2020 11 06 - Visoni
d’autore
E Kalimudda si risvegliò con
una delle sue grasse risate.
Aveva fatto uno di quei
sonnellini divinatori che era partito da 4 secoli più addietro.
Tra messianicità e
buddità il bel Mudda si disse di leggere i giornali.
Non aveva ancora capito
bene se fosse nel 1600 a sognar del 21esimo secolo o viceversa.
Appena aperto il giornale
mentale che dalla neurosfera gli proveniva quotidiano, capì che c’era qualcosa
di strano.
Olocausto
di visoni in Danimarca
Subito pensò alla curiosa
densità del titolo da sè percepito.
Fatto di etimologia dell’ὁλόκαυστος «bruciato interamente»,
composto di ὅλος «tutto, intero» e καίω «bruciare».
Con i visoni ,
che è il nome comune che
può riferirsi a 3 differenti specie di mammiferi della famiglia dei mustelidi,
europea, americana e marina.
L’ultima già estinta.
Cominciamo bene.
E quello strano
riferimento geografico alla Danimarca, che evocava, evocava, evocava.
E che vocava?
Bruciare, estinzione.
danesi.
Mah.
Il nesso doveva essere
ben circonflesso.
Mentre si arrovellava si
accorse che il primo ministro danese, metti figlio del Friedrich sbagliato,
aveva sganciato la bomba.
Anzi quattro.
1. Lanciato
l'allarme visoni: vanno abbattuti subito tutti gli esemplari presenti nel paese.
15-17 milioni.
2. Uno
studio dell'agenzia governativa 'Serum Institut' ha identificato una nuova
mutazione del Covid.
3. Nei
visoni; ma che si è già diffusa nell'uomo.
4. Potrebbe
potenzialmente mettere a rischio anche l'efficacia del futuro vaccino.
Azz.
La rivolta del regno
animale.
A costo della morte
totale.
Questo è meglio della
Merkel di propagandasi
kaput , pensò il Mudda.
Oppure chissà se i danesi
sono frugali e ci han qualche fine dubbiatamente pecuniale.
Ma subito ricordò che lui
l’aveva detto che tanti avevano detto che sarebbe stato detto.
Fatto.
Mutatis
mutandi si mutan nefandi. Karasciò
Lo dicevo io, ripensò,
che mutevolmente mutava.
E che rischiavamo una
mutazione appena più mortifera, o pestifera, o ubiquera, che portasse una
clausura di qualche tempo in più, che poi ci lasciasse nel deserto dell’incerto
pieni di solo sconcerto senza più nemmeno un mercato coperto. O aperto.
Tra l’altro quel
karasciò, alquanto profetico sembrò, evocando terre del nord di pellicciaia
tradizione.
Kalimudda si fece una
risata.
E poi un’altra quando
lesse: “siamo in contatto con le autorità danesi per saperne di più",
riferisce l'Oms in un tweet.
Ohm,s.
Un tweet!
Qua si scatena
l’apocalisse e quelli ci dedicano un tweet.
Ah, ah, ah.
Pensò ai poveri visoni,
animelle pelose a milioni di milioni, che galoppavano verso l’estinzione, come
già prima i loro parenti marini, per maldestrevolezza dell’umana genìa.
Forse era meglio così.
Un’eutanasia di massa,
per un vita dietro una grata per niente grassa, anziché nelle praterie a cui
nacque destinata.
E poi erano così carini.
Una cosa inquietante però
ce l’avevano.
Se al posto dei peli ci
mettete due ali, hanno quel musino mustelico che tanto somiglia a quello dei
pipistrelli, altra specie imputata al banco dei covidisti, curiosamente sempre
più vuoto di umanisti.
Fenotipica genìa
condivisa, foriera di pensieri genetisti.
Se pipistrello e visone
son parenti di geni, quanti ne avranno in comune gli umani?
Magari abbiamo anche qualche
predisposizione virale comune.
Ma vabbè, che ci frega.
Intanto dai che sterminiamo
un’altra specie.
Questa volta tutta in una
botta.
Che sarà mai.
Ci ci n’amma fè d’u
visone?
