2024 03 16 – La lumaca in pensione evolutiva
Si
dice che una delle peculiarità dell’umanità sia la capacità di adattarsi ed
evolversi.
Verso
dove nessuno lo sa.
Tranne
me, eh eh eh.
Ma
comunque saremmo il frutto proprio di questa forza occulta che ci guida verso
il gene del futuro.
E’
programmato e disegnato, dominato da continui tentativi di ricombinazioni di
doppiette.
Sia
di natura endogena che di influssi esogeni.
Questi
mi piacciono un casino.
Veicolati
in qualche radiazione cosmica dal fondo del grande botto, ci traghettano verso
l’altro che saremo.
Un
giorno di pochi aggiustamenti e accadimenti accenderemo tutti tutto il
cervello.
In
una rete neurale di tutto e di tutti assai sinaptica.
Si
accenderanno cervelli in rete.
E il
mondo d’incanto sarà tutto più bello.
Leggero
e leggiadro come un fringuello.
Ma
fate attenzione ai balzi e sobbalzi, il processo non e’ mica fluido.
Altro
che grande fiume.
La
vita e’ un saltello, che spesso pretende un balzello, di pozza in pozzanghera.
Chi
siete, dove andate, cosa fate, un fiorino.
Ma il
gabelliere vigila accorto, e’ in missione per conto della radiazione.
E’
una forza incessante che ci modella costante.
Senza
la quale non saremmo possibili.
Saltazioniamo
picchierelli mentre scorriamo nel fiume.
E’ roba
di Synfisica
roba mia oltre la fisica e post
metafisica.
Ed
ecco vi svelo il difetto della teoria.
In
una parola non si spiega la simultaneità.
Chiudete
occhi orecchie e memorie, e provate a immaginarle se vi pare possibile.
E
l’uomo camminò per il mondo.
Un
giorno da favola, come d’incanto, una scimmia quadrupedica si alzò per caso
sulle zampe posteriori e si accorse che era dotata di un certo equilibrio,
senza essere sufficientemente intelligente da ricondurre quella prodezza a una
qualche sorta di giroscopio gravitazionale innestato negli intorcinati meandri
del suo cervello che non sapeva nemmeno essere già ipersviluppato senza motivo
apparente, visto che ne usava un 10 per cento largo circa.
Non
fu nemmeno in grado di riconoscere la forma ricorrente di cotanto cervello che
tanto ricordava quella di un universo intorcinatico e meandroso.
Fu
invece capace di accorgersi che i suoi pollici erano strani. Erano diventati
girevolmente opponibili, vale a dire che riuscivano a toccare le punte delle
altre dita della mano di appartenenza. Ma non seppe chiedersi a cosa servisse
tanta girevolezza, così iniziò a girarsi i suoi nuovi pollici. Il tempo
passava, e quella girandola di tamburellamenti diventò noiosa, cosicche’ la
scimmia si mise a contare da uno a cinque. Aveva scoperto che possedeva dei
neuroni fatti apposta per contare, ma non seppe accorgersene ne tantomeno
comunicarlo a qualcuno perché’ in tutto quell’evolversi, l’evoluzione aveva
trascurato le corde vocali e quindi la scimmia emetteva solo pochi suoni
gutturali e vocali.
Per
qualche miracolo di sincronismo, che però nessuno volle ricondurre a fenomeni
di auto emersione e organizzazione della complessità, la stessa cosa era
capitata simultanea ad altri suoi simili e così quel patrimonio di informazioni
si ridondò di numerosità, come per miracolo, in modo da non andare perduto.
E le
scimmie guadagnarono tempo per inventare un linguaggio con cui comunicare
quelle scoperte senza nemmeno sapere perché’ mai avrebbero dovuto comunicarle a
qualcun altro, visto che sembravano proprio non servire a niente.
Così
il primate preumanoide si mise a bighellonare per il mondo, dondolandosi in
certi prodromi di future danze tribali per testare il suo giroscopico
equilibrio, mentre continuava a tamburellarsi le dita coi pollici girevolmente
opponibili, sviluppando una sempre più sofisticata e preveggente, quanto
inutile, capacità di contare quei primi cinque numeri digitali.
E
l’uomo iniziò così il suo cammino per il mondo.
Ma
va.
Esogenìa,
altro che balle.
Comunque
ieri sono uscito a ristorarmi per cenare, e nel traffico dell’aria di smog mi
sono chiesto che fine avessero fatto i mutanti buoni propositi dell’ ultimo profeta, il covid con la sua evoluzione verde.
Quando
ecco davanti ai miei occhi si rivela la visione manco fossi santo Paolo.
Auto
elettriche.
Si
iniziano a vedere.
E se
la numerosità conta quanto la biodiversità, e ve lo spiego un’altra volta,
trasalisco di stupore.
Le
lumachine a elettroni non sono mica milioni di milioni.
Sono
tre.
Di
questo passo arriviamo all’anno domini 3.000 e trentatre.
Ma l’evoluzione
della lumaca ci avrà davvero superato.
E noi
saremo già in pensione evolutiva.
Kalimmudda
ipsum dicit
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