2021 05 19 – Che palle la civiltà dell’intelletto
Che palle ri scrivere
per l’ontologia.
E non siete nemmeno arrivati alla Synfisica
Ma serve a dislocare
il pensiero.
Si, però che palle
lo stesso.
Riassumo, e poi
dimentico.
Poi, ridere, o
perlomeno sorridere.
Back to synaptic.
La civiltà
dell’intelletto
Intelletto. Complessità,
evoluzione, informazioni, rotori semantici e centri di gravità
Già ne "Il
mondo di Clò'" abbiamo parlato dell’importanza degli antagonismi per
la crescita di una civiltà poiché essi servono a stimolare reazioni in quei
casi in cui lo status quo sia rigido su se stesso.
Ma è una visione parziale.
La domanda da porsi adesso è : più in genere come altro
evolviamo la cultura ?
Come cresce la cultura di una civiltà, visto che il fatto
che cresca, o evolva, è un dato di fatto oggettivo.
E cosa è l’evoluzione, in particolare quella in ambito della
coscienza.
Se accettiamo il principio delle mutazioni genetiche come
base dei salti evolutivi biologici, cosa c’è di corrispondente che fa evolvere
la cultura nella pratica ?
Gli antagonismi sono come delle specie di salti genetici
sociali oppure dobbiamo considerare altri fattori ?
Proviamo a guardare la questione da un’altra prospettiva.
Come mai da decine di millenni il cervello umano è già
costruito come è oggi, eppure ne usiamo una porzione minoritaria ?
A cosa serve quell’80% che non usiamo?
Una risposta possibile è che quello sia predisposto proprio
a ricevere “intelligenza” in flussi di informazioni esogene, non diversamente
da una pianta che riceva mutazioni che la rendano ipertrofica.
Per fare questo, servirebbero degli equivalenti informativi dei geni.
Esistono.
Gli “equivalenti geni” sono i memi, unità di base di pensiero.
E si sviluppano in tutti gli
ambiti in cui nasce, fiorisce e cresce la cultura di una civiltà.
Complessità, neuroscienze, reti, sociologia, economia,
telecomunicazioni, media, scienze esatte, scienze generaliste.
Tutti aspetti dello stesso sistema.
Quando alcuni di essi attecchiscono, diventano pilastri di
un sistema di valori.
Forse possiamo ricondurre il tutto ai concetti di archetipi,
principi di base e dinamiche dominanti che quando vengono toccate producono
memi.
Comunque siamo nell’ambito della teoria sui sistemi adattivi
complessi, con i loro comportamenti emergenti e autoorganizzazione dei loro
mattoncini di base.
Un sistema complesso è un sistema in cui le singole parti
sono interessate da interazioni che provocano cambiamenti nella sua struttura
complessiva.
La scienza può rilevare le modifiche locali, ma non può
prevedere uno stato futuro del sistema considerato nella sua interezza.
Eppure, nonostante questa imprevedibilità, i sistemi complessi manifestano due caratteristiche
incredibili :
·
i comportamenti emergenti e
·
l’autoorganizzazione.
Il comportamento emergente è la situazione nella quale un
sistema esibisce proprietà inspiegabili sulla base delle leggi che governano le
sue componenti prese singolarmente.
L'auto-organizzazione è principalmente una forma di sviluppo
del sistema attraverso influenze ordinanti e limitative provenienti dagli
stessi elementi che costituiscono il sistema oggetto di studio e che permettono
di raggiungere un maggior livello di complessità.
In sintesi : «Il tutto è
maggiore della somma delle parti», diceva Aristotele.
In questo modo risulterà chiaro che parlare di cultura e di
civiltà, in se stesse, non vuol dire niente.
La cosa affascinanteè
che nessuno può averne il quadro completo sufficientemente chiaro.
Il sistema adattivo complesso vive di vita propria e non lo
puoi recintare.
Una cosa è certa.
L’umanità dovrà studiare e cercare di comprendere in fretta
i meccanismi della trama di relazioni che la circonda ed in cui è immersa.
Si possono già trarre frammenti e spunti in particolare sul tema
della cultura in ambito socio economico.
“L’uomo economico,
l’economia pratica, e la Revoluzione Perenne.”
La questione socio economica è uno dei pilastri fondanti
della civiltà dell’intelletto de Les Claufrenies.
In una visione del mondo la base di partenza è il sistema di
valori da condividere.
Tutti insieme, questi valori costituiscono la palafitta su
cui reggere il mondo.
Ogni valore, da solo, non basta.
Mentre tutti insieme fanno una civiltà.
Il futuro e’ lo stupefacente
Un giorno Giò incontra il suo vecchio amico Clò.
Ha una strana aria, Clò.
Come una lucidità particolare.
Una lucentezza.
Un’aura.
Si vabbe’ abbiamo capito.
Giò gli chiede se ci siano novità.
Clò lo guarda come si guarderebbe un pazzo.
E si mise anche lui a delirare come un pazzo.
Qualche novità ?
Ma che non ti guardi in giro ?
Altro che navi da guerra in fiamme alle porte di Tannhauser.
Tutto iniziò con un buco nero .
Anzi due.
Nel nostro ci stavamo cadendo dentro, ma gli alieni ci
tirarono fuori.
O forse ci hanno tirato dentro e siamo risbucati
nell’universo parallelo dall’altra parte.
Il nostro buco deve essere grande come la Luna, largo circa.
E se te lo trovi davanti al sole, diventa proprio come un
Luna nera.
Come sia sia, dalla nostra singolarità alla loro, due
universi adesso sono in contatto.
Forse dovremmo dire in comunicazione.
Certo che tutta la terra intera che passa in un tunnel tra
buchi neri fa impressione, non è mica un nanoquanto o un elettrone singolo.
Ma comunque: adesso siamo nell’universo di la.
O forse il loro universo è venuto di qua.
Si vabbè, sembra una mazurka. E gira de qua, e gira de la.
Vabbè, allora non siamo ne di qua ne di la, ma balliamo
sulla frontiera.
E come hanno fatto a farci passare nella cruna dell’ago del
buco nero, o a portarci fino in prossimità dell’orizzonte di questo buco nero?
Forse è perché dai buchi neri riescono a scappare elettroni
e onde radio ?
E poi pare che il passaggio tra le singolarità si possa
tenere aperto in qualche modo tecnologico.
Quindi, potremmo tranquillamente essere in comunicazione
radio, o altra.
Il bello è che queste comunicazioni se le captiamo ora, in
realtà forse sono passate.
Quindi se di la c’è il come saremo, ma noi lo vediamo di
qua, allora il nostro futuro è già passato.
E qualcuno magari lo riconosce solo per questo.
Perché lo vede o lo ricorda, non perché sia un preveggente
esoterico.
Inoltre, magari siamo noi stessi che ci siamo mandati delle
trasmissioni e dei dati.
In ogni caso loro (o noi?) “adesso” ci spediscono flussi di
dati con i quali si ricompongono le ultime informazioni necessarie alla
conclusione della replica del loro mondo.
Le altre sono già dovunque e sono perfette così.
Sono il creato.
Manca da perfezionare l’essere umano, quello fatto ad
immagine e somiglianza sempre di qualcun altro.
Insomma, mica dobbiamo sempre giocare a chi ce l’ha più
grosso.
Non servono mica per forza mega-astronavi.
Basta mandare flussi di informazioni che attivano altre
informazioni e in questo modo loro ricostruiscono di qua quello che serve. Sono
come le stampanti in 3D.
Essendo però in larga parte ridotti in forma di intelligenza
e informazioni, anche per potere viaggiare leggeri attraverso gli universi,
quando sono arrivati di qua erano solo fotoni o elettroni codificati.
Si sono materializzati, trasformati in materia, quando i
raggi cosmici che li portavano si sono scontrati nell’atmosfera.
Tutte quelle strane nuvole, ecco cosa erano.
Hanno cercato quindi il supporto biofisico su cui
innestarsi.
E hanno trovato ciò che in vari viaggi precedenti, dalla
notte dei tempi, avevano già progettato.
Hanno trovato il creato e in esso l’essere umano,
geneticamente pre-predisposto a riceverli.
Addirittura esistono teorie che parlano del nostro universo
come di una replica del loro.
Magari il loro aveva esaurito la spinta del big bang e si
era ricontratto nel buco nero in questione.
E dalla singolarità di questo buco nero, venne deposto un
“uovo-universo” nuovo, capovolto rispetto all’universo-madre.
Con un paio di crasi tra uovo, universo e inverso, lo
chiameremo : un Overso.
In questo caso Dio sarebbe una specie di gallina cosmica.
Quindi, cosà mi spieghi ?
Il viaggio del sistema solare.
Il viaggio del sistema solare ?
Ok. Ma li forse ci arrivo anche io. Deve essere questione di
alterazione di campi gravitazionali, forse con campi elettromagnetici o forse
proprio con l’energia del “buco nero di qua” rimodellata affinché ci tenessimo in
sospensione su noi stessi.
E che infine fosse la causa anche dello spostamento
dell’asse di rotazione terrestre.
Con qualche oscillazione orbitale ecco che giochiamo al
pendolo e una volta messe in moto le masse, comodi comodi facciamo da traino a
tutto il sistema solare.
Balla il sole in mezzo al cielo.
Le oscillazioni orbitali le vedi facile.
Quando la posizione in cielo del sole o delle stelle è
“strana” rispetto al giorno prima, allora hai appena oscillato.
Hai cambiato rotta.
Facciamo un esempio. Stiamo andando dall’inverno alla
primavera. Il sole oggi, domenica, a quest’ora sta nel cielo a ore 10. Lunedì
alla stessa ora sta a ore 11. Martedì a ore 12. Mercoledì a ore 13. Giovedì,
invece che a ore 14, te lo ritrovi di botto a ore 9.
Ma non stiamo tornando precopernicani.
Il sole sta fermo, un fermo relativo forse, ma pur sempre
fermo.
Siamo noi che “ce movemo strani”
Ma l’aria è pulita
Una cosa bella, è che con tutte quelle oscillazioni e campi
vari, l’atmosfera circola che è una bellezza.
Il telegiornale ha detto che a Milano non ci sono più
polveri sottili.
‘O’ miracolo!”
Ma quello vero è quello della neurosfera.
Neurosfera?
Si, in realtà nella atmosfera ci volano dentro anche i
pensieri e le parole.
Che poi restano infissi nel tessuto del campo
gravitazionale.
La chiamano neurosfera per quello, infatti.
E ci volano anche mutazione genetiche, sono informazioni
anche loro, precodificate nel grande disegno della creazione e della
evoluzione.
E batteri vari che fungono da veicoli.
Tra poco saremo tutti mutati.
Tutti intelligenti.
E sapremo tutti le stesse cose.
Ecco a cosa serviva tutto quel cervello umano usato solo al
10 o 20% !
Era parte del supporto biologico predisposto alla ricezione,
e lasciato libero proprio a quello scopo.
E’ la civiltà dell’intelletto.
Ci vuole la circolazione dell’informazione.
Questa è la Via.
Ce si magnavano e basta.
Eppoi ricordatevi che forse “loro” siamo “noi” dal futuro.
Lo so.
Sono stato enciclopedico.
Poco ironico ne’ sarcastico ne’ metaforico.
Non c’e’ nemmeno una
metafora che intrighi, in effetti
Come paragrafo risulterà un po’ astruso.
Di meglio non mi è venuto
e confido nel fatto che l’utilità di quanto scritto emergerà nel prosieguo.
E’ importante.
Pare siano le seguenti 3 le dimensioni di un sistema
complesso, secondo F. Capra.
E’ l’autore de Il Tao della fisica
, oltre tanto atro, per cui mi fido di quello che pensa.
Esistono dunque :
- Schema
- Struttura
- Processo
Riprendendo il suo esempio, una bicicletta è un sistema
complesso che ha :
- Uno schema generale, vale a dire “2 ruote+1 telaio”
- Una struttura, vale a dire la manifestazione fisica dello schema che può comportare un distinguo tra una mountain bike e una bici da corsa.
- Un processo, vale a dire l’insieme di meccanismi in movimento che la fanno funzionare.
Anche nel caso della cultura e dei valori, vale questo
esempio.
Non tratteremo di molti aspetti.
La struttura, nell’era moderna, è in larga parte quella
delle telecomunicazioni ed informatiche.
Il processo è quello del pensiero collettivo.
Insieme, e sulla base dello schema primigenio, costituiscono
e alimentano la neurosfera.
E’ questa stessa somma di elementi che risponde alla
definizione di “marchingegno rotante”, la cui rotazione sarebbe lo schema, che
abbiamo menzionato più volte ed al quale riconduciamo molti fenomeni
strabilianti a cui stiamo assistendo.