Magari è la volta buona
che facciamo le pellicce ecologiche, pensò Kalimudda mentre ricordava di avere
saputo che gli pareva che le avevano già fatte, e pure diffuse.
Anche se, se la Danimarca
è uno scherzo di sputo di terra, e se solo li ce ne sono 20 milioni su cinque
di abitanti, contando metà del pianeta che il freddo ce l’ha, ecco che poco
poco uno si immagina la carica dei 101.
Milioni.
Di animelle.
Mandate al creatore nel
forno crematore.
E intanto ancora ‘sta
Danimarca a picchiare in testa.
E nel mentre, pensava alla
dinastia dei virus, per natura incoronati, o per forse meditati, dicendosi che
se lo avevano davvero creato in laboratorio, a modo suo era geniale.
Gentile gentile, con
tanta dissimulante tenerezza, sembrava controllabile ma ti rendeva monnezza.
E si evolveva, verso
forme sue mutande sempre meno controllande.
Una domanda pertinendo lo
inquietava.
Ma come fa un umano a
prenderselo da un visone?
E poi da uno vivo, o da
uno morto?
Vuoi vedere che le
pellicce sono diventate ricontagiose?
Un pipistrello vola e ti
caga in testa, o nel cibo, o nell’acqua.
Ma il visone ingabbiato come
te lo passerà?
Forse solo a mozzichi.
O a ciatate venefiche.
Ma insomma.
Il risveglio dei peli
viventi restava qualcosa di oscuro.
Quasi fosse un complotto
di stato.
Che poi pareva un reame,
già pregno di regno.
Mmmhhh.
Kalimudda medighierava su
questa storia del risveglio delle pellicce viventi.
E sui complotti fetenti.
E iniziò a mettere in
fila i segni, divinitoriamente divinando su eventuali divinevolezze presenti
nelle gelide brezze.
Nel simultaneo una cosa
gli strappò una risata di portata.
Adesso stavano
richiamando i veterinari per curare gli umani.
Trattati da bestie,
quindi, nel vero senso.
Gaia testimoniava ancora di
più la karmolontà di rigettarci.
Col contrappasso
speciale.
Una mutazione professionale.
Di portata sociale.
Che poi i veterinari
saranno pure bravissimi.
Ma la capite la allegra
sardonìa, allegorìa della genìa?
E Kalimudda riscoppiò.
E l’unica cosa che disse,
tra un singulto e l’altro, fu: prepatatevi.
l'apocalirus galoppa.
Gaia ci rigetta.
L’apocalesse non va più
al trotto.
Il ritmo d’adesso è di vocali
i terminali.
Oscuri presagi confermano
che i segni non mentono.
Ovviamente pochi capirono,
molti negazionarono, altri rimossero.
Ma l’evidenza era li.
E Kalimudda canticchiò
una risata.
Dieci piaguzze per te.
Si mise a giocare a celo
o manca.
Era pur sempre un pulcino,
il piccolo Mudda.
E ci aveva bisogno di sverbogarsi.
1. Tramutazione
dell'acqua in sangue. Celo. Goccioline di starsputi fatte sangue ci han
fottuti.
2. Invasione
delle rane. Celo. Se batraci sono anfibi, il bacillo ci viaggia in bi.
3. Invasione
di zanzare. Celo. Zanzara è veicolo di roba piccola in pestilenziale
profusione.
4. Invasione
di mosche. Celo. Come per le zanzare.
5. Morìa
del bestiame. Celo. Sono ere già capitate, vaccina, pazzina, suina, avicola, e
adesso visonica.
6. Ulcere
su animali e umani. Celo. Pustole se tornasse la peste o il vaiolo, oppure
pescate pure dal globale paiolo.
7. Pioggia
di fuoco e ghiaccio. Celo. Guerre a pioggia di fuoco e mutamenti climatici a
strafottere grandine.
8. Invasione
di cavallette o locuste. Celo. Già arrivata in onda in Sardegna, giunte fino a
Milano di cui ancora non pregna.
9. Tenebre.
Celo e manca. Celo nelle menti, manca, ancora, in certe reti. Elettriche. Ele?
10. Primogeniti.
Celo. Se gli ultimi saranno i primi, i primi morti sono anziani. Era primogeniti.
