2020 05 21 – Slock down – Movid-nineteen
E cosi siamo allo Slock down.
Un prefisso monolettera, la S, a
significare l’opposto di lock.
Un prefisso trilettera, Slo, ad evocare il
fatto che è slow.
Sembra anche onomatopeico.
Suona un po’ come “slop” e ricorda tanto
un flop.
Le strade sono ancora semi deserte.
Anche i mezzi pubblici rendono un effetto
shock.
Semivuoti e stracolmi di segnaletica da
prevenzione anticontagio.
Tappezzati di adesivi posticci, appicciati
meticolosamente ovunque, rendono bene l’idea del tentativo di persuadere a mantenere
le distanze.
Illusione di controllo.
Non avendo gli adesivi fatti ad hoc, per
strada c’è anche chi disegna frecce direzionali per ingressi e uscite con lo
scotch da imballo.
Non solo sembra qualcosa di precario, ma
da l’idea di un trasloco delle abitudini in corso, denso di speranza che
qualcuno si avvicini sapendo già che poi si riallontanerà in tutta fretta.
Le attività sono ancora mezze chiuse e
quelle aperte sono quasi tutte vuote.
I commessi dei negozi ti benedicono se
entri mostrando una nuova disponibilità di cortesia verso chi si azzarda a
entrare.
Altro che Italia che riprende a correre.
Questa è una ripartenza in slow motion.
Appena schiacciato il tasto play della
nostra vita, ci accorgiamo che il film riparte in slow forward.
Curre curre guaglio’ un paio di ciufoli.
Nell’aria si respira ancora la paura,
insieme al rischio di contagio.
E così il gregge resta guardingo nelle sue
stalle.
Ma non tutte le pecore sono uguali.
Ci sono le famose pecore nere.
E sono parecchie.
Hanno colpito i video della nuova movida.
Tutte pecore di giovane età, forse appena
sopra il “teenismo” con tanto di suffisso ismo che come tutti gli ismi ben
rappresenta qualcosa di negativo.
Teenagers o appena post teenagers tutti
accalcati e senza protezioni a festeggiare non si sa cosa.
Giovani e giovanissmi, che si sentono
immuni per loro natura, spinti dall’empito vitale, seppur suicida, che un over
50 come me non ha più sentendosi prossimo all’età avanzata, alla vecchiaia e
alle malattie in genere.
Un bisogno di libertà, o forse meglio dell’idea
di sentirsi liberi, da soddisfare ad ogni costo, in un colossale processo di
rimozione di gregge, che ha fatto dimenticare i mesi precedenti.
Che poi viene da chiedersi liberi, liberi da
che cosa.
Cosa saranno stati mai di così drammatico
tre mesi senza aperitivi.
E invece evidentemente siamo una civiltà
di alcolisti anonimi in cui lo spritz diventa un valore, una misura del
benessere come il Big Mac per il potere di acquisto.
Ecco che allora bisogna fare attenzione.
E’ ovvio, lo dicono quasi tutti, ma va
sempre bene ricordarlo.
Per una volta c’è un pensiero diffuso e
condiviso poggiato sul principio di realtà.
La diffusione del Covid-19 ci mette un
attimo a rivitalizzarsi a causa del Movid- nineteen.
Se riparte il contagio addio anche alla
ripartenza in slow motion.
Invece di prepararci al rilancio in “fast
forward” ci ritroveremo a ritornare in “pause”.
Con un effetto deleterio sul film che
stiamo vivendo che ci metterà un attimo a diventare un “disaster movie”.
Abbiamo già anche il titolo ad effetto.
Tutto esaurito ai botteghini virtuali, che
quelli fisici saranno infrequentabili.
The revenge of the Movid- nineteen.
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