2023 02 20 –Я звучу не
по-русски
In
tutto questo protrarsi di informazione o pseudo tale sull’endemìa bellica,
nessuno si cura di un’altra parte offesa.
Quando
il conflitto cominciò parlai con una cara amica russa dell’impatto popolare che
l’impopolarità di un manipolo di gerarchi avrebbe generato a danno di un popolo
intero.
Erano
i primordi.
Mi
raccontò dello sgomento tra i suoi amici.
Di
una diffusa dissociazione dalla guerra che per nulla sentivano loro.
Della
paura che il conflitto dilagasse.
E
di quella delle conseguenze delle sanzioni.
Di
una generale incredulità di fronte ad uno scenario da decenni precedenti.
In
fondo, fino a pochi decenni prima questa sarebbe stata una guerra civile.
Ed
in termini extra statali, questa era una guerra tra popoli fratelli.
Poi
sono passati i mesi e io ho perso i contatti.
Ma
non credo che la percezione di massa russa sia cambiata.
Così
mi è venuto in mente di scrivere questo appello.
Citando
o parafrasando la celeberrima frase di Kennedy rivolta ad un popolo strappato
in due.
Fu
un grande incoraggiamento morale per gli abitanti di Berlino ovest, che
vivevano in una enclave all'interno della Germania Est dalla quale temevano
un'invasione.
«Duemila
anni fa l'orgoglio più grande era poter dire civis Romanus sum, sono un
cittadino romano. Oggi, nel mondo libero, l'orgoglio più grande è dire 'Ich bin
ein Berliner.' Tutti gli uomini liberi, dovunque essi vivano, sono cittadini di
Berlino, e quindi, come uomo libero, sono orgoglioso delle parole 'Ich bin ein
Berliner!'»
Ecco,
oggi stavo guardando il video qui sotto riportato e non ho potuto non notare il
diverso gioioso stato di un popolo in festa per un concerto in piazza Rossa.
I
Beatles, icona pop a testimoniare una novella comunanza culturale di popoli.
Seppur
in quella occasione presente anche Zar Putin, nemmeno un sorriso gli scappò.
E
mi sono sentito di dire una cosa.
Non
tanto “Io sono un ucraino”, che sarebbe una oscena banalità.
Quanto
piuttosto un incoraggiamento per la popolare cosiddetta parte avversa.
Che queste parole possano essere spoken
as “words of wisdom”.
E
riconducano tutti alla ragione.
Il
popolo lo fa già, I presume.
Perciò
io non sono un berliner, che non rischio di avvallare la memoria di qualsivoglia
obsoleta dicotomia.
E
non sono un ucraino.
Troppo
facile a parole.
Io
confido nel potere della neurosfera.
Che
diffonda pensieri e parole di saggezza, come sussurrava mother Mary.
E
mi dichiaro.
“Я звучу не по-русски”.
Che
se il traduttore imperiale non tradisce, o censura, vuol dire questo.
“Io
sono un russo”.
Kalimmudda
ipsum dixit
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