sabato 7 novembre 2020

2020 11 06 - Visoni d’autore

2020 11 06 - Visoni d’autore

 

E  Kalimudda si risvegliò con una delle sue grasse risate.

Aveva fatto uno di quei sonnellini divinatori che era partito da 4 secoli più addietro.

Tra messianicità e buddità il bel Mudda si disse di leggere i giornali.

Non aveva ancora capito bene se fosse nel 1600 a sognar del 21esimo secolo o viceversa.

Appena aperto il giornale mentale che dalla neurosfera gli proveniva quotidiano, capì che c’era qualcosa di strano.

Olocausto di visoni in Danimarca

Subito pensò alla curiosa densità del titolo da sè percepito.

Fatto di etimologia dell’ὁλόκαυστος «bruciato interamente», composto di ὅλος «tutto, intero» e καίω «bruciare».

Con i visoni , che è il nome comune che può riferirsi a 3 differenti specie di mammiferi della famiglia dei mustelidi, europea, americana e marina.

L’ultima già estinta.

Cominciamo bene.

E quello strano riferimento geografico alla Danimarca, che evocava, evocava, evocava.

E che vocava?

Bruciare, estinzione. danesi.

Mah.

Il nesso doveva essere ben circonflesso.

Mentre si arrovellava si accorse che il primo ministro danese, metti figlio del Friedrich sbagliato, aveva sganciato la bomba.

Anzi quattro.

1.      Lanciato l'allarme visoni: vanno abbattuti subito tutti gli esemplari presenti nel paese. 15-17 milioni.

2.      Uno studio dell'agenzia governativa 'Serum Institut' ha identificato una nuova mutazione del Covid.

3.      Nei visoni; ma che si è già diffusa nell'uomo.

4.      Potrebbe potenzialmente mettere a rischio anche l'efficacia del futuro vaccino.

Azz.

La rivolta del regno animale.

A costo della morte totale.

Questo è meglio della Merkel di propagandasi kaput , pensò il Mudda.

Oppure chissà se i danesi sono frugali e ci han qualche fine dubbiatamente pecuniale.

Ma subito ricordò che lui l’aveva detto che tanti avevano detto che sarebbe stato detto.

Fatto.

Mutatis mutandi si mutan nefandi. Karasciò

Lo dicevo io, ripensò, che mutevolmente mutava.

E che rischiavamo una mutazione appena più mortifera, o pestifera, o ubiquera, che portasse una clausura di qualche tempo in più, che poi ci lasciasse nel deserto dell’incerto pieni di solo sconcerto senza più nemmeno un mercato coperto. O aperto.

Tra l’altro quel karasciò, alquanto profetico sembrò, evocando terre del nord di pellicciaia tradizione.

Kalimudda si fece una risata.

E poi un’altra quando lesse: “siamo in contatto con le autorità danesi per saperne di più", riferisce l'Oms in un tweet.

Ohm,s.

Un tweet!

Qua si scatena l’apocalisse e quelli ci dedicano un tweet.

Ah, ah, ah.

Pensò ai poveri visoni, animelle pelose a milioni di milioni, che galoppavano verso l’estinzione, come già prima i loro parenti marini, per maldestrevolezza dell’umana genìa.

Forse era meglio così.

Un’eutanasia di massa, per un vita dietro una grata per niente grassa, anziché nelle praterie a cui nacque destinata.

E poi erano così carini.

Una cosa inquietante però ce l’avevano.

Se al posto dei peli ci mettete due ali, hanno quel musino mustelico che tanto somiglia a quello dei pipistrelli, altra specie imputata al banco dei covidisti, curiosamente sempre più vuoto di umanisti.

Fenotipica genìa condivisa, foriera di pensieri genetisti.

Se pipistrello e visone son parenti di geni, quanti ne avranno in comune gli umani?

Magari abbiamo anche qualche predisposizione virale comune.

Ma vabbè, che ci frega.

Intanto dai che sterminiamo un’altra specie.

Questa volta tutta in una botta.

Che sarà mai.

Ci ci n’amma fè d’u visone?

