2023 07 23 – Testamento di razza
Testamento di razza, ma che razza di testamento.
Io
questo fatto che poi uno muore l’ho capito bene.
Ho
anche capito bene che poi si viene sparati nella neurosfera.
Là
dove niente viene perduto.
E
ho anche capito a fottere che poi la neurosfera ci rispara da qualche altra parte.
In
un sasso, in un animale, in un umano, poco cambia.
Il
nocciolo è essere in circolo.
Circolare,
direbbe il vigile del tutto.
Come
un virus nella creazione.
Ho
pure capito che non sono un rimozionista metodista.
Per
cui questi fatti ce li ho bene presenti.
E
sono pure metodico nel percepirne il lento avvicinamento.
Muoio
continuamente.
A
mano a mano che procede il mio decadimento.
Ho
anche imparato bene che più che pauroso sono curioso.
Non
vedo l’ora di vedere come è pesare solo ventuno grammi.
O
addirittura non pesare niente.
Ridecaduto
e reincarnato in fotoni di luce.
Per
farmi capire, perché in realtà sarebbero gravitoni alla velocità della luce, o
più.
So
anche che la gente da buoni consigli quando non può più dare cattivo esempio.
E
me li vedo già dal mio campetto d’ossa.
E
qui c'è chi ha la faccia di chiedermi rinunce.
Di
non fare bisboccia, di risparmiare i soldi, di non andare a zonzo.
E
so bene anche come funziona la mente umana.
Per
cui non se ne accorgono nemmeno, comme il faut d’altra parte, che stanno
rimuovendo.
Ma
mica il loro dolore.
Stanno
rimuovendo le colpe che pure sentono di avere commesso, o che commetteranno.
Così
ieri ho fatto un pezzettino di testamento.
Pezzettino
che in effetti sarebbe divertente se fosse uno spoiler.
Un
guastafeste in potenza.
Ma
in realtà l’ho fatto perché parlavo della mia proprietà di vivo valore.
In
effetti dimenticando di includere un bonsai, una mangiafumo, un limone, un
ulivo nano, pure lui, e pure quattro piantine grasse.
Esseri
viventi abbisognanti di umana cura.
Avrei
da disquisire su questo fatto della convenzionalità della proprietà privata.
Di
un essere vivente, poi.
Un
giorno nella civiltà dell’intelletto sarà un concetto superato.
Ma
oggi no.
Quindi
per ora io lo devo includere, il cane.
Se
muoio o mi invalidano, poi chi ci pensa.
Che
poi immaginiamoci se morisse di stenti in una sua reincarnazione interrotta per
mala curia d’umano.
Così
ieri ho iniziato un percorso testamentario.
Iniziando
dal cane.
Esemplare
unico di razza di maremmano nano albino.
Un
patrimonio.
Si
parte dal cane e si decade fino al campetto d’ossa.
In
mezzo ci potrebbero stare grandi moti di cazzimma.
Sapete,
come quelli che lasciano tutto al gatto.
Io
lo farei coi poveri.
Per
regalare agli eredi un po’ di vita dura.
Che
chi lo sa se ne han bisogno.
Che poi la vita non è un sogno.
Ma
io in realtà posso solo sognarlo.
Essendo
ritenuto abbisognante di sostegno tribunalizio per disporre anche di una mia semplice
matita.
E
me li vedo già, sul mio campetto d’ossa.
Abbrunare
gli occhioni.
Per
il pianto delle grandi occasioni.
In
effetti so un sacco di cose.
E
conosco bene anche la cazzimma.
Per
cui posto presto stamattina.
Lasciando
il dubbio su quante ore io abbia dormito.
Magari
sto slatentizzando il cristo profeta che c’è in me.
O
magari sto morendo d’insonnia.
E
magari a qualcuno piacerebbe.
O
magari mi sono solo turbato a scrivere la prima rata del mio potenziale testamento.
Chiedete
a loro, dotti medici e sapienti, spacciatori di litio et similia.
Io umano
sono umano.
Troppo, anche troppo.
Kalimmudda
ipsum dixit.
In
trinità di link.
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