lunedì 17 maggio 2021

2020 05 18– La revoluzione delle farfalle di sopramezzo - New deal

 
Il titolo di questa raccolta è “La revoluzione delle farfalle di sopramezzo”
Il nostro concetto di Revoluzione Perenne è stato trattato a partire da 2015 06 30 - Una "lecca" semantica - La tetralogia di Clò - Mini guida alla Civiltà dell'Intelletto.
E’ un concetto antitetico a quello di rivoluzione, e fa riferimento piuttosto ad una costante evoluzione in successivi aggiustamenti progressivi.
Nello specifico ci riferiamo ai seguenti due titoli
 
Clò.
Clò siamo tutti noi.
Clò è l’uomo qualunque che tutti sono o possono essere.
Clò è l’uomo progettato per essere un normale uomo economico.
Si tratta di un uomo le cui principali caratteristiche genotipiche sono la razionalità (intesa in un senso precipuo, soprattutto come precisione nel calcolo perenne) e l’interesse esclusivo per la cura dei suoi propri affari individuali.
Ma è anche un uomo alla costante ricerca della trascendenza dalla sua immanenza.
Ricerca che lo porterà ad andare ben oltre l’interesse esclusivo per la cura dei suoi propri interessi individuali.
In questa costante ricerca farà molte cose e si troverà in molte situazioni, dalle quali cercherà sempre di cogliere il loro funzionamento.
E che cercherà sempre di rendere migliori, ovvero più funzionali, in assoluto e non solo rispetto a sé.
Clò, quindi, è uomo economico, ma è anche ingegnere.
Colui che usa l’ingegno non solo per capire come le cose funzionino, ma soprattutto per fare funzionare quello che non funziona “a dovere”.
A volte quello che non funziona è il se stesso, che tratterà con la stessa logica.
 
E’ in questo senso che Clò è al tempo stesso artefice, regista e spettatore di quella che chiama Revoluzione Perenne.
Il riferimento è a Aldous Huxley e alla sua Filosofia Perenne, una raccolta di citazioni che si riferiscono a  una "realtà divina consustanziale al mondo delle cose, delle vite e delle menti".
La filosofia perenne è infine una psicologia che scopre nell'anima qualcosa di simile alla realtà divina, o addirittura di identico ad essa.
In questo senso va intesa l’idea di Ri-evoluzione Perenne.
Una costante ricerca evolutiva che parte dall’osservazione e apprendimento della realtà e cerca di evolverla oltre se stessa.
Clò è un uomo qualunquemente economico, che vive una vita di economia pratica, e che cerca sempre di evolvere, sé e la realtà, per renderli compatibili, e infine consustanziali.
O forse, per dire meglio: “per renderli compatibili, e infine coerenti con la loro consustanzialità”.

 
Tutto è economia
 Apparirà sempre più chiaramente come tutto sia economia.

Seppur sia innegabilmente vero che l’economia non è una scienza, stante l’incapacità attuale di fornire generali modelli di previsioni replicabili, l’economia è dappertutto.

E forse questa è proprio la ragione per cui essa non è ancora scienza esatta.

Forse è talmente omnipervasiva e variegata, da risultare “troppo tanta” per essere inquadrata e ridotta agli attuali schemi conoscitivi.

Proviamo a rileggere le prime righe della la definizione di Wikipedia - Economia, che offre sempre buone sintesi.

Come già detto in premessa, emergono 3 punti fondamentali.

1.      Per economia - dal greco οἶκος (oikos), "casa" inteso anche come "beni di famiglia", e νόμος (nomos), "norma" o "legge" - si intende :

·       sia l'organizzazione dell'utilizzo di risorse scarse (limitate o finite) quando attuata al fine di soddisfare al meglio bisogni individuali o collettivi,

·       sia un sistema di interazioni che garantisce un tale tipo di organizzazione (sistema detto anche sistema economico).

2.      I soggetti che creano tali sistemi di organizzazione possono essere persone, organizzazioni o istituzioni.

3.      Il sistema economico, secondo la visione dell'economia di mercato nella moderna società occidentale, è

·       la rete di interdipendenze ed interconnessioni tra operatori o soggetti economici,

·       che svolgono le attività di produzione, consumo, scambio, lavoro, risparmio e investimento,

·       per soddisfare i bisogni individuali e realizzare il massimo profitto,

·       ottimizzando l'uso delle risorse, evitando sprechi e aumentando la produttività individuale nonché attraverso la diminuzione del costo del lavoro.

