiero, mica carta igienica

Da quando ad inizio 2020 è scoppiata l’emergenza del virus ho ripreso a scrivere.
Erano quattro anni che avevo interrotto la mia piccola produzione letteraria privata perché ritenevo di avere esaurito quello che avevo da dire sui molti argomenti trattati. Anzi, su tutto.
Non era il tipico blocco dello scrittore.
Era diventato piuttosto un blocco del pensatore.
Molto più grave.
Avevo messo il pensiero in soffitta, tra le cose non più utili.
Il virus, invece, mi ha regalato un’enorme quantità di spunti e mi ha indotto a rispolverare fuori questo dono che ho ricevuto.
In grande spolvero, quindi, ho riesumato il gusto alla consecutio delle parole atte a rappresentare il pensiero.
Il logos si è impadronito di me facendomi scorrere nei suoi mille rivoli.
Devo dire che la logica, dell’analisi e dei flussi, e’ divertente.
Perché attiva sinapsi tra neuroni e più ne attiva più il cervello si illumina, si accende, proprio come i colori di una risonanza magnetica.
E quando si attiva, produce qualche sostanza chimica il cui nome termina inevitabilmente in “ina”, come endorfina dopamina o serotonina vai a sapere, la quale a sua volta produce buonumore.
Il pensiero è uno psicofarmaco, forse “lo” psicofarmaco, naturale. Con tanto di articolo come “Le” Big Mac delle piccole differenze di Pulp Fiction.
E può anche diventare una droga, con tanto di dipendenza annessa.
Al tempo stesso bisogna fare attenzione, perché il pensiero è sfuggente e volatile per sua natura e, sia che sia leggero sia che sia pesante, può tendere a sguisciar via dalle mani come una sfuggente anguilla.
E allora succede che rimangono solo le parole che però non rappresentano più un pensiero o un’idea, ma diventano solo lessico.
Le chiamano parole vuote mica per niente.
A me piace chiamarle avulse.
Una volta svuotate e rese avulse dal contesto, diventano facile preda dei pirati delle idee.
Pirati,notate bene, e non corsari, perché senza regale “patente di corsa” altro non sono che per loro natura ladri e truffatori, seppur a volte non privi di un certo fascino.
Tornando alle parole, quando non sono svuotate e avulse, invece, il loro uso e’ utile e importante tra l’altro perché una singola parola può essere strumento di sintesi di un intero sistema semantico.
Di un insieme di significati interconnessi.
Ed ecco che allora  il lessico ritorna a diventare logos.
C’è chi non sa distinguere tra le due immagini, logos che degrada in lessico e lessico che assurge a logos, e si appropria ad uso improprio dell’uno o dell’altro, riempiendosi la bocca di vocaboli, ma senza coerenza logica o etimologica.
E poi c’è chi nasconde dietro le parole diverse visioni semantiche, sistemi di pensiero, struttura delle idee. Chiamatele un po’ come vi pare, ma il succo è la capacità di sintesi estrema derivata dalla padronanza del pensiero retrostante.
Lo chiameremo il “lossico”, neologismo di sintesi tra logos e lessico.
Allora in tempi di virus, noto che si adottano vocaboli differenti per indicare lo stesso oggetto.
Vediamo se siamo capaci di pensare e sappiamo attribuire ad ogni vocabolo il sistema di pensiero retrostante.
C’è il virus.
Generico sostantivo di uso neutrale, privo di ogni connotazione, che viene adottato per lo più da chi non si permette di esporsi e si esprime nel dubbio, senza sapere decidere se sa di cosa parla o no. E’ un vocabolo da logos sospeso, quindi, in attesa di comprendere se ci sia o meno sudditanza psicologica oltre che fisica. Siamo tutti fisicamente dominati dalle nostre abitudini sospese. Per il resto, dubitiamo, che è anche un’attitudine sintomatica di una certa intelligenza.
C’è il coronavirus.
Virus con la corona, che si chiama così proprio perché visto al microscopio dicono che sembri avere una corona. A me non sembra, mi ricorda piuttosto le galleggianti mine antinave della seconda guerra mondiale. E così credo che il sostantivo sottenda una diffusa percezione di sudditanza come può essere quella nei confronti di un re con la sua corona, appunto. E forse anche più quella nei confronti di una mina vagante. Il piano logico quindi si sposta dal timore della sudditanza fisica a quello della dominanza regale. Ci credevamo liberi democratici e invece siamo tutti sudditi oppressi del re coronavirus.
C’è il Covid-19.
Affettuosamente chiamato da qualcuno solo Covid.
E’ il lessico colloquiale che gli fa perdere il 19, un po’ come quando invece di chiamarti con nome e cognome, ti chiamano solo col secondo. Fa parte della semantica tecnica che serve a farci sentire tutti più padroneggianti della materia. Ci rende tutti un po’ virologi e ci fa credere di essere capaci di gestirlo tecnicamente. Ma dei tecnici bisogna sempre diffidare. Si innamorano della loro tecnica e si dimenticano del quadro di insieme. Anche se lo chiamo Covid, infatti, quello resta sempre un virus nato per contagiare.
Ecco la dimostrazione del “lossico” al lavoro.
Tre parole.
Tre sistemi semantici.
Tre forme di pensiero.
Come volevasi dimostrare.
E c’è anche la controprova lossicale.
Cvd
C(o)v(i)d
Ma d’altronde cosa siam qui a fare ?
Siamo costruttori di pensiero, noi.
Non stiamo mica qui ad asciugare gli scogli con la carta igienica usata.


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