2023 11 19 –Dramma povertà e soluzioni perdute
Questo
postino non è né lirico, né ironico, noioso direi, eppure doveroso.
Tra
ipocrisia e vanità.
Parlare
di povertà riparato al caldo e a pancia piena in una comoda poltrona nella
propria accogliente dimora con tanto di benestante cane da compagnia è davvero
gesto pieno di ipocrisia e di vanità.
Ipocrisia
perché è simulazione di virtù e in genere di buoni sentimenti, qualità e
disposizioni, senza che si parli con genuina umiltà.
E’
una recita di ingannevole finzione.
E’
vanità il subdolo compiacimento di sé e delle proprie doti e privilegi che spesso
si traduce in vanagloriosa dissimulata vuota ostentazione della stessa falsa
umiltà.
Io
sono un campione della manipolatoria dissimulazione.
Fingo
di provare sincera empatia.
Quando
la realtà è quella di una profonda malsana superstiziosa scaramanzia.
Speriamo
e preghiamo che non capiti a me.
Quello
che c’è di veramente vero è il terrore di diventare povero davvero.
Per
caso, per errori, per circostanze, non importa.
Non
so immaginarmi come farei.
Un
incubo ricorrente è quello di svegliarmi una mattina senza più niente.
Scoprirmi
buono a nulla, figlio di una civiltà di superflua cultura della capacità di
sapere fare di conto.
Economia,
sopravvalutata pseudoscienza nata e pasciuta come figlia dell’accumulo del dio
danaro.
Mentre
basta un po’ di buon senso e non serve certo un pozzo di scienza.
Tremo
al pensiero di dovermi preparare ogni giorno a mettermi in coda alla Caritas
per un pasto.
C'è
chi mangia troppa minestra, e chi è costretto a saltar la finestra, cantava
Jannacci.
E
mentre so che non so saltare, per ora so che di minestra ne ho fin troppa ma
non ci voglio pensare.
Adesso
però so perché mi veniva sempre in sogno come un incubo, quella benedetta coda
alla Caritas.
6
milioni di poveri.
25
milioni a rischio.
Su
meno di 60 milioni.
E
altre informazioni di sconfortante continua progressiva deriva negativa.
Le
riporta il Rapporto 2023 su povertà ed esclusione sociale in Italia proprio
della Caritas.
Il
Rapporto si intitola "Tutto da perdere", presentato in vista della
Giornata mondiale dei Poveri.
La povertà è un fenomeno
strutturale, questa la sintesi.
Si
cita il principio di uguaglianza dell’articolo 3 della Costituzione
italiana
come diritto fondamentale.
Recita
che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla
legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di
opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
Meno
enfasi mi pare però venga posta sulla seconda parte dello stesso articolo tre.
È
compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale,
che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono
il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i
lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
Bello,
che bella letteratura.
La
Repubblica dovrebbe dunque adoperarsi per eliminare tali ostacoli economici e
sociali.
Siccome
io quello so fare, scelgo la prima opzione, e parto parlando di quelli
economici.
Le
soluzioni sono sempre le stesse trite e ritrite.
All’evasione
di grande e piccolo cabotaggio si risponde tracciando e bloccando moneta e
abolendo il contante.
Al
cancro off-shore si risponde con la lunga galera e la confisca transnazionale,
per me addirittura militare. Tanto è fenomeno mondiale stimato sempre Oxfam in
dodicimila miliardi.
Al
sommerso da droga e prostituzione si risponde con la legalizzazione.
E
già così si raccoglie qualche centinaio di miliardi, ovviamente da reinvestire
ad arte e non a pioggia casuale elettorale.
Un
cento più cento più duecento, secondo Oxfam, ma secondo i miei calcoli ci va
almeno uno zero in più.
E
invece che fa chi governa la cosa pubblica durante gli anni?
Deriva
passivo, spettatore imbelle del dramma che procede in scena.
Poi
ci sono questioni politiche, ad esempio quelle sulle spese militari o su una
spesa pubblica da usare in investimenti e assistenziale solo residuale.
C’è
la questione sociale dell’incentivo alla cultura del cambio di modello di
spesa, ad esempio con una campagna di promozione di minor consumanesimo e più adozioni,
pure di adulti.
Insomma
ce ne è di roba da fare, e se ne è parlato in tutte le salse.
Mentre
i poveri esclusi stanno sempre là, come il mare.
Tutto
sporco, pieno di monnezza, e nessuno lo vuole guardare.
E
tutto questo solo parlando dell’articolo 3 della nostra Costituzione.
Se
poi volessimo fare un mondo migliore si potrebbe redistribuire la ricchezza.
O
smettere di creare povertà con le guerre.
O
non so che.
Come
si diceva una volta, siamo capaci di andare sulla luna, ma non di badare ai
figli dell’uomo.
Un
altro mondo è possibile, si dice.
Una
revoluzione senza rivoluzione.
Che
prima o poi arriva, perché arriva.
Oggi
no, domani forse, ma dopodomani certamente.
E
c’è tutto da perdere.
Kalimmudda
ipsum dixit
E il mare sta sempre là, esclusiva
rarità
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