2023 10 03 – Denunciazione creativa
Un passettin per volta, che qui c’è ne è di trippa per gatti al forno.
Iniziamo però da una denunciazione.
Nunziare, annunziare, riferire, con davanti un de.
Denunciaziòne, denunciaziòne
Eh, perché certe cose proprio no.
Ci sono cose che un minimo di umana dignità non può tollerare.
Ed è obbligatorio denunciare.
Pare che in alcune note istituzioni di ricerca terapeutica mediolanensi
vengano condotti esperimenti in vivo su giovani esemplari di psichiatrologi in
erba.
Siddetti anche erbologi.
O almeno da me compresi come giovani virgulti arbustivi della avventizia
civiltà dell’intelletto.
Tale vocazione sacrificale risulta infine pregna di contenuti.
E vengono perciò sottoposti all’esperimenti.
E guarda un po’ che ci tocca vede’.
La barbarie infatti, sta nel fatto che gli erbologi vengono costretti
induttivamente, vale a dire non per libero arbitrio ma per subdola induzione
manipolatoria di presunta contenutistica, ad ascoltare ore e ore di certune quantunquemente
in parte a volte ascoltabili, radiofoniche trasmissioni.
Soggetti come topini in bagno di manipolazione, essi vengono dunque intrisi
d’utilità d’ascolto per la ricerca.
Il che è pure vero, come dimostrano proprio i risultati ottenuti.
Col finale rinforzo positivo delle bontà delle parole scelte.
Sono dunque nanofrogili usmatori cercatori e pescatori di creativitali segnali
di vitale utilità psicosociale.
Spoilerando con cazzimma vi dirò pure che alla fine la trovano.
Nelle parole, si intenda.
I contenuti cui vengono esposti sono però di duplice natura, ricordiamolo.
Si spazia tra alta radiofonìa intervallata da vagonate di personali
giullarate, soprattutto per responsabilità
dei megatricoli, o longotricoli.
Ma quali sono i risultati, e che c’entrano i topini erbologi, con la tanta
manna della creatività?
Tempo all’istante, che in quanto tale non esiste.
Siccome mi sun ‘gnurant me poggi spesso sulla conoscensa enciclopedica.
Voi non lo sapete ancora, ma nella civiltà nell’intelletto uno si aggancerà
col pensiero ad un concetto, e la neurosfera gli scaricherà in testa tutta la
conoscenza relativa, roba che uichipidia ci fa una pippa.
Ma per ora bisogna scartabellare.
A me me me pias un frego la treccani, forse perché ne ho uno di tre.
E allora scopro che questa storia della creatività è argomentata e dibatutta
e ricercata fin dalla notte dei tempi.
Enciclopedia
delle scienze sociali, mica quella del micio micio bau bau.
Si designa come creatività quella capacità della mente che si traduce nella
produzione di innovazioni nei processi di conoscenza e di dominio del mondo
oggettuale.
Affinché un'innovazione venga designata come creativa, o venga attribuita a
creatività, occorre che sia consensualmente apprezzata come un salto di qualità
rispetto allo stato precedente del sapere e/o della tecnica. Creativi sono
dunque in pratica, e più concretamente, tutti i processi intellettuali che
comportano l'introduzione di nuove concezioni e soluzioni.
Minchia, se è contorta di densità la conoscenza pedica.
E che c’entrano i nostri erbologi riuniti in gruppalità?
Beh, in sintesi io ho capito, pur non capendoci granchè, che ci si sente di
confermare che la creativale gruppallità fortifica il gruppo medesimo
rendendolo più resiliente.
Ci erano arrivate molto prima già le marmotte, paciosi roditori gruppali e
creativi, tanto da inventare il fischiettante sentinellificio ad utilità
etologica sociale.
Ma questa è un’altra storia, o anche no.
Si sono inventate che una pattuglia il cielo, e se vede un’aquila se ne
esce con un fischio di richiamo all’allarme e tutte scappano in tana.
Milleni prima dei sensori a infrarossi.
Questione di ruoli individuali per la creativa utilità del gruppo
complessivo.
Non so se stiamo parlando proprio di creatività o più di società o altro.
Ma magari l’è istèss.
Anzi, mi ci gioco un neuro.
Manca però un ultimo passaggio.
Tutto questo ordine naturale alla fine è fatto di bellezza.
Quella che cerchiamo con ogni scampolo di creatività.
Questo è il nocciuolo.
Creatività è ricerca di bellezza.
Quella cosmetica.
Che pervade tutto il cosmo.
Il creato, dai che gliela fai.
In ogni sua frazione di piccolo gesto.
Però adesso mi sono rotto.
Torno a casa e mi rimetterò in mutande.
Nella speranza che il silenzio di una stella mi si amplifichi ad
accappella.
Questa era soprattutto per il megatricologo.
Kalimmudda ipsum dixit
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