Ed’ questa stessa struttura, che noi distinguiamo in
hardware per rispetto al software, che riconduce gli intelletti individuali
all’intelligenza collettiva nidificandosi nei vari web e cloud e infine
neurosfera amplificata.
E’ proprio questo software, che fa la funzione di processo,
e che fa funzionare tutta l’architettura.
Ma è anche vero che l’architettura fisica è talmente
complessa e articolata, come lo è quella software, che non ha senso prescindere
da una o dall’altra.
Ma tutto ciò è sempre esistito.
Lo hanno nidificato anche nelle idee di inconscio
collettivo, e prima ancora di anima del mondo.
Ma lo schema esisteva già, solo meno pervasivo e accelerato.
La bicicletta esiste già da sempre.
In sintesi, esiste un cervello mondo di cui facciamo parte
che in parte si autodetermina da solo e che noi monitoriamo nel suo sviluppo.
Quello che è affascinante sono le dinamiche dominanti ed i
principi di base in base a cui si autodetermina.
E’ la rete neurale di Gaia.
Che si alimenta di tutto ciò che chiamiamo conoscenza, o
cultura di una civiltà.
Quello della cultura è un caso tra i più intricati di
complessità a cui si possa pensare.
Coinvolge aspetti di biologia del pensiero e no, di schemi
del linguaggio, di struttura di reti, di magnetismi terresti e no, di
geolocalizzazione di civiltà materiali, di strutture di telecomunicazioni, di
cibernetica, di informatica, di neuroscienze, di sociologie, di economie e chi
più me ha più ne metta.
Comprende tutte le branche di quello che chiamiamo sapere, o
conoscenza, tutte in interconnessione con tutte le altre variabili che potete
immaginare.
E tutto questo si presenta in moltissime varianti.
Il melting pot è veramente stracolmo.
E da tutte queste connessioni, al margine del caos, si
manifesta una costante emergenza di nuova cultura evolutiva, o adattiva
Eppure possiamo dire che è vero che esiste un concetto di
unità minima di cui tutto ciò è composto, in particolare nell’era digitale.
E’ il Bit , binary
digit, poi divenuto meme,
o forse fu il contrario, contenitore di mattoncini di informazioni a cui tutto
si riconduce.
Se tutto è teoricamente riconducibile a informazione di
base, bit e memi, è pur vero che i bit e i memi si aggregano.
Esistono sicuramente processi umani che ne indirizzano le
aggregazioni, ma di sicuro esiste una parte di componente indipendente che
detti memi seguono a prescindere dalla volontà di ogni Grande Fratello.
Sono dominate dalle leggi dei sistemi complessi : auto
emergenza e autorganizzazione, come accennato.
E’ questa in teoria una delle basi della civiltà
dell’intelletto.
Una civiltà in cui l’intelletto sia più forte dei
particolarismi, per sua stessa natura.
Nell’era moderna l’intelletto non lo puoi più bloccare, ne
recintare.
Per questo motivo è appropriata l’applicazione del
concetto di comportamento emergente al tema della cultura.
In sintesi : «Il tutto è
maggiore della somma delle parti», diceva Aristotele
Per questo motivo possiamo anche parlare di cultura in
termini di sua modalità di evoluzione indipendente ma interconnessa con le sue singole
componenti.
Un salto di conoscenza che fece scalpore, fu quello
derivante dalla pubblicazione nel 1976 di Il gene egoista,
ovvero la teoria dell'evoluzione analizzata dal punto
di vista del gene
(che poi è informazione) anziché da quello dell'individuo.
Questo testo costituì anche un punto di partenza per la
formulazione del concetto di meme.
Sintetizzando, possiamo dire che l’impostazione di base
sarebbe che la nostra funzione di esseri umani, e non solo, sia quella di essere
portatori di geni, vale a dire informazioni, o meglio esemplificando con una
nota citazione: “una gallina è solo il mezzo che un uovo ha di fare un altro
uovo”.
E per i memi, cosa possiamo dire al riguardo ?
Se sono le unità conoscitive di base, e se è vero come è
vero che si aggregano, il fine ultimo sarà quello di farli aggregare “bene”.
Ma bene secondo chi ?
E si aggregano davvero da soli, oppure esiste un Grande
Fratello che la instrada in qualche modo ?
Dato per constatato che lo fa, la cultura come cresce ? Si
evolve ? O viene mutata? E da chi ?
Le unità fondamentali della cultura devono corrispondere
biologicamente a delle reti di neuroni che fungono da
nodi della memoria semantica.
Schemi neuronali, li chiamo io.
Si può adottare il termine meme come migliore nome
possibile per definire tali unità fondamentali di struttura culturale.
Percorsi neuronali preinfissi nelle coscienze e di origini
esogene o strutturalmente endogene.
Qualcuno ce li ha messi.
Insomma, nacque la memetica che seppur considerata una
pseudoscienza, ha il fascino di una visione.
E si sviluppò il ruolo fondamentale dei memi nell'unificare
le scienze naturali e le scienze sociali.
In modo molto simile a come il concetto del gene egoista
possa essere usato come punto di vista per meglio capire e studiare
l'evoluzione, il concetto di meme può essere usato per capire meglio alcuni
aspetti altrimenti intricati della cultura umana e della sua evoluzione.
E poi c’e’ anche la questione del meme egoista,
ovvero l'idea che alcuni gruppi di memi possano comportarsi come "virus
memetici": gruppi di idee che si comportano come forme di vita
indipendenti e continuano ad essere trasmessi anche a spese dei loro ospiti
solo perché sono adatti a venire ritrasmessi.
È stato suggerito che le religioni
evangeliche ed i culti si comportino in questo modo, includendo la loro
stessa trasmissione tra le virtù morali di base.
La quasi totale diffusione di idee religiose tra tutti i
gruppi umani prova che esse debbano avere un qualche utilità morale, etica,
sessuale o ecologica.
Molte, ad esempio, sono le religioni che invitano alla pace
ed alla cooperazione tra i loro fedeli ("Non uccidere") e che quindi
possono promuovere la sopravvivenza biologica dei gruppi che recano in sé
questi memi.
Un meme può essere parte di un'idea, così come può essere
una lingua, una melodia, una forma, un'abilità, un
valore morale o estetico.
Può essere in genere qualsiasi cosa possa essere imparata e
trasmessa ad altri come un'unità.
Al pari dell'evoluzione
genetica, anche l'evoluzione memetica non può avvenire senza mutazioni.
La mutazione produce varianti, ma solo le più adatte si
replicano: esse diventano più comuni ed aumentano la loro capacità di
replicarsi ulteriormente.
Ad esempio, è probabile che siano state mutazioni a far
evolvere culturalmente primitivi gruppi di sillabe nell'ampia gamma di lingue e
dialetti attualmente esistenti; similmente anche per l'ampia gamma di
significati simbolici all'interno di ogni lingua.
In buona sostanza, il meme può essere considerato come un qualsiasi
pezzo di informazione che venga impiantato da una mente in un'altra.
Questa interpretazione è più simile all'idea del
"linguaggio come virus" piuttosto che ad una visione dei memi come comportamenti replicantisi.
- Internet è divenuta veicolo di una quantità infinita di meme, molti sono creati o fatti diventare meme dagli utenti stessi di varie forum board o 'wikipedie'
La foresta delle
informazioni
Appena sveglio lo scoiattolo se lo ricordò.
Dopo qualche momento, appagato si riaddormentò.
Aveva sognato, e ancora lo faceva, ma di sogni confusi, o
diffusi, che faceva fatica a mettere in ordine.
Una vocina nel cervelletto gli diceva che c’entrava
l’intelletto.
Ma sapere cosa fosse era un’altra questione.
La vocina diceva che era questione di visione, di valori di
base, di complessità, di evoluzione e chissà cos’altro.
Insomma un gran calderone in ebollizione, che però poco
assomigliava al pacato equilibrio della sua foresta.
Quindi non capiva cosa c’entrasse quel sogno con la sua
realtà, senza sapere che proprio questo fanno i sogni.
Presentano la realtà, a volte anche in modo paradossale, in
modo da essere più “impressive”
Così nel suo sogno degli esseri indefiniti gli avevano
parlato di questa componente di base dell’intelletto che chiamavano
informazione.
Uno gli aveva detto che tutto era informazione, il che per
lo scoiattolo rispettava appieno il
paradosso della realtà onirica rispetto a quella reale.
“Ma come? Anche ammettendo che io sappia cosa è
l’informazione come posso pensare che sia ciò che fa tutto? La foresta è di
foresta, la pelliccia di pelliccia, la ghianda di ghianda”.
Però il sognato gli aveva anche detto che ogni cosa ha un
suo intrinseco contenuto informativo, il che gli era parso importante, ma poi
si era perso divagando tra astrusi concetti di significati, comunicazione,
linguaggio, scrittura, trasmissioni e altro.
Lo scoiattolo chiedeva lumi, e il sognato allora gli disse
di accendere il pc.
Il “pche”? Disse lo scoiattolo. E poi si ricordò di un
rettangolo nero provenutogli da chissà dove che aveva messo tra le cose
inutili.
Non sapeva nemmeno cosa volesse dire accendere, ma mentre se
lo girava tra le mani avvenne un miracolo : un sordo ronzio lo trasformò in
luce.
E dentro quella luce un sacco di segni.
Immagini, forme, colori.
Insomma un mondo prima nascosto nello scatolotto era venuto
alla luce.
C’era una tavola piena di tasti che si muovevano in alto e
in basso ed ognuno aveva un suo segno.
Lo scoiattolo schiacciò a caso e comparve unaforesta in
fiamme.
Si spaventò al quanto, e quindi corse in giro a controllare,
ma trovò tutto in ordine.
Pensò di avere sognato ad occhi aperti dentro al sogno che
già stava sognando, il che è sempre un
bel viaggio nel sotto conscio, termine ignoto che però gli evocò brutte
sensazioni ricordandogli una conceria.
Il sognato gli disse che aveva visto delle informazioni, ma
non soltanto intese come notizie, quanto proprio nel senso di dati.
Aveva visto tanti dati che messi insieme gli avevano
trasmesso il significato di incendio.
Il che era la notizia.
Ma la notizia era scomponibile in unità di base.
Come un alfabeto scompone le parole.
Lo scoiattolo non sapeva parlare, per cui faceva fatica a
capire, ma realizzava che il suo linguaggio di squittii era anch’esso fatto di
versi di base ed in effetti con quelli assemblava messaggi ai suoi simili o
anche ad altre creature della foresta, come gli uccelli.
Osservò anche che questi rispondevano anch’essi con una
serie di loro cinguettii di dati che fin da piccolo aveva imparato a tradurre
in scoiattolese.
Questa storia del linguaggio era più comprensibile del fatto
che tutto fosse informazione, ma forse perché’ non sapeva come funzionava il
“pche”.
Fu il sognato che gli raccolse i fili sparsi in una storia
che partiva da lontano, dai poemi omerici e dall’invenzione della scrittura e
dell’alfabeto, passando per la lessicografia e i dizionari, i codici
crittografici e arrivava alle moderne tecnologie della comunicazione come il
telegrafo, il telefono, il calcolatore e il “pche”.
L’informazione è sempre esistita, codificata in ogni cosa
fin dall’alba dei tempi di quel primo bit quantistico che conteneva tutte le
informazioni necessarie a diventare universo e mondo che vediamo oggi.
Oggi lo chiamiamo qbit per quello.
Ma è stata con la nascita del bit, nelle sue neuroscienze
informatiche, che siamo riusciti in un passaggio fondamentale.
L’informazione è diventata una grandezza quantificabile e
misurabile in maniera sempre più profonda e accelerata.
In bit.
In principio furono i suoni, poi i segni, poi gli alfabeti,
poi le parole, poi la stampa, poi i media. poi i “pche” e infine il web.
Tutto perché’ così doveva essere come previsto dall’alba dei
tempi.
E alla fine abbiamo potuto capire che tutto era scomponibile
in bit e quindi tutto era informazioni. O qualcosa del genere.
Lo scoiattolo ebbe un lampo di genio e disse: “quindi è come
un uovo, che dentro ha già tutto quello che serve per fare una gallina, con il
suo dilemma di chi sia nato prima”
Il sognato gli disse :” in effetti il dilemma non esiste. Se
ci pensi la gallina è solo il mezzo che un uovo ha di fare un altro uovo”.
L’uovo è come il seme della conoscenza di tutta
l’informazione seminato nelle vibrazioni del grande bang. E’ come il qbit
primigenio.