E come già detto in premessa, è ormai evidente a tutti, che soprattutto con riferimento all’ultimo bullet, l’economia reale è altra cosa rispetto alla teoria.

L’economia è il tentativo di governare tramite rappresentazione numerica i sistemi adattivi complessi ed infine è misurazione e governo dei processi e dei comportamenti emergenti o autoaggreganti.
Inoltre, tutto è sistema emergente autoconfigurante. Non solo i casi citati da Wikipedia, nella precedente definizione.
Quindi, se tutto in quanto sistema adattivo complesso è economia, l’economia bisogna assimilarla il meglio possibile.
Tenendo conto che in quanto processo di costante misurazione delle interrelazioni, è finalizzata all’efficienza. Questa è la sua ragion d’essere.
Nell’assecondare questa sua natura intrinseca, inoltre, essa interagisce con le altre scienze.
Con la biologia, con la fisica, con l’informatica e così via.
Ma fa di più che interagire.
Offre una piattaforma di valutazione funzionale e comparativa, valida per tutti i suoi attori partecipanti.
Un giorno avremo capito che l’economia può stabilire un nesso causale tra il “battito d’ali” di un fremito di un foglio di carta su cui è stampata una fattura e la vendita di un appartamento in un altro continente.
Allora sarà davvero “la” scienza.
E allora vedrete che diremo : “Ah, l’economia ….: una volta ci disgustava, ma oggi ci strabilia”.
Questo fa Clò, si prepara e si affina in un costante percorso di consustanziazione con l’habitat economico in cui vive, nella fantasia che un giorno tutto ci stupirà per quanto è chiaro.
 
Questa è la confusione che si fa comunemente.
I soldi, che nascono come strumento, hanno la miracolosa capacità di abbindolarci tutti e diventano obiettivo ultimo.
Proprio per la loro caratteristica univocità e fungibilità con se stessi, perdono completamente la caratteristica di interconnessione e interdipendenza immanenti all’economia reale, e liberi da catene materiali si librano tra i pensieri come una divinità trascendente.
Ecco, questa, secondo noi è l’essenza del problema.
Se per comperare una bistecca io posso dare un pezzo di carta è evidente che la bistecca non la assocerò con la mia fatica di 3 ore da falegname.
E fine ultimo del mio lavoro non sarà più costruire belle sedie, ma trovare il modo di guadagnare più soldi.
Nel racconto delle esperienze di Clò, emerge poi un altro problema dei soldi, vale a dire che quando infine te li trovi in mano, allora scopri la loro evanescenza.
E’ come se quando te li trovi in mano, ti accorgessi di botto che tutto quello che volevi comprare non vale niente.
Aveva una valore solo perché non potevi averlo.
E quindi ora che puoi averlo, vuoi qualcos’altro.
Alcune volte, i più evoluti lungo la via della ricerca del “Nirvana mobile” arriveranno così ad una consapevolezza più elevata: “vorranno non volere”.
Questo capiterà a Clò.
In ogni caso, quando la moneta sostituisce la consapevolezza di interconnessione e interdipendenza, allora la frittata è fatta.
A quel punto l’economia non è più come un bel cervello pieno di sinapsi attivate, ma è diventata gelatina morta in cui ogni neurone dialoga solo con se stesso.
Questo fanno i soldi : come strumento di sintesi estrema, annullano l’identità dei componenti che assommano, ed infine si sostituiscono ad essi.
Solo conoscendo la complessità, si potrà arrivare ad ammirare la sintesi di tanto mondo che una banconota contiene.
Insegnare questo spetta a chi ha il privilegio di poterlo fare.
Chi vive una vita di stenti, guerre e miseria non ha il compito di farlo, piuttosto quello di pretendere che altri lo facciano.
 