Divenne ultimocrepiti
Finito di contare
s’accorse che era in effetti un decalogo.
Oh cazzo.
Tutti celo.
Più profezia di così.
L’unico manca è Ele
Estinction level event.
Pensò agli eletanti
d’umani rimpianti.
Lacrime di drilli come
birilli.
Manco un asteroide farebbe
tanto danno, quanto l’imperanti umani fanno.
Ecco cosa altro gli
mancava ch’evocava…
L’imperio.
La Danimarca.
Quel reame della
marcescenza.
Simbolico aggregato di
aristocratiche oligarchiche gerarchiche archìe, poi cresciute in imperìe
E la spartizione imperiale
portò fino al danno virale.
Tutti i danni d’umano, son
derivati dal suo desiderio.
Che sempre alla fine
abusa d’imperio.
Ma Gaia ha trovato la
via, e la chiamò pandemìa.
Disse imperiosa:
contrappasso t’abbasso sul tuo ventre grasso di satanasso eppure si crasso.
Se solo l’umana genìa avesse
prestato attenzione all’opera tutta che, ove non prima, fu già nel seicento fatta,
strafatta e rifatta.
L’intelletto del genio
avrebbe smorzato l’imperio.
Kalimudda capì perché si
era risvegliato con il dubbio di essere nel ‘600.
Interconnesse interazioni
probabilistiche si affollavano nei tessuti dei ricordi tra i suoi quantici
neuroni.
Non era solo per la similitudine
pestilenziale.
Era per quello che cogitare
divenne lezione mondiale.
Era per quello che
dubitare divenne meme universale.
Nel mezzo l’essenza.
Nel dubitame, sta dell’essère
il reame.
Rise tosto di gusto.
Si ricordò del suo dubbio,
al gurone instillato.
Ricordò d’aver detto che
la vita è uno scherzo di fiume.
Dubitando, malignamente,
sul che l’oggetto di vita fosse lo scherzo o il fiume.
Perché la vita non è uno
scherzo?
Il dubbio aleggiò.
E in tal guisa persino il
guròn cogitò.
E una certezza di almeno quattro
secoli addietro, gli sovvenne beffarda cogliendolo dietro.
Se pur imperando avessero
dubitato di più, il cielo dell’oggi sarebbe ancor lì, sempre più blu.
Prima di concludere la
sua predicazione soliloquiante, il Kalimudda non mancò di chiosare il suo ire
dell’io.
E si ricordò di un’aquila
che disse l’io non serve più, io non servo più.
Quanta virtù.
Era una delle parabole
conosciute dalle raccolte di magie,
proesie e sofie.
Era quella da cercare nel
nome delle ermellotte sincronizzate e dell’aquila astigmatica.
Ermellini e marmotte
mutati in ermellotte.
E i simboli imperiali,
ermellini come zibellini, che per i poveri in massa sono visoni, eran tutte
creature di predatoria vanagloria.
Eppur essendosi simboli,
immeritevoli di riproduzione assistita a vestizione designata.
Di fronte a loro, la
socievolezza delle marmotte, rispettose financo della notte.
Paffute coloniche
erbivotte, non evocavano l’imperial desiderio.
Del futuro di base genoma,
che del refolo beato non pretende la doma.
Con un’aquila renata,
simbolica d’ego, alla selezione genica preposta, su tutta la costa.
Ermellini, marmotte, pipistrelli
e visoni.
E l’aquila renata.
Parabolici tutti.
Di mutazioni genomate, dall’io
a vagoni.
Imperiale stendardo sventolava
aquilione dell'evoluzione.
Fino a quando lezione
mondiale, unversal terminale, non vi insegni dell’Ele, quale è la morale.
Ele,tanti.
Barrìti d’infiniti.
Dal refolo beato.
Io vi avevo avvisato.
Con amòr sempre tanto.
Da ben più di quattro,
dei secoli scettro.
Il Kalimudda dubitò.
E poi nel fragòr.
del suo ridore scoppiò.
Non abbiate terrò.
Sbagliato si pò.
E’ solo estinziò.
E poi li scherzò.
Provocando questiò.
Ma non è che sarà,
che non è più da vò,
e che genialicamente,
la niuvita è il virò?
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