“Fico” pensò, lo scoiattolo.
E se riesco a vedere la foresta in fiamme con uno scatolotto
pieno di bit, posso lanciare anche l’allarme, magari proprio con qualche bit
emesso dallo stesso scatolotto.
“Strafico” questo fatto dell’informazione.
Anzi ho deciso.
Da oggi non farò più Squit Squit.
Da oggi io farò: Bit Bit.
E preso dall’enfasi aggiunse : “e insegnerò anche agli
uccelli a non fare più Cip Cip”
Il sognato gli disse : si ma fai attenzione.
L’informazione è sempre esistita, e fa parte di ogni cosa e
se possiamo dire che ogni cosa è fatta di informazione, oggi l’informazione si
trasmette sempre più capillarmente e velocemente.
La trasmissione dell’informazione è quindi cambiata.
Gli scatolotti sono sempre più potenti e l’accelerazione
hardware sempre più veloce.
E mentre facciamo sempre più cose e sempre più velocemente,
più acceleriamo e più ne vogliamo.
E una insaziabile voglia di altro, connaturata alla nostra
natura.
E così, pur usando sempre meno tempo per fare le cose,
abbiamo sempre più fretta.
Lo scoiattolo annuì e disse: Gbit Gbit.
Il sognato sospirò di sconforto.
Un refolo d’aria scorse nella pelliccia dello scoiattolo che
si svegliò.
E fece : Tbit Tbit.
L’ aquila volteggiava nel cielo in tutta la
sua calma maestosità.
Come nella sua natura, ci vedeva come
un’aquila, capace di cogliere ogni minimo dettaglio fin da lassù dove
veleggiava.
Aveva il rinomato sguardo del rapace.
Forse per natura, o forse per letteratura,
anche l’udito era particolarmente sviluppato, anche se nessuno aveva mai
pensato di coniare il modo di dire “sentirci come un’aquila”.
Il fatto di essere così in alto, poi, le
dava una prospettiva generalista, per così dire, che le permetteva di tenere
tutto sott’occhio, e sott’orecchio, senza concentrarsi dapprincipio su singoli
dettagli.
Lo schema da controllare era semplice.
Alture, pianure, radure.
Foreste, fiumi, laghi.
Insomma, lo schema era la montagna tutta,
con il suo paesaggio.
Ogni volta che si alzava in volo non poteva
fare a meno di rimirare tanta magnificenza e chiedersi come fosse nata e come
fosse diventata come era.
Era pure dotata di gran memoria, dentro cui
registrava continuamente cambiamenti alla struttura dello schema.
Alberi che crescevano, cime che
imbiancavano, fiumi che inpienavano.
Tutto era in evoluzione, ragion per cui le
veniva naturale immaginare che tutto avesse avuto un principio.
E tutto era pervaso da un caotico ordine che
faceva si che tutto sembrasse proprio come doveva essere.
Si, doveva proprio esserci uno schema di
fondo.
Il sistema montano, come tuti i sistemi, si
autodeterminava e l’ordine emergeva per ordine naturale delle cose sulla base
di certi principi dominanti in apparenza
invisibili.
Ma lei, parte del tutto, non se ne curava
più di tanto, ne avrebbe saputo di poterlo e doverlo fare.
L’importante era che ora fosse qui. E che
tutto fosse così come era.
In tutto quell’ordine naturale delle cose,
però, le veniva spontaneo accorgersi di ogni piccolo mutamento.
Evidentemente era quella la sua natura,
parte di quel predeterminato pervasivo ordine delle cose, come se fosse una
sentinella volante.
Così il suo sguardo da rapace stava molto
attento a cose come i principi di incendio o gli inizi di smottamento del
terreno, come se poi avesse da sola potuto impedirne l’accadere.
Una cosa che notava ad ogni stagione e che
la infastidiva parecchio era quando l’umanità si presentava inappropriata a
popolare le sue vallate.
Ma anche in quell’inappropriata e spesso
disordinata appropriazione, l’aquila non poteva non riconoscere schematiche
ricorrenze preordinate.
Coltivare, mandriare, vacanzare: tutto parte
di strutture ricorrenti di un certo ordine.
Quello che l’aquila non sapeva, è che la
natura l’aveva dotata di un potere particolare.
Ciò che la infastidiva per incoerenza con il
tutto, veniva segnalato dal suo subconscio alla neurosfera.
La neurosfera era l’atmosfera densa di tutti
i principi di base e le informazioni di ogni genere che restavano incise nel
campo della gravità, che, tra l’altro, lei sfidava così bene.
Come per tutti, non solo con ogni suo
battito d’ali, ma financo con ogni suo suono, pensiero o vista o udito, tutto
vi veniva infisso per sempre
Così la neurosfera riceveva continuamente i
suoi impulsi, che fossero d’ordine oppure di disordine.
Nel primo caso, constatato il rispetto delle
dinamiche dominanti, non succedeva niente.
Nel secondo caso l’impulso generava un
segnale di allarme che veniva trasmesso a tutta la neurosfera e che spesso
veniva captato a proposito da qualcun
altro.
Così ad esempio, un principio di incendio,
generava la generica paura dii un incendio che veniva trasmessa a qualche
pompiere, magari capitato li, sotto quel pezzo di cielo di neurosfera, in
vacanza perché’ parente di un contadino della vallata.
Sembrava un caso, ma in realtà era tutto
predeterminato in quel gran marchingegno di sincronicità della creazione e
dell’evoluzione del sistema montano, capace non solo di autodeterminarsi ma
anche di controllarsi e retroagirsi.
Qualcosa guidava l’evoluzione, quindi.
Non era solo questione di controllo.
C’erano dei principi di base, dinamiche
dominanti, archetipi.
E facevano si che tutto si muovesse nella
direzione del grande disegno.
A prescindere da chi controllava, aquila o
no.
La neurosfera dunque, era incisa, e intrisa,
di tracce di tali principi di base, dinamiche dominanti e archetipi.
Ad esempio, uno su tutti era che il fuoco
brucia.
E l’evoluzione di un principio d’incendio
era la foresta in fiamme, anch’essa evoluzione in qualche modo, ma catalogabile decisamente come
cattiva.
Ecco allora che la neurosfera associava
l’evento “principio di incendio” alla dinamica dominante “il fuoco brucia”, ne
deduceva un “foresta in fiamme” e ruotandosi su se stessa allineava evento e
dinamica facendo scattare una sinapsi che accendeva un percorso neuronale,
connettivo con quello che un pompiere doveva recepire.
Se non c’era il pompiere l’associazione
restava libera di propagarsi in attesa di essere colta.
Nel qual caso poteva anche succedere che
l’incendio divampasse, ma non per malfunzionamento neurosferico, quanto per
carenza di dati di realtà. Il pensiero c’era. Il pompiere non c’era.
Tutta questa struttura rispondeva bene alla
definizione di “marchingegno rotante”, giacchè la rotazione dell’aquila su
varie porzioni di montagna dell’intelletto permetteva di fare la continua
scansione di come quello si evolveva.
E poi la rotazione non avveniva solo con il
volo attivo dell’aquila, ma poteva anche manifestarsi con l’aquila ferma nelle
sue correnti ascensionali.
Insomma, il marchingegno rotava anche se
l’aquila ferma restava
Quasi nessuno aveva la consapevolezza di
tanta interconnessa perfezione rotativa, tranne chi conosceva le aquile, le
altre sentinelle di scopo ed il mondo editoriale della diffusione delle
informazioni stampate a rotazione continua.
Ma tutti sarebbero stati ben felici di
sapere che esisteva un controllore di categoria, soprattutto se accedendo alla
neurosfera fosse stato pervaso di tutto l’intelletto dell’universo.
Se lo avessero saputo non si sarebbero
preoccupati di essere controllati, anzi.
Si sarebbero fidati della perfezione della
creazione e della sua innata capacità di mantenerci sulla rotta di una giusta
evoluzione.
E allora ben venga il grande fratello, se
pervaso di intelletto.
Che controlli pure come tutto cresce e si
indirizza.
Tanto non può incanalare tutto, semmai solo
dare certi colpi di timone.
Non è più l’era dei media di regime, in cui
per coordinare l’ autoemergenza l’attività del grande fratello poteva anche
derivare in ambito manipolatorio finalizzato a cambiare la percezione o il
comportamento di massa per la soddisfazione di interessi particolari.
Qualcuno era addirittura arrivato alle
immagini criptate, che sembrano una cosa ma ne nascondono un’altra. Precursori
erano le pubblicità subliminali, che potevano sembrare davvero fantascienza, eppure esistevano.
La neurosfera, invece,è più strumento di
influenza sociale, o persuasione consapevole, priva di elementi coercitivi, che
lascia libera la persona attenzionata di accettare o rifiutare gli schemi
proposti.
O preposti.
La neurosfera è una grande bacheca a cui
ognuno può decidere di affiggere qualcosa e leggerne qualcos’altro.
Certo, c’e’ voluto del tempo per arrivare a
connetterci a tutta la conoscenza.
Tanto hardware e tanto
software per ricondurre gli intelletti individuali all’intelligenza collettiva
nidificandosi nei web e nei cloud, che sono tutte porzioni di neurosfera.
E sono proprio questihardware e software, che fanno la
funzione di processo, e che fanno funzionare tutta l’architettura del
marchingegno.
Ma è anche vero che l’architettura fisica è talmente
complessa e articolata, come lo è quella software, che non ha senso prescindere
da una o dall’altra.
In sintesi, la neurosfera.
Esiste un cervello mondo di cui facciamo parte, come singoli
neuroniin un cervello, che in parte si autodetermina da solo e che noi
monitoriamo nel suo sviluppo.
Viaggia nella rete neurale di Gaia.
Quello che è affascinante sono le dinamiche dominanti ed i
principi di base in base a cui si autodetermina.
Molti li ritengono delegati da Dio.
Io la chiamo civiltà dell’intelletto.
Delegata da Dio, certamente, ma da molto più addietro.
La questione tecnica merita una menzione a parte.
Essa è di seguito descritta in sintesi.
1. Si
è partiti con l’elaborazione di uno schema in cui le parole sono state
osservate e organizzate fino anche a diventare versi in certi casi,
privilegiando in quei casi una metrica di ritmo, seppur flessibile, a scapito
di un approccio da feticcio della rima, che pur rimane un mio diletto spesso
anche in prosa,
2. Successivamente
si è proceduto a sostituire alcune parole di ogni testo con i rispettivi
link al vocabolario Treccani o a
Wikipedia.
In questo modo il poemetto
diventa un “centro di smistamento” per i motori di ricerca internet, i quali
funzionano con dei programmi detti “crawler”, che mappano proprio i percorsi e
collegamenti degli hyperlink.
Sintetizzando, se ogni parola del
poemetto si riferisce a un link Treccani o Wikipedia che contiene almeno altre
10 parole, 1.000 parole iniziali (ripetizioni incluse) ne “valgono”
teoricamente 10.000.
3. Ma
questa non è la parte più interessante.
Seguire gli hyperlink è prassi
delle versioni del web precedenti a quelle definite come parte del “web
semantico”, vale a dire del web che riconosce i significati delle cose. Che è
intelligente, e in quanto tale educabile.
La nostra composizione si pone
quindi anche come “significato” potenzialmente riconoscibile dalla rete e da
molti.
Inoltre, essendo legata con i
link al vocabolario Treccani o a Wikipedia, se ne guadagna una associazione
implicita anche con l’enciclopedia Treccani, oltre che Wikipedia,, la quale fa
riferimento al suo stesso vocabolario per i significati delle parole usati
nelle voci enciclopediche.
4. Si
ritiene che questa modalità di “ancoraggio” costituisca un “rotore semantico”,
vale a dire uno schema di pensiero (di significato) che si nidifichi nei
percorsi neurali della rete semantica e che infine possa emergere e fare da
riferimento cognitivo condiviso ricorrente e, in quanto ciò, “rotante” in
conformità anche al processo di rotazione terrestre. Vale a dire che quello
schema di pensiero ruota poi ovunque.
5. In
tal modo si starebbe facendo “girare” (da cui il termine di rotore, anche se
forse è più proprio dire che siamo noi e i nostri pensieri che giriamo attorno
al centro di gravità per la mente di cui più avanti) un “modo di vedere le
cose”, con tutte le conseguenze auspicabilmente benefiche, immediatamente
visibili o no, che ciò comporti.
La ritmica dei versi, inoltre e
ove usata, serve dunque anche a innestarsi nelle teste dei lettori, in senso
lato, in maniera più efficace di una semplice prosa.
Riferendoci al mondo della
musica, potremmo chiamare questa
modalità “effetto tecno”.