Ricapitoliamo molto in sintesi.
In ambito di economia, uno dei modi in cui si realizza la Revoluzione Perenne è così riassumibile.
1.   Consumate meno. Condizionatevi a riconoscere e neutralizzare i condizionamenti che vi impongono.
2.    Educatevi, ed educate, al risparmio perenne
3.   Quando avrete il risparmio, usatelo come volete. Ma cercare di convertire spese inutili in cose utili in senso allargato. Utili per tanti e non per pochi.
4.    Questa è l’essenza di ciò che si chiama investimenti, che dovrete cercare ovunque nel mondo.
Essere revoluzione e porsi la domanda se qualsiasi cosa può essere fatta meglio.
L’uomo si sveglia presto.
Il giorno dopo se ne ricorderà e si canterà: It was an early morning yesterday. I was up before the dawn
Appena sveglio il primo istinto è quello di alzarsi. Mentre sta per farlo, interviene un antagonista neurale che gli dice di guardare l’orologio.
Senza sapere perché’, l’uomo si asseconda. L’orologio segna le 4 e 30.
Ripensa a quello che si canterà nei giorni seguenti e che conosce già, perché’ mille volte cantato nei giorni precedenti.
Si, early va bene, ma questo è “too early”, si dice. Non va bene. Non è la normale. Provo a riaddormentarmi.
Si ridistende sul letto e nemmeno fa in tempo che interviene un altro antagonista neurale che gli dice di assecondare il fisico. “E’ meglio così”, vuole dire. Se pensavi che l’ottimo normale fosse alle 5.00, puoi usare qui 30 minuti per risvegliarti ascoltando musica”.
I due antagonisti e l’uomo fecero un compromesso. Ci alziamo alle 5.00, e usiamo questi 30 minuti per caricarci fino alla sveglia, restando stesi a letto al buio ascoltando la musica.
Sembrò a tutti un compromesso intelligente.
L’uomo iniziò a chiedere ai suoi antagonisti cosa fosse meglio ascoltare.
Uno di loro disse : Pink Floyd, musica delle alte vette, a quest’ora va bene.
Ma intervenne subito l’altro dicendo che si, a quell’ora andava bene, ma se ci vogliamo preparare alla sveglia delle 5.00 è meglio darci un po’ di carica più ritmica. Rimbalza in testa un’altalena di un certo Battisti con i Mano Negra, che sono effettivamente due concezioni diverse.
L’uomo si impunta. Vabbene cercare sempre la via migliore, ma l’ottimo è nemico del buono.
“Io mi sento Pino Daniele live alla televisione della svizzera italiana. Ho in mente quelle immagini di Tullio de Piscopo vestito da Mazinga che è tutto un programma”
Alle 5.00 l’uomo fa per alzarsi e una vocina gli dice : “sicuro, che adesso va bene?”
L’uomo tira il primo vaffanculo della giornata, certo che questa volta sia appropriato.
In cucina mette a bollire l’acqua per il suo caffe’ liofilizzato, figlio illegittimo di una mancata riparazione della glamorosa macchinetta elettrica da espresso tipo bar che ancora troneggia rotta sul suo ripiano.
Quando si ruppe, l’uomo si era chiesto se valesse la pena di farla aggiustare e ritenne che il gioco non valeva la candela senza che nessun antagonista gli suggerisse il contrario.
Ragione per cui la macchinetta, adesso svolgeva il ruolo di totem anticonsumistico nella sua immobile inutilità. Non aveva potuto buttarla, perché’ era un rifiuto speciale. Troppo sbattimento rispetto ai vantaggi che in effetti, comunque, non si palesarono.
Il caffe’ liofilizzato invece era molto utile, ma anch’esso aveva dovuto superare la barriera del vaglio sul fatto che fosse il migliore possibile.
L’uomo aveva dovuto studiare per giorni le scaffalature del supermercato e dopo vari test empirici era approdato al “Prezzo discount”, constatando di persona che non c’era nessuna differenza sostanziale che giustificasse i prezzi doppi o tripli degli altri prodotti.
Orgoglioso di tanta conquista, mentre aspettava che l’acqua bollisse, andò in bagno a soffiarsi il naso con la sua carta igienica, anch’essa discount.
Non si spellò il naso e si disse che anche quella era stata una scelta giusta, frutto del solito processo di analisi e prove empiriche.
Il suo lato dove non batte il sole ebbe un piccolo fremito confirmatorio che l’uomo ascoltò con simpatia.
L’uomo bevve un po’ d’acqua del rubinetto.
Poi un goccio di quella con le bolle.
Aveva ceduto alla tentazione, e non si era astenuto dall’alimentare la catena del plusvalore dei venditori di acque minerali.
Le bollicine erano troppo buone
L’acqua naturale intanto stava iniziando a bollire.
L’uomo guardava il pentolino che iniziava a dare segni di vita.
Piccole bollicine iniziavano a muoversi dal fondo.
All’inizio tutto sembrava casuale, poi, come ogni mattina, l’uomo si trovò a rimirare quell’incantevole processo con cui le prime bollicine si rivolgevano verso il centro del pentolino aggregandosi in una colonna che saliva verso la superficie dove alcune ribollivano per evaporare in quel caos ordinato di vapore, mentre altre di loro ritornavano alle pareti del pentolino lungo le quali scendevano verso il fondo per ricominciare il ciclo.
Come tutte le mattine l’uomo pensò : “guarda che capacità di auto organizzarsi. Ah, se fossimo così bravi anche noi umani.”
Preparò l’intruglio di caffe’ liofilizzato e zucchero.
Non si chiese se lo zucchero e il caffe’  fossero pochi o troppi o giusti.
Sapeva già da se che erano davvero troppi, riconobbe la stessa forma, schema, che si riproduceva ogni mattina. 
Ma in quel caso decise che poteva fottersene: caffeina a fottere e zucchero a strafottere per cercare di dare una sferzata a quel suo risveglio troppo denso di misurazioni ed equilibri.
Trangugiò un po’ di caffe’ e si accese la prima sigaretta.
Quella mattina il pacchetto era di buon umore.
Non gli augurò di morire sul colpo.
L’uomo misurò la follia umana, non tanto perché’ permetteva di vendere sigarette, quanto per il beffardo avvertimento che sembrava proprio una confessione.
Pensò: “brutto affare quello della remissione dei peccati”.
E si mise al computer alla ricerca di qualcosa da scrivere che fosse almeno buono.
Sapeva già che sarebbe stato un altro giorno sull’altalena di cosa è buono e cosa no.
E sapeva molto bene che ogni “grande buono” è fatto dalla somma di tante infinitesimali bollicine di bene.
Per cui si concentrò e si accinse a fare il pescatore di buoni.
Si chiese se qualcuno avesse capito che tutto quello che misurava lo misurava non per risparmiare, quanto per impedire di guadagnare a chi guadagnasse troppo.
Si guardò con un piccolo brivido di compiacimento e si disse :
“Io sono Revoluzione”
 
