sabato 30 marzo 2024

2024 03 30 - Come mosche, come ragni, come noi

 2024 03 30 - Come mosche, come ragni, come noi

 

Il ragno si sveglia senza voglia di fare un cazzo.

D’altronde lui e’ pescatore, predatore di reti tele e attese.

L’idea lo sconfortava.

Un’altra volta a produrre fibre per stendere l’ennesima ragnatela che poi qualche umano gli avrebbe rotto.

E dire che la sua fibra  è più resistente del nylon, mica spazzatura.

Eppure c’e’ sempre qualche stronzo che la spazza via perché gli sembra sporco.

Quella mattina però la sveglia è a sorpresa.

Appena aperti gli occhi si rende conto che il cielo è lattiginoso, di uno strano candore mai visto prima.

Cerca di stendere le zampe per sgranchirsele un po’, ma si rende conto che qualcosa lo ostacola.

In qualsiasi direzione si muova, trova un rimbalzo elastico che lo rimanda indietro.

E intanto il candore gli schiarisce qualche brandello di idea.

Ovunque si giri, vede un orizzonte lattiginoso.

Non può essere cielo, sta tutto intorno in ogni direzione.

Allunga una zampa e quella rimbalza contro quel cielo.

Riprova con un’altra zampa, e di nuovo un rimbalzo.

Cerca di capire in che punto della sua tela si trovi, ma la tela non si vede più.

Eppure lo schema di come l’aveva costruita gli era ancora nitido nella memoria.

Era stata una bella struttura, tutta magliata tra gli spazi di un ordine tra lunghezze e larghezze, senza indugiare in inutili altezze.

In fondo gli serviva solo come rete da pesca in cui irretire qualche mosca.

Ma adesso non ci si orientava più. Come di incanto adesso era dappertutto.

Capì cosa sembrava.

Sembrava tutto uno stratificarsi di tele sovrapposte una sull’altra.

Aveva capito di essere avvolto in un bozzolo di ragnatele che lo circondavano ovunque.

Capì di essere in  una metamorfosi reincarnativa e pensò di essere morto e rinato diventando un baco da seta.

Un brivido d’orrore lo pervase.

E le sue vibrazioni si pervasero per tutto il bozzolo.

Baco da seta proprio no.

Io sono un nobile predatore.

Mica cibo per farfalle.

Anzi, pensò più categorico a soggetto verbo e predicato.

Io essere predatore, augh.

E poi chissà cosa mangiano i bachi.

Ho il sospetto che siano vegetariani, mentre io sono carnivoro.

Al solo pensiero si ricordò di avere fame e si disse che tridimensionale o no doveva fare colazione.

Il problema era trovare l’informazione: dove sta la mia mosca mattutina?

Prese il suo suv telafiammato e partì alla ricerca dell’origine delle vibrazioni di una  preda intrappolata.

Ma nel bozzolo tutto si confondeva in una risacca di tremolii ed era difficile riconoscere informazioni.

Pensò, chissà come, a delle sinapsi di una rete.

Se c’erano dei punti di snodo dovevano anche collegarsi tra loro.

Quindi gli serviva solo ripercorrere a ritroso i percorsi neurali neuronali che si erano attivati e sarebbe arrivato al suo neurone zero, il primigenio recettore della mosca impiastricciata.

D’improvviso arrivò.

Fu come una brusca scarica elettrica che si propagò nelle tele fino a lui.

Una vibrazione più potente emerse dal campo vibrale generale e il ragno capì d’istinto che la mosca era caduta in trappola.

Il ragno si spazientì di troppo filosofeggiare per di più pure informatizzato, e pensò: si, vabbe’ mi hanno cambiato l’ambiente, anzi meglio ancora e più precisamente l’habitat, ma non possono avere toccato il mio essere predatore di categoria superiore.

Io essere predatore, cazzo.

Bisognava riprovare.

E forse riprovare, e riprovare e riprovare.

Fino a che capì una dinamica dominante usata nella progettazione della tela neurosfera.

Dopo qualche snodo periferico, infatti, si aprì davanti a lui una dorsale di rete che puntava dritta al centro della tela originale, dove la mosca imbizzarrita di furore vibrava intensi tremori di terrore.

Il ragno per istinto si fermò.

Ogni frenesia di ricerca si placò, sapendo che adesso aveva tutto il tempo del mondo per godere della sua dominanza predatoria.

Non provava alcuna compassione per la mosca.

Anzi si voleva godere lo spettacolo testimoniato dalla pioggia di informazioni feromoniche escrete dalla mosca stessa, prima ancora del pasto.

Adorava l’odore della paura alla mattina.

Era la sua natura.

Ripensò alle categorie fondamentali, a cui ricondurre l’essere.

Se ragno essere predatore, loro essere costruttore.

E lo pensò pure con una certa ammirazione, nonostante subodorasse che fossero stati quegli stessi umani che gli spazzavano sempre via le sue tele. 

A progettare una tela non son mica capaci tutti.

Una mosca, ad esempio, non sa nemmeno riconoscerla.

Si vede proprio che non ha lo schema in testa.

E mentre elucubrava riflessioni fuori dalla sua portata rimirando la mosca fremente  non si accorse che qualcosa si avvicinava alla sua tela  bozzolosa.

Fino a che spatapam.

Uno tsunami di cattiveria d’ignoranza lo travolse con l’intera mosca, tela, bozzolo e tutto il resto.

Io essere predatore se ne andò a puttane.

Sostituito dall’io essere distruggitore.

Che il ragno aveva confuso con io essere costruttore.

Era un umano.

Il suo nome stampigliato sullo strumento da spiaccicume generale era Leda.

Si e’ sempre preda di qualcun’altro.

Ma Leda almeno ha un che di mitologico.

E mentre moribondo lo pensava, si accorse che il manico stampigliato era usurato nel mezzo, dove campeggiava sbiadito di patapammete il nome completo.

Il nome non era di nobile mitologica Leda.

Il nome era Vileda.

Un altro essere predatore.

Monopolista del plusvalore.

Metafore.


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