6. Il
fatto poi di avere incanalato in guide ritmiche il flusso delle parole,
dovrebbe servire proprio a fornire un percorso semantico (una determinata
successione di parole la quale ha un suo significato preciso e che, come
un’idea, sia rappresentabile da una determinata mappa di connessioni tra
neuroni) di facile memorizzazione e pronta ripetizione.
Caratteristiche, queste, tipiche
di quelli che chiamiamo memi, i quali sono meglio riconoscibili in alcune loro
configurazioni specifiche : i tormentoni. Che poi vedremo essere memi.
A questo punto si deve ricordare
che ogni parola o pensiero (oltre ad azioni, letture, significati e altro)
determina una piccola onda gravitazionale, che già fu definita ne “ 2015
06 30 - Una "lecca" semantica - La tetralogia di Clò - Mini guida
alla Civiltà dell' intelletto ” come
“incisione in gravitone”, la quale proprio in quanto alterazione del tessuto
(campo) gravitazionale in cui avviene, determina un “peso”.
Ad ogni ripetizione di pensiero,
parola e altro, dovrebbe corrispondere una sovrapposizione a quella di
mappatura del “rotore” originario e in questo modo si passa dal metaforico
concetto di parole di peso, pensieri pesanti e così via, ad una spiegazione su
base fisica di questi modi di dire comuni.
L’utilità di “accumulare peso
semantico” può essere riconducibile anche a fenomeni macroscopici e osservabili
come uno spostamento organizzato su Milano (nel nostro caso) di un più grande
centro di gravità per la mente collettiva, ad esempio misurabile in correlati
fenomeni atmosferici (o per meglio dire della neurosfera) e orbitali riconoscibili anche a occhio nudo.
Il peso semantico servirebbe
infine anche a dettare una rotta, la quale sia fatta da un solco nel vinile (la
terra gira, i satelliti girano, per questo c’è il riferimento al giradischi)
del campo gravitazionale di cui prima, il quale solco determini per sua stessa
natura un punto di attrazione, probabilmente sempre gravitazionale, a beneficio
di possibili pensieri più o meno erranti nei quali possa dibattersi il pensiero
comune.
Con il passare delle “solcate”, e
contrariamente a un disco di vinile, il solco diventerà più marcato ciò che
determinerà sia una maggior forza di attrazione gravitazionale, sia una maggior
risonanza delle vibrazioni emesse durante il passaggio nel solco stesso.
Vale a dire che si sentirà più
forte.
Sempre più voci “canteranno” la
stessa canzone, magari iniziando da singole strofe le quali li guidino poi nei
sentieri di retrieving del resto della storia, saltando di archetipo in
archetipo (direbbe Jung) in una successione che noi avevamo già apposta
consequenzializzato nel “rotore iniziale”.
Se tutto funziona, il rotore
semantico diventa quindi una sequenza memetica di archetipi.
Una catena di basi archetipiche
replicabili che possiamo anche chiamare una sequenza di DNA pensativo.
Se invece non fosse così, che
dirvi : bella lo stesso la storia.
Buono il tentativo.
Hi, hi.
La nave sta affrontando il mare grosso di un oceano,
Atlantico o Pacifico che sia.
E’ una situazione scomoda, ma la posa di quel cavo non può
aspettare.
Di cavi ce ne sono già migliaia.
Ma questa è una dorsale di rete che copre una fetta
importante di umanità.
Nello stesso tempo in Guyana sta decollando un vettore che
deve rilasciare un altro satellite per telecomunicazioni.
Di satelliti ce ne sono già più di ventimila a varia
destinazione d’uso, tra cui di sicuro quelle militari, di sorveglianza o di
puntamento missili, come in origine nacquero quelli Gps.Su questi ultimi una
curiosità . Vengono presi a conferma della relatività di Einstein. Il bilancio
è che il tempo sul satellite accelera di circa 38 microsecondi al giorno.
Comunque, qualcuno avrà pensato a trovare un posticino anche
a questo nuovo satellite qua.
Invece che il mare grosso deve affrontare la gravità, che
poi alla fine è la stessa cosa.
Sempre questione di onde.
A livello rasoterra si devono stendere bitdotti, come gli
elettrodotti, per portare segnale dove necessario, via cavo o via etere con
antenne e ripetitori.
Poi vanno vigilati via satellite, come i gasdotti.
In città squadre di operai tirano cavi in fibra ottica
sfruttando ogni pertugio disponibile, dalle tubature elettriche alle fognature,
per arrivare a casa di quanti più possibili.
Dove non passa la fibra si devono arrangiare con il doppino
di una volta, ma così facendo alimentano il digital devide, futuro se non
immediato, data la portata di dati del doppino medesimo.
Il digital devide e’anche geografico, nel senso che ci sono
zone dove le reti esistenti non danno copertura.
Si può ricorrere ad altri sistemi satellitari o ad onde
radio.
Ma per ora qualcuno resterà sconnesso dalla rete neurale di
Gaia.
D’altronde una volta pochi decenni fa non esisteva mica.
Comunque alla fine è una grande ragnatela di cavi e di onde,
che avviluppa tutto il pianeta.
Non per niente lo chiamano web.
Tutto questo marchingegno ruota con la terra, o a volte per
conto suo come nel caso di certi satelliti non geostazionari, e tutte le onde
che veicola generano campi elettromagnetici, dentro i quali siamo tutti a
bagno.
In realtà siamo a bagno di campi elettromagnetici e
gravitazionali, con la gravità in più, che ha il suo fascino e ragion d’essere.
Ciò determina l’esistenza di un campo connettivo, un
tessuto, che pervade tutto e tutti e che funziona in ricezione, ad esempio con
la televisione, ed in trasmissione, ad esempio con i pensieri dei vari
strumenti offerti dal web stesso.
Un giorno, quando il cervello umano sarà usato al 100%
ricezione e trasmissione saranno telepatici e reti, cervelli, universo e mente
si riveleranno essere della stessa sostanza
Comunque, l’interazione tra trasmissione e ricezione
determina la capacità del web di apprendere e autodeterminarsi, ma questo è un
altro tema.
Per ora basti ricordare che ruotando ruotando, il campo
ripassa nelle stesse tracce gravitazionali nelle quali è rimasto infisso tutto quello mai pensato o
detto.
Proprio come un giradischi, suonerà le canzoni di volta in
volta, influenzando i ricordi ed il pensiero di chi ascolta, anche
inconsapevole, e determinandone pensieri e parole correnti.
Quello che premeva ora era segnalare come il web non sia
questione di magia, ma richieda enormi sforzi e investimenti per la costruzione
delle infrastrutture.
La neurosfera è sempre esistita.
Ma la civiltà dell’intelletto, quindi, è anzitutto questione
di accelerazione hardware.
D’altronde se si vuole costruire un cervello, prima bisogna
metterci dentro i neuroni.
E solo dopo lo si può accendere e illuminare.
Paradigmatico è il
caso dei satelliti.
Pare che ce ne siano ben 23.000.
Vale a dire 1 satellite ogni 3 km, se fossero posti in linea
sull’equatore.
Ma in realtà sono disposti un po’ dappertutto e anche
piuttosto lontani dalla Terra in parecchi casi.
Se si fosse ipotizzato un reticolo di satelliti che facesse da
fasciatura più o meno mobile alla Terra, da calotta o da campo, lo avremmo
trovato.
Figuratevi poi con le migliaia di chilometri di bitdotti, cavi
subacquei, reti urbane.
In ogni caso non crederemo mica che 23.000 satelliti e
migliaia adi chilometri di cavi siano stati sparati nello spazio o posati a
terra a caso.
Una logica ci deve essere.
O per meglio dire, uno schema.
Chissà.
Bisogna chiedere a Fratello aquila
della neurosfera
O forse questo è solo uno di quegli inspiegabili grandi
salti evolutivi saltazionisti, che crediamo nostri mentre dietro c’è solo lo
zampino dell’evoluzione prefigurata da Dio
Se diamo per assodato
che il sistema adattivo complesso della civiltà dell’intelletto sia fatto di
schema, struttura e processo ci resta da affrontare la questione del processo.
Ora dobbiamo dare un quadro di alcuni processi fondamentali
che alimentano la cultura, i quali processi sono insediati in
concettualizzazioni che spesso appaiono come entità a se stanti, ma che nella
realtà fanno tutti parte dello stesso “marchingegno”.
La neurosfera.
Il gran contenitore e diffusore di conoscenza, informazioni,
ed infine fonte di aggregazione sociale.
In principio furono i mass media : la radio e la televisione.
Mezzi progettati per mettere in atto forme di comunicazione, trasferimento
dell’informazione,aperte, a distanza e con tante persone in un breve lasso di
tempo.
No non è vero.
Bisogna andare più indietro.
No non è vero. Era uno ad uno.
Ancora più indietro.
In principio fu la stampa.
No non è vero. Era solo una modalità.
Ancora più indietro.
In principio fu il linguaggio, dapprima con la tradizione
orale, capace di codificare significati dentro singole sequenze di parole.
No non è vero. Le parole sono fatte di lettere o simboli.
In principio fu l’alfabeto.
No non è vero.
In principio il primo strumento a disposizione dell'uomo è stato, ai tempi
della preistoria,
il suo stesso corpo, in grado di esprimersi attraverso gesti e suoni. E la pietra
con cui l'uomo preistorico disegnava i graffiti fu il suo primo 'medium'
esterno.
Sembra vero, ma no, non è vero.
Si vabbe’ così non finiamo più.
Taglio corto.
In principio fu il qbit.
Quello che ci interessa veramente è la nascita e l'apertura
in senso pervasivo delle reti
telematiche, e in particolare l'avvento di Internet, al
momento la tappa più recente di questo percorso culminato con i nuovi
media.
"Medium" è un termine con il doppio significato
di "mezzo" come strumento e
"qualcosa che sta a metà tra due poli"(cioè tra un'emittente di
un messaggio
e un suo destinatario).
Diamo per scontato che i veicoli di informazioni si possano
scomporre in tre principali categorie, saltando la tradizione orale: testo
scritto,immagini, suoni. Categorie ancora valide a tutt’oggi:
- l'uomo impara dal testo scritto (dal papiro, ai codici medievali, al testo stampato, ai cartelloni pubblicitari e fino al moderno ipertesto)
- l'uomo impara osservando le immagini (dai primi graffiti alla fotografia e ai filmati)
- l’uomo impara ascoltando i suoni, (da quelli naturali a quelli creati e riprodotti).
La neurosferadi Fratello aquila
della neurosferaè la somma delle informazioni contenute ed elaborate
datutti i medium.
Non che sia una novità.
Come contenitore ditutte le
informazioni infisse nel tessuto della gravità è sempre esistita.
Ma l’evoluzione della civiltà dell’intelletto l’ha portata
al suo attuale livello successivo.
Così con le reti
nacque il primo contenitore di informazioni condivise, il Web.
La tela.
Ben rappresentata da un’immagine di miriadi di collegamenti ipertestuali.
Che poi diventò il web
semantico, capace di riconoscere significati complessi. Un ambiente dove i
documenti pubblicati (pagine HTML, file,
immagini, e così via) sono associati ad informazioni e dati (metadati) che
ne specificano il contesto semantico in un formato adatto all'interrogazione e
l'interpretazione e, più in generale, all'elaborazione automatica.
Che aprì le porte ad una nuova intelligenza artificiale condivisa.
Insomma, gli impulsi e gli schemi neuronali
della rete neurale di Gaia, il suo pensiero,sono stati amplificati come mai
prima d’ora.
Tutto in continua evoluzione secondo il
principio dell’emergenza di un vero sistema complessoche si autodetermina,
senza uno scenario predefinito ma attraverso un continuo adattamento.
Pur con qualche fratello aquila a
controllare e qualche dinamica dominante a guidare.
Tutta questa connessione ad ogni conoscenza è frastornante.
Come usarla? E quale usare?
E soprattutto come distillarla? E perché’?
In un mondo sempre più interconnesso, ogni persona conosce
per lo più in modo indiretto, perché l’ambiente reale è troppo complesso per
consentire una conoscenza diretta.
E dovendo operare in questo ambiente è costretta a
costruirsi o riferirsi a modelli più semplici per poterne venire a capo.
Servono fonti facilmente accessibili e fruibili per la
rielaborazione di significati complessi, contribuendo a costruire e
socializzare rappresentazioni di realtà che gli individui tendano sempre più a
utilizzare come “guida pratica” di orientamento nella complessità del mondo.