Le farfalle arcobaleno
Una Farfalla sta volando distratta alla ricerca di un fiore dal quale succhiare un po’ di nettare.
Vola a testa bassa per i prati fitti di fili d’erba senza vedere alcun fiore.
Rimpiange i tempi in cui era ancora bruco.
Avrebbe potuto nutrirsi di tutta quell’erba, che non sapeva essere pregna di aquile.
Stranezze della metamorfosi, che a volte sale e a volte scende.
Il bruco bruca vegetali, poi diventa pupa che si schiude in farfalla che poi depone un uovo.
Dall’altro lato un ermellotta asincrona si fa mangiare, diventa aquila, che scompare tra i battiti d’ali di una farfalla, sciogliendosi nel tutto e rinascendo erba.
Finalmente la farfalla vede un fiore, ci plana sopra, succhia il nettare e si dice :”oh, meno male. Avevo una fame”.
E’ una farfalla particolare.
E’ una farfalla arcobaleno che, quando non deve mangiare, è capace di volare battendo le sue ali dai colori arcobaleno talmente veloce che gli stessi colori ridiventano luce, in una metamorfosi cromatica che la rende invisibile a tutti tranne che ai suoi simili.
Appena finito di mangiare la farfalla si rialza in volo.
Sente un certo prurito alla punta delle ali, ragione per cui si guarda intorno.
A perdita d’occhio tutto attorno a lei, vede un gran mare di farfalle arcobaleno vorticanti nella forma di luce.
Sente lo spostamento d’aria che la colpisce da tutte le parti, prima non ci aveva fatto caso per la fame.
E mentre sbatte le ali anche lei, si rende conto che ogni volta che sfiora un’altra ala alla velocità della luce, qualcosa succede altrove in quel mare di luce.
Per qualche particolare ragione di cui è costituita, la farfalla riesce a stabilire dei nessi tra i suoi infiniti battiti e le loro conseguenze su battiti altri, altrove o altrimenti.
E altrettanto chiaramente capisce cosa significano quegli spostamenti d’aria che riceve.
Capisce che deve volare sincrona con le altre farfalle, e anche che con un piccolo tocco di ali, può comunicare alla velocità della luce con qualsiasi altra farfalla del mondo.
Il tocco rimbalza da una ala a un’altra, rotolando come una palla da tennis su di un lenzuolo steso in orizzontale, ma istantaneamente.
Inizia così a mandare messaggi cifrati, in codice, un po’ ovunque perché’ vuole vedere l’effetto che fa.
Usa un linguaggio binario. Un battito è uno. Nessun battito è zero.
Ma le altre farfalle non le rispondono.
Sono dedite all’attività di essere luce, e non si curano della singola povera farfalla che gioca.
Un giorno un uomo percepisce i segnali, con chissà quale diavoleria.
L’uomo non vede la farfalla ma la sente e inizia a giocare con lei.
Sono giochi di parole, perché’ essendo la farfalla invisibile, sono gli unici possibili.
Ogni volta che l’uomo dice una parola alla farfalla, quella sbatte sulle sue ali e rimbalza a catena, inarrestabile come il vento, lungo tutto il mare di farfalle di luce.
Fino a che non trova una farfalla ferma nel suo arcobaleno a succhiare del nettare, la parola non si ferma.
Continua invece a volare passando sopra altre parole e, a volte, sovrapponendosi con alcune di esse in modo da formare dei piccoli stormi di parole di luce che alcuni di noi chiamano pensieri.
Questi pensieri si aggregano lungo il cammino delle singole parole, e siccome continuano a volare, può capitare che ritornino fino all’uomo di partenza.
L’uomo non li riconosce con esattezza, perché’ lui ha detto una sola parola, mentre quella gli è tornata indietro in compagnia.
Però rimane affascinato dalla possibilità, che sente concreta, che ci sia un nesso.
Addirittura l’uomo si dice che quel nesso deve essere già infisso nella sua mente, altrimenti non lo riconoscerebbe. Forse gli è stato sedimentato in qualche tempo d’altrove mentre giocava con qualche altra farfalla.
Un giorno l’uomo va a fare la spesa, e si ritrova con il carrello pieno di ogni ben di dio di  lusso che potesse immaginare.
E’ talmente compiaciuto del suo benessere che lo racconta alla farfalla nei suoi pensieri.
La farfalla parla infinitesimali fremiti e dice : “il tuo benessere è malessere di qualcun altro”.
“Io lo so perché’ sono fatta per tenere il conto dei miei battiti d’ali e di quelli che ricevo dalle mie sorelle farfalle”.
“Io sono fatta per contare ciò che torna indietro.”
“Devi abituarti a cercare la misura”, concluse.
Le parole dell’uomo e della farfalla volano tra la luce, e quasi d’incanto l’uomo inizia a sentire tante voci di bambini.
Uno di 7 anni dice che quei giocattoli per cani li ha costruiti lui, nella fabbrica dove fa lo schiavo, che li produce perché’ ha sentito delle voci dire che qualcuno li avrebbe comperati.
Un altro racconta di come ha cucito le sue scarpe in quella fabbrica dove lavora perché’ ha le mani piccole, la quale fabbrica esiste perché’ ha sentito delle voci dire che qualcuno li avrebbe comperati.
Un altro racconta che le mani le ha perse con una bomba giocattolo, con il cui ricavato sono stati comperati schiavi per mandarli in una miniera dalla quale venisse estratto qualcosa che qualche voce disse che qualcuno avrebbe comperato.
Fino a che l’uomo sentì per ultimo il bambino di tutti quei bambini.
“Ogni cosa che compri senza pensare, fa diventare più ricco qualcuno che continuerà a fare danni per tutto il mondo.”
“E tu poi lo guarderai con ammirata invidia per quanto è ricco.”
“Senza pensare che lo hai fatto diventare tu così ricco.”
“Ogni cosa che fai, anche altrove fa risuono.”
“Ogni battito d’ali, provoca qualcosa altrove”.
“Il tutto è fatto di tanti niente, e i pesi di tanti niente sono capaci di ammazzare o’ ciucciariello. L’asinello da soma”.
“Insomma : sei tu la causa del tutto. Di quell’ogni tutto che sempre si rimescola al tutto.”
“E tu lo devi capiscere. E io sono qui per fartelo capiscere”,
Così disse parafrasando quel certo marateota, nel suo idioma dalla dubbia purezza nazionale, di un “2015 01 25 - Viaggiando si impara. Imparando si viaggia - Altri e opposti sono diversi e lontani solo prima di arrivare
“La farfalla sei tu”.
“La Revoluzione sei tu.”
 
