mercoledì 20 marzo 2024

2024 03 20 –Il babbuffolo. Tra miseria e babbà.

2024 03 20 –Il babbuffolo. Tra miseria e babbà.

 

Per www.parolebuone.org su www.shareradio.it . Bontà

 

E basta con tutta questa bontà contributiva all’onda costruttiva.

Tutti a cercare profondità, a sforzarci di nessi e di poesia.

Di parole che riempiono la gola.

Originali o a volte solo sòla.

Voglio andare in vacanza, dimenticare ogni mattanza, e pensare con la panza.

Devo fare una premessa, si narra che il padre di mio padre fosse un pasticcere.

Non ho mai scoperto se fosse vero, ne me ne sono preoccupato troppo.

Tutto preso dalla bella bontà della sua storia.

Di quando erano giovani in età di guerra non dicevano mai niente.

Ricordo solo un’immagine distinta di papà col nonno in spalla che scappavano dalle bombe.

E vaghi racconti sull’arte dolciaria e consolatoria partenopea.

Bisogna sapere che i dolci di tradizione sono sempre gli stessi pochi.

Ma i maestri di bottega sono sempre in concorrenza.

E al popolino che si arrabatta basta avere una pastiera e poco altro.

Di cui misurano da critici esperti la bontà, come allenatori del pallone.

Troppo piena, troppo vuota, troppo cotta, troppo dolce, troppi grumi, troppi agrumi.

Mio padre non faceva eccezione e una volta mi parlò pure della perizia nella sfogliatella.

Ma il mio duello preferito era quello tra miseria e nobiltà.

Da una parte il nobile babbà nato polacco, per un re di scarso grado e senza denti, che cercava morbidezza intingolando di tokai o di sciroppo una tradizione assai antica.

E poi dall’altro lato lo storico proletario, lo struffolo .

Uno era sempreverde che chi poteva lo gustava tutto l’anno.

L’altro era solo per la festa e si mangiava per natale, con un simbolismo nel finale.

Mio padre se li contrabbandava quando andavamo in Svizzera a natale, nascosti nel bagagliaio con i fuochi d’artificio.

Erano illegali, ma per gusto e per fortuna, di contrabbando post bellico lui se ne intendeva.

E si passava sempre, al silente grido di rischio del “dove c’è gusto non c’è perdenza”.

Comunque il babbà non ci interessa più di tanto, per esclusività di genetica nobiliare.

Mentre lo struffolo è davvero proletario e diffuso in tante terre ed ere.

Poca pasta di farina, fritta bene nello strutto, tappezzata poi di miele e coperta di quei tipici confetti detti proprio diavoletti malmischiati coi canditi.

L’antichità dello struffolo proletario racchiuderebbe anche un filologico simbolismo affascinante e intrigante.

Struffolo verrebbe da una st, unita a ruffolo, batuffolo, che indicherebbe la separazione di un ruffolo dal resto della pasta avvolta sul tagliere a forma di serpente.

Il serpente viene fatto a fette, uccidendo il male con la rigenerazione del bene.

Echepalle e chesticazzi, psicopippe pure dolciarie.

Sarà per l’eterna lotta.

Quella tra babbà e pallette al miele.

Ma no, fermi tutti.

Ecco che arriva il rivoluzionario d’io dolciario.

Inventerò il babbuffolo.

Con più bontà per tutti.

Demobontà.

 

Kalimmudda ipsum dixit

Ma che bontà

Ndr : dilettevoli dilettanti di espressione in evoluzione

 



 


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