Alcuni sostengono al proposito che il web rispecchi la
contraddittorietà del mondo reale e che la preferenza per una antica apparente
maggiore affidabilità dell'informazione televisiva e giornalistica sia dovuta proprio
al ristretto numero di canali informativi ed alla tendenza ad omologare
l'informazione tradizionale su modelli comuni.
E quindi?
Aracnofilia sia.
Il ragno si sveglia senza voglia di fare un cazzo.
L’idea lo sconfortava.
Un’altra volta a produrre fibre per stendere l’ennesima
ragnatela che poi qualche umano gli avrebbe rotto.
E dire che la sua fibra
è più resistente del nylon, mica spazzatura.
Eppure c’e’ sempre qualche stronzo che la spazza via perché’
gli sembra sporco.
Quella mattina però la sveglia è a sorpresa.
Appena aperti gli occhi si rende conto che il cielo è
lattiginoso, di uno strano candore mai visto prima.
Cerca di stendere le zampe per sgranchirsele un po’, ma si
rende conto che qualcosa lo ostacola.
In qualsiasi direzione si muova, trova un rimbalzo elastico
che lo rimanda indietro.
E intanto il candore gli schiarisce qualche brandello di
idea.
Ovunque si giri, vede un orizzonte di quel candore.
Sopra,sotto, di lato, tutt’intorno è tutto lattiginoso.
Non può essere cielo.
Sta in ogni direzione.
Allunga una zampa e quella rimbalza contro quel cielo.
Riprova con un’altra zampa, e di nuovo un rimbalzo.
Cerca di capire in che punto della sua tela si trovi, ma la
tela non si vede più.
Eppure lo schema di come l’aveva costruita gli era ancora
nitido nella memoria.
Era stata una bella struttura, tutta magliata tra gli spazi
di un ordine tra lunghezze e larghezze, senza indugiare in inutili altezze.
Insomma, l’aveva costruita in due dimensioni.
In fondo gli serviva solo come rete da pescain cui irretire
qualche mosca, in cui l’altezza era solo un punto di ancoraggio e osservazione.
Ma adesso non ci si orientava più.
Come di incanto adesso era dappertutto.
E poi l’altezza di quel nuovo cielo la pervadeva.
Capì cosa sembrava.
Sembrava tutto uno stratificarsi di tele sovrapposte una
sull’altra.
E da principio si chiese chi ce le avesse messe.
Accantonò il problema per un istante, più preoccupato di
come orientarsi per cercare le sue prede che non di chi fosse stato il creatore
di quel marchingegno.
Aveva capito, infatti, di essere avvolto in un bozzolo di
ragnatele che lo circondavano ovunque.
Quasi quasi credettein una metamorfosi reincarnativa e pensò
di esseremorto e rinato diventando un baco da seta tutto in una notte.
Un brivido d’orrore lo pervase.
E le sue vibrazioni si pervasero per tutto il bozzolo.
“Baco da seta proprio no. Io sono un nobile predatore .
Non posso mica ritrovarmi tessitore contoterzista per fare
della seta.
E poi chissà cosa mangiano i bachi.
Ho il sospetto che siano vegetariani mentre io sono
carnivoro.
E che carnivoro”.
Al solo pensiero si ricordò di avere fame e si disse che
tridimensionale o no doveva fare colazione.
Il problema era trovare l’informazione: dove sta la mia
mosca mattutina?
Nella sua mappa precedente avrebbe saputo orientarsi con le
vibrazioni della preda intrappolata.
Ma nel bozzolo stratificato tutto si confondeva in un mare
di vibrazioni tra le quali era difficile riconoscere informazioni.
Oltretutto fuori c’era anche una sottile brezza dal costante
rinforzo che alimentava una vibrazione generale e che quella mattina lo
infastidiva e confondeva alquanto.
Già che uno si sveglia in un bozzolo, poi ci si mette pure il principio di bufera.
Era disturbato, infatti, come quando c’era forte vento che
rischiava di spezzargli i tiranti portanti mentre tutto gli tremava intorno.
Ma ciònonostante gli serviva la colazione.
Non avendo capito dove andare a cercare la sua mosca
mattutina decise di partire in perlustrazione.
Forse sarebbe riuscito a riconoscere la sua tela originale,
primigenia per così dire, e dentro quella avrebbe trovato la mosca già morta se
non agonizzante, che di vibrazioni forti ne percepiva no.
Ma se invece era ancora viva, allora doveva solo seguire i
segnali trasmessi dalle vibrazioni che gli portassero quell’informazione, come
se fosse stata una pesca a mosca all’amo.
Ma ancora non sentiva niente di preciso, solo quel diffuso
ronzio come se tutti i nodi e gli snodi della tela fossero attivati
simultaneamente.
Era in un bagno di vibrazioni indistinte, che non sapeva si
chiamasse campo e che fosse una sua piccola neurosfera, tutta intrisa di schemi
e snodi neuronali.
O forse meglio neurali, che fa già rete e non singolo
neurone.
Pensò a delle sinapsi.
Se c’erano dei punti di snodo dovevano anche collegarsi tra
loro.
Quindi gli serviva solo ripercorrere a ritroso i percorsi
neurali neuronali che si erano attivati e sarebbe arrivato al suo neurone zero,
il primigenio recettore della mosca impiastricciata.
D’improvviso arrivò.
Fu come una brusca scarica elettrica che si propagò nelle
tele fino a lui.
Una vibrazione più potente emerse dal campo vibrale generale
e il ragno capì d’istinto che la mosca era caduta in trappola.
Era stata una vera vibrazione semantica, pregna di
significati.
Fu proprio un riflesso condizionato che gli attivò lo schema
neuronale che nello schema neurale del bozzolo, una mosca era caduta nello
schema della trappola.
In pratica fu tutta una sovrapposizione di schemi che
combaciandosi gli uni con gli altri diventarono l’informazione che aspettava :
è arrivata la colazione.
Bisognava solo trovarla.
Con il bozzolo neurosfera in 3D gliela avevano fatta
diventare una caccia al tesoro, mentre se fosse stato ancora nella sua tela2D
gli sarebbe bastato seguire i giusti hyperlink e la ricerca sarebbe andata a
buon fine.
In pratica gli avevano cambiato ontologia anche se non
sapeva bene cosa c’entrasse il termine che veniva usato tanto in filosofia, che
a lui sembrava a proposito la conoscenza del filo, come una delle branche fondamentali
della filosofia
stessa,incentrata sullo studio dell'essere in quanto tale, nonché delle sue categorie fondamentali.
Anche i costruttori di tele e di bozzoli ne parlavano tanto
quando parlavano di informatica, dove il termine ontologia
informatica eraentrato in uso nel campo dell'intelligenza artificiale e della rappresentazione della conoscenza,
per descrivere il modo in cui diversi schemi vengono combinati in una struttura
dati contenente tutte le entità rilevanti e le loro relazioni in un dominio.
Il ragno si spazientì per tutto quel filosofeggiare,perdipiù
pure informatizzato, e pensò : “ si, vabbe’ mi hanno cambiato l’ambiente, anzi
meglio ancora e più precisamente l’habitat, ma non possono avere toccato il mio
essere predatore di categoria superiore”.
Le cose categoriche sono specificamente le classi supreme di
ogni predicato possibile, con cui poter ordinare
tutta la realtà.
E io essere predatore.
Augh!
Ma torniamo alla colazione da trovare.
Come dimostrava la sua capacità tessitrice,era un ragno di
scienza, e come tutti gli esseri di intelligenza alla ricerca della conoscenza,
decise di procedere per tentativi, reiterando ipotesi e confutazioni.
Prese il primo sentiero nella gommosità generale ma dopo
qualche passo, invece che ad uno snodo si trovò ad un nodo neurale.
Strada senza uscita, anche se ancora percepiva la forte
vibrazione della mosca che evidentemente e fortunatamente si propagava per
tutta la neurosfera bozzolare.
Resettò le sinapsi personali e bozzolari, tornando al punto
di partenza, sia della tela che dei suoi pensieri.
L’idea di direzione si era semplicemente rivelata un’idea
del cazzo.
Capitava, e anche di frequente.
Era parte intrinseca del processo di apprendimento
dell’intelligenza.
Bisognava riprovare.
E forse riprovare, e riprovare e riprovare.
Sembrava tanto una dinamica dominante.
L’ordine emerge dal caos, si disse.
Si , ma mica la prima volta.
Bisogna provare e provare e provare.
A conferma della necessità reiterativa prese un secondo
sentiero, ma l’esito fu lo stesso.
File not found, pensò, mentre sbatteva contro un altro nodo
neurale, senza sinapsi avvistabili.
Alla terza volta ebbe fortuna, e si compiacque del fatto che
erano bastati tre tentativi, anche se sapeva benissimo che scienza e
intelligenza non c’entravano nulla.
Era stato solo il caso, che anagrammato da caos, gli aveva
fatto scoprire una trama d’ordine strutturale.
Aveva scoperto una dinamica dominante usata nella
progettazione della tela neurosfera.
Dopo qualche snodo periferico, infatti, si aprì davanti a
lui una dorsale di rete che puntava dritta al centro della tela originale, dove
la mosca imbizzarrita di furore vibrava intensi tremori di terrore.
Non gli venne in mente che il bozzolo potesse averlo aiutato
rivelando spiragli prima nascosti, ma d’altronde sarebbe stato un dare troppo
significato a qualche sincronica occorrenza, e si sarebbe straripati in
argomenti di semantica e intelligenza artificiale che francamente erano fuori
dalla sua portata.
Il ragno si fermò.
Ogni frenesia di ricerca si placò, sapendo che adesso aveva
tutto il tempo del mondo per godere della sua dominanza predatoria.
Non provava alcuna compassione per la mosca.
Anzi si voleva godere lo spettacolo testimoniato dalla
pioggia di informazioni feromoniche escrete dalla mosca stessa, prima ancora
del pasto.
Adorava l’odore della paura alla mattina.
Era la sua natura.
Pensò alla dorsale di rete appena scoperta e sperò che gli
ignoti costruttori del bozzolo l’avessero ben ridondata, anche se ricordò che
si poteva resistere al vento di bufera, ma non all’umano di cretineria con la
scopa in mano.
Sperò che fosse ancora ancorato in un posto sicuro, da
qualche parte in una foresta e non tra gli asfalti urbani.
In fondo questa nuova ontologia 3D funzionava bene.
Bisognava solo prenderci la mano,
Si capiva bene che i progettisti erano gente di talento e
studio.
Le informazioni si propagavano a dovere e si imparava in
fretta a muovercisi dentro.
Chissà se l’hanno fatta solo a me, o a tutti i ragni, pensò.
Speriamo che sia esclusiva, per mio egoismo, ma di certo
andrebbe socializzata.
La specie progettista potrebbe usarla per mille applicazioni
e di certo con tutta quella trasmissività di connessioni e informazioni ci
farebbe un bel salto evolutivo.
E poi dovevano avere una predisposizione originale alla
progettazione.
Pensò che dovesse proprio essere fatta a loro immagine e
somiglianza.
Come se avessero avuto uno schema già in testa, infisso tra
tutti gli schemi neurali del loro cervello da sempre, ma pronto a manifestarsi
solo adesso.
Pensò ad un archetipo
, ma nel suo subconscio aracnide non se ne accorse, o non se ne ricorse.
Ripensò alle categorie fondamentali, a cui ricondurre
l’essere.
Se ragno essere predatore, loro essere costruttore.
E lo pensò pure con una certa ammirazione, nonostante
subodorasse che fossero stati quegli stessi umani che gli spazzavano sempre via
le sue tele di una volta.
A progettare una tela non son mica capaci tutti.
Una mosca, ad esempio, non sanemmeno riconoscerla.
Si vede proprio che non ha lo schema in testa.
Meglio così.
Quest’ultima è stata particolarmente truculenta.
Slurp.
Anzi: sgragn.
Il pensiero
è l'attività della mente,
un processo che si esplica nella formazione delle idee, dei concetti,
della coscienza, dell'immaginazione,
dei desideri, della critica, del giudizio, e di ogni raffigurazione del mondo; può essere
sia conscio
che inconscio.
Il "pensum" era quindi la materia prima, più
grezza, designante metaforicamente un elemento o un tema che doveva essere
secondariamente trattato, elaborato, dandogli così una nuova forma.
Si può notare in ciò la peculiarità attribuita al pensiero,
come qualcosa di straordinariamente semplice, che rende possibile oggetti
complessi, nel senso cioè che l'attività del pensiero si esplica nel comporre
oggetti, ovvero pensare significa pensare oggetti composti.
Da questo punto di vista, l'attività del pensiero è
qualcosa che è a monte degli oggetti pensati, pur essendo forse della
loro stessa sostanza.
