sabato 14 novembre 2020

2020 11 17 – Fiducia vuol dire fiducia

 2020 11 17 – Fiducia vuol dire fiducia

 

Oh, Ondivaga Diurna Congrega, mai una parola facile, eh ?

Ogni volta mi tocca fare le capriole sinaptiche, per inventarmi qualcosa che faccia da missile.

La prossima puntata scelgo io: pizza.

No. Non va bene neanche quella, che ce ne sono decine se non centinaia, incluse quelle americane che dicono che l’hanno inventata loro.

Torniamo a fiducia.

Un facoltoso noto uomo d’affari dice al figlio dodicenne che vuole appendere un quadro e gli chiede di dargli una mano.

“Tu sali sulla scala che io ti tengo.“

Il figlio sale.

Appena e’in cima, il padre tira un calcio alla scala e figlio e scala cadono rovinosamente.

Il figlio si rialza e sta per protestare, ma il padre lo anticipa.

” Ecco la prima lezione, figlio mio. Mai fidarti di nessuno”.

Apperò!

Ecco che allora prende vita nei miei profondi, il ricordo del senso della parola.

Fiducia è l’atteggiamento, verso altri o verso sé stessi, che risulta da una valutazione positiva di fatti, circostanze, relazioni, per cui si confida nelle altrui o proprie possibilità.

Generalmente produce un sentimento di sicurezza e tranquillità.

Finchè non sei sulla scala.

Poi ci sono una valanga di accessori di uso e luogo comune che però ci risparmiamo.

Anzi qualcuno no.

Fiducia in Dio, negli uomini, nella fraternità umana, nella scienza, nel progresso sociale, nella verità, nella vittoria, nella propria stella, nelle proprie forze.

Tutti molto belli, e presenti in tanti brandelli.

Tutto viene da fidare, da cui affidare, o dare in consegna con fiducia.

Ed è interessante che per i latini derivasse da “fidus” “fedele”.

Come un cane, oggi simboleggiato Fido.

Anche se qualche sorta di sessismo semantico mai lo portò alla Fida.

Poi tutto qua.

Le definizioni si perdono in se stesse e resta questa parola, tutta sola, che sembra non avere origini o etimologia.

E’ quello che capita agli apriori, credo. Ai principi di base, alle dinamiche dominanti. Agli archetipi.

Insomma, sembra proprio che siamo predisposti al  confidare nelle altrui o proprie possibilità.

L’uomo è essere sociale, proprio perché ha fiducia.

Ed è fedele alla sua idea di bisogno di fiducia.

In se, negli altri, negli eventi, nei tormenti.

Nemmeno quando iniziano a manifestarsi delle fiducie i tradimenti, noi non si demorde.

E la fiducia diventa speranza, se non altro di riprovare a riporre fiducia.

Deve essere una forma di amore, in fondo, di quell’amore universale che tutto pervade.

E che proprio per questo ci da sicurezza e tranquillità.

Non ci si fida col rancore o col livore, ci si fida quando si apre il cuore.

E quello, per natura, prima o poi si riapre sempre.

O quasi sempre.

Così, essendo sempre in periodo di Covid, eccoci tutti scodinzolanti ad avere fiducia nel passerà.

Ci vuole pazienza a mantenere fiducia.

C’è chi si affida alla sublimazione nella fede.

Sempre fidata alleata della generale fiducia.

Abbiate fede, e Diò vi apparirà, in chissà quali forme.

Ma se lo preferite non antropomorfo, allora abbiate fiducia nella fiducia.

E’ un potente antidoto al nichilismo allofobo.

Chissà se il ragazzino dodicenne sulla scala ci salirà ancora.

O gli è rimasta la sfiduciata paura bloccante.

Io penso di si, per la natura circolare della fiducia.

Anche se magari con meno gratuitamente riposta fiducia.

Ascoltate il profeta, il Kalimudda

L’ultima cosa che disse, prima di andarsene, dall’altrui sfiducia bandito, fu: “abbiate pazienza, un po’ di astinenza e passerà la pestilenza”.

Fiducia nella pazienza.

E dopo dieci anni passò.

Fidec!

Oh, a volte ci va il tempo che ci va.

E ch’amma fa’.

Now this is oldly faith




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