lunedì 29 gennaio 2024

2024 01 29 – Miseria e falsità, orgoglio e nobiltà. Cfcd

 2024 01 29 – Miseria e falsità, orgoglio e nobiltà. Cfcd

 

Criptica vita feudale.

C’era una volta tanto tempo fa in una terra lontana lontana un piccolo feudo.

Eppure trovandocisi dentro, pochi sapevano in effetti cosa fosse un feudo.

Assai astruso appariva quell’ordine socio proprietario fatto di diritti su corpi e su beni.

Signorie su vassallaggi, sudditanze, schiavitù.

Parecchi secoli dopo si capì che era un ordine sociale contra naturam.

Era diritto reale su beni o persone  in grado di fornire una rendita a fronte di un servizio, spesso militare.

Convertendo il trono longobardo in merovingio senza che trasformandolo se ne cogliesse il senso di impero.

Passando terre ai pe’dei monti.

Il feudo aveva un preciso ordine sociale, di signori, vassalli, contadini, disgraziati.

E varie funzioni di staffa.

Il druido con la saggezza di quercia cercava di decifrare storie senza in effetti sapere cosa stesse facendo.

Il cerusico chirurgicavallava.

Il fabbro fabbricava.

Altri per lo più coltivavano la terra.

Per vedersene portare via i frutti, anche quelli del maiale invernale, pover purcel.

O partivano alla querra, ma a piedi senza cavalcatura armata

Il computista privilegiato faceva di conto e computava beni e riserve d’ogni sorta.

E tutto scorreva senza troppe pretese, contando i ricavi, valutandone le spese.

Ogni tanto toccava dovere armare il signore cavaliere.

E allora erano dolori di baiocchi.

Crociate.

Battute verso terre di terre terzi.

I signori avanzavano pretese, da cavalcature ad armature.

E il contadino scontava.

Mentre il computista computava.

Un certo qualdì nel villaggio si presentò un nuovo computista.

Durò il tempo di qualche tempo e se ne andò, perso in un motto di sbotto d’ira.

Suo e del signorotto.

Ne arrivò un altro scelto dal signorotto mismo manipolismo

In un bel mezzo medio vitae pulcino con ancora la con la paglia nel culo.

Fu addestrato come cavallo e venne, istruito erudito, cortesiato in ogni forna d’aiuto dal apprendista rimasto.

Seppe tutto quanto c’era da sapere di feudale.

Finche’ l’aiuto si ammalò per la frustrazione provata, solo mitigata col suo signorotto balocco.

Il computista lo parcheggiò nella stalla da cavalli bolsi.

Non più buoni neppure da tiro all’aratro.

Così credette il computeste, coi suoi decine di cervellini infilabili d’entro un scrigno di poca portata e pure ancora pieno di spazio.

Dimentico dell’istruzione ricevuta da pulcino pigolarne.

Ma il bolso sapeva che aveva in serbo una schioppetttata in testa.

Dimentico d’essere sua creatura pulcina.

Era un troppo nobile ingombro nella pochezza dei giochi di misero potere.

Dimentico di chi aveva trasferito tutto il suo sapere.

Con nobiltà d’animo e gratitudine arbitraria.

Miseria, quanta miseria.

False attitudine equivalse.

Sgarberie.

Si ricordò che il feudo era ai piedi dei monti.

Alla corte del re sole dove ci si dilettava di musica cortese alla franzosa

Non ai piedi dei monti d’eleganza carenti.

Falsi  e cortesi.

 

 

kalimmudda ipsum dixit

Medieval romantic warrior



 

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