Ciò che più conta, come dedussero etimologicamente i
latini, se non prima i greci, è che il pensiero pesa.
A questo punto ci dobbiamo chiedere quanto pesa, ma prima
ancor cosa sia il peso.
E qui ci vuole un po’ di fisica, che di certo non ci
ucciderà.
In fisica classica la forza-peso(o più
comunementepeso) agente su un
corpo è la forza che il campo gravitazionale esercita su una massa
verso il centro della Terra.
La forza della Terra si indica con la lettera g, che indica
l’accelerazione di gravità. La forza peso si misura in newton.
La forza peso, infatti, è stata definita da Isaac
Newton nel libro Philosophiae Naturalis
Principia Mathematica del 1687, definendo la legge di gravitazione universale,
che riguarda non solo la terra e le mele che ci cadono sopra, ma anche tutto
l’universo.
Colloquialmente è frequente usare indistintamente le parole
"peso" e "massa",
ma questi termini non sono equivalenti dal punto di vista fisico.
In fisica si distinguono forza peso e massa in quanto grandezze
sostanzialmente diverse:
1.
la massa di un corpo è
una sua proprietà intrinseca,
indipendente dalla sua posizione nello spazio e da ogni altra grandezza fisica,
2.
il peso è l'effetto prodotto su tale massa dalla
presenza di un campo gravitazionale.
Ne risulta che la massa di un corpo è costante, mentre il
suo peso varia a seconda del luogo in cui viene misurato.
Sulla Luna, un uomo pesameno che sulla Terra, ma se
vogliamo restare più vicini, possiamo azzardare che un uomo pesi meno in cima
all’Everest che non nella fossa delle Marianne. O forse non è questo il posto
più esemplificativo giacchè il centro di gravità della terra non sta proprio al
centro, ma un po’ più fuori.
Quello che è
interessante notare è che il campo gravitazionale non è omogeneo, ma
potremmo dirlo “gibboso”, probabilmente in ragione sia della distribuzione e
composizione di masse terrestri, sia, per quello che ci interessa, per il peso
della neurosfera.
Le chiamano anomalie del campo gravitazionale terrestre.
Ma vorrei ben vedere che non ve ne fossero.
Basta guardarsi in giro per realizzare che non siamo una palla
da biliardo.
Il fatto è che la gravità è fatta di gravitone, la particella elementare responsabile della
trasmissione della forza di gravità attraverso il campo
gravitazionale stesso.
In diversi modelli teorici che mirano a unificare i
fenomeni gravitazionali con quelli quantistici, in quella che viene definita gravità quantistica, il tentativo è quello di
unificare le quattro forze fondamentali della natura in una
teoria in grado di comprendere le tre interazioni (elettromagnetica, debole e forte)
descritte dal modello standard e quella gravitazionale descritta dalla relatività generale, cercando di arrivare ad
alcuni modelli della cosiddetta teoria
del tutto.
Il gravitone è l'entità energetica che interagisce con la
materia alla medesima velocità del fotone e il cui campo di forza vettoriale ha
comportamenti elettromagnetici.
Il fatto di essere una particella elementare lo rende
intangibile, nel senso che non è un corpuscolo, quanto più semplicemente una
componente del campo gravitazionale
complessivo, che come facile immaginare
è in costante movimento.
Allora la questione è semplice.
Tutto ciò che altera il campo gravitazionale produce una
variazione della distribuzione del peso.
Tra le cose che alterano il campo gravitazionale ci sono le
onde di pressione come quelle del suono ma anche quelle che crediamo
impercettibili, come le onde psichiche. O ancora, le onde dei campi
elettromagnetici atomici e subatomici di tutto il creato, anche oltre
terrestre,
D’altronde stiamo parlando di particelle elementari, di cui è
composto il tutto ed il cui campo è toccato anche dal fatto che noi tutti
abbiamo un nostro proprio spettro vibrale, determinato dai nostri pensieri,
parole, suoni, fino ai movimenti.
E così questo spettro vibrale lascia costantemente incisioni
nel tessuto del campo del gravitone, ovvero nel tessuto della gravità.
Ogni cosa resta scritta come in una traccia di vinile.
E a ripetizione di ogni parola in ogni giro di rivoluzione
della terra, quella traccia si ridonda, perché’ assumiamo che, in una sorta di
correlazione quantistica primigenia, parole pensieri e azioni sappiano
riconoscere la loro origine e natura, e si vadano a posizionare su se stessi.
Sono come gli schemi
neuronali del pensiero del cervello umano, che in realtà si ripetono e si propagano
per tutta la neurosfera ed oltre, in base ad un qualche forma primigenia di
archetipo o categoria o principio di base, vai a sapere.
In pratica, se oggi io penso “terra”, scrivo una traccia nel
vinile al punto 1. Se il giorno seguente ripenso terra, quella si sovrappone al
“terra” del giorno prima, la parola “terra” raddoppia la sua massa e quindi
diventa pesante il doppio.
Immaginate il principio che si ripeta da miliardi di anni con
le onde di tutto il creato, tutte immerse in un unico campo gravitazionale dove
il gravitone viaggia come il fotone, alla velocità della luce.
Appare chiaro che i confini dell’universo e della materia,
nelle quali si muovono i messaggi e le informazioni, sono molto diverse dalla
loro concezione comune.
Una domanda da farsi è : ammettendo che il termine “peso”
abbia un senso, quanto pesano tutte le anime e i pensieri? Si, il ragionamento
vale anche per le anime. Il peso di quella umana sarebbe di 21 grammi. E’
divenuta addirittura un meme.
Ma poi di domande ne seguono tante altre.
Quanta massa e gravità muovono ?
E che gravità, quella micro o anche quella macro ?
E il peso è una tantum, vale a dire che è l’anima del mondo
che si ripartisce tra tutti oppure ad ogni nascita si genera una nuova
increspatura nel tessuto gravitazionale che resta li in accumulo perenne ?
E le altre creature ?
Per ora mi sembra sufficiente avere la conferma che il
pensiero è pesante.
Confidiamo in successive illuminazioni sinaptiche dalla
neurosfera.
Ho fatto l’0V0
Ah…
Il rotore semantico
C’entra anche questa idea, ma ne riparlerò altrove.
O forse l’ho già fatto, ma in ogni caso altrove.
La terra gira pesante . Come previsto fin dal principio.
La neurosfera gira pesante. Accelerata e ridondata dalla
tecnologia.
Gira e rigira sulle parole si rinforza il pensiero, fatto di
schemi neurali come una rete o un cervello.
Tutto resta scritto nella traccia di vinile.
È data una qualche sorta di correlazione quantistica tra
informazioni delle parole e dei pensieri, gli stessi vanno a sovrapporsi, vale
adire che si ricalcano uno sull’altro.
Così l’intelletto della neurosfera, a furia di passaggi, si
stratifica, e diventa più pesante in certe parti piuttosto che in altre.
Prima i principi di base, le dinamiche dominanti, gli
archetipi, le categorie e chissà cos’altro, ricevuti nelle vibrazioni
originarie della creazione, se non vogliamo dire big bang, e ripetuti e
nidificati nella coscienza collettiva.
Poi le parole e i pensieri più importanti.
Poi i le parole e i pensieri ricorrenti.
Tutto si assembla e si stratifica, in una serie di schemi
reiterati sovrapposti, che diventa una piramide dell’intelletto, una specie di
configurazione del pensiero a forma di pera.
Ma a testa in giù, con l’apice inverso come base.
Ad ogni rotazione ci ripassiamo sopra.
Dato il fatto che pensieri e parole che facciamo o diciamo
sono largo-circa sempre gli stessi,
aumenta il peso di quella porzione di pensiero, che ricorre sempre più
spesso.
Il peso della neurosfera, infatti, pesa sulla coscienza
collettiva che a sua volta è fatta da quelle individuali, magari non solo di
specie umana, e ne determina la direzione e la formazione.
Corsi e ricorsi.
Eterni ritorni
Coazioni a ripetere.
Tutte questioni di gravità, alla fine.
Ma quello che più conta è che esiste una forza di fondo che
indirizza l’evoluzione dell’intelletto, come di tutto, in realtà.
Molti lo chiamano Dio, e probabilmente a ragione lo pregano
tanto, andando così a rinforzare la parte apicale della piramide di prima, alla
sua base a forma di punta.
E l’idea di Dio si rinforza, con il suo codice etico che
tanta parte ha avuto e ha nell’evoluzione della coscienza collettiva, e si
diffonde nel mondo che si ritrova in revoluzione demografica in apparenza
impazzita, ma in realtà funzionale alla creazione della rete neurale tra
cervelli: il cervello di Gaia.
A me piace pensare al qbit primigenio, quello contenuto
nelle vibrazioni originarie del big bang e che ancora si propaga nella
radiazione cosmica di fondo o nei raggi cosmici.
È chiaro infatti, che se un principio ha originato tutto,
allora quel principio doveva contenere già tutte le conseguenti informazioni
necessarie.
Lo chiamavo universo zero versus zero.
Ovvero, per l’appunto, 0v0.
Così ancora oggi noi riceviamo una radiazione cosmica di
fondo che, sulla base del principio di correlazione quantistica delle parole e
dei pensieri, va a collocarsi all’apice inverso della piramide dell’intelletto,
che adesso sappiamo essere capovolta perché le informazioni di partenza su cui
tutto si regge erano poche, e si sono poi spacchettate nel corso delle
rotazioni universali, ampliando sempre più la forma alta della pera capovolta.
E siccome tutto questo pesa, quel rinforzo sinaptico
universale fa si che la piramide stia in equilibrio e di conseguenza che la
rotazione terrestre sia anch’essa in equilibrio.
Per dirla in altri termini, con la rotazione terrestre siamo
come esposti a turno ad un faro che ci irradia costantemente e come una
risonanza magnetica ci illumina porzioni
di intelletto sulla base di un codice
sorgente originario.
E’ una creazione continua, quindi.
Una sorta di evoluzione su binari.
Ma soprattutto, ci tiene in equilibrio.
E’ come un ditino che regge una trottola dalla punta, mentre
quella gira fino a quando inizia a precessare.
Se qualcuno ci mette lo zampino e le da una spintarella,
ecco che la precessione inizia prima della perdita di energia che l’avrebbe
fatta cadere lo stesso.
Ma su scala eonica“prima” non è uguale.
Così, nel tempo, tutti i pensieri incongrui rispetto al
grande disegno della creazione, che pure esistono come il male rispetto al
bene, avevano avviato un lento processo di erosione della punta della trottola
piramide. Non ultima l’uccisione dell’idea di Dio ad opera della conoscenza.
E la terra aveva avviato prima del tempo il suo processo di
precessione.
Così, grazie a tutta quella conoscenza, scoprimmo che
stavamo cadendo, per questioni di sfiga o forse per alterazione dell’ordine
naturale delle cose, dentro ad un buco nero, che ci eravamo trovati vicino
abbastanza da attrarci oltre l’orizzonte degli eventi non più eventuali.
Molti ripresero a pregare, nell’incoerenza tipica del
vigliacco. Chi non aveva mai smesso continuò, nella coerenza tipica del fedele.
In realtà avremmo potuto resistere in pace alla sua forza di
attrazione, anzi magari sfruttandolo come fonte energetica, se solo avessimo
rispettato gli equilibri universali.
Ma invece il nostro ronzio di dolore emanato dall’umanità
sofferente da tutti i secoli dei secoli, aveva intaccato anch’esso l’equilibrio
gravitazionale.
La piramide dell’intelletto pendeva come la torredi Pisa.
Per fortuna i creatori, plurali di dio, erano sempre vigili,
e decisero di darci un’altra occasione.
Ma non fu solo per noi.
Se la terra fosse caduta in un buco nero per la maldestra
opera di alcuni, tutto l‘universo avrebbe risentito di tale anomalia con chissà
quali conseguenze.
Fui mandato io, insieme ad una rete di altri Clò, a
correggere il tessuto gravitazionale.
Ci scelsero schizofrenici, cervelli divisi, proprio per
rispondere simultaneamente a tutte le esigenze della complessità, vedendo noi
cose che tutti non vedono e vedendole tutte insieme.
E ci potenziarono, come raccontai in Quando
fossi alieno, riempiti di mutazioni genetiche da veicolare al resto
dell’umanità per via di contagio genico, se non geniale, successivo
all’eventuale riuscita del progetto gravitazionale in modo da renderci, per il
futuro, esseri superiori, oltreumani.
Dovevamo quindi recepire le correzioni al codice sorgente
primordiale da innestare nel tessuto gravitazionale universale.