Dicesi “terra di sopramezzo” quella particolare porzione di spazio e di tempo in cui alberga il lato destro di ogni spartizione di casi distribuita secondo l’archetipico schema ricorrente detto della normale.
Alcuni studiosi ritengono che sia anche possibile chiamarla, con una certa sinistra veggenza, “terra di media a destra del centro”, più brevemente “centrodestra”, riferendosi a un immaginario processo di osservazione frontale della curva gaussiana.
Tale processo di osservazione porterebbe chiunque fosse dotato di una quantità minima sufficiente di buonsenso, a capire che per eliminare gli estremi della distribuzione stessa, è sufficiente una semplice operazione di travaso dal lato destro a quello sinistro.
Con tale traslazione si otterrebbe il risultato di innalzare la quantità di presenza di casi nell’intorno più vicino lungo la retta centrale, con una ridistribuzione per percolasse anche in discesa verso la base, a beneficio di molti.
Per una qualche trasposizione di mimetismo semantico, tale operazione di lieve traslazione a sinistra non viene quasi mai menzionata esplicitamente in termini politico-sociologici, nell’ambito dei quali si parla invece molto spesso di chi sta sopra e chi sta sotto.
Ma nella nostra ipotesi, e probabilmente anche nei dati di fatto, destra sta per sopra e sinistra sta per sotto.
Da tale generalistica impostazione deriva il termine di “sopramezzo”, che sta quindi a significare il territorio che sta al centrodestra rispetto alla media, anche noto come “Terra della cultura del più”
Se da tale territorio di centrodestra spostiamo, dunque, i casi estremi a favore del centrosinistra, otteniamo a parità di media, una più funzionale distribuzione della quantità che stiamo trattando, qualsiasi essa sia.
Abbiamo, quindi, una distribuzione più normale. Più funzionale, dove per funzionale intendiamo, ad esempio, utile al benessere collettivo, senza che ciò crei alcuno scompenso di massa.
E’ questo il motivo per cui sono in molti a credere che il centrosinistrismo sia una questione di diritto naturale, e in fin dei conti lo ritengano una cosa normale.
La “Revoluzione delle farfalle di sopramezzo” fa quindi riferimento ad un processo evolutivo che venga alimentato proprio dagli abitanti del sopramezzo, sia per illuminazione su dette questioni di diritto naturale, sia per questioni di utilità pratica.
Esiste infatti una particolare caratteristica della distribuzione gaussiana, che in certi casi si è già comportata come un sistema a vasi comunicanti.
In assenza di mediazione attiva esplicita da parte dei centrodestra, vale a dire in assenza di una volontaria ridistribuzione del di se’ verso il basso, diventa inevitabile un travaso di casi-soggetti dall’estremo di centrosinistra verso l’alto dell’altro lato della normale centrale.
In termini storico-sociologici, detta occorrenza viene chiamata Rivoluzione.
Questa rivoluzione, è l’esatto opposto sociologico della nostra Revoluzione, e con una sola singolare traslitterazione di una piccola vocale, determina stravolgimenti di portata storica che si concludono normalmente in malo modo per il centrodestra.
Quindi, e per concludere, la Revoluzione è responsabilità di chi la può fare, anche per il proprio interesse.
E se questo non la fa, reiterando all’infinito comportamenti da “criceto nella ruota”, il suo omesso rispetto del senso del dovere di natura, verrà pagato a caro prezzo.
Ed in fin dei conti, si renderà conto a posteriori di essere stato lui il vero pazzo.
 
