2021 10 23 - Normodòtèti acchì.
Dòte.
In
puglièse.
Perché
mi piace l’ironia di geografia.
Che
non c’entra niente ma mi fa sorridere.
Però
mi confondo sempre gli accenti.
Ma
comunque.
Ciccinammafe’
di ‘ste dòti.
Noi
normodòtéti non le abbiamo in abbondanza.
Nella
norma, semmai e se va bene.
E
bastano appena per noi.
Normodotato
in psicologia si dice di individuo che ha un coefficiente di intelligenza
intorno ai valori medî.
In
fisicologìa invece si dice di individuo che di doti ne ha lo stesso.
Uno
normale.
Ho
sentito la storia di un colonnello militare che ha raccontato di avere usato
l’esperienza ricevuta in dote dalla fuga da
Ebola, per trasportare malati di
virus Covid verso gli ospedali dai posti liberi.
Attaccàti
con le cinghie ai C 130, quasi come fossero dei normali tram sanitari, facevano
la spola spostando malati, con tutti i loro macchinari per respirare, ancorati
come possibile.
Ho
anche immaginato preghiere contro le turbolenze.
E
poi qualche bestemmia, pure sacrosanta, alla presenza di turbolenze.
La
vocazione all’aiuto è in dote anche ai soldati, così spesso dati per scontati
nelle loro doti, e che ammettono sinceramente che senza la dote Ebola non
avrebbero potuto donarci un trattamento Covid in dote.
E’
una cosa che dota di speranza, o no?
E
non è normale.
Allora
ho ammirato quelle doti di duplice natura.
Naturali
e acquisite.
Normodòtèti
si nasce.
O
con buona fatica lo si diventa.
Non
è detto che ce la si faccia.
Mentre
ci sono individui dotati di doti superiori alla media già dalla nascita.
Sono
quelli che a scuola “è dotato ma non si applica”.
“Quindi”,
non si applica, dovrebbero dire.
Hanno
bisogno di meno sforzo, essendo dotati.
Per
forza che non si applica; è dotato oltre il normodòtèto .
Che
si applica a fare.
E
invece no.
Tutti
siamo dotati di qualcosa.
Capacità,
attitudini, predisposizioni.
E
la dote, in qualsiasi dose di presenza, è un dono.
In
quanto tale si ha il dovere morale di farci qualcosa.
Oh,
parolone!
Non
dico che dovremmo essere tutti su un C 130 a dotarci di ossa.
Ma
forse anche si.
Così
ci faremmo un bagaglio di esperienza da portarci in dote.
Ma
questo succede già.
Tutto
quello che facciamo produce una dote di esperienza.
Esperienza
di esistenza.
E’
la vita che è un C 130, carico di vita.
E
tutto si accumula nella neurosfera.
Non
crediate vada perduto quando si muore.
Le
doti, naturali o da fatica, restano incise nel vinile del gravitone.
Sono
cumulative.
E
determinano la crescita dell’intelletto.
Ecco
allora che bisogna liberarsi dal subconscio, che a furia di traumi ci impedisce
il decollo, e cercare le proprie doti.
Ci
crediam normodotati, a volte sottodotati, ma le doti son li in latenza di
attesa.
Scoprirle.
Capirle.
Coltivarle.
Renderle
abitudine.
Ecco.
Quando
tutti avremo fatto ciò, l’era del brucomente sarà
più vicina.
E
soprattutto ci sentiremo dotati, nemmeno più normodotati, odiosa parola già
densa di onomatopeico stigma.
Ecco
perché mi fa scherzarla e prendere in ironia dialettica.
Quindi,
come quello a scuola, ci potremo applicare.
Dotati
di leggerezza.
Come
un C 130, non per niente detto hercules, carico di doti che si librano in apparente
improbabile volo.
Volodotati.
Kalimmudda ipsum
dixit
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