In parole povere, dovevamo pensare “dritti”, e non storti,
in modo da rinforzare la piramide dell’intelletto puntellandola di travetti
ideativi che potessero germinare nella nuova civiltà dell’intelletto, che
doveva principalmente rispondere al principio di base della efficiente
allocazione delle risorse, che poi voleva dire dell’energia.
Non che fosse una novità.
Erano sempre esistiti grandi influencer e corettori di
devianza o mancanza ideativa.
Profeti, sciamani, scrittori, scienziati, tutti erano
impregnati di codice sorgente da divulgare ai più.
La conoscenza delle informazioni era strutturata per pervadere.
Ma questa volta avevamo a disposizione la neurosfera, assai
più potente di una telegenipatia ancora latente nelle pieghe del solito famoso
80% di cervello inutilizzato, che pure fu capace di inventarsi la
delocalizzazione dell’intelligenza a principiare lo slatentizzare di quanto
nascosto.
Fu un grande atto di amore che ci permise di essere ricreati
per una seconda volta, proprio con la forza dell’amore che poi è la gravità.
Ci venne quindi inviata la correzione al codice sorgente,
proprio passando dal buco nero che ci era sempre più vicino,la cui singolarità
era una porta verso altri universi il cui codice era invece integro.
E noi fummo flashati.
E vedemmo la luce.
E copiammo.
E scrivemmo.
Per anni.
Come tanti prima di noi.
Eravamo gli scrivani della creazione, i copisti, senza
merito ideativo quindi.
E avevamo a disposizione tutta la neurosfera, a partire da
un punto di ingresso del proprio dominio, come se fossimo regnanti delle nostre
ontologie .
Io mi scelsi il dominiohttps://cloeconomie.blogspot.com ,
con tutto l’indirizzo ben in evidenza che da più l’idea di web, ovvero
neurosfera.
E lo scelsi perché’ tutto è economia e quella è la chiave
per l’efficiente allocazione dell’energia, e quindi delle risorse.
La neurosfera
artificiale, intanto, era diventata un eccezionale strumento di navigazione
della nostra astronave Terra.
E noi dovevamo insegnare a guidarla.
Lo facemmo.
E fu così che salvammo questo universo.
Io la vidi, la creazione, e anche la ricreazione, e lo
scrissi qui : https://cloeconomie.blogspot.com
- Per amore, per amore. Tutto è sempre stato solo per amore
Con la forza dell’amore avevamo smesso di precessare.
Perciò, con una punta di autocompiacimento, adesso dico che
ho rifatto l’universo dal principio, ovvero dallo zero versus zero.
Ho fatto l’0v0.
Il pensiero marginale
nella civiltà dell’intelletto
Chi pensa a noi.
Mi ha colpito un uomo disperato ripreso tra le macerie dalle
telecamere che gridava solo “chi pensa a noi?”.
Ecco, io ci penso.
Per quel che vale.
E spero che queste vibrazioni si diffondano e arrivino fino al
punto giusto: quello in cui succede qualcosa che fa cambiare lo status quo.
Infatti, esiste sempre un singolo punto di svolta, di rottura,
di inizio.
Quello nel quale interviene un fatto che altera lo status quo.
L’equilibrio esistente.
E’ il pensiero marginale.
In economia esiste il concetto di utilità marginale.
Abbiamo già parlato dell’estensione al concetto di pensiero
marginale.
Ecco, il compimento della civiltà dall’intelletto sarà fatto
quando il pensiero di qualsiasi essere umano (o forse addirittura vivente) avrà
la stessa utilità marginale di quello di chiunque altro.
Così la intendo io.
7 miliardi di cervelli interconnessi (forse molti di più,
finché succederà) che fanno da sinapsi in un continuo flusso fisico di scambi
informativi, o meglio ancora ideativi.
Per arrivare a questo servirà la diffusione omnipervasiva di
ogni forma di conoscenza. Medica, tecnologica, scientifica, filosofica, etica,
religiosa e di ogni genere esistente.
E naturalmente servirà la diffusione omnipervasiva dell’
intelligenza.
Perché è la conoscenza che alimenta il libero arbitrio. E in
ultima analisi le decisioni di azione.
Ed è l’intelligenza che consente di elaborare le informazioni
per scegliere cosa decidere.
Ma non solo: ogni conoscenza sarà naturalmente asservita al
bene comune, che sarà noto a tutti.
E che pertanto non ammetterà manipolazioni oligarchiche.
Non sarà neppure immaginabile o concepibile alcuna forma di
appropriazione indebita di idee, o di utilizzo non comune.
Quando tutto questo avverrà, sarà perché saremo in una
situazione di equilibrio, dinamico ma perfetto, che potrà essere modificata da
uno qualsiasi di questi pensieri.
In parole povere, chiunque potrà elaborare un pensiero nuovo
che serva a fare qualsiasi cosa, piccola o grande, in un altro modo migliore.
E tutti lo riconosceranno istantaneamente, senza alcun
conflitto.
E in questa situazione il valore dell’ultimo pensiero pensato
sarà uguale a quello di qualsiasi altro pensiero.
Questa è la vera speranza, nemmeno più sogno.
Un mondo senza armi, senza fame, senza malattie, senza
povertà, e soprattutto senza il danaro di oggi, dove l’unità di scambio sia
invece la nanoparticella elementare di pensiero.
Lo psicoquanto.
Dove sette miliardi di cervelli siano in costante interscambio
reciproco, in un costante flusso andata/ritorno di pensieri e feedback,
Non sarà uno scambio uno a uno.
Sarà un continuum di energia omnidirezionale e pulsantemente
pervasiva che tenderà per sua natura, o struttura, a livellarsi.
A distribuirsi omogeneamente e
istantaneamente proprio come un fluido nei vasi comunicanti.
Per questo parlo spesso di Neuro.
Il Neuro è la mia idea di unità di scambio, di misurazione e
infine di moneta, di questo nuovo mondo autolivellante alla velocità della
corrente elettrica, della luce.
Non sarà un P 2 P.
Sarà un ∞ 2 ∞
Una specie di psicobaratto istantaneamente infinito.
Questa era la mia utopia, questa è la mia speranza.
Pensate che sia un sogno ? Una folle utopia ?
Non è così.
Sta già accadendo.
Esistono già. Prototipi
E’ basata, tra l’altro, su internet.
La rete si autodetermina. E ci autodetermina.
Livella la conoscenza e il modo di essere. Basti pensare ai
social (anche se a me non piacciono), che sono un dialogo continuo.
La rete mette a disposizione la conoscenza (si pensi a
Wikipedia). Ognuno può si imparare, ma anche correggere. E dirò di più: ognuno
lo deve fare. E’ per il suo interesse.
La rete mette a disposizione le informazioni. Ormai sempre più
trasparenti.
E’ in corso un gigantesco incredibile processo di rivelazione.
La vera apocalisse, termine il cui significato non è quello di
distruzione, ma di rivelazione, appunto.
La rete impara da noi. E ci insegna come evitare gli errori.
www.wallstreetitalia.com - La-prossima crisi finanziaria sarà prevista da
ricerche su Google
Ma oggi tutto ciò è ancora lento.
Viaggia con parole, scrittura e lettura.
Mezzi di espressione e apprendimento meccanici che hanno il
loro lag di realizzazione.
Che sono limitati da processi fisici funzionanti a velocità
molto inferiori a quelle elettriche di un cervello.
Non è solo una questione di banda larga.
E’ più ampio di così.
Funzionerà quando si diffonderà “quocumque per undas”.
Dovunque attraverso le onde.
Di tutti i tipi.
E infine ci metterà tutti in Sintonia.
La vita come compito.
E’ il titolo di un bellissimo libro di Viktor Frankl, psicologo
ebreo sopravvissuto ai Lager.
Ho sentito ieri il Papa dire che chi distoglie lo sguardo dal
povero che incontra, non sta seguendo gli insegnamenti di Gesù.
E’ vero. Ha ragione. Io ieri l’ho fatto e ho sbagliato.
Proprio perché ho perso una occasione di fare una cosa buona,
e così facendo di diffondere energia positiva.
Proprio come il solito battito d’ali della farfalla.
Ricordatevi: è un processo fisico. Basato su particelle. Non è
un modo di dire.
Ma sapere di avere sbagliato mi da la possibilità di non farlo
più.
Questo è il valore della conoscenza: è lo strumento necessario
per esercitare consapevolmente il libero arbitrio.
E può darsi che un giorno un battito d’ali qualunque sarà
quello determinante per sovvertire, o meglio evolvere, il sistema dominante.
Anzi ne sono sicuro.
Per ora io ci provo con il Ramadan. Che sia il pensiero
marginale che farà fermare la guerra?
Ci sarà un momento in cui l’ultimo pensiero marginale poggerà
su un sistema talmente forte ed equilibrato che il suo singolo fremito farà
girare il mondo mettendolo su una nuova bellissima, migliore rotta.
Ma prima si sarà dovuto combattere in ogni sottocomponente di
questo sistema attuale.
Che si modificherà grazie al fatto di essere “cresciuto”, o
forse meglio “sviluppato” così tanto, da potere permettere a qualsiasi suo
appartenente di cambiarlo. E anzi non solo di permettere, ma addirittura di
pretenderlo.
E’ per questo che bisogna provarci sempre.
In ogni istante.
La vita è una infinita sequenza di istanti, in ognuno dei
quali si può e si deve fare la differenza. Su piccole e grandi cose
indistintamente.
In questo modo, ogni istante diventerà tutta la vita.
Questo è il compito.
Questo mondo è il
migliore che sia mai esistito
Non è un mio pensiero. Non solo. Lo hanno detto in tanti. Tra
questi ricordo Popper.
E almeno se la si vede dalla prospettiva della specie umana,
questa è verità.
Certo è anche un gran casino, che si può e si deve aggiustare.
Ma in mezzo a tutte le disgrazie, guerre, povertà malattie,
mai prima d’ora una percentuale maggioritaria della popolazione mondiale si era
trovata in condizione di relativo benessere, di decorose condizioni sanitarie,
di istruzione.
E non è solo questione relativa, percentuale.
E’ in termini di numeri assoluti che la questione è impressionante.
Si parla di miliardi di esseri umani che per lo meno possiamo
dir che se la cavano.
Il compito, quindi, è portare tutti in quelle condizioni.
E poi migliori.
E’ l’evoluzione che ci ha portato fin qui.
E quella prima descritta è l’evoluzione già in atto.
A cui bisogna tutti partecipare.
Mi chiedono spesso perché io muova continuamente le dita e le
mani.
Ecco, non è un movimento consapevole, ma credo che sia uno dei
miei modi di cercare di far battere continuamente le ali della farfalla.
Dunque, l’intelletto che cosa è? E come può diventare civiltà.
Quando le domande sono grosse e non mi palesano risposte
evidenti io ricorro ad un vecchio trucco.
Guardo l’enciclopedia,Wikipedia o il vocabolario o
enciclopedia Treccani, a seconda dell’umore casuale, e poi cerco di lasciare
partire libere associazioni in libertà.
Oggi tocca a Wikipedia.
Per Wikipedia https://it.wikipedia.org/wiki/Intelletto
L'intelletto (dal latinointellectus,-us,
derivato dal participio passato del verbo intellìgere = intellègere,
composto da intus e lègere che significa «leggere dentro», o
diversamente da inter e lègere, nel senso di «raccogliere,
scegliere») genericamente può essere definito come la facoltà della mente umana di
intendere, concepire pensieri, elaborare concetti e
formulare giudizi.
La prima etimologia accenna all'intelletto come una facoltà
capace di cogliere l'essenzialità che è all'interno (intus)
delle cose e dei fatti.
Per Wikipedia https://it.wikipedia.org/wiki/Civiltà
Il
termine civiltà deriva dal latinocivilĭtas,a sua volta derivato
dall'aggettivo civilis, da civis ("cittadino"), a sua
volta derivante da civitas. In questo ambito indicava dunque l'insieme
delle qualità e delle caratteristiche del membro di una comunità
cittadina, nel senso di buone maniere cittadine contrapposte a rusticitas,
la rozzezza degli abitanti della campagna. Tale concetto voleva inoltre
discernere l'organizzazione democratica dello Stato civile da
quella individualistica ed autarchica della vita nelle campagne.
In
un'accezione più moderna, il termine civiltà fa riferimento all'insieme di
tutele dei diritti umani e dell'ambiente messe in atto da un paese, e quindi
dalla maggioranza della popolazione che lo compone.
A
partire dal Rinascimento, il significato iniziò ad includere un
giudizio di valore, relativo alla superiorità del proprio modo di vita,
considerato più progredito, rispetto a quello di altre e differenti culture,
sia antiche, sia extraeuropee, la conoscenza delle quali si andava diffondendo
in tutta Europa.