I ricottari dell’olimpo del sopramezzo, la bambina e il finanziere
Una buona definizione del termine Ricottaro che abbiamo trovato in rete è di seguito riassunta.
Vedremo come essa non abbia alcuna valenza offensiva, quanto piuttosto sia un definizione “constatativa”.
La parola “ricottaro” deriva quasi certamente e visibilmente da “ricotta”. 
E la ricotta è inequivocabilmente un latticino povero. Potremmo dire “proletario”.
Quella che segue, dunque,e’ una storia di caseificazione di massa da una certa aura metaforica.
Per continuare a tal riguardo, è necessario descrivere brevemente il processo di caseificazione della ricotta(secondo la definizione di Wikipedia), tenendo a mente l’utilità metaforica della descrizione.
La ricotta, pur essendo un prodotto caseario, non si può definire formaggio ma va classificata semplicemente come latticino: non viene ottenuta infatti attraverso la coagulazione della caseina, ma dalle proteine del siero di latte, cioè della parte liquida che si separa dalla cagliata durante la caseificazione.
Il processo di coagulazione delle sieroproteine avviene con il riscaldamento del siero alla temperatura di 80-90 °C. Le proteine interessate sono in particolare albumina e globulina.
La tecnologia più antica consisteva solamente nel riscaldare il siero aspettando l'affioramento della ricotta in superficie.
Nei secoli si sono via via sviluppate tecnologie che, sfruttando la reazione di saturazione salina, ottenevano un migliore recupero ed una più alta qualità. Tali tecnologie sono quelle riconducibili all'impiego di acque sorgive e/o marine ieri, ed oggi sali per ricotta. Spesso vengono anche aggiunte soluzioni acide (di acido citrico, lattico, sale amaro o inglese per catalizzare la coagulazione).
Il metodo tradizionale siciliano, ancora praticato in alcune piccole aziende agricole dove il formaggio viene preparato ogni giorno con latte crudo e senza fermenti, utilizza la scotta inacidita del giorno prima come catalizzatore: il liquido che rimane dopo la produzione della ricotta viene messo da parte, lasciato inacidire durante la notte e il giorno dopo una piccola quantità di questo liquido viene aggiunta al siero riscaldato per produrre la ricotta.
La massa coagulata viene poi posta in recipienti perforati (anticamente si usavano cestini di vimini o di canne) per far scolare il liquido in eccesso.
La ricotta ha un sapore dolce, dovuto al lattosio presente nel siero in misura variabile dal 2 al 4 per cento, in funzione del latte utilizzato. Il contenuto in grasso varia.
Riassumiamo.
Ci sono le proteine del latte, la caseina (80%), e le proteine del siero (20%).
Riscaldando il latte, si ottiene da una parte la caseina, che  dà origine alla “cagliata”, con cui si fanno i formaggi, e dall’altra  le proteine del siero.
Il siero residuo della lavorazione del formaggio viene riscaldato a 80-90 °C, temperatura che varia in funzione del fatto che si aggiunga o meno latte e/o panna. Il siero viene poi acidificato per ottenere l'affioramento della ricotta.
Spesso, soprattutto con siero di latte di pecora, non è necessario acidificare.
Quindi, riscaldando (“cuocendo”) ulteriormente le proteine del siero a 80-90° C, si ottiene la ricotta cosiddetta da “recoctus”, ricotto.
La ricotta è dunque, per certi versi, lo “scarto” della lavorazione del latte: un prodotto che si ottiene senza sforzo.
Per traslato, viene chiamato “ricottaro” chi sfrutta il lavoro della mignotta, senza fare alcuna fatica.
Su questo punto alcuni ritengono che ci sia da discutere,  innanzitutto, perché’ per ottenere la ricotta il siero del latte va riscaldato, quindi non è che proprio non si debba fare alcunché.