Magari è la volta buona che facciamo le pellicce ecologiche, pensò Kalimudda mentre ricordava di avere saputo che gli pareva che le avevano già fatte, e pure diffuse.

Anche se, se la Danimarca è uno scherzo di sputo di terra, e se solo li ce ne sono 20 milioni su cinque di abitanti, contando metà del pianeta che il freddo ce l’ha, ecco che poco poco uno si immagina la carica dei 101.

Milioni.

Di animelle.

Mandate al creatore nel forno crematore.

E intanto ancora ‘sta Danimarca a picchiare in testa.

E nel mentre, pensava alla dinastia dei virus, per natura incoronati, o per forse meditati, dicendosi che se lo avevano davvero creato in laboratorio, a modo suo era geniale.

Gentile gentile, con tanta dissimulante tenerezza, sembrava controllabile ma ti rendeva monnezza.

E si evolveva, verso forme sue mutande sempre meno controllande.

Una domanda pertinendo lo inquietava.

Ma come fa un umano a prenderselo da un visone?

E poi da uno vivo, o da uno morto?

Vuoi vedere che le pellicce sono diventate ricontagiose?

Un pipistrello vola e ti caga in testa, o nel cibo, o nell’acqua.

Ma il visone ingabbiato come te lo passerà?

Forse solo a mozzichi.

O a ciatate venefiche.

Ma insomma.

Il risveglio dei peli viventi restava qualcosa di oscuro.

Quasi fosse un complotto di stato.

Che poi pareva un reame, già pregno di regno.

Di Danimarca.

Mmmhhh.

Kalimudda medighierava su questa storia del risveglio delle pellicce viventi.

E sui complotti fetenti.

E iniziò a mettere in fila i segni, divinitoriamente divinando su eventuali divinevolezze presenti nelle gelide brezze.

Nel simultaneo una cosa gli strappò una risata di portata.

Adesso stavano richiamando i veterinari per curare gli umani.

Trattati da bestie, quindi, nel vero senso.

Gaia testimoniava ancora di più la karmolontà di rigettarci.

Col contrappasso speciale.

Una mutazione professionale.

Di portata sociale.

Che poi i veterinari saranno pure bravissimi.

Ma la capite la allegra sardonìa, allegorìa della genìa?

E Kalimudda riscoppiò.

E l’unica cosa che disse, tra un singulto e l’altro, fu:  prepatatevi. l'apocalirus galoppa.

Gaia ci rigetta.

L’apocalesse non va più al trotto.

Il ritmo d’adesso è di vocali i terminali.

Oscuri presagi confermano che i segni non mentono.

Ovviamente pochi capirono, molti negazionarono, altri rimossero.

Ma l’evidenza era li.

E Kalimudda canticchiò una risata.

Dieci piaguzze per te.

Si mise a giocare a celo o manca.

Era pur sempre un pulcino, il piccolo Mudda.

E ci aveva bisogno di sverbogarsi.

1.      Tramutazione dell'acqua in sangue. Celo. Goccioline di starsputi fatte sangue ci han fottuti.

2.      Invasione delle rane. Celo. Se batraci sono anfibi, il bacillo ci viaggia in bi.

3.      Invasione di zanzare. Celo. Zanzara è veicolo di roba piccola in pestilenziale profusione.

4.      Invasione di mosche. Celo. Come per le zanzare.

5.      Morìa del bestiame. Celo. Sono ere già capitate, vaccina, pazzina, suina, avicola, e adesso visonica.

6.      Ulcere su animali e umani. Celo. Pustole se tornasse la peste o il vaiolo, oppure pescate pure dal globale paiolo.

7.      Pioggia di fuoco e ghiaccio. Celo. Guerre a pioggia di fuoco e mutamenti climatici a strafottere grandine.

8.      Invasione di cavallette o locuste. Celo. Già arrivata in onda in Sardegna, giunte fino a Milano di cui ancora non pregna.

9.      Tenebre. Celo e manca. Celo nelle menti, manca, ancora, in certe reti. Elettriche. Ele?

10.  Primogeniti. Celo. Se gli ultimi saranno i primi, i primi morti sono anziani. Era primogeniti. Divenne ultimocrepiti

Finito di contare s’accorse che era in effetti un decalogo.