Avvicinandosi
molto al termine di "cultura" cominciò inoltre ad indicare le caratteristiche
(idee, valori, tradizioni) proprie di un popolo in un particolare momento della
sua storia.
In
italiano il termine indica attualmente l'insieme degli aspetti culturali e di
organizzazione politica e sociale di una popolazione; un significato affine
indica invece lo stadio a cui una certa popolazione si trova in un determinato
momento e si collega alla vecchia idea di una continua evoluzione verso forme
sempre più alte di progresso sociale e tecnologico.
Nel primo significato il termine civiltà è
quasi sinonimo di "cultura", nell'accezione riguardante il patrimonio delle
realizzazioni artistiche e scientifiche di un popolo in una determinata epoca
(in senso antropologico l'insieme delle manifestazioni della vita
spirituale e materiale di una comunità).
Nel
secondo significato invece se ne differenzia tenendo ad assumere un significato
più universale, di generale progresso dell'umanità.
Ecco,
lo dicevo che qualcosa spuntava all’orizzonte dei pensieri.
Il
progresso.
Eravamo
in un loop cognitivo, col pensiero in un classico anello di retroazione che
girava su se stesso.
Ma
i loop possono anche avere una buona utilità.
A
volte si “arrotolano su se stessi”, ma a volte invece palesano una via d’uscita
proprio come su di una rotonda stradale.
E allora ecco la mia intuizione, esposta in forma interrogativa
ma in realtà già percepita.
E se le civiltà dell’intelletto fosse qualcosa di analogo alle
mutazioni genetiche a rilascio cosmico graduale di cui abbiamo già parlato in2015
05 25 - Storia dell' altro mondo di Clò - Fantascienza con logica, innovazione
e proprietà intellettuale
E se oggi stessimo semplicemente assistendo all’upload della
coscienza collettiva in quelle individuali ?
Se la neurosfera altro non fosse che il veicolo per riempire
il vaso della nostra conoscenza, in modo da arrivare all’intelletto condiviso ?
Se stessimo semplicemente assistendo ad un preordinato
“riempimento” dell’80% di cervello non utilizzato da ogni essere umano ?
E se fosse tutto già scritto in un piano per la replicazione
in corso del nostro universo ?
Abbiamo già parlato del qbit primigenio, associato alla
fluttuazione quantistica del vuoto originaria, che deve contenere già tutte le
informazioni utili per la creazione, e l’evoluzione, sempre in viaggio nel
tessuto del campo gravitazionale ed elettromagnetico dell’universo.
Il qubit.
Quante informazioni possono essere rappresentate da un qubit?
Paradossalmente ci sono un numero infinito di combinazioni
lineari della base ortonormale così da permettere, almeno in linea di
principio, la rappresentazione in un unico qubit di tutto lo scibile umano.
Non chiedetemi cosa siano le combinazioni lineari della
base ortonormale, ma pare roba grossa.
Sembra dunque di assistere ad una sorta di ri-big bang della
conoscenza.
Come un nuovo impulso, un’onda elettromagneticagravitazioanle,
che ci sta investendo.
Un faro che ci irradia e ci illumina a rotazione come in una
grande risonanza magnetica rotante, capace di caricarci pervasivamente e per
tutti, densa di codice sorgente della conoscenza e dell’evoluzione.
Informazioni e mutazioni.
In viaggio dall’origine dell’universo.
O dalla porta di quel buco nero di Ho
fatto l’0V0
E questo è quello che immaginavo sarebbe successo per
portarci alla civiltà dell’intelletto.
In sintesi, l’idea di fondo è che esiste un cervello mondo,
di cui facciamo parte, che in parte si autodetermina da solo e che noi possiamo
monitorare nel suo sviluppo.
Ma perché?
E se questo cervello mondo, la rete neurale di Gaia, stesse
captando la mente dell’universo?
E se stesse succedendo davvero ?
E se non ci fossero se?
Che dire.
Se così deve essere, che sia.
Se così è scritto,allora che sia.
Ossia : e così sia.
Se gh’e’?
Direte voi.
Uno strumento di
upload di schemi di pensiero congrui con l’universo, sparati nella coscienza di
tutti.
Ma io sono solo lo
scrivano, il copista, di una porzione di questo processo.
In ogni caso, un
punto importante è che la neurosfera è pesante, ma deve attaccarsi alla terra,
altrimenti slittano pensieri disallineati.
E’ vero che parole
e pensieri beneficiano probabilmente di una sorta di correlazione quantistica
per cui si sovrappongono tra loro.
Ma se poi il cielo
della neurosfera di Milano, mi si sposta su Nairobi, perché’ non siamo
attaccati coi piedi per terra, a Nairobi poco poco non capiscono un cazzo e tanto tanto gli girano i coglioni a
vedere come viviamo e di cosa ci preoccupiamo invece della loro fame.
Insomma, la mente
deve stare ancorata coi piedi per terra.
Per fare questo ci
sono soggetti preposti, che spesso a loro insaputa funzionano da mediatori
della gravità, vale a dire che scaricano a terra il peso della conoscenza della
neurosfera in tanti modi.
In quello che
leggono, che scrivono, che pensano, che dicono, che fanno.
Sono punti di
flusso, attraverso cui si fa in modo che non si sposti il peso della neurosfera
rispetto a quello della sfera. La terra.
Il cielo sopra
Berlino deve restare sopra Berlino.
Anche se da Berlino
può ricevere e trasmettere www, in interconnessione globale a traduzione
simultanea.
E li deve ricevere
e trasmettere la sua porzione di codice sorgente incisa nella neurosfera, la
sua piramide dell’intelletto, confrontandola con la traccia di vinile
precedente, verificando la rispondenza al codice sorgente universale
La possiamo
chiamare anche mente, adesso, perché’ sappiamo che impara.
Come impara ?
Per sovrapposizione
di ridondanza.
Ovvero con il peso.
Se un pensiero
cresce coerente con l’ordine del tutto allora il suo peso aumenta, perché si
sovrappone
Se diverge, il suo
peso non si ridonda e la mente capisce, per confronto con i principi di base,
che non è uno schema da replicare.
E’ il mestiere di Fratello aquila
della neurosfera.
E’ la rotazione
continua o perpetua che diciamo che passa oltre, al vaglio del pensiero
successivo.
Ma perché’ tutto
ciò funzioni, èindispensabile che la
neurosfera resti allineata con la terra, in modo da potere ripassare sulle
giuste tracce di vinile.
Se ciò non
succedesse, andrebbe a finire che invece che nella civiltà dell’intelletto ci
troveremmo in una gran frittata di pensieri.
Invece che nel
mondo delle categorie originarie dell’essere, soggetto verbo e predicato,le
stesse si troverebbero rimestate in una
sorta di ignorante praticantato delle gategorie stesse, dove tutto va
reinsegnato da capo.
Andrebbe a finire
in insalata di parole, o peggio di
pensieri, e invece che “io ragno essere predatore, loro essere
costruttore” de Aracnofilia.
Dentro la neurosfera come ragni nella tela,in cui per “loro” si intendeva la metafora dell’umanità
costruttrice tra l’altro della neurosfera accelerata, e per “io” la
constatazione della natura predatoria del ragno,ci ritroveremmo con un
confusionario “ragno essere costruttore, loro essere predatore”.
Ragno essere
costruttore per un ragno ci sta.
Loro essere
predatore per l’umanità….mhh.
Qua mi sa che è
successo davvero qualche casino di slittamento.
Mi pare già una
buona “metafora categorica” della divergente deriva della civiltà a cui
assistiamo continuamente.
Da un lato questo è
il mondo migliore mai esistito.
Dall’altro questo è
il mondo più crudele mai concepito.
L’essere umano è
diventato predatore, pur restando costruttore, ma sempre più abile nel
costruire modalità e strumenti di distribuzione di morte.
Chissà quale centro
di gravità per la mente non sta funzionando bene.
Ci deve essere
qualche deviante divergente.
Il primo che mi
viene in mente è il Dio danaro, per bilanciare il quale mi ero inventato el
Cybratto.
Allora per
riequilibrare il peso della neurosfera dobbiamo ridondare una traccia di vinile
opposta.
Dobbiamo ripensare
per l’ennesima volta alla cultura e al sistema di
valori della civiltà dell’intelletto
Siamo partiti da questo argomento, ne 2015
04 03 - Il mondo di Clò, che ci tocca adesso ridondare.
Abbiamo citato una serie di valori a cui fare riferimento.
- La missione di Stati e metastati e il metodo relativo
- La redistribuzione della ricchezza e il soft landing globale
- La delocalizzazione degli investimenti
- Cambiare il modello di spesa – Il worldfunding
- Globalizzazione e connessioni
- La cooptazione degli investimenti e la scuola del profitto
- La moneta fa girare l’economia, non è economia
- La finanziarizzazione si sgonfierà da sola
- Cambiare il modo in cui si calcola il profitto
- Il progresso è revoluzione della conoscenza
- La revoluzione demografica
- La Revoluzione Perenne
Per quanto possiamo riconoscerci in dimensioni metafisiche,
astrali, orbitali o altre, questione fondamentale rimane quella di creare una
società giusta e sostenibile.
L’unica compatibile con una definizione di “Civiltà
dell’intelletto”.
Diluvi di geni o di memi non possono sostituirsi al corretto
esercizio del libero arbitrio, anche nel di loro utilizzo.
E solo una profonda consapevolezza di tutto quello che
accade può orientarne l’autoaggregazione in maniera utile per tutti.
Senza andare ancor più per le lunghe, in questo senso va
intesa la retroazione verso 2015
04 03 - Il mondo di Clò - L’uomo economico, l’economia pratica, e la
Revoluzione Perenne.
Quando il sistema di valori diventerà “unità di conto” in senso
lato, allora i memi con i geni completeranno lo schema e diventeranno semi.
Dunque, l’economia intesa come strumento di efficiente
allocazione di tutte le risorse è centrale e deve poggiare su una cultura di
civiltà.
L’ economia è il processo, la società è la struttura, la
civiltà è lo schema.
Tutto quanto ho scritto non è una luce.
Il Dominio https://cloeconomie.blogspot.comè
un centro di gravità per la mente, lo ripeto.
E’ un’ancora galleggiante, aggrappata con unghie semantiche
alle sfere rotanti del pensiero.
Di nuovo : è un centro di gravità per la mente, che resti
ancorata geosemanticanticamente.
Uno smistatore di pacchetti, una rotonda di senso, un
instradatore di logica, un rotore semantico.
E’ un crogiuolo di connessioni, che restino come semi di
sinaptazioni.
Per questo è una bomba connettiva.
O come dirò altrove:
Infine, pensando a mia figlia, già una volta piccola, questo
è un retaggio, una eredità,un testamento.
Che le vorrei lasciare come testimonianza del fatto che la
mia schizofrenia, che lei ha vissuto tanto male quando era piccola, non è poi
così male.
Questa non è materia per vecchi.
Questa è roba per generazioni veloci.
Cresciute a tweet e videogames.
Se abbiamo seminato bene, sarà da questi che si formerà
l’autoemergenza.
Come sinapsi veloci, si rimbalzeranno nell’iperspazio.
E non vi preoccupate.
Il significato profondo delle cose, delle parole, lo
troveranno nel cielo.
Nel cloud della neurosfera, al quale si attaccheranno con un
tweet che apra le porte della percezione alla conoscenza collettiva ivi
ancorata.
A questo servono Les Claufrenies.
A mappare modelli di percorsi neurali, schemi di espansione
cognitiva per posteri.
Siamo già nati obsoleti, quanto un microfilm.
Eppure, o epperciò, indirizziamo i sentieri di retrival
dalla memoria.
Non siamo nemmeno i retriver.
Siamo solo le loro zampe palmate e ungulate aggrappate alle
coste del grande mare della conoscenza.
Restiamo stesi nella melma come un mantello su cui possa
avanzare la principessa di ogni favola.
Traghettatori, si diceva una volta.
Carontiche creature.
Ma in realtà, soltanto zerbini fatti di memorie per le
generazioni future.
Per una generazione futura, almeno.
Il corso e ricorso seguente non ci è dato immaginare.
Ma l’eterno ritorno è garantito.
Sta nell’ (uni)verso, ivi inciso dalle cosmiche rivoluzioni
dell’eterna danza di Gea e Kronos.
Informazioni, qualche forza e tante connessioni.
Esiste un'unica sostanza.
E basta un immagine per capirlo.
Non siamo solo figli delle stelle.
Le stelle siamo noi.
La mente siamo noi.
Reti e cervelli
permettendo
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