2023 11 12 – Piccoli e cazzimmosi
Questa
è una dolorosa metafora di guerriglia nella jungla delle idee.
Si
diceva che certe volte per difendere la tolleranza bisogna impugnare una 44
magnum.
Soprattutto
quando la tolleranza è confusa con debolezza.
Ma
spesso basta una metaforica testata sui coglioni.
E’
estate.
E’
pieno mezzogiorno. Il sole è a picco.
La
canicola è infernale.
Sulla
banchina del porto l’asfalto si scioglie sotto i piedi.
I
ragazzini giocano a pallone lo stesso, ci sono abituati.
La
canicola non li impressiona per niente, ci sono nati.
Due
lattine vuote fanno da pali della porta immaginaria.
Un
portiere, due squadre da tre ciascuna.
I
sei sono perfettamente fronteggiati.
Nessuno
vede uno spiraglio in cui intrufolarsi per liberarsi verso la porta.
D’un
tratto qualcosa succede, una piccola frattura nell’equilibrio di pesi e
posture, e uno dei sei, finta, scarta e parte al galoppo.
Quando
arriva a pochi metri dalla porta tira una randellata magistrale a bordo lattina
e segna.
Mentre
esulta non si cura della traiettoria della palla, che va a incocciare con
miracolosa precisione la capoccia di un portuale.
La
palla schizza in alto in verticale, e ricade tra le braccia dell’omone, grande grosso
e burbero.
Probabilmente
esasperato dal caldo del suo lavoro di merdosa fatica.
Quello
si volta verso i ragazzini sbraitando e urlando di non provarci più.
I
ragazzini annuiscono timorosi e l’omone, un po’ controvoglia, rilancia loro il
pallone.
Pochi
minuti dopo, un altro maradonino ripete le prodezze del primo, tira e segna
ancora.
Questa
volta si girano tutti e sei preoccupati per seguire la traiettoria, e vedono
che, per la grande alchimia della sfiga, il pallone va a sbattere contro la
cassetta degli attrezzi dell’omone che sta facendo il suo mestiere di meccanico.
Si
impietriscono mentre l’omone sbraita e lancia il pallone a mare.
Uno
dei sei si butta in acqua e lo riporta alla partita.
Per
qualche incredibile congiunzione astro portuale, pochi secondi dopo la scena si
ripete per la terza volta.
Uno
dei sei scugnizzi segna, e la palla va a sbattere contro la schiena del
portuale.
A
quello salta il nervo e, uscito dal contesto del quadro di insieme, reagisce.
Fuori
misura.
Col
pallone in braccio, un leggero classico santos arancione, prende un cacciavite
dalla sua cassetta, e lo buca.
Pffff.
Gli
scugnizzi iniziano a bestemmiargliene contro di ogni.
L’omone
si spazientisce e inizia a urlare: “ue’, figli ‘ndrocchia. Venite accà che
v’arap’o mazzo. Non lo vedete quanto sono gruosso?”
D’un
tratto uno dei sei prende la rincorsa, scarta tutti i compagni in uno slalom
magistrale, punta dritto l’omone senza che quello abbia il tempo di realizzare
che succede, gli arriva sotto, e…gli sferra un memorabile colpo di testa sui
coglioni.
L’omone
si accascia dolorante.
Lo
scugnizzo si riporta a distanza di sicurezza.
Ride
e gli fa : “tu sarai pure gruosso, ma nuje simmo piccoli e cazzimmosi”
Eh,
si.
Nel
panorama popolato di ignoranti e di allegri
cipollosi cretini, a volte ci vuole.
Specie
quando si perde di vista il contesto del quadro di insieme.
Ecco.
Certe
volte per difendere la tolleranza bisogna tirare testate sui coglioni.
Cazzimmosi.
Ma
bisogna essere veloci e sorprendenti come vietcong.
Per
sopravvivere nella giungla delle idee.
Ed
uscirne pure vivi.
Kalimmudda
ipsum dixit
Tengo 'a cazzimma e faccio
tutto quello che mi va
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