Oh cazzo.

Tutti celo.

Più profezia di così.

L’unico manca è Ele

Estinction level event.

Pensò agli eletanti d’umani rimpianti.

Lacrime di drilli come birilli.

Manco un asteroide farebbe tanto danno, quanto l’imperanti umani fanno.

Ecco cosa altro gli mancava ch’evocava…

L’imperio.

La Danimarca.

Quel reame della marcescenza.

Simbolico aggregato di aristocratiche oligarchiche gerarchiche archìe, poi cresciute in imperìe

E la spartizione imperiale portò fino al danno virale.

Tutti i danni d’umano, son derivati dal suo desiderio.

Che sempre alla fine abusa d’imperio.

Ma Gaia ha trovato la via, e la chiamò pandemìa.

Disse imperiosa: contrappasso t’abbasso sul tuo ventre grasso di satanasso eppure si crasso.

Se solo l’umana genìa avesse prestato attenzione all’opera tutta che, ove non prima, fu già nel seicento fatta, strafatta e rifatta.

L’intelletto del genio avrebbe smorzato l’imperio.

Kalimudda capì perché si era risvegliato con il dubbio di essere nel ‘600.

Interconnesse interazioni probabilistiche si affollavano nei tessuti dei ricordi tra i suoi quantici neuroni.

Non era solo per la similitudine pestilenziale.

Era per quello che cogitare divenne lezione mondiale.

Era per quello che dubitare divenne meme universale.

Nel mezzo l’essenza.

Nel dubitame, sta dell’essère il reame.

Rise tosto di gusto.

Si ricordò del suo dubbio, al gurone instillato.

Ricordò d’aver detto che la vita è uno scherzo di fiume.

Dubitando, malignamente, sul che l’oggetto di vita fosse lo scherzo o il fiume.

Perché la vita non è uno scherzo?

Il dubbio aleggiò.

E in tal guisa persino il guròn cogitò.

E una certezza di almeno quattro secoli addietro, gli sovvenne beffarda cogliendolo dietro.

Se pur imperando avessero dubitato di più, il cielo dell’oggi sarebbe ancor lì, sempre più blu.

Prima di concludere la sua predicazione soliloquiante, il Kalimudda non mancò di chiosare il suo ire dell’io.

E si ricordò di un’aquila che disse l’io non serve più, io non servo più.

Quanta virtù.

Era una delle parabole conosciute dalle raccolte di magie, proesie e sofie.

Era quella da cercare nel nome delle ermellotte sincronizzate e dell’aquila astigmatica.

Ermellini e marmotte mutati in ermellotte.

E i simboli imperiali, ermellini come zibellini, che per i poveri in massa sono visoni, eran tutte creature di predatoria vanagloria.

Eppur essendosi simboli, immeritevoli di riproduzione assistita a vestizione designata.

Di fronte a loro, la socievolezza delle marmotte, rispettose financo della notte.

Paffute coloniche erbivotte, non evocavano l’imperial desiderio.

Del futuro di base genoma, che del refolo beato non pretende la doma.

Con un’aquila renata, simbolica d’ego, alla selezione genica preposta, su tutta la costa.

Ermellini, marmotte, pipistrelli e visoni.

E l’aquila renata.

Parabolici tutti.

Di mutazioni genomate, dall’io a vagoni.

Imperiale stendardo sventolava aquilione dell'evoluzione.

Fino a quando lezione mondiale, unversal terminale, non vi insegni dell’Ele, quale è la morale.

Ele,tanti.

Barrìti d’infiniti.

Dal refolo beato.

Io vi avevo avvisato.

Con amòr sempre tanto.

Da ben più di quattro,

dei secoli scettro.

Il Kalimudda dubitò.

E poi nel fragòr.

del suo ridore scoppiò.

Non abbiate terrò.

Sbagliato si pò.

E’ solo estinziò.

E poi li scherzò.

Provocando questiò.

Ma non è che sarà,

che non è più da vò,

e che genialicamente,

la niuvita è il virò?


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