2023 05 26 – Ai, mai più senza
Va
bene ho deciso.
Rimuovo
le barriere architettoniche della mia mente.
Non
voglio marciapiedi senza scivoli.
E
mi propongo in abbandono alle architetture delle reti neurali artificiali.
Mi
devo documentare di artificial intelligence.
Le
discipline che studiano se e in che modo si possano realizzare sistemi
informatici intelligenti in grado di simulare la capacità e il comportamento
del pensiero umano.
Intelligenza
artificiale o artificio intellettuale, dubito.
Soprattutto
se penso che abbiamo 8 miliardi di intelligenze naturali, pronte da essere
riempite, attivate e messe in rete, come quel prototipo che è il web.
Quando
proverete il limite dell’illuminazione, infatti, capirete che un giorno si
comunicherà da mente a mente.
E
vigerà il principio del pensiero marginale, tale per cui l'intelligenza
telepaticamente diffusa tra tutti sarà in grado di riconoscere istantaneamente
il pensiero migliore da rediffondere nella neurosfera.
Alla
velocità dell’illuminazione.
Nell’attesa,
tutti sono entusiasti.
Un
amico mi dice che oggi l’intelligenza artificiale vale poco più di una
lavatrice.
Ma
domani vedrete.
E
poi la lavatrice ha regalato tempo alle casalinghe.
Libere
così, dopo qualche decennio, di andare a fare l’imperdibile shopping.
Saranno
migliaia di mirabilie che ci cambieranno la vita.
O
meglio, forse a noi no, ma ai nostri posteri sicuramente.
Ci
saranno dei rischi?
Ecchisenefrega,
cazzi dei posteri.
Tanto
cosa hanno mai fatto per noi questi posteri?
Invece
ora, da noi, ecco che vedo orde di disoccupati.
La
riconversione digitale non è mestiere per vecchi.
Ma
poi volete che in un mare di acronimi non spuntino quelli di nuovi mestieri?
Per
ora cuntentuma di roba come Ahi, Ciat, Gipt.
Ma
poi…
Il
problema dell’avverbio temporale del poi è che richiama il quando.
Ho
sentito uno dei tanti cervelloni che sereno sereno diceva che la riconversione
richiedeva da 3 a 5 generazioni, non mi è chiaro se di vivi o di morti.
Facciamo
50 anni, ma facciamo pure in fila per tre col resto di due.
In
mezzo, una caterva di disperati.
Apperò,
anzi: ahi.
Non
fraintendiamoci.
Io
sono sempre stato un fanatico di scienze e innovazione.
La
lavatrice la ho comperata subito.
E
mi sono scoperto discepolo dei guru di office automation, internet, web
semantico, scienze varie.
E
poi…
Poi oggi mi perdo nella sindrome del telecomando della videocassetta, come mio padre che non riusciva a farla partire da solo.
E litigo con lo smartphone.
Ma
per fortuna nce sta chi ce penza .
Dopo
avere smesso di giocare coi petardi spaziali ed averci adottati tutti, ecco che
saremo pronti per farci impiantare il chip nel cervello.
Da
figli di Musk.
Eh
no, questo lo voglio, è una figata, niente più telecomando della videocassetta.
La
Neuralink, start
up di Elon Musk, ha confermato l'autorizzazione della Food and Drug
Administration, niente popò di meno, per il suo primo studio clinico sull'uomo.
"Un
primo passo importante" per questa tecnologia, che ha lo scopo di
consentire ai cervelli di interfacciarsi direttamente con i computer.
Ciuspia.
Però
voi lo sapete, che si potrebbe fare senza.
Anche
di tutta questa scienza.
Che
ci fa stare così bene.
E
chi la ferma più, questa benedizione.
Kalimmudda
ipsum dixit.
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