2021 05 03– L’era del draghetto stellato
La pestilenza si riesiliò.
Nel suo
alveo si ritirò.
Forse
aveva deciso che l’avvertimento abbastò.
O forse
no.
Ma tutti
furono molto sollevati.
Pur di
credersi risparmiati.
Solo il
Kalimmudda non profetò.
Rimase
pure a volte interdetto.
Seduto in
medighiera sotto la sua ilare quercia.
Da dove
guardava il mondo rotolare compiacquente.
E arrivò
il momento dell’era del draghetto stellato.
E strisciato.
Come uno
chef, o come una bandiera, di quelle piene di stelle, arrivò con la ricetta da
piatto ricco.
Che poi
era ricco quanto un becco.
Di un
quattrino.
Ma alli poveracci
colli mortacci sembrò di essere nel bengodì.
Il draghetto
aveva una grande carta di credito.
Globbale,
cioè.
Si dice
che sognò da giovane di fare il pompiere.
Sempre
questione di incendi.
A volte da
spegnere.
A volte da
appicciare.
Divenne un
banchiere.
Uno di
quelli grossi, che se hanno le mani bucate allora caccian soldi a palate.
Promise
mari e monti, incurante della brutta fine che rischiava.
Redisse, o
redasse, o …
Oh..
insomma, fece un programma.
Bello, perché
bello.
Ma il
Kalimmudda ci scorse dentro un tranello.
Di cui il
draghetto menava il fardello.
Forse non era
in malafede, il poverello.
Ma di
certo quella dei banchieri è una famiglia “tutta fratello”.
Insomma,
una volta che sei in famiglia non puoi tirarti indietro.
Messa così
pare pure una associazione a delinquere.
Ma
comunque.
Statista
sembrava pure, almeno in potenza.
Ma il
Kalimmudda dubitava.
Ogni volta
che chiudeva gli occhi vedeva le stelle, di tutti i colori, su tutti gli sfondi
di colori stellati.
Finchè un
bel dì, il bengodì, da sotto agli occhi sparì.
Il draghetto
finse un malore morale.
E dissimulò
fastidio etico, di fronte a non si sa più quale questione.
Era irrilevante.
Pretesto
funesto, si ricordò di non essere ernesto.
Fuoco,
fiamme e apò kalò ce li aveva nel dno.
Nel
frattempo il Kalimmudda medighierava dubbioso nel dilemma se fosse nato primo
il neuro o il pane.
Aveva
sintetizzato le due scuole di banchieri moderne.
C’è chi
vuole un chilo di pane e quindi gli serve un neuro.
C’è chi ha
due neuro e quindi vuole due chili di pane.
In
gioventù aveva sempre prediletto il bisogno al superfluo, ragion per cui si
riteneva della prima razza.
Ma poi a
medighierare per decenni sulle questioni del mondo un dì si era detto perché no.
In fondo i
piccioli neurali non esistono nemmeno ancora, allora tanto vale la stamperia.
Almeno money
for tutti, e poi si spantegano in giro seppur con qualche tendenza stercorara ad
agglomerarsi su se stessi.
E poi
basta non doverli ridare a nessuno……
Il
Kalimmudda vide la luce, chiara come un lago senza fango.
Qua nel
bengodì di ridare i soldi arriverà un bel dì.
E dove li
andrà a pescare il draghetto?
Ci volle
un secondo a ribaltare la prospettiva e il draghetto messianico divenne d’istante
l’iscariota imperante.
E per
forza, tutte quelle stelle non te le danno mica nell’uovo di pasqua.
E’ roba da
imperi, mica di ieri.
Il
draghetto allora cambiò fattura e come d’incanto divenne egli stesso l’incendio.
S’è spento,
se desto.
Si ritirò
a vita privata.
E ci diede
la sòla finale, terminale.
Allora
capirono.
Tutto il
bengodì realizzò quel dì.
Non hai i
soldi da ridare agli stellati?
No probblema,
mi dai in cambio due isole, una autostrada, qualche museo, il colosseo.
E finalmente
ti scoprirai babbeo.
Con la
capacità di sopportazione che un criceto in gabbia pare un gladiatore.
Sempre lì
a godì nel bengodì che non c’è.
E il
draghetto non medighierava, non diceva, non faceva.
Era diventato
grande.
Zitto
osservava.
E lasciava
fare, che a rovinarsi ci pensavano da soli.
Fu così
che il più grande banchiere dopo il big Bang fece il big Bot.
Senza fare
niente.
Con la sua
copertura stellata.
Il Kalimmudda
pensò ad una sintesi.
Una
trappola per topi.
Vai, vai,
spendi, spendi, dìfolta, dìfolta.
Ecco cosa
era stato.
Un grande
banchiere.
Il suo
nome non era mica cerutti
gino .
E ora , tutti
al giambellino.
Kalimmudda ipsum suspicatur
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