Fuor di metafora, il ricottaro, pur non fornendo direttamente la prestazione sulla quale lucra, deve comunque sorvegliare che le prestatrici d’opera non corrano pericoli, che non battano la fiacca, e che non s’imboschino i guadagni. Insomma, passa le  notti in bianco anche lui.
Ma è altrettanto incontestabile che la materia prima, il capitale di funzionamento umano, e la manodopera ce li mette la mignotta.
Diciamo che il nostro ricottaro, di norma potrebbe essere assimilabile ad un dirigente del controllo o del marketing, essendo spesso colui che consiglia sull’abbigliamento, sulla geolocalizzazione e sulla tempistica ottimale delle prestazioni dell’imprescindibile capitale umano, adeguatamente istruito su prezzi, tempi e metodi dei servizi da fornire.
Secondo questa tesi si può quindi azzardare che il ricottaro viva una sorta di occulta simbiosi con l’altra sua metà: la mignotta. E tutto sommato è dura anche la vita del ricottaro.
Nella Napoli del 700, in cambio della sua protezione il ricottaro aveva diritto a tre vestiti  nuovi all’anno, tre accessi settimanali alla propria protetta, e al pagamento delle spese del vitto, del fumo e dell’avvocato qualora, nell’ambito dei rischi connessi alla sua attività, fosse stato arrestato.
Ai giorni nostri, secondo alcune testimonianze raccolte personalmente, nel nostro mondo occidentale evoluto, il caso dello sfruttamento della prostituzione è spesso sostituito da un accordo bilaterale tra le parti con il quale la proprietaria del fattore di produzione capitale umano, concede lo stesso in usufrutto al ricottaro per un certo tempo, dopo il quale ritorna nel pieno possesso dello stesso.
Il ricottaro diventa quindi una sorta di usufruttuario temporaneo dell’impianto produttivo, e viene spesso aggregato in ulteriori gruppi, o reti, di ricottari, alle dipendenze dei vertici del terzo settore sommerso.
Le cosiddette cupole, che alcuni francesizzano in coupòles per darsi una parvenza di tono d’incognito, senza riuscirvi.
A questo punto, la concentrazione a rotazione pluriannuale del capitale umano nelle mani di dette cupole della sommersa parte di terzo settore, determina un costante flusso di quattrini in ingresso verso detti vertici, il che li rende a tutti gli effetti capitalisti dotati di sempre maggiori capitale da reinvestire.
Il ciclo diventa autoalimentante e si reindirizza sempre più verso la finanziarizzazione della sua attività, stante la crescente saturazione dei mercati di beni reali.
Qualcosa del genere la descrisse già Marx, ma non parlava di ricottari e di mignotte.
O forse si.
Si, perché’ basta sostituire il concetto di plusvalore a quello di siero, e vedrete che tutto appare per quel che è.
Ed ecco che a questo punto l’analogia tra capitalista, o finanziere, e ricottaro ci pare ben documentata.
E spalanca, tra l’altro ai portoni della logica questa domanda : “cosa aspettano a legalizzare tutta la filiera della prostituzione?”
A titolo di cronaca si dice che il termine “Ricottaro” potrebbe peraltro non avere niente a che fare con la ricotta.
Secondo alcuni lessicografi deriverebbe piuttosto da “recòveta”: la raccolta di denaro che si faceva periodicamente nei vicoli di Napoli per aiutare le famiglie di chi era finito in galera.
Queste “raccolte” erano sollecitate da personaggi equivoci, che spesso usavano questa formula per spillare del denaro a chi non era in condizione di dire di no.
Il ricottaro sarebbe dunque un “raccoglitore” di soldi, guadagnati senza alcuna fatica.
Ma, come vi apparirà chiaro, cambiando l’ordine dei fattori il risultato non cambia.
E’ la proprietà commutativa delle categorie a priori.
Le puoi calare in qualsiasi contesto e rendono sempre lo stesso schema.
E il risultato in questione è che dove si vede che si accumulano troppi soldi, c’e’ sempre all’opera un ricottaro.
 
