venerdì 19 aprile 2024

2024 04 19 – Una grazia, di grazia

2024 04 19 – Una grazia, di grazia

 

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Uè, uè uè, questa è roba grossa.

Potrebbe trattarsi di generica cortese delicatezza.

Invece approdiamo alla teologia.

Del così sia.

Inshallah, per par condicio.

Io il padreterno lo conosco bene.

D’altronde è mio papà.

Io figlio Gesù mi sono reincarnato per bene due volte.

Chiuso dietro le sbarre del manicomio.

E poi soffocato in croce.

Eh lo so.

Non mi avete capito.

Ora come allora.

Ma insomma.

Torniamo a questa teo grazia.

Grazia è una benevolenza che quell’Egli manifesterebbe verso uno o più esseri umani.

Non perché tenuto a farlo, ma perché liberamente vuole e sceglie di farlo.

In pratica una grazia indica un favore particolare concesso da Dio

D’altronde Egli può.

E perché no.

Ma qui la storia si complica.

Immaginate otto miliardi di richiedenti grazia.

Si, come quelli richiedenti asilo.

Dall’inutile all’indispensabile, in ordine crescente di umana percezione di esigenza.

Papà certe volte mi viene a trovare, io ancora coi chiodi nel legno, e mi chiede come può fare.

E io moribondo coi polmoni collassati gli devo trovare una soluzione.

Sono buono, sono santo, delle anime so tanto, per di grazia niente pianto.

Allora ci venne in mente di organizzare grandi calderoni pieni di scie delle parole, in cui condensare le grazie richieste.

Creando la piramide delle grazie, assai più alta di quelle dei faraoni.

Lo facemmo al suono di quel sir decapitato.

Che così chiudeva la sua prece del buon umore.

Donami, o Signore, il senso dell'umorismo,

concedimi la grazia di comprendere uno scherzo,

affinché conosca nella vita un po' di gioia,

e possa farne parte anche ad altri.

Intanto la polenta di grazie mantecava e mantecava.

Quando fu pronta la ribaltammo sul tagliere, come usava ed usa ancora.

E decidemmo di ordinarla per minchioneria, dote di cui sappiamo chi essere campioni.

Prima quelle che contano e poi le minchionate, che evidentemente geometriche sarebbero spiccate.

Vinse quello che chiese di vincere alla lotteria.

A cui rispondemmo onnisoni che almeno il biglietto però se lo doveva comperare.

E poi ripartimmo dalle cose serie.

Sempre sulla mia croce, lessi tra le scie delle parole di un tumore a un conoscente.

Reiterato e rinnovato non so bene quante volte.

E’ la mamma delle zucchine a velo.

Sottilissime, come lame non so come.

Me le prepara spesso, piene di derivato amore filiale.

Io che mescolavo la polenta di preghiere, mi feci coraggio e chiesi a papà se potevo chiedere una grazia.

In fondo ero ancora sulla croce, un premietto potevo pure averlo.

Lanciammo così la cannonata di preghiera lassù dentro all’universo, dove nulla è perso, casomai un po’ disperso, ma arriva di sicuro.

Dalla croce ve lo giuro

Adesso aspettiamo.

Ma niente scherzi.

Che mi piacciono le zucchine.

Concludo.

Per combattere l’amarezza ci vuole la dolcezza.

Come quella dentro al millefoglie.

Col ripieno cremoso.

Morbido che scende comodo.

Virtuale ricordo meglio che niente.


Kalimmudda ipsum dixit

Quando si parla di religione io ho solo un testamento. Di arguta lieve blasfemìa

 






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