domenica 1 novembre 2020

2020 11 01 - La fragilità della resilienza del tempo

2020 11 01 - La fragilità della resilienza del tempo

L’ultima volta che ho scritto, mi hanno gentilmente detto che non si capisce un cazzo, e anche che ci ho troppe rime, come un pazzo. Ma io ci ho il certificato di pazzia ed e’ tutto un ia ia ia. Oh

Ecco, sulla rima tremenda vendetta su di essi si abbatta. E sono già tre.

Sul fatto di capirci qualcosa sarò ancora più feroce e partirò dalla fine.

Il tempo non esiste. E’ solo una convenzione con cui misuriamo le variazioni dello spazio, il quale  e’ in costante movimento che ci da l’illusione di doverlo misurare.

Aiutino: se pensate a cosa sia una giornata la soluzione tosto vi sarà arrivata.

Quindi il venerato spaziotempo in realtà e’uno spaziospazio.

Ora questo ci rileva, nella misura in cui ci sia qualcuno che lo misura male, e ti mette in condizione di beccarti una seconda ondata di virus, la quale e’ arrivata in uno spazio diverso.

Quello della movida, del tutti al mare, dei bus e infine delle scuole.

E quello della quantità di virus che non mi frega che arrivi a ottobre o a novembre, mentre mi frega molto che arrivi spaziando in abbondanza nei nostri polmoni.

Il problema non e’ il quando arriva, ma il quanto e il dove.

Il quando lo sapevano tutti, eppoi abbiamo detto che non esiste.

Allora a questo punto tutti cagati addosso, proviamo a cincischiare giocando col tempo dei locdaun progressivi, a rate, che in realtà altro non sono che porzioni di viralità riallocate geospazialmente.

E ci scordiamo dell’immunità di gregge, tanto c’e’ la resilienza.

Che parola del cazzo.

Non so da quando e’ diventata di moda, ma in ogni caso si intende la capacità di reagire di fronte a traumi, difficoltà, e simili.

A Roma se direbbe : “‘a fra’, ma quanno te ripiji?”.

Senza paroloni che nessuno capisce.

Comunque il punto e’che ‘sta resilienza e’ fragile, anzi così fragile che manco e’ iniziata.

Epperforza, per sua natura inizia dopo che il trauma si e’ verificato, ma il dopo non esiste.

Insomma, come ampiamente predetto, previsto e annunciato il virus gira, muta, o almeno varia, e spazia sereno senza che nessuno lo possa fermare.

E l’economia e’ fragile

E l’equilibrio sociale e’ fragile.

E che palle! Pure la resilienza fragile. Tutto fragile!

Voglio un tombino di ghisa, non un cristallo da piedistallo.

Per forza che poi uno si fragilizza.

Oltre a quanto sopra ci si ritrova con le fragilità derivate, come in matematica, anzi di matematica certezza.

La fragilità di salute, che minimo minimo somatizzi ipocondria e ti senti tutti i sintomi del mondo.

La fragilità di nervi, che e’ scientificamente neuroscientifica.

La fragilità emotiva, che ti viene il malumore depressivo.

La fragilità della volontà, che ti passa la voglia di fare un cazzo.

La fragilità delle speranze, che io speriamo che me la cavo.

La fragilità della natura umana, evidentemente.

La fragilità della condizione umana, che e’ cosa diversa.

Te la cavi solo se sei testardo, e ti puoi salvare ancora se metti tutta la forza che hai nei tuoi fragili nervi.

Allora tocca ritornare alle convenzioni sul tempo, e chiedersi :”ma quando finisce ‘sto strazio” ?

La risposta rismonta la convenzione.

Finisce quando sarà finita, che credo sia un ossimoro temporale, inteso dei tempi dei verbi.

Nel frattempo speriamo che non entri un elefante nella cristalleria, che allora altro che resilienza.

Ci vuole un vagone di attack, e parecchie tornate della terra, per rimettere insieme tutti i pezzi.

La dedica musicale e’ obligatoire, in questa bella versione bianconera: Fragile

 

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