La Bambina e il Finanziere
B:   Che cosa è un finanziere ?
F:    Uno che lavora con le finanze, con i soldi.
B:   Cosa sono i soldi ?
F:    Una cosa che tutti cercano e solo il finanziere ha.
B:   E come hai fatto ad averli ?
F:    All’inizio vendevo ricotte prese in un caseificio dove non le volevano.
B:   E poi ?
F:    Poi ho comperato il caseificio.
B:   E poi ?
F:    Poi ho comperato le mucche.
B:   E poi ?
F:    Poi ho cercato di comperare l’aria che respiravano le mucche.
B:   Ma non si può comperare l’aria !
F:    Si, me ne sono accorto, ma prima non lo sapevo. Pensavo che tutto mi fosse dovuto.
B:   Mhhh.. hai tanti amici ?
F:    Certo, le mie mucche.
B:   Mhhh..tu sei un ricottaro ?
F:    Beh, all’inizio io aspettavo solo che venisse a galla la ricotta. Forse si, sono stato un ricottaro.
B:   E adesso ?
F:    Adesso sono un capitalista.
B:   Mhhh... Mio papà dice che ha ragione la mamma di Forret Gump. Ogni uomo ha bisogno solo di una certa quantità di soldi e tutto il resto serve solo a fare i pavoni. E dice che chi ha troppi soldi è sempre un ricottaro.
F:    Io non ho troppi soldi. Ne ho tanti, ma mai troppi. Posso comperare, e comperare, e comperare.
B:   Mhhh : mi sa che ha ragione papà. I ricottari son tutti pavoni.
       Mhhh : lo sai che il mio criceto anche lui sta sempre a correre, correre, correre ?
       Mhhh.: e lo sai che il criceto è  un topino e che noi veniamo dalle scimmie che vengono dai topi ?
       Mhhh : e lo sai che….a me mi sembri tanto un criceto.
F:    Ah, beh, grazie tante!
B:   Non è un offesa. E’ una constatazione. Ma lo sai che più cose ti comperi, più riduci la possibilità che le comperi qualcun altro, e più ci allontani dalla distribuzione di tutte le risorse buona e giusta per tutti?
F:    Ma io cerco solo di raggiungere la situazione ottima per me.
B:   Mio papà dice sempre che l’ottimo è nemico del buono.
       Ma adesso, ascoltando te, capisco meglio cosa vuol dire.
       L’ottimo per te è nemico del buono per tutti.
       Tu non sei una persona cattiva.
       Devi solo scendere dalla ruota.
Rendere nel prendere.
Non prendere e poi forse rendere.
Kalimmudda ipsum